sabato 14 febbraio 2015

Il lotitismo, stadio finale del liberismo

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Quando qualcuno mi ha chiesto "hai sentito Lotito?" ho risposto "Lotito chi?". Mi è stata spiegata la faccenda, non ho commentato ma... ho cominciato a rimuginarci sopra. Poi ho letto qualche articolo.

Speravo di trovare qualcuno che ricordasse, che so, che il calcio è uno sport, ragion per cui se una piccola squadra di provincia riesce a salire ai massimi livelli ciò dovrebbe essere motivo di soddisfazione. Sarebbe la prova che nello sport c'è qualcosa di pulito, di altro rispetto al denaro e al potere. E invece niente! Io, sulla merdaccia mediatica1 che ci ammorba, sia online che su carta, non ho trovato nulla del genere. E voi? Se qualcuno potesse segnalarmi un articolo, almeno uno, nel quale si fanno riflessioni di tal fatta, avrebbe la mia riconoscenza. 

Vorrei aggiungere un dettaglio. Vivo a Frosinone, città nella quale mi sono distinto, in anni ancora recenti, per essermi battuto contro i project-financing. Tra questi ve n'era uno che riguardava lo stadio del Frosinone calcio, il Matusa, che una cordata guidata da due imprenditori, uno dei quali è l'attuale presidente del Frosinone calcio Maurizio Stirpe, proponeva di spostare in un'altra area chiedendo in cambio il permesso a costruire alcuni palazzacci sul terreno così recuperato. Contro quel progetto si sollevò mezza città, e non se ne fece nulla, sebbene ultimamente si parli della possibilità che sia la stessa amministrazione comunale di Frosinone a finanziare il progetto per la realizzazione di un nuovo stadio. L'area del Matusa dovrebbe così restare libera da ulteriori progetti di urbanizzazione ed essere destinata alla fruizione pubblica. Non ho informazioni di prima mano su questa ipotesi, sebbene molti di coloro con i quali si portò avanti la battaglia contro i project-financing si siano già espressi contro questa ipotesi. Vedremo.

Per il momento mi limito a prendere atto del fatto che l'altro imprenditore della succitata coppia, alias Arnaldo Zeppieri da Veroli, sembra assente in questa nuova vicenda, e ciò mi tranquillizza. Il motivo è presto detto: mentre Arnaldo Zeppieri è un costruttore, e dunque interessato a cogliere opportunità in campo urbanistico, la situazione di Maurizio Stirpe è completamente diversa. Maurizio Stirpe è cresciuto con una dieta a base di imprenditoria e passione calcistica, somministrategli entrambe dal padre Benito, e non ha rilevanti interessi in quell'ambito. Se in Arnaldo Zeppieri si poteva ragionevolmente supporre un interesse economico nel successo sportivo del Frosinone calcio, ciò è francamente molto più difficile nel caso di Maurizio Stirpe. Siamo insomma davanti al classico caso di un imprenditore che, forte del suo successo imprenditoriale, si spende per una passione, quella calcistica, che pur avendo anche risvolti sociali, e dunque politici, non è tuttavia vissuta esclusivamente come un calesse per raggiungere altri obiettivi.

Questa circostanza rende le parole di Lotito (questo tipo che nemmeno sapevo esistesse) particolarmente odiose. Ma pone lo stesso Maurizio Stirpe davanti a una contraddizione. Questi, che si è distinto nel corso della sua vita per la capacità di internazionalizzare la propria attività economica, si trova oggi a dover prendere atto di un livello di spregiudicatezza e immoralità ai sensi dell'etica sportiva che è tuttavia coerente e conforme ai valori del libero mercato: se il Frosinone, o altre squadre distintesi per meriti sportivi, andranno in serie A, gli incassi per diritti televisivi diminuiranno! E non sono bruscolini!

Maurizio Stirpe, Presidente del Frosinone calcio
La vicenda, con il suo strascico di polemiche con lo stesso Maurizio Stirpe, nonché con il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani (Il Carpi: "Lotito? Offensivo". Il sindaco di Frosinone: "Toglietegli la scorta") assume dunque una valenza universale poiché pone una domanda semplice e, al contempo, estremamente seria: fino a dove può spingersi l'ideologia liberista, che tutto pretende di misurare con un unico metro, la convenienza economica? C'è spazio per le scelte diseconomiche di un imprenditore come Maurizio Stirpe, e dei tanti come lui che coltivano una passione umana come quella per il calcio, oppure tutto, ma proprio tutto deve obbedire alla sola logica dell'interesse?

Detto in termini brutali e banali: nel sistema liberista, almeno i vincenti (e Maurizio Stirpe certamente lo è) sono liberi di coltivare spazi di libertà? Oppure il liberismo è un'ideologia che finirà con il divorare i suoi stessi artefici, rendendoci tutti, vincenti e perdenti, suoi schiavi?

Mettiamola così: vedere il Frosinone e il Carpi in serie A potrebbe rassicurarmi sul fatto che il liberismo non è ancora giunto al suo stadio finale: il lotitismo.

E consentitemi di chiedervi: se non proprio contro il liberismo, siete almeno pronti a combattere il lotitismo?

Nota 1: La merdaccia mediatica! Mi piace questa espressione! Credo che la userò ancora.

2 commenti:

  1. Temo che al lotitismo ci siamo già arrivati, a giudicare dai commenti che ho sentito da amici miei che ti assicuro sono tutto fuorchè liberisti.
    Uno sosteneva che le squadre per giocare in serie A non dovrebbero avere solo a cui meriti sportivi ma anche extrasportivi (ma de chè? Da che mondo e mondo gli sport si vincono vincendo la gara in cui si compete, cosa sarebbe un merito extra-gara?)
    Secondo un altro ad esempio gli imprenditori come Squinzi invece di perdere tempo a comprare squadre come il Sassuolo avrebbero dovuto comprarsi grandi squadre come il Milan (e allora secondo lo stesso ragionamento Berlusconi invece di perdere tempo a comprare il Milan, che a suo tempo era bello e fallito, avrebbe fatto meglio a comprarsi il Real Madrid); poi è intervenuto un altro che conosco che ha affibiato a Lotito un paio di epiteti che ovviamente non cito che ha spiegato che l'Italia è un paese di città ed è giusto che gli imprenditori locali investano nelle squadre locali, al contrario degli sceiccazzi qatarioti che si comprano le squadre in Premier o Ligue 1.
    Non poteva però mancare la perla da parte di un altro che disse che la serie a gli fa schifo seguirla perchè ci giocano squadre come il Sassuolo e il Chievo (perchè giustamente in serie A c'hanno sempre giocato solo tre squadre: il Milan, l'Inter e la Juventus. Poi qualcuno ha fatto il gomblotto e hanno ammesso le squadrette stile Chievo, Reggina, Palermo, ecc....). Vabbè, ognuno ha i suoi gusti.

    Ciò che mi colpì poi di questo dibattito e che i "lotitisti" assumevano come base del loro ragionamento il fatto che queste squadre minori avessero pochi tifosi, mentre altre squadre sempre piccole ma con maggior blasone (Genoa, Verona, Samp, ecc...) hanno un maggior numero di tifosi. Ma, ragazzi miei, il fatto di avere un tot numero di tifosi non è una causa ma una conseguenza dei risultati. Se il Milan e l'Inter non avessero mai vinto un solo campionato o una sola Coppa non se le sarebbe filata nessuno e ci avrebbero tifato solo i milanesi. Ad esempio io non sono di Frosinone ma penso che non tutti i cittadini di Frosinone tifino per la cittadina, se andasse in serie A scommetto che poi tutti ne diverrebbero tifosi.
    Insomma, sarà che sono un po' paranoico io ma in questo ragionamento ci vedo un introspezione di fondo, cioè che non sia tanto importante il lavoro fatto per raggiungere l'obiettivo ma l'immagine. Quindi tu puoi passare dalla Serie D alla Serie A in anni, ma se non c'hai almeno 20.000 tifosi non conti un cazzo. La preparazione atletica, l'agonismo messi in campo, quelli non contano.
    Mah....

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  2. E' il managerismo, l'adorazione per la figura di chi magari non sapendo nulla si infila sempre perché cisafare. L'adorazione per i peggiori.

    Ho conosciuto persone così, anche capaci perdere il concorso truccato chiamato per loro per quante cazzate sparano. Ma stanno sempre lì, per far vedere che sono attivi, intraprendenti, cisannofare. E la cosa che mi fa più rabbia è la consapevolezza di non poter far nulla per cambiare un marciume ormai fin troppo evidente, in un mondo che adora i peggiori e giustifica ogni loro comportamento.

    Sono i meccanismi del potere, come anche osservi quando ti chiedi "fino a dove può spingersi l'ideologia liberista". Spengono l'umanità del potente che li segue, lo inaridiscono e lo portano a spegnere l'umanità in tutti quelli che al potere sono sottoposti da impotenti. Lo esprime bene Orwell in 1984 negli ultimi due versi della canzone del castagno:

    sotto i suoi rami alti forti
    essi sono defunti e noi siam morti


    è questo che si deve avere ben presente, per combatterlo.

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