lunedì 7 luglio 2014

Se il nemico marcia alla nostra testa

A pugno chiuso
Sono già stati depositati, presso la Corte di Cassazione, i quattro quesiti referendari per l’abrogazione di parte della legge 243/2012, attuativa del cosiddetto «pareggio di bilancio». La raccolta firme proseguirà per tutta l'estate per concludersi alla fine di settembre.

E' forse presto per esprimere un giudizio su questa iniziativa, ma gli elementi per nutrire seri dubbi non mancano. Cominciamo dal comitato promotore (qui l'elenco). Nessuno di essi è un sovranista; nessuno di essi pone in discussione la permanenza del nostro paese nell'euro; nessuno di essi, infine, è per il recesso dai trattati europei.

I quesiti non riguardano direttamente né il Fiscal Compact, che è un trattato internazionale e, come tale, non sottoponibile a referendum, né la modifica dell'art. 81 della Costituzione che impegna l'Italia, unico paese nell'Unione Europea, al pareggio di bilancio. Approvata il 18 aprile 2012 con voto unanime di PD, PDL e Terzo Polo, ottenne la maggioranza dei 2/3 così da non poter essere abrogata per via referendaria.

Per queste ragioni i promotori non hanno potuto far altro che predisporre quattro quesiti relativi alla legge attuativa del pareggio di bilancio, votata dalla maggioranza che sosteneva il morente governo Monti il  24 dicembre 2012, con clausole ulteriormente vincolanti. Si voterà dunque per far sì che il parlamento, in caso di vittoria del fronte referendario, sia costretto a tornare su quest'ultima legge per aggiustarla coerentemente con l'esito del pronunciamento popolare. Nella migliore delle ipotesi questa circostanza potrebbe fornire al governo italiano, tra qualche mese, uno strumento di pressione per mendicare una qualche forma aggiuntiva di flessibilità nel rispetto dei vincoli europei.

Ciò nonostante è molto probabile che l'iniziativa referendaria venga ugualmente percepita come una "battaglia contro il Fiscal Compact". E' altresì assolutamente certo che, nell'immaginario popolare, i promotori assurgeranno al rango di "oppositori dell'austerità", così ponendo una seria ipoteca sulla possibilità di appropriarsi del ben più prezioso ruolo di "paladini della battaglia contro i tedeschi cattivi".

Ciò consentirà alla grancassa mediatica di presentare agli italiani una pattuglia di "eroici oppositori" dei diktat europei, tuttavia rassicuranti e ben accetti dall'elettorato più cauto (sebbene insofferente delle attuali politiche di austerità). In definitiva, questa iniziativa rischia di favorire l'opera di infiltrazione tesa a scongiurare anche solo la nascita di un movimento sovranista. Che i promotori siano o no coscienti di questo fondamentale risvolto, esso è oggettivamente e facilmente rilevabile.

Inoltre, quand'anche l'applicazione del pareggio di bilancio per legge costituzionale venisse sventata grazie a una vittoria referendaria, questo potrebbe essere ugualmente perseguito da un governo delle intese extra-large. E se anche, per ragioni imperscrutabili da un sano intelletto, si scegliesse di por fine unilateralmente all'austerità, le conseguenze economiche (come ci insegna Alberto Bagnai) sarebbero disastrose.

Fin qui le prime obiezioni. L'aspetto interessante dell'iniziativa risiede nel fatto di mettere definitivamente a tema il processo di implosione dell'Unione Europea, tenuto ai margini del discorso fino a poco prima delle ultime elezioni europee. Peccato che il campo di battaglia non sia quello più favorevole ai sovranisti! Si parlerà, infatti, di "soluzioni" tutte interne al paradigma europeo, che potrebbe così diventare un orizzonte di senso invalicabile per la maggior parte dell'elettorato.

Quest'ultimo è il rischio maggiore, contro il quale è necessario mobilitare l'intelligenza e la passione dei sovranisti. Non sarà un compito facile, stretti come una nave tra gli scogli di Scilla e Cariddi. I sovranisti non sono entusiasti di questo referendum, così come non possono esserne ostili.

1 commento:

  1. Sul fatto che che il referendum sia sostanzialmente inutile sono d'accordo, ma i calcoli politici sullo spazio rubato ai sovranisti mi sembrano un po' traballanti. Primo, perché non sai mai come andrà a finire, i tempi della politica sono di qualche settimana poi la gente dimentica. Secondo, metti che il referendum non passi e allora sarebbe ovvia la conclusione che il popolo italiano accetta l'austerità (con sbrodolamento di complimenti su quanto sia responsabile, lungimirante blabla...). Terzo, uno potrebbe dire che invece è proprio il contrario: il referendum passa, e dopo pochi mesi ci si accorge che non cambia nulla, e a quel punto sarebbe un po' meno complicato far passare il messaggio che l'austerità non è il bersaglio principale, semmai una conseguenza, e riportare l'opinione pubblica sul punto. Ti dirò, mentre lo dico nemmeno io sono convinto, va' a sapere come andrà a finire, ma non è che mi interessi più di tanto. Io personalmente mi atterrei ai sani argomenti sostanziali, lasciando perdere le previsioni meteopolitiche.

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