venerdì 4 luglio 2014

NAWRU & NAIRU (prima parte)

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Preludio


Fino a non molti decenni fa, nei piccoli centri dell'Italia prevalentemente contadina del dopoguerra, la figura del maestro elementare costituiva un punto di riferimento culturale. Figli anch'essi di famiglie contadine, spesso avevano studiato in qualche convitto di preti o suore. Non erano di grande e profonda cultura, sebbene tali apparissero agli occhi dei compaesani, ma in qualche caso eccezionale lo erano. Il loro compito era quello di trasmettere i concetti e le nozioni elementari.

Similmente ad essi, io non sono una persona con una grande e profonda cultura in economia politica, eppure mi è toccato in sorte lo stesso compito dei miei genitori, e di buona parte della generazione familiare che mi ha preceduto. Sono, infatti, un sub-divulgatore, e il mio compito è quello di spiegare ai miei concittadini (i figli dei compaesani di mamma e papà) i concetti e le nozioni elementari necessari e indispensabili per orientarsi politicamente nel mondo di oggi.

Tra i miei discepoli preferiti c'è Fil (il nuovo piddino preferito) il quale, qualche giorno fa, mi ha segnalato questa intervista a Tito Boeri. Leggendola sono rimasto colpito da questa affermazione: "Fondamentalmente con un quadro di crescita di questo tipo ci sono i margini per chiedere alla Commissione di interpretare in modo diverso il pareggio strutturale, che è calcolato sulla base di una disoccupazione di equilibrio attorno al 12%. Su questo dato credo che si possa aprire una trattativa".

Boeri cita il concetto di "disoccupazione di equilibrio", che l'Unione Europea ha fissato al rialzo, per l'Italia, ad un valore vicino al 12%. Ma cos'è questa "disoccupazione di equilibrio"?

Due gemelli


NAWRU (Not Accelerating Wage Rate of Unemployment) e NAIRU (Not Accelerating Inflation Rate of Unemployment) sono due concetti elementari di economia politica che indicano il tasso di disoccupazione che non conduce a una variazione della velocità con cui crescono, rispettivamente, salari e prezzi. Poiché la dinamica salariale e la dinamica dei prezzi (inflazione) sono strettamente correlate, i due indicatori sostanzialmente si equivalgono. Dunque, quel che si può dire dell'uno vale in sostanza per l'altro, almeno al livello elementare e semplificato sul quale riesco ad esprimermi. Nel seguito parlerò del NAWRU, che a mio avviso è più intuitivamente comprensibile.

Dunque esiste un tasso di disoccupazione, detto di equilibrio, che non produce un'accelerazione della dinamica salariale. Attenzione: accelerazione, non semplice variazione! Per come funziona il sistema di mercato, una variazione in aumento dei salari, e quindi un'inflazione, è comunque indispensabile. La situazione inversa, in cui i salari tendono a diminuire, si chiama deflazione, ed è potenzialmente distruttiva per l'economia. Così come, di converso, lo è una situazione in cui l'inflazione cresce troppo rapidamente, sfociando in iperinflazione.

Per i discepoli digiuni di storia, è bene ricordare che la Germania ha sofferto, nel primo dopoguerra del secolo scorso, sia a causa dell'iperinflazione che della deflazione, e che fu quest'ultima a portare Hitler al potere. E' bene anche sottolineare che la pesante deflazione che colpì la Germania nel 1930 non fu una specie di rimbalzo dalla precedente iperinflazione del 1923, cui si era posto rimedio da alcuni anni, ma della crisi del 1929.

Leheman Brothers e la crisi dei subprime vi ricordano qualcosa?

Quando il livello di disoccupazione è quello di equilibrio i salari aumentano, ma con velocità costante. Di conseguenza l'inflazione (cioè l'aumento medio dei prezzi) si mantiene costante. Tutto ciò al netto di altri fenomeni, ad esempio un aumento molto forte delle materie prime o un'invasione di capitali esteri. Insomma, stiamo parlando di uno scenario ordinario, per così dire di lungo periodo.

Cosa succede quando la disoccupazione scende al di sotto del livello di equilibrio? I lavoratori, trovando maggiori opportunità di impiego, diventano meno disciplinati e pretendono migliori condizioni salariali. Secondo gli economisti liberisti (cosiddetti neoclassici) i datori di lavoro reagirebbero alzando i prezzi, al fine di preservare i loro margini di profitto, con ciò inducendo i lavoratori a chiedere ulteriori aumenti salariali... per difendersi dai quali e mantenere i margini di profitto i datori di lavoro alzerebbero ancora i prezzi... e così via, in una spirale aumento dei prezzi-rivendicazioni salariali che diverrebbe presto esplosiva.

Secondo i neoclassici lo strumento principale per tenere sotto controllo l'inflazione consiste dunque nel non scendere al di sotto di un determinato livello di disoccupazione, tale da "disciplinare" in modo naturale le pretese dei lavoratori. 

La domanda che sorge spontanea, però, è: chi disciplina i datori di lavoro? Non esiste forse il pericolo opposto, cioè che dal rischio iperinflazione si scivoli in quello, altrettanto tremendo, di deflazione? La risposta è abbastanza semplice: è la deflazione che disciplina i datori di lavoro!

Pensateci bene, cari discepoli del maestro di campagna! La disoccupazione, che disciplina i lavoratori, comprime i redditi e dunque la loro capacità di spesa, ma quando si eccede anche i datori di lavoro devono diminuire i prezzi finendo così con il chiudere, producendo altra disoccupazione... che disciplina ancora di più i lavoratori, che spendono meno... e i prezzi scendono... e scendono... e la disoccupazione aumenta...

Tutto ciò sta succedendo in Europa, in particolare nei paesi periferici, in misura maggiore o minore. 

Il "maestro di campagna" dice: non è colpa dell€uro!


La ragione per cui tutto ciò sta accadendo non è l'€uro! Sorpresi? Sconcertati cari discepoli? Il maestro di campagna, feroce avversario dell'€uro, vi dice che la colpa non è dell'€uro? State calmi, adesso vi spiego.

L'€uro è un progetto politico, figlio della rottura di un equilibrio politico, a sua volta conseguenza della malattia di... Ugo... ehm, volevo dire malattia della lotta di classe. Quando la lotta di classe entra in crisi, nel 1989, con la vittoria totale del mercato, finisce anche il tiro alla fune e tra il Capitale e il Lavoro, che aveva fatto sì che il NAWRU (con il fratello gemello NAIRU) non finisse fuori range. A quel punto, non essendoci più il tiro alla fune, la parte vincitrice cedette ad un'umanissima tentazione, quella di poter disegnare il sistema economico e sociale in completa autonomia, senza il prezioso e dialettico contributo correttore della parte avversa. Per far ciò, gli economisti neoclassici si sono ispirati... a Isaac Newton.

«Data la relazione tra le quantità fluenti, trovare la relazione tra le loro flussioni».


In realtà sono stato ingiusto, non è Newton l'ispiratore dei neoclassici. Vediamo, è stata colpa di Lagrange e della sua lagrangiana

Ma che c'entra Lagrange con l'economia politica? Lui si occupava (tra l'altro) della dinamica dei corpi rigidi! Vero è che "i risultati della meccanica lagrangiana prescindono dal fatto che la lagrangiana sia data dalla differenza dell'energia cinetica e dell'energia potenziale, e valgono per lagrangiane generiche L funzione delle coordinate q, delle loro derivate rispetto al tempo ed eventualmente del tempo". 

Un risultato molto interessante, che alcuni imbecilli ben pagati hanno pensato bene di applicare allo studio dell'economia politica, evidentemente ispirandosi (per parafrasi) alla "Theorie analytique des probabilités" di Laplace: 

«Noi dobbiamo considerare lo stato presente dell’economia come l’evoluzione del suo stato passato, e come la causa di quello che accadrà. Un’intelligenza che, ad un certo istante, potesse conoscere tutte le forze che animano il mercato, e la posizione relativa di tutto ciò che lo compone, e che fosse anche così vasta da riuscire a sottoporre questi dati all’Analisi, potrebbe condensare in una sola formula i movimenti dei capitali più grandi del mercato e quelli dell'impresa più leggiera; nulla per lei sarebbe incerto, ed ai suoi occhi sarebbero presenti sia l’avvenire che il passato».

E' così accaduto che l'economia politica, sottratta al vaglio sistematico della lotta di classe, sia finita nelle mani di una classe di tecnocrati i quali, armati dei risultati di sofisticati modelli matematici che pretendono di spiegare i comportamenti degli uomini riducendoli (e umiliandoli) al rango di "agenti economici che agiscono in base a criteri ottimizzanti", hanno concepito un sistema economico e sociale follemente disfunzionale, basato sulla triade "assenza dello Stato-libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone-moneta unica".

Il "maestro di campagna" dice: è colpa di Ugo!


Cari discepoli, è del tutto evidente che il principio di minima azione non è applicabile alle faccende umane. E anche se lo fosse (ma così non è, in ogni caso), dovete anche considerare che le eventuali soluzioni proposte dai sacerdoti dell'economia lagrangiana (alias i neoclassici) possono non essere uniche, o essere valide solo in un intorno molto piccolo delle condizioni iniziali, o addirittura non esistere. Come pure, ed è questa la circostanza concreta, che ci vengano spacciate per soluzioni delle traiettorie che essi sanno bene che ci condurranno al caos e al disastro. Questo perché, se è vero che gli uomini non sono agenti economici che agiscono in base a criteri ottimizzanti, è purtroppo vero che il Capitale, lui sì, agisce in base a un ben noto, e unico, criterio ottimizzante, che suona più o meno così: meglio un uovo oggi che una gallina domani.

Non v'è dunque che una cosa da fare: Ugo deve alzarsi dal letto! La lotta di classe deve riprendere il posto che le spetta nel mondo, perché se una speranza esiste di poterlo salvare essa risiede nel fatto che tutti noi torniamo a comprendere che solo organizzando politicamente gli interessi, apparentemente singolari, dei cosiddetti "agenti economici ottimizzanti", potremo uscire dalla selva oscura in cui ci troviamo.

Ora, perdonatemi vi prego, consentitemi di fare un po' di propaganda. Il vostro "maestro di campagna" ha scelto di entrare in un'associazione politica denominata "Associazione Riconquistare la Sovranità - ARS". Non vi chiedo di fare la stessa cosa, ma vi chiedo, anzi vi ingiungo, di tornare ad occuparvi di politica. Se non vi piace l'ARS scegliete altre strade, ma tornate a fare politica attiva, cioè a fare politica militante dal basso. Non v'è alternativa all'eterno gioco del tiro con la fune.

nota: la seconda parte di questo articolo sarà pubblicata appena possibile. Essa avrà per tema (sempre che nel frattempo non si scateni sa Dio cosa) l'azione politica di Renzino da Rignano. Voi direte: "ma che c'entra il Renzino da Rignano con questi discorsoni?". Beh ragazzi, la Provvidenza, talvolta, può scegliere come strumento di salvezza il più umile degli ambiziosi...

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