lunedì 8 giugno 2015

Monòpoli e l'ora del gelato

Quando ero piccolo i nostri genitori portavano me e la mia sorellina a trovare gli zii. In quella piccola casa abbarbicata sul colle di Villa Santa Lucia, dove trovavamo la nostra cuginetta e qualche suo amico, ci mettevamo a giocare a Monòpoli. Avevamo molto tempo a disposizione, a volte tutto il pomeriggio fino all'ora di cena, e anche oltre quando i nostri genitori decidevano di restare fino a tardi.

Man mano che il gioco procedeva accadeva che quelli che andavano in bancarotta fossero costretti ad uscire dal gioco, fino a quando ne restava uno solo. Questo fatto non ci piaceva perché, dopo le prime volte, quelli di noi che venivano espulsi si annoiavano. Decidemmo così di cambiare le regole - i bambini si sa sono creativi - per cui stabilimmo che la banca potesse prestare soldi ai giocatori in difficoltà. Sarà stato lo "spirito del tempo" - eravamo nella prima metà degli anni sessanta del secolo scorso - o forse perché non avevamo letto Milton Friedman o Von Hayek, fatto è che la decisione fu accolta favorevolmente da tutti. Fu così che nessuno restò più tagliato fuori, e anzi accadeva spesso che uno di noi, che in una prima fase del gioco aveva accumulato molti "debiti" con la banca, in seguito si riprendeva passando in vantaggio. Dico "vantaggio" perché, così come non ci furono più quelli che erano definitivamente espulsi dal gioco, non ci fu mai più un vincitore assoluto. Semplicemente c'era uno di noi in vantaggio e tutti gli altri dietro. Fino all'ultimo che, però, poteva continuare a giocare all'infinito.

Le partite divennero interminabili, i foglietti con i dare/avere tra giocatori e banca (come pure tra giocatori: introducemmo anche questa novità) si riempivano di "scritture" e, quando veniva l'ora di andar via, i nostri genitori dovevano letteralmente strapparci via dal tabellone, tra strepiti acuti e irresistibili suppliche per avere ancora un "momentino".

Avevamo inventato il modello keynesiano, ovviamente senza scambi con l'esterno. Lo dico per i diversamente svegli, quelli che credono di poter fare politiche espansive in un solo paese con: una moneta unica, una banca centrale indipendente dalla politica nazionale, assenza di una politica fiscale comune, nessun limite alla circolazione dei capitali e tante altre pinzellacchere che non sto ad elencarvi. Noi eravamo a Villa Santa Lucia, il nostro piccolo mondo keynesiano finiva alle pareti della stanza, il mondo esterno proprio non esisteva... fatta eccezione per l'ora del gelato.

Già, il gelato! Avevamo anche la ziobotica a Villa Santa Lucia nella prima metà degli anni sessanta del secolo scorso! Una leccornia di cittadinanza che non vi dico...

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