sabato 21 marzo 2015

Giulio Tremonti: Eliogabalo, con il suo set di valori e il suo stile di vita, si troverebbe benissimo a farsi valere alla corte del Lussemburgo.


Legislatura 17ª - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 412 del 18/03/2015

TREMONTI (GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI)). Signor Presidente, onorevoli senatori, grazie per questa occasione utile per riflettere insieme sullo stato dell'Unione; utile perché, se oggi in Europa alcune criticità economiche sembrano ridursi, lo stesso non si può dire per quelle politiche. Per catturare la vostra attenzione, inizierò usando l'immagine dell'Europa dinosauro; per conservare la vostra attenzione - se ci riesco - anticipo che terminerò parlando di Grecia.
C'è una teoria secondo cui la caduta sulla terra di un gigantesco asteroide avrebbe bruciato le grandi foreste, così causando la fine dei dinosauri. Sull'Europa, più o meno nell'ultimo quarto di secolo (un tempo che in senso storico è minimo), si è abbattuto, in sequenza fondamentale e a volte micidiale, un conglomerato fatto da quattro fenomeni tutti insieme: l'allargamento, la globalizzazione, l'euro e la crisi. È forse da qui, da questa sequenza, che si deve e si può partire per capire cosa è successo, cosa succede, cosa succederà in Europa.
Quanto all'allargamento, per mezzo secolo l'Europa ha avuto solo una dimensione economica; è stato con la caduta del Muro di Berlino che la storia ha ripreso il suo corso ed è così che l'Europa è uscita dal suo iniziale perimetro economico per entrare in una nuova, seppur sperimentale, per tentativi, e progressiva dimensione ideologica e politica. La dimensione giuridica è sempre fondamentale come marcatore delle dimensioni ideologiche e politiche.
Ancora pochi anni fa, alla domanda se contasse di più la Corte costituzionale nazionale o quella europea, tutti avrebbero risposto: la nazionale. Oggi è chiaro a tutti l'opposto. La nuova piramide costituzionale non è un male in sé, ma pone enormi problemi divisivi sui comuni costituzionali valori base dell'Unione. Sono ancora quelli della nostra tradizione storica o sono quelli che, in velocissima evoluzione, spingendo all'estremo e cercando di traguardare il futuro sulla vita e sul costume, vengono elaborati dalle nostre corti di Lussemburgo e di Strasburgo? In realtà, più che traguardare il futuro, spesso questi ci riportano al passato precristiano e pagano. Voglio essere chiaro: Eliogabalo, con il suo set di valori e il suo stile di vita, si troverebbe benissimo a farsi valere alla corte del Lussemburgo.
Per quanto concerne la globalizzazione, non è l'Europa ad essere entrata nella globalizzazione ma è la globalizzazione che è entrata in Europa, trovandola impreparata. Mentre si costruisce in Europa il mercato perfetto, da fuori preme molto altro e diverso: monopoli perfetti, economie di comando, fondi sovrani e tanti altri strumenti che tendono sistematicamente a spiazzarci. Non dimentichiamo che siamo il 7 per cento della popolazione, il 25 per cento della produzione, ma addirittura il 50 per cento del welfare a debito.
Per quanto riguarda l'euro, per la prima volta nella storia appare una moneta dissociata: tanto dall'oro, quanto dalla sovranità: moneta senza Governi, Governi senza moneta. Si diceva: federati i loro portafogli, federerete i loro cuori. L'effetto che si sta producendo oggi è lievemente diverso da quanto si pensava: stampare moneta come si fa oggi serve solo a comprare tempo. Come è stato saggiamente scritto, una crisi causata dalla finanza non si risolve usando commutatori cartacei della stessa natura di quelli che l'hanno causata.
In ogni caso, se quanto sta succedendo per ora non è male, dobbiamo considerare quanto sta succedendo e può succedere da fuori, a partire dai tassi americani. Non dobbiamo e possiamo dimenticare che loro sono gli Stati Uniti d'America, mentre noi siamo ancora gli Stati divisi d'Europa.
Infine, vi è la crisi. La crisi non era prevista, non era scritta nei trattati, dove non trovate la parola crisi. Tutta l'ideologia è positiva e progressiva, tipicamente europea. I trattati internazionali sono come i matrimoni: di solito nella buona e nella cattiva sorte. I trattati europei sono solo nella buona sorte, dove il bene è la regola, il male - la crisi - l'eccezione non prevista. Questo ci ha portato a tentare di gestire la crisi, negli anni scorsi, in modo empirico e con un tentativo da ultimo anche drammatico, com'è stato per la Grecia.
Il problema non è che la Grecia è entrata in Europa, ma che l'Europa è entrata in Grecia. Le cause della crisi non sono, come alcuni dicono, riferite all'oscuro e opaco bilancio pubblico greco, entité quasi négligeable. Il vero dramma sulla Grecia è venuto dal lato della finanza privata, e a partire dall'euro. In una dimensione di euforia, a partire dal 2002, un enorme flusso di capitali è andato a credito, dalle banche europee alla società greca, così allegramente finanziando Olimpiadi, piscine e auto (queste non precisamente made in Grecia) e varie illusioni. Per un decennio l'allegria è stata bilaterale, dal lato dei debitori ma anche dal lato dei creditori che incassavano enormi flussi di interessi attivi. Fatalmente è venuta la crisi. Vedete, in base alle leggi dell'economia di mercato, se falliscono i debitori falliscono anche i creditori. Nel caso della Grecia è stato l'opposto. È così che gli aiuti alla Grecia, anche aiuti da noi generosamente elargiti, hanno aiutato tutti, in specie hanno aiutato le banche tedesche e francesi creditrici della Grecia, tutti, tranne che i greci. Dopo le cure europee, il debito pubblico greco è salito, il PIL greco è sceso. E ancora, in modo compulsivo, dall'Europa si chiedono alla Grecia più privatizzazioni, più liberalizzazioni; guardando le presenti condizioni del popolo greco, interventi di questo tipo non li chiederebbe neppure Margaret Thatcher!
La Grecia: una regione d'Europa dove, da sempre, si produce più storia di quella che in loco si consuma e perciò la si esporta. Ciò che è successo in questi anni in Grecia, prima come illusione fabbricata in Europa e poi come depressione, non tocca solo la Grecia: riguarda direttamente il resto dell'Europa.
Nel 1955, proprio ad Atene, e pour cause ad Atene, Albert Camus tenne una straordinaria lezione sul futuro della civiltà europea. Oggi l'Europa potrà avere un futuro di civiltà solo se cesserà di esaurirsi sul calcolo dei tassi di interesse. Avrà davvero un futuro, l'Europa, solo se ritroverà l'intensità e la cifra morale che sono state proprie del suo originario spirito politico. (Applausi dai Gruppi GAL (GS, LA-nS, MpA, NPSI, PpI), FI-PdL XVII e LN-Aut e del senatore Casini).

1 commento:

  1. Insomma, qual è la posizione di costui? Come altri (clamoroso il caso dell'ultimo Paolo Savona!), ha fatto da tempo capire varie volte di aver capito tutto. Cosa propugna? Il "più Europa"? Qual è la conclusione dell'analisi? Aspettare che si concluda la terza guerra mondiale per poi costruire nel deserto che ne resterà l'Europa dei Popoli? Oppure sono manovre di avvicinamento all'unica vera soluzione possibile?

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