sabato 19 settembre 2015

L'urgenza e la necessità dei movimenti dal basso

Sono stancuzzo, ho appena finito di rivedermi un po' di cose sulle modulazioni (non le insegno da diversi anni e domani mi tocca) e vorrei andare a letto, ma sento la necessità di dire qualcosa sui movimenti dal basso. Magari, nei prossimi giorni, riprenderò l'argomento per approfondirlo.

Per adesso parto da un mio breve commento a un post di Peter Yanez sul suo blog, nel quale affermo, tra l'altro: «Bagnai porta sulle spalle la responsabilità di aver inferto un colpo micidiale al sovranismo, inteso come movimento politico dal basso, nella fase del suo "stato nascente".»

Nota: per chi non conosce il significato dell'espressione "stato nascente" riporto questa definizione tratta da wikipedia: "Stato nascente è un concetto sociologico proposto da Francesco Alberoni che identifica un periodo entro il quale un gruppo di persone, accomunate da speranze comuni, si unisce per creare una forza nuova (il movimento) che si contrapponga all'Istituzione."

Dopo la pubblicazione del commento è partito su twitter un mini dibattito, nel quale ho trovato alcune affermazioni che mi hanno sconcertato. Una, in particolare:


Questo signore, dopo avermi definito "perdente nato" si domanda cosa significhi "movimento dal basso". Sorvolo sul resto, che non mi interessa. Vengo definito "perdente nato" perché così mi ha etichettato l'esimio prof. Alberto Bagnai il quale, dopo un alterco risalente ormai a tre anni fa, prese la decisione di cancellarmi dalla porzione di universo telematico nella quale imperversa, facendomi così un doppio favore: offrirmi l'opportunità di mettere alla prova il mio carattere perché dovetti superare un lungo periodo di isolamento per la fatwa che mi aveva scagliato addosso, e rendermi più conosciuto di quanto meritassi, trasformandomi in una specie di Salman Rushdie ciociaro in sedicesimo. Molto bene!

Ma veniamo alla domanda del Ciardello: che caxxo significa movimento dal basso?

Ebbene, i movimenti dal basso, tutti i veri movimenti dal basso (non quelli organizzati e coordinati dall'alto) condividono il fatto di essere dei tentativi, il più delle volte (ma non sempre) destinati all'insuccesso, posti in atto dai ceti subalterni al fine di provvedere alla difesa dei propri interessi. Questi "movimenti" possono assumere forme diverse: rivolte improvvise come le jaqueries del XIV secolo, rivoluzioni, oppure (è il caso che ci interessa) sforzi prolungati al fine di riconquistare una effettiva rappresentanza nell'ambito di un sistema in cui, pur essendo possibile una dialettica politica, questa è caratterizzata dal fatto che gli interessi dei ceti subalterni sono presi in ostaggio da organizzazioni e personale ormai sussunti dal ceto dominante. Quest'ultimo, pur essendo minoritario sul piano meramente numerico, come pure su quello del peso economico relativamente alla somma degli interessi diffusi, è però in grado di esercitare un'egemonia totale e totalitaria, perché è stato capace di imporre una visione generale del mondo funzionale ai suoi interessi. Questa è, appunto, la situazione in cui versa oggi il quadro politico italiano.

Così stando le cose, la nascita e lo sviluppo di veri movimenti dal basso costituisce una necessità per la difesa e la conservazione della democrazia. Ciò non significa che i movimenti dal basso, per adempiere alla loro missione, debbano necessariamente prendere il potere: quando ciò accade si parla di rivoluzione, ma tra questa e una condizione di democrazia totalitaria ci sono molte possibilità intermedie. Forse che la plebe romana, nel corso delle lotte contro il patriziato del VI-V secolo a.c., riuscì a "prendere il potere"?  Certo che no, ma quello che sortì da quel lungo periodo di aspre lotte fu un profondo mutamento degli equilibri politici interni, che si tradusse in una grande vivacità della vita politica cittadina in un quadro di equilibrio costituzionale che si rivelò, nel tempo, la vera fonte dello straordinario successo della repubblica romana. Leggere (o rileggere) i "Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio" di Nicolò Machiavelli credo sia un buon consiglio per il signor Gianni Ciardello, che mi definisce pappagallescamente "un perdente nato".

Non mancano numerosi altri esempi, noti a chiunque conosca un minimo di storia (oltre ad abbeverarsi cotidie sul blog di Illo), sui quali dunque sorvolo.

Ora, se una cosa è necessaria e indispensabile per difendere il sommo bene della democrazia, ciò significa che quella cosa deve essere tentata, a qualsiasi costo. Nessuna obiezione è ammessa: "ci vogliono i soldi, ci vuole troppo tempo, le speranze di riuscita sono inesistenti...". L'alternativa essendo la resa, oppure il mettersi in vendita.

Chi si imbarca in questo tentativo, quando si parte da zero e le speranze di riuscita sono flebili, è necessariamente "un perdente". Per questa ragione, non solo non mi offendo per la definizione che il Ciardello, pappagallescamente, mi affibbia ("perdente nato"), ma la assumo come un grande complimento, soprattutto perché mi rende l'onore di specificare che tale io nacqui. E' vero, è la mia vera e più profonda natura: faccio sempre il tifo per chi è più debole, mai per chi è più forte. Soprattutto quando vedo che chi è in posizione di debolezza è disposto a combattere per difendersi, invece che fuggire o sottomettersi. Noi "perdenti" vinciamo raramente (quando ciò accade si parla di rivoluzioni) e, quando succede, siamo pure così folli da metterci subito in conflitto con i nuovi vincitori, ragion per cui la nostra condizione ideale è quella in cui, combattendo, facciamo passi in avanti, pur senza "prendere il potere". La Storia, questa sconosciuta ai tanti Ciardello di questo paese, ci insegna che questi sono anche i periodi migliori per la civiltà umana, la quale trae vantaggio proprio dall'esistenza di un'aspra e genuina lotta politica, che arricchisce il corpo sociale in una situazione di equilibrio dinamico. Esattamente l'opposto del sogno distopico del cavaliere nero, che immagina che ci toglieranno dai guai quelli che ci hanno messo nei guai. #DAR

5 commenti:

  1. Non ti arrabiare Fiorenzo, ormai fioriscono linee di pensiero, si fa per dire, da far accapponare la pelle, l' ultimo esempio che porti è paradigmatico del pensiero debole indotto in cui dominano raffinati giudizi che vanno dal "perdente nato" allo "sfigato" ed entro questi ridotti limiti fonetici manifestano la loro ipofasia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Potremmo elevare il pensiero, si fa sempre per dire, di Ciardiello a categoria dottrinale: il Ciardiellismo.

      Elimina
  2. Il voto in Grecia conferma che la razionalità economica, anzi proprio la razionalità e basta non c'entra una mazza con la politica. Quindi quale "danno micidiale" avrebbe inferto Bagnai al sovranismo? Con Bagnai dalla nostra cosa sarebbe cambiato? E' vero, parla alla tv qualche volta, ma di quante truppe ciardellate dispone?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bagnai ha delegittimato, deriso e scoraggiato il ritorno all'impegno politico in un momento in cui c'erano tutte le condizioni per un suo risveglio. Quanto al "colpo micidiale" ti faccio notare che ho parlato di sovranismo, non della possibilità che questo diventi maggioranza. Se il sovranismo è una piccola realtà, non serve un colpo di maglio per abbatterlo, basta deriderlo. E così, il semino non è diventato piantina. E un semino, finché non diventa piantina, non può diventare un grande albero.

      Elimina
  3. Messaggio per AP:

    Carissimo, mi sei simpatico e ti ho sempre apprezzato, anche quando abbiamo discusso, ma devo ricordarti che sono un ciociaraccio testardo: se dico che "questo non è un blog per anonimi" così è.

    Non volermene, e complimenti per il tuo contributo sul blog di 48.

    Con stima, Fiorenzo.

    RispondiElimina