sabato 29 agosto 2015

Se un socialdemocratico passa per rivoluzionario...

Sul messaggero di oggi 29 agosto 2015 compare un articolo di tal Giuliano da Empoli (che vi invito a leggere con attenzione e a meditarlo) dedicato al leader labourista inglese Jeremy Corbyn, descritto come un rivoluzionario che vuole riportare indietro le lancette della storia.

Scrive Da Empoli: "Dietro il garbo proverbiale di questo gentiluomo attempato si nasconde un programma che farebbe impallidire Tsipras e Landini. Uscita della Gran Bretagna dalla Nato, aumento delle tasse, ri-nazionalizzazione dei trasporti e dell’energia elettrica: in tempi normali, i cavalli di battaglia di Corbyn lo avrebbero automaticamente messo fuori gioco. Ma così grande è la confusione sotto il cielo del Regno Unito (o meglio, della sua metà di sinistra) che Corbyn è oggi in pole position."

Ora io ricordo bene i tempi della mia giovinezza, quando l'energia elettrica, i trasporti, ma anche le telecomunicazioni e tanti altri settori strategici, non solo erano in mano pubblica, ma l'idea stessa che potessero essere dati ai privati era semplicemente oltre l'orizzonte del proponibile. Eppure, che io ricordi, non c'era in Italia un regime comunista!

Molta acqua è passata sotto i ponti, il nemico di classe ha sfondato le linee difensive del popolo con una doppia manovra, costituita da una serie di attacchi frontali - da tangentopoli al "fate presto" - e una lunga manovra di infiltramento dei partiti di sinistra che, per il tradimento di svergognati personaggi i cui nomi ometto per prudenza, si sono prestati, al pari di quelli di destra, a servire gli interessi privatistici del grande capitale. La misura è colma.

A questo punto è necessario reagire. La prima cosa da fare è delimitare il confine tracciando una linea rossa, ben chiara e visibile, che separi il nostro campo da quello dello spietato nemico di classe, nonché riapprendere l'uso di termini, espressioni e toni che non lascino dubbio alcuno sul fatto che questa è una guerra di classe, e come tale deve essere combattuta. Nessuna concessione al nemico, nessun compromesso con gli indecisi: o con il popolo o contro il popolo, o Costituzione o riforme istituzionali, Sovranità popolare o liberismo! Gli indecisi siano trattati come nemici!

Dobbiamo essere radicali: nel linguaggio, nell'azione politica, con l'esempio. Cacciamo dalle nostre case coloro che ammiccano al nemico, tronchiamo le amicizie anche di lunga data, disprezziamoli pubblicamente e nel privato, non perdiamo occasione per attaccarli. Soprattutto non cadiamo nelle trappole che ci verranno sicuramente tese, non fidiamoci di nessuno e, prima di aprire i nostri cuori accogliendo nuovi compagni di lotta, informiamoci bene. Ricominciamo a incontrarci in occasioni non pubbliche, senza telecamere e telefonini, organizzando convegni di studio e scuole di formazione politica, come pure per dirimere gli eventuali contrasti interni. Se ESSI si incontrano in riunioni a porte chiuse, convocate da organizzazioni impenetrabili, ebbene facciamo lo stesso. Studiamo il nemico, apprendiamo le loro tecniche, facciamole nostre e miglioriamole, inventiamone altre ancora più efficaci.

Dobbiamo essere radicali, ma evitare per adesso lo scontro frontale. Non è ancora il momento di attaccare, ma quello di rianimare la coscienza di classe, la quale giace a terra esangue calpestata dall'ignobile nemico di classe che dobbiamo reimparare a odiare. Perché la guerra - siamo in una guerra che ci è stata dichiarata a nostra insaputa - è il tempo dell'odio. Dunque odiare chi già ci odia è giusto e santo.

Gli artisti, coloro che insegnano, quelli che operano nel sociale, si attivino per dare vita a una guerriglia culturale che ribalti il falso senso comune delle cose e delle parole instillato nella mente del popolo in decenni di bombardamento mediatico e di pubblicazioni oscene al servizio degli interessi privatistici. Evitiamo di guardare la televisione, leggiamo i giornali con spirito antagonista nella certezza che tutto ciò che vi è scritto è vergognosamente falso, o capziosamente distorto. Quando non capiamo qualcosa chiediamo ai nostri compagni, riapriamo i vecchi libri, discutiamone insieme. Soprattutto, riscopriamo il senso morale dell'esistenza, il valore della parola data, l'amicizia, la lealtà e l'onestà. Disprezziamo i furbi, i doppiogiochisti, i falsi e i vigliacchi. Resistiamo, e resistendo facciamo nascere milioni di nuclei di cultura politica popolare, che ci daranno la forza nel momento della riscossa.

Infine, dobbiamo sapere che tutto ciò durerà decenni, che saranno necessari grandi sacrifici e che dobbiamo cominciare ieri.

4 commenti:

  1. Ho avuto l'occasione ,fortuita , di assistere 3 anni fa , nella vicina Brescia , ad un incontro
    con il prof. Massimo Florio che aveva affinato i suoi studi di economia presso la London
    School of Economics di Londra proprio nel periodo delle privatizzazioni di Margaret Tatcher,
    il suo intervento si trova su you tube : Massimo Florio :Privatizzazioni : Mito e Mitologia .
    2 giorni fa anche Keynes Blog si è occupato di J.Corbyn pubblicando l'articolo di un noto conservatore inglese che apprezzava le proposte di Corbyn , soprattutto quella della
    creazione di una banca di investimenti pubblica : della serie : noi in Italia siamo piu'
    realisti del re o piu' liberali degli altri , sempre piu'! Forse perché siamo i piu' furbi ?

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  2. Nel mare magnum dei perniciosi e grotteschi Savonarola della contro-informazione che puntano a fare breccia agitando lo spettro di grandi cupole di anafettivi che tutto decidono in gran segreto, il video segnalato da F. Campedelli sulle privatizzazioni fornisce un cristallino esempio di contro-informazione "produttiva": pacatezza dei toni, semplicità e chiarezza del linguaggio, capacità di trasmettere senso di equilibrio e di oggettività nel modo di leggere i fatti e, soprattutto, rinuncia a voler aprire gli occhi degli ignari su "chi muove i fili della macchinazione contro l'umanità".

    Finché la così detta informazione libera sarà ostaggio di indignatissimi e autoreferenzialissimi urlatori di verità dal sapore "leggermente" surreale sul perchè siamo nella cacca, sarà davvero difficile spostare quote significative di opinione pubblica dalla parte giusta.

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    1. Ho appena visto la relazione del prof. Florio nel video segnalato da Fabio Campedelli. Concordo sul fatto che si tratta di un contributo di grande interesse, non solo sul piano delle informazioni ma anche su quello dei toni e del linguaggio usati. Grazie.

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  3. Nel post ricorrono i concetti di "classe" e di "nemici di classe".

    Sono portato a pensare che non ti voglia riferire alla classe "operaia" o "lavoratrice" (cioè dei lavoratori subordinati), ritenendo che tu sia consapevole del fatto che la caduta del "muro" ha segnato politicamente e culturalmente la fine di quella classe (fino agli anni '70 del secolo scorso, l'operaio non è che vivesse la propria condizione socio-lavorativa come desiderabile, ma almeno la sentiva circondata da una valenza politica che le conferiva dignità; poi, nel corso dei "mitici"anni '80 - mitici per le oligarchie finanziarie e i suoi demenziali emuli -, i salariati hanno progressivamente smarrito la "coscenza dei classe" fino a perderla del tutto col crollo del muro, iniziando da quel momento a vivere la propria condizione con senso di colpa e profonda frustrazione).

    Chi oggi caldeggiasse una rinascita del Paese identificandola con l'esito vittorioso di una guerra della classe lavoratrice contro i suoi "nemici", si troverebbe nella imbrazzante situazione di colui che, pur disponendo del progetto di una casa, non può costruirla perchè non ha il materiale, essendo la defunta classe lavoratrice (il materiale) ormai ridotta ad una pluralità numerica di individui accomunati solo dal nudo e crudo dato statistico e sociologico di lavorare sotto padrone (o di volerlo fare senza riuscirci).

    Realisticamente, un progetto credibile di riappropriazione della sovranità popolare e, quindi, potenzialmente condivisibile dalle "masse", non potrebbe che essere incentrato sulla difesa di interessi (in primis, economici) condivisi dalle diverse componenti della società civile e trasversali alle varie classi sociali, interessi che una sapiente e paziente azione informativa dovrebbe essere in grado di fare emergere dalla cloaca maxima della (dis)informazione di regime.

    Interclassismo? Non lo so. Ma se con questa espressione si definisce un modello di sviluppo che vuole armonizzare gli interessi contrapposti di cui sono portatrici le diverse classi sociali, ho l'impressione che "leggermente" interclassista lo sia anche la nostra Costituzione (i costituzionalisti, nel definire il modello di Stato delineato dalla Costituzione, parlano di "Stato democratico pluriclasse" ).

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