mercoledì 18 marzo 2015

La servitù di una volta

L'enigma della docilità
"Non c'è più la servitù di una volta" commentano due signore impegnate a sniffare cocaina. Ennio Flaiano, autore di "Diario notturno", non avrebbe mai immaginato, nel 1956, che la servitù di una volta sarebbe tornata. Anche John Fowles, in "La donna del tenente francese - 1969", descrive il senso di rammarico degli esponenti della classe privilegiata per il fatto che diventava sempre più difficile trovare servitori sottomessi e rispettosi delle differenze di classe.

In un commento al video "Neanderthal Calimeros" un utente mi scrive: "Il petrolio abbonda ecc ecc. perchè dovremmo vivere male? approfondiamo? non è questa la domanda primaria?". In effetti, in un passaggio del video avevo dichiarato:


Il commentatore ha pienamente ragione, è questa la domanda primaria: perché dobbiamo vivere male, pur potendo vivere bene?

Ma cosa significa "vivere bene"? Proviamo ad immaginare un mondo ancora più tecnologico di quello attuale, un mondo nel quale le macchine facciano tutto e ognuno possa avere tutti i beni materiali di cui ha bisogno: salute, sicurezza, protezione, cibo, case, un ambiente salubre. Ora domandiamoci: cosa manca ancora? Per cosa gli esseri umani competerebbero in un mondo così meraviglioso? O pensate che, per il solo fatto di avere ogni cosa, non ci sarebbe più ragione per farlo? Ne siete convinti? Non manca qualcosa, perfino in quel mondo meravigliosamente ricco?

Sì, manca una cosa, il possesso di ciò che vi è di più prezioso al mondo, che nessuna macchina potrà mai surrogare: il possesso di altri esseri umani. A meno che tutti non siano disposti, in quell'immaginario mondo ricco ed opulento, a fare conversazione con delle macchine automatiche!

Quello che voglio dire, in definitiva, è che l'istinto predatorio non è motivato solo dalla carenza di beni materiali essenziali o desiderati, ma che esso è alimentato da qualcosa di più profondo, il desiderio di "possedere" altri esseri umani, i quali hanno una qualità che li rende unici e inimitabili: sono dotati di coscienza.

E infatti, quando si invecchia, molti portano a spasso il cane! O si circondano di gatti! Un ripiego, in fondo, perché sarebbe molto più gratificante essere circondati da cortigiani adulanti, da donne e uomini a noi legati dal bisogno di qualcosa che solo noi possiamo concedere. Insomma: avere della servitù.

Poiché il bisogno primario degli esseri umani non è costituito dai beni necessari alla sopravvivenza, ma dal possesso di altri esseri umani, la riduzione in schiavitù di altri esseri umani, sia pure in modo mascherato e/o edulcorato, rappresenta, dall'alba dei tempi, la causa primaria di ogni guerra, il cui fine consiste, in estrema analisi, nello stabilire chi è il padrone e chi il servo.

Ma se ciò è vero, la conseguenza è che la lotta è inevitabile. E poiché nella lotta conviene trovare alleati, ecco che si formano le comunità umane: dalla coppia alla famiglia, al clan, alla tribù, al popolo, allo Stato. All'interno di queste, la lotta si riproduce ad ogni livello, ma la costituzione di una comunità implica anche che questa si dia delle regole, onde evitare la dissoluzione della comunità stessa.

Ecco perché, nonostante si possa vivere tutti, grazie alla tecnologia, molto meglio di come viviamo, siamo pur tuttavia sempre in guerra. Una guerra tra comunità, ma anche all'interno di ognuna di esse, ad ogni livello di scala. Questa è la condizione umana. Se poi ci mettiamo che le risorse, in verità, sono scarse, e che il mondo meraviglioso da cui sono partito è ben lungi dall'essere realtà, il cerchio si chiude.

Non possiamo sfuggire alla nostra condizione di esseri umani se non con la morte, che paradossalmente rappresenta l'ultima speranza di ognuno di noi di essere liberi. E allora non ci resta che lottare, tenendo sempre a mente che, poiché la lotta è faticosa, rischiamo ad ogni istante di cedere alla fantasia di poter vivere in pace, soprattutto quando ciò ci viene proposto dai nostri simili, siano essi individui o altre comunità, nella forma di un favolistico accordo di nuovo tipo che porrà fine, finalmente, all'incessante necessità di combattere. Che si tratti dell'utopia comunista, o della favola del libero mercato, l'errore che non dobbiamo mai commettere è quello di pensare che quella soluzione possa portare la pace. Che fare allora?

Ecco, io penso che, invece che credere alla favola di un nuovo sistema (politico, sociale, religioso... fate voi) che ci restituirà il perduto paradiso terrestre, davanti ad ogni proposta dobbiamo chiederci se questa vada a nostro favore o ci danneggi, sia sul piano individuale che come membri di una comunità in lotta con altre comunità. Lo scopo della lotta essendo, repetita iuvant, decidere chi è il padrone e chi il servo.

Sarà più facile capire, in tal modo, che l'euro, l'Unione Europea, la globalizzazione, non sono soluzioni buone per tutti, ma che avvantaggiano alcuni e svantaggiano altri, e la prima cosa da chiedersi è in quale categoria noi siamo. E poiché a milioni, oggi, non sono più capaci di farsi due conti in tasca e capire cosa gli convenga, ecco che "la servitù di una volta" sta tornando, è tanta e a buon mercato.

Vi saluto, vado a controllare che i miei servi stiano lavorando. L'ultimo che scatta in piedi, quando entro, lo faccio bastonare dai miei lacchè, e lo butto in mezzo alla strada. Poi vado a prendere il tè dalla duchessa di...

5 commenti:

  1. ecco! mo' perchè ho adottato un cucciolo abbandonato sta' a vede' che so' vecchio e bramoso di potere!!!

    bell'articolo: ottimo spunto per migliaia di riflessioni

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  2. Questa è proprio un'ottima riflessione, ha ragione Simone. Ciò mi spinge a proporne almeno altre due. Propongo qui di seguito la prima.
    Per i greci la più alta attività che l'uomo poteva condurre era l'attività politica, perché rispetto alle altre attività il cui fine è sottomesso alla produzione di un oggetto estrinseco, essa possiede in sé il proprio fine. Aristotele scrive nella Politica espressamente che gli uomini si uniscono in vista del vivere bene (euzein), la polis nel suo significato politico, dunque, racchiude il vivere bene. Ora accade però che nell'Atene del IV sec a.C., affinché si potesse partecipare alla sfera politica occorreva che altri non vi partecipassero, cioè. per far sì che la categoria del politico potesse attualizzarsi, occorreva che alcuni uomini venissero assoggettati a quella pre-politica delle necessità della vita, perciò le donne e gli schiavi che si occupavano dell'oikos. Quello che mi pare interessante della visione di Aristotele, al netto delle differenze con la modernità è questa separazione che si impone tra il prepolitico e il politico, tra il semplice vivere e il vivere bene, che spinge a porsi la domanda se la libertà sia una zona del vivere assolutamente inclusiva o che può includere solo pochi.

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    1. Nel mio piccolo di formica incazzata una risposta ce l'ho: la libertà include solo coloro che sono disposti a combattere per essere liberi.

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  3. "Quello che voglio dire, in definitiva, è che l'istinto predatorio non è motivato solo dalla carenza di beni materiali essenziali o desiderati, ma che esso è alimentato da qualcosa di più profondo, il desiderio di "possedere" altri esseri umani, i quali hanno una qualità che li rende unici e inimitabili: sono dotati di coscienza."

    Se fosse vero sarebbe l'indizio certo della follia. Su questo pianeta il bipede implume è l'unica specie dedita alla competizione intraspecifica su larga scala.
    Se hai ragione non c'è futuro.
    Ammenoche'...

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  4. La seconda è forse la più antica testimonianza del fatto che gli uomini non cessano di agire per mettere le catene ai propri polsi. (Faccio notare inoltre come la richiesta di un re fatta a Samuele dal popolo è motivata dall'aumento della corruzione... come dire, il motivo della decadenza delle democrazie è sempre quello da 4,000 anni di storia): "...Quando Samuele fu vecchio, stabilì giudici di Israele i suoi figli. Il primogenito si chiamava Ioel, il secondogenito Abià; esercitavano l'ufficio di giudici in Betsabea. I figli di lui però non camminavano sulle sue orme, perché deviavano dietro il lucro, accettavano regali e sovvertivano il giudizio. Si radunarono allora gli anziani e andarono da Samuele a Rama. Gli dissero: "Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non ricalcano le tue orme. Ora stabilisci per noi un re che ci governi, come avviene per tutti i popoli". Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta perché avevano detto: "dacci un re che ci governi". Perciò Samuele pregò il Signore. Il Signore rispose a Samuele: "ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro non hanno rigettato te, ma rigettato me perché io non regni più su di essi. Come si sono comportati dal giorno in cui li ho fati uscire dall'Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dei, così intendono fare a te. Ascolta pure la loro richiesta, però annunzia loro chiaramente le pretese del re che regnerà su di loro".
    Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo che gli aveva chiesto un re. Disse loro: Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere, cuoche e fornaie. Si farà consegnare ancora i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li regalerà ai suoi ministri. Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà a decima sui vostri greggi e voi stessi diventerete suoi schiavi. Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà". (Bibbia, 1, Samuele, 8,1/8,19)

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