giovedì 28 gennaio 2016

“European Monetary Balanced Agreement” (EMBA) - di E. Brancaccio

la mia traduzione del post, sul blog di Emiliano Brancaccio, dal titolo:

"Back to the old European Monetary System? A comment on Lafontaine"

Incontro per un piano B in Europa - Parigi, 23-24 gennaio 2016

Intervento di Emiliano Brancaccio


Oskar Lafontaine invoca un ritorno al vecchio Sistema Monetario Europeo (SME). Affinché questa soluzione sia praticabile è necessario imporre sanzioni ai paesi che adottano politiche deflazionistiche per accumulare surplus di bilancia dei pagamenti. Un realistico sistema sanzionatorio potrebbe essere fondato alcuni limiti alla indiscriminata libertà di circolazione dei capitali da e verso questi paesi. In nome del realismo politico, questa soluzione potrebbe essere adottata immediatamente e indipendentemente da un singolo paese, e successivamente estesa passo dopo passo in seguito a ulteriori accordi con altri paesi.

1. Il monito degli economisti: il destino dell'euro è segnato


Nel settembre 2013 il Financial Times pubblicò il cosiddetto "Monito degli economisti", una lettera sottoscritta da molti membri influenti della comunità accademica internazionale appartenenti a diverse scuole di pensiero: Dani Rodrik, James Galbraith, Wendy Carlin, Jan Kregel, Mauro Gallegati e molti altri. [1]

Il punto di vista condiviso nel Monito degli economisti era il seguente. La continuazione di politiche asteritarie e deflazioniste nell'Unione Monetaria Europea (UME) avrà l'effetto di accrescere gli squilibri tra i paesi creditori e quelli debitori, con una conseguente intensificazione della centralizzazione dei capitali dai paesi del sud Europa in quelli del nord, e ulteriori crisi bancarie. In conseguenza di questo processo, il destino dell'euro sarà segnato. L'UME, almeno come la conosciamo, si avvierà alla deflagrazione e ai decisori politici resterà solo la scelta tra alternative di uscita dall'euro, ognuna con effetti diversi sulle classi sociali.

Queste erano le conclusioni del nostro monito, più di due anni fa. Abbiamo ragione di credere che le sue tesi fondamentali siano ancora valide e potranno restare tali in futuro. Se le accettiamo, allora devono essere considerate due conclusioni. Prima di tutto, un "Piano B per l'Europa" diventerà, presto o tardi, necessario, per ragioni obiettive. Disporre di un "Piano B" non sarà un'opzione politica minoritaria. Essa diventerà una necessità storica. In secondo luogo, non vi è un solo tipo di "Piano B". La storia delle ultime crisi monetarie mostra che le opzioni per l'uscita da un regime monetario sono varie e molto diverse l'una dall'altra, e che ognuna di esse ha conseguenze diverse per i diversi gruppi sociali coinvolti.  [2]

2. La proposta di Schauble: il piano B perfetto per i creditori


Consideriamo, ad esempio, il piano B suggerito alla Grecia dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Ad oggi, la proposta di Grexit di Schäuble è il solo piano B esplicitamente citato nei documenti ufficiali dell'UE, per la precisione nei lavori dell'eurogruppo. [3]

La proposta di Schäuble merita di essere definitta il perfetto piano B per i creditori. Il motivo è semplice: ciò che realmente spaventa i creditori è che il debito venga ridenominato. La proposta di Schäuble avrebbe sì permesso alla Grecia di uscire dall'euro, ma essa era congegnata in modo da sterilizzare il rischio che il debito greco venisse ridenominato in dracme svalutate. La Storia ha qualcosa da insegnarci su questo punto: posti di fronte alla minaccia di ridenominazione del debito, i creditori non possono essere protetti da meri obblighi contrattuali. Rispetto a ciò, Schäuble aveva una soluzione per proteggere i creditori. Egli sapeva che se la Grecia avesse lasciato l'euro, si sarebbe ritrovata con un eccesso di importazioni rispetto alle sue esportazioni, e dunque con un deficit da coprire con denaro fresco. Dovrebbe essere notato che questo deficit non sarebbe stato ridotto dalla svalutazione, almeno non subito. Pertanto Schäuble offriva al governo greco il supporto finanziario necessario a sostenere il deficit esterno dopo l'uscita, eventualmente con una parziale ristrutturazione del debito, a condizione però che il debito greco rimanesse denominato in euro.

Il Piano B di Schäuble riecheggia il tema del Gattopardo, un famoso romanzo italiano: tutto deve cambiare, affinché ogni cosa resti uguale. Nel caso del piano di Schäuble, tutto deve essere cambiato, anche la moneta, affinché le politiche economiche e gli equilibri di potere tra debitori e creditori e le classi sociali restino essenzialmente inalterati. Questo tipo di piano B sarebbe stato catastrofico. Il peggio del mantenere l'euro combinato con il peggio dell'uscirne.

Dobbiamo affermarlo con chiarezza: nelle condizioni date degli attuali equilibri di potere in Europa, e dell'enorme ritardo delle forze di sinistra su questo tema, in caso di crisi dell'eurozona la proposta di Schäuble rischia di essere il solo piano B sul tavolo dei futuri negoziati, non solo per la Grecia ma anche per altri paesi.

3. La proposta di Lafontaine: un ritorno al vecchio SME


Fortunatamente esistono altre soluzioni. Ad esempio il piano B consistente nella possibilità di tornare  al vecchio Sistema Monetario Europeo (SME). Questa opzione è stata proposta da molte parti. Oskar Lafontaine, per quanto ne sappiamo, è uno dei suoi sostenitori.  [4]

Uno dei meriti della proposta di Lafontaine, a mio avviso, consiste nel fatto di chiarire che lasciare i tassi di cambio in balia delle forze del mercato non è la soluzione ottimale. I tassi di cambio variabili favorirebbero la speculazione e agirebbero in favore del peggiore capitalismo finanziario. Neanche sarebbe garantito che essi possano essere d'aiuto nel risolvere gli squilibri strutturali e nel mitigare il processo di centralizzazione dei capitali nell'attuale eurozona.  [5]

A mio parere, tuttavia, la proposta di Lafontaine non è sufficiente da sola. Essa ha bisogno di essere rafforzata. L'idea di un ritorno al vecchio SME può essere vista come un'ipotesi iniziale, ma non come un punto d'arrivo della nostra analisi. Il limite di un ritorno allo SME risiede nel fatto che esso si scontra con un problema che è stato ampiamente studiato nella letteratura economica, ed è noto con il nome di "impossibile trinità" o di "quartetto inconsistente" dell'economia internazionale. In breve, questo problema consiste nella difficoltà per qualsiasi paese di assicurare margini di autonomia della politica economica nazionale in condizioni di completa libertà di movimento dei capitali e, in una certa misura, delle merci. Ad esempio, in una situazione di perfetta mobilità di capitali e merci un paese che tende ad accumulare disavanzi delle partite correnti non riesce a perseguire politiche economiche volte ad aumentare l'occupazione. 

E' necessario sottolineare che il fatto che i tassi di cambio fossero aggiustabili, nello SME, non bastava a risolvere questo problema. Le politiche economiche dei paesi con la tendenza a sviluppare un deficit estero erano fortemente influenzate dalle politiche economiche della Germania, il paese leader che tendeva ad accumulare surplus.  Ed è precisamente per questa constatazione che all'inizio degli anni '90, soprattutto in Francia, fu introdotta l'idea di una banca centrale europea. Il punto di vista francese era che lo SME fosse dominato dalla politica economica tedesca, e che una banca centrale europea avrebbe favorito una maggiore condivisione delle scelte. Se non teniamo a mente i termini del passaggio dallo SME all'euro, corriamo il rischio di trascurare questi aspetti cruciali della storia dell'unificazione europea.

Questo è il motivo per cui penso che, sebbene la proposta di Lafontaine di discutere un ritorno allo SME sia benvenuta, al fine di fare un ulteriore passo avanti sia probabilmente necessario trovare un modo per limitare l'egemonia dei paesi con surplus di bilancia dei pagamenti, che esistono oggi ma sono esistiti anche nello SME. Per essere chiari, un ritorno allo SME non sarebbe sufficiente a risolvere gli enormi squilibri alimentati dalla svalutazione salariale relativa in Germania, dove tra il 1999 e il 2013 i salari nominali sono aumentati della metà rispetto alla media dell'eurozona.

4. Controlli sui Capital invece che pressioni deflazionistiche


Gli economisti sanno che vi è una sola soluzione logica a questo problema: imporre qualche tipo di sanzioni a quei paesi che usano la deflazione per aumentare il loro surplus esterno.

Nella prospettiva di un piano A di riforma dei trattati europei, può essere ovviamente presa in considerazione l'idea di sanzioni monetarie simili a quelle attualmente imposte ai paesi con deficit dei bilanci statali. Si tratterebbe, in pratica, di rendere l'attuale "Six pack" più ampio e più vincolante. Il problema è che un piano A non sembra realistico, almeno in questo periodo storico.

E allora, nella più realistica prospettiva di un piano B, in cui i trattati non sono rinegoziati e l'eurozona tende a disintegrarsi, quali sanzioni dovrebbero essere imposte ai paesi che, nonostante abbiano grandi surplus di bilancia dei pagamenti, continuano tuttavia ad adottare politiche deflazionistiche? Credo che vi sia una sola risposta logica: deve essere possibile introdurre limiti alla libera circolazione dei capitali, e forse anche delle merci, verso e da questi paesi.

A mio avviso, questo significa che un ritorno a una sorta di SME dovrebbe essere combinato con la possibilità di imporre controlli sui flussi di capitali da e verso i paesi che adottano politiche deflattive per accumulare surplus di bilancia dei pagamenti. E' bene sottolineare che questo tipo di soluzione gode di autorevoli referenze. Essa si basa sul contributo dell'International Labour Organisation (ILO) in merito all'idea di “labour standards", come pure sull'articolo VII degli "Articles of Agreement" del Fondo MOnetario Internazionale. Chiamo questa proposta “European Monetary Balanced Agreement” (EMBA), ma il nome non è realmente importante. [6] 

Quello che conta veramente è che questa soluzione potrebbe essere adottata immediatamente e indipendentemente da un singolo paese, e successivamente estesa passo dopo passo in seguito a ulteriori accordi con altri paesi. Questa è una delle ragioni per considerarla più realistica di altre.


5. Contro l'onda nera della xenofobia


Il piano fin qui descritto implica una critica progressiva a una globalizzazione indiscriminata. Secondo me, questa critica rappresenta un modo di contrastare l'onda nera dei neofascismi contemporanei.

Consentitemi un esempio chiaro. Mentre i nazionalisti xenofobi si battono solo per ulteriori controlli sull'immigrazione, una sinistra rinnovata dovrebbe contrastare quest'onda nera con una richiesta alternativa di controlli sulla mobilità indiscriminata dei capitali da e verso i paesi che perseguono politiche deflattive e di competizione salariale verso il basso. Le forze politiche di destra raccolgono consensi con una battaglia semplicistica contro l'immigrazione. E' tempo di proporre un'alternativa razionale e progressista: fermare i movimenti indiscriminati e deflazionistici dei capitali.


6. Una critica agli aspetti più estremi del mercato unico europeo


Per concludere, ritengo che sia giunto il tempo di superare un equivoco la cui origine può essere rintracciata in interpretazioni ingenue dell'internazionalismo del lavoro. Dobbiamo chiarire a noi stessi che sostenere l'internazionalismo del lavoro non significa accettare un'indiscriminata globalizzazione. Questa richiede, piuttosto, la continua organizzazione di lotte sociali per uno sviluppo equilibrato e pacifico delle relazioni economiche tra le nazioni.

A tal proposito, la proposta di Lafontaine e altri di un ritorno allo SME è benvenuta. Ma se realmente intendiamo suggerire un "piano B per l'Europa" che sia consistente, allora dobbiamo parlare con chiarezza: dobbiamo discutere non solo il problema della moneta unica, ma anche quello del mercato unico europeo, a partire dai movimenti di capitale da e verso i paesi che adottano comportamenti deflazionistici.

La globalizzazione capitalista non è terminata, ma sta andando incontro a una crisi storica. I partiti di destra hanno colto questa tendenza, e la sfruttano a loro vantaggio. I partiti di sinistra dovrebbero por fine al ritardo e suggerire proposte originali, internazionaliste e critiche all'attuale complessa fase storica. Un ritorno ad una sorta di SME, con controlli sui capitali per contrastare le politiche deflazionistiche, può essere un'opzione consistente e razionale, nell'interesse dei lavoratori e della pace, in Europa e nel resto del mondo. Grazie a tutti.

Bibliography
[*] Professor of Political Economy and International Economics, University of Sannio, Italy. Email: emiliano.brancaccio@unisannio.it. Website: www.emilianobrancaccio.it.
[1] Brancaccio, E. et al. (2013). The Economists’ Warning: European governments repeat mistakes of the Treaty of Versailles, Financial Times, 23 September; www.theeconomistswarning.com.
[2] Brancaccio, E., Garbellini, N. (2015). Currency regime crises, real wages, functional income distribution and production. European Journal of Economics and Economic Policies: Intervention, vol. 12, 3.
[3] “[…] In case no agreement could be reached, Greece should be offered swift negotiations on a time-out from the euro area, with possible debt restructuring.[…]”, The Eurogroup, 12 July 2015, 4 pm.
[4] Lafontaine, O. (2015). The European Monetary System (EMS): Let’s Develop a Plan B for Europe!, Global Research, September 23.
[5] On this point, see Brancaccio, E., Fontana, G. (2015). ‘Solvency rule’ and capital centralisation in a monetary union, Cambridge Journal of Economics, advance access online, 29 October.
[6] The idea of a EMBA could be seen as a generalization of an earlier proposal for a “European wage standard”: Brancaccio, E. (2012). Current account imbalances, the Eurozone crisis and a proposal for a ‘European wage standard’. International Journal of Political Economy, vol. 41, Number 1.

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