domenica 28 febbraio 2016

Sapevatelo

Mentre lo sciocco Valente preparava la guerra all'Iran (oops... ai Parti) un problemino si presentava alle frontiere dell'impero. Uno strepitoso Alessandro Barbero (la cui "lettura" condivido del tutto) che il followerame di questo blog deve assolutamente guardare (integralmente). Poi interrogo.



Addendum: su sollecitazione di Davide Nigro ho fatto ulteriori ricerche, et voilà:





sabato 27 febbraio 2016

Il #movimento dal basso (parte I)



Beniamino Andreatta (26 luglio 1991): "Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come 'congiura aperta' tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle più confortevoli abitudini del passato."

Banalità


Non v'è diritto che, per sussistere, non debba essere difeso con la forza. La forza può essere militare o politica, ciò dipende dalle circostanze. La forza politica implica organizzazione, altrimenti è culturismo.

Ogni diritto è la cristallizzazione, attraverso norme legali, di un raporto di forze, che implica l'obbligo del suo rispetto a carico di una controparte. L'utilizzo in termini moralistici della dialettica diritto/dovere è una trappola, perché la traspone isomorficamente sul piano politico. Con ciò compiendo una manipolazione del reale rapporto di causa/effetto: non più doveri (obblighi) e diritti (ciò che mi spetta) intesi come risultato di una contrattazione sostanziale, bensì come conseguenza di un ordine naturale delle cose.

Sono stato oscuro? Non avete capito? Son Diego e vi spiego.


Se accettiamo che esista un ordine naturale delle cose che non si può cambiare perché There Is Not Alternative (TINA) allora ogni cambiamento possibile è vincolato da una legge di invarianza. Il che significa che all'ordine naturale è sì possibile mettere mano per apportare migliorie, ma senza con ciò stravolgerlo. Proprio perché esso è l'ordine naturale delle cose. Questo spalanca la strada agli ingegnIeri sociali, i quali ci dicono che:
  • Basta combattere la corruZZione
  • Basta eliminare il signoraggio
  • Basta tornare alla sovranità monetaria
  • Basta applicare la mmt
  • Basta tornare al cambio flessibile
  • Basta uscire dall'Unione Europea
  • Basta riconquistare la sovranità
  • .....
 Ci dicono, insomma, che il sistema non funonzia perché c'è qualche difetto, corretto il quale le cose andranno meglio.

Tutte cose sbagliate? Nemmeno per sogno! Tutte, a modo loro, giuste. Oddio! Qualcuna di queste "soluzioni" non regge ad un'analisi un minimo razionale, altre sono più fondate, ma tutte tendono a mettere in secondo piano il problema di fondo, ovvero che non c'è un sistema da aggiustare, ma una lotta da intraprendere. Avete qualche dubbio? Io no. Vi dichiaro che, per cambiare le cose, oggi occorre lottare. Laddove "cambiare le cose" non significa sostituire i timonieri con altri più onesti e/o capaci (quelli che sapranno aggiustare le cose), ma cambiare la fonte degli ordini ai quali questi, chiunque essi siano, devono obbedire.

La frase di Beniamino Andreatta su riportata ("prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi") tratta da una famosa intervista, è illuminante. Essa ci ricorda una verità: esisteva una coalizione degli interessi contrari! Che fine ha fatto? La risposta è dentro di voi, ed è giusta: non c'è più. E' stata prima infiltrata, successivamente criminalizzata, infine sbaragliata. La "coalizione degli interessi contrari" era costituita dai partiti di massa e dalle organizzazioni sindacali, i cui esponenti non erano certo esenti da vizi e turpitudini (invece le élites...) ma avevano l'obbligo vitale di rispondere alle classi sociali di cui tutelavano gli interessi concreti.

L'infiltrazione è avvenuta per via ideologica nel corso degli anni settanta. In misura crescente, agli esponenti politici e sindacali del mondo del lavoro, e ai cosiddetti "intellettuali organici", sono state aperte le porte del privilegio, cooptandoli così nei ranghi delle classi benestanti. Qualcuno ha resistito, ma la maggior parte si è piano piano aggiustata. Lo strumento usato sono stati i nuovi media, radio e televisioni, che proprio in quegli anni cominciavano ad essere sottratti al controllo pubblico, nelle cui fila sono stati inseriti molti protagonisti dei fermenti sociali della fine di quel decennio. I finanziamenti ai partiti, gli aumenti stratosferici degli emolumenti di parlamentari e sindacalisti, l'apertura a questi ultimi delle carriere politiche di vertice, hanno fatto il resto. Quando Ciampi e Andreatta realizzarono la "congiura aperta" il terreno era già pronto, e non vi fu alcuna reazione significativa. Fatto salvo qualche mugugno (Luciano Barca - PCI - 12 dicembre 1978: "Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia") la "coalizione degli interessi contrari" tacque.

La criminalizzazione fu posta in atto con tangentopoli.

Con l'arrivo di Monti, il mondo del lavoro è stato sbaragliato.

Lo spettacolo indecoroso di migliaia di imbecilli, che festeggiavano la caduta di Berlusconi e l'arrivo del Papa straniero, resterà una macchia indelebile nella storia di questo popolo, al pari della scena che si presentò agli occhi di Mosè di ritorno dal monte Sinai. Così come Mosè spezzò le tavole della legge, a significare la rottura dell'unità del popolo e l'inizio di una guerra che non poteva concludersi con una conciliazione, quell'evento ha segnato l'inizio di una fase del conflitto di classe che non potrà sfociare in un compromesso analogo a quello keynesiano del dopoguerra.

L'errore di chi ha creduto che ci avrebbero salvato gli stessi che ci hanno messo in trappola è tutto qui, ed è un errore di interpretazione simbolica. Questa volta non potrà esserci accomodamento, ma solo la clemenza della parte che prevarrà. Come fece Mosè, quando implorò Yahweh di perdonare Aronne e i suoi.

O il Lavoro, o il Capitale - o la Democrazia o l'Oligarchia


Il popolo che festeggia i suoi oppressori, per di più stranieri, è l'immagine plastica della fine della democrazia. Questo può accadere solo quando è perduta ogni capacità di organizzazione politica, perché se questa ancora sussistesse non si assisterebbe ad una baldoria di piazza, ma casomai a proteste, eventualmente gestite e sopite dalla propria classe politica in vista di un compromesso, sia pure al ribasso, specchio cioè di un arretramento. Nulla di tutto ciò! Nel 2011, con l'arrivo del Papa straniero Mario Monti, il popolo ha festeggiato. Dunque, le tavole della legge sono state spezzate.

I vincitori di oggi sono inquieti perché non sono sicuri che il popolo non tornerà, così come inquieto era certamente Aronne, il quale non poteva sapere se Mosè sarebbe tornato o invece fosse perito.  E' questo il paradosso di una vittoria completa, perché quando l'avversario è vinto, ma non del tutto sbaragliato, è tuttavia ancora presente, e con esso si può trattare un nuovo equilibrio a proprio favore. Oggi, al contrario, il popolo sembra scomparso dalla scena, frantumato e disperso in una miriade di singolarità ma privo di ogni rappresentanza organizzata. A queste singolarità i vincitori danno pur voce, adoperandosi affinché appaiano in perenne contrasto tra loro al fine di suggerire che il conflitto altro non sia che una forma di disordine da governare con l'intervento di istanze superiori, le uniche depositarie della saggezza necessaria. Il popolo è così spinto a cercare soluzioni tecniche, attraverso interventi che aggiustino le cose ponendo fine al disordine, ma è un clamoroso inganno.

La verità (per come la vedo io che sono un piccolo blogger ciociaro) è che senza la forza nessun diritto può sussistere. E poiché in politica la forza è organizzazione, ecco che da ciò discende la necessità di costruirla. Il punto è che i rappresentanti delle organizzazioni politiche del popolo devono essere espressione reale e concreta dei suoi interessi, non maggiordomi nominati in alto e imposti attraverso il dominio dei potenti strumenti di costruzione del consenso che il progresso tecnologico ha messo nelle mani dell'oligarchia. Costruire un movimento dal basso significa, pertanto, restituire alla classe lavoratrice la capacità di esprimere la sua genuina rappresentanza, quella "coalizione degli interessi contrari" che si fece improvvidamente spiazzare dalle due comari Ciampi e Andreatta!

Le cause della disastrosa sconfitta del Lavoro


Affermare la necessità di costruire l'organizzazione politica, senza indagare le ragioni della disastrosa sconfitta subita dal mondo del lavoro, significa limitarsi a una sterile petizione di principio. Il compito è superiore alle mie capacità, ma vorrei segnalarne una che ha avuto un'indubbia importanza, della quale posso parlare con cognizione di causa grazie alla mia formazione. Mi riferisco al progresso tecnologico, la cui accelerazione è stata tale da sorprendere tutti, anche l'oligarchia che oggi, grazie ad esso, dispone di strumenti formidabili di controllo e dominio. La progressione è stata non lineare, quasi una singolarità, ed ha interessato diversi campi, per altro non quelli sui quali la stessa élite contava, decenni or sono, per accrescere il suo potere. Non è stata l'arma atomica, di fatto inutilizzabile, né la metallurgia, fondamento del predominio tecnologico ancora all'inizio del XX secolo, a rompere bruscamente un equilibrio già fortemente compromesso in favore dell'oligarchia, bensì l'elettronica e le scienze dell'informazione. Ad esse può aggiungersi, nel prossimo futuro, la genetica, ma di ciò non possiamo esser certi. La storia, come ho scritto in un precedente post, deve ancora essere scritta.

Di questi due campi del sapere umano il primo, l'elettronica, è stato da sempre sotto il controllo delle grandi concentrazioni di capitale necessarie al suo sviluppo e alla sua diffusione. La storia dell'informatica, al contrario, è stata più ingannevole: inizialmente sviluppata in ambito accademico, senza la necessità di grandi investimenti bastando quelli statali (soprattutto americani) erogati per ragioni di competizione militare tra blocchi, a partire dalla fine degli anni sessanta ha attirato l'attenzione dei capitali privati. Questa circostanza ha fatto sì che, per un lungo periodo, le scienze informatiche fossero sinonimo di libertà, quasi una rivincita dei singoli o delle piccole organizzazioni nei confronti della grande industria controllata dal grande capitale. In realtà le cose sono andate diversamente da come racconta la vulgata, ma di ciò parleremo, eventualmente, in un post dedicato.

Quel che invece è certo, e sotto gli occhi di chiunque non si sia fatto totalmente soggiogare dalla narrazione dominante, è che la combinazione di elettronica e informatica si è risolta nella costruzione di un immenso, pervasivo, totalitario schema di controllo di ogni più piccolo anfratto della vita umana. Ad esempio mentre scrivo, e voi leggete, ci sono satelliti che sono in grado di calcolare con precisione il numero di ogni gruppo di migranti in viaggio verso l'Europa, per mare o per terra. Sapevatelo!

Tutto ciò è causa di un'asimmetria di potere tra l'oligarchia e la classe lavoratrice che deve essere tenuta in conto nel momento in cui si riconosce il valore simbolico della venuta del Papa straniero, e dunque che le tavole della legge sono state spezzate. E' la contraddizione tra la necessità della lotta politica e la sua impossibilità.

Ne parleremo, nei commenti e in un prossimo post. Ce n'est qu'un début.

giovedì 25 febbraio 2016

Su Brancaccio (la storia non è ancora stata scritta)

Link correlato: Crisi, centralizzazione e nuovo internazionalismo del lavoro - intervista a Emiliano Brancaccio

Un'osservazione non priva di verità, ma (ormai) limitata ad alcuni casi:

"La discussione critica sulla globalizzazione e sulla sua forma fenomenica locale, l’unificazione europea, sembra ormai ridotta a una disputa sterile tra globalisti acritici da un lato, e sostenitori di un nazionalismo di sinistra approssimativo e alquanto frettoloso dall’altro. Con i primi che magari provano a difendere le loro posizioni rievocando qualche passo del Discorso sul libero scambio del giovane Marx, e i secondi che cercano invece di tirare acqua al loro mulino citando gli elogi dello stesso Marx alla lotta che gli irlandesi conducevano contro l’oppressore britannico. Ovviamente si tratta, in entrambi i casi, di citazioni decontestualizzate, che ossificano Marx e lo rendono pressoché inservibile per l’analisi del contemporaneo."

Una sentenza efficace:

"Credo sia sintomatico che il Capitale sia oggi citato ed elogiato nei circoli della grande finanza, mentre vari rappresentanti della sinistra fanno tuttora a gara per dichiarare di non averlo mai letto e si affannano a proporre altri riferimenti culturali, il più delle volte intrisi di idealismo, per non dire di superstizione. E’ uno spettacolo penoso, un livello di subalternità intellettuale che ricorda il Medioevo, quando alla plebe si propinavano le icone del diavolo e dei santi mentre le élites tornavano a leggere Platone e Aristotele."

Una reductio ad Unum che non mi convince:

"la 'centralizzazione' è la massima espressione di un conflitto interno alla classe capitalista, che vede i piccoli proprietari impegnati contro un movimento oggettivo che tende ad annientarli o a fagocitarli nelle strutture del grande capitale."

Più in generale, in Brancaccio (mi) sembra essere prevalente l'attenzione allo studio teorico delle dinamiche evolutive del capitale, e secondario l'interesse per la battaglia politica reale, relegata al ruolo di ipotesi subordinata della tendenza dominante, la centralizzazione dei capitali:

"I dati indicano che oggi è il primo corno della contraddizione a risultare prevalente, nel senso che i processi di centralizzazione dei capitali alimentano una guerra internazionale tra lavoratori che tende a soffocare ogni istanza rivendicativa. Ma rilevare che in questa fase la centralizzazione svolge soprattutto una funzione regressiva non significa dimenticare che sotto le ceneri che essa produce cova anche la sua forza progressiva, quella che esalta il contrasto tra mercato decentrato e accentramento del potere capitalistico e che in prospettiva potenzia ed eleva il conflitto sociale."

 IMHO

Se le cose andranno come Emiliano Brancaccio pensa, un giorno sarà ricordato come uno di coloro che avevano visto giusto. Purtroppo! Se, al contrario, l'esito della lotta politica sarà sorprendente, ci saranno domani altri Emiliano Brancaccio che, nelle mutate condizioni, dedicandosi allo studio teorico ricaveranno altre "tendenze".

Questa non è una stroncatura di Brancaccio, anche perché ognuno combatte dalla postazione in cui si trova. Io, per esempio, faccio la guardia a un bidone di benzina vuoto. Ma voglio ricordarvi che la storia non è ancora stata scritta.

martedì 23 febbraio 2016

L'asse carolingio e noi

Dei tanti misteri d'Italia ce n'è uno di cui si parla poco, o quanto meno non se ne parla come di un mistero d'Italia. Si tratta di questo: perché l'Italia, che è uno dei paesi fondatori dell'Unione Europea, conta così poco?

Mi è venuta in mente una possibile spiegazione che non mi pare di aver già letto da qualche parte. Vuoi vedere che, per una volta, non faccio il sub-divulgatore ma l'intellettuale? E vai! Che poi l'intellettuale cos'è? Certo, uno che sa tante cose! Ma anche uno che, magari, di cose non ne sa tante ma le rumina per benino. Se ha fortuna, e capita che rumini quelle giuste, anche una capra come me può essere un intellettuale. O no?

L'Europa è dominata dall'asse carolingio e l'Italia è stata, fino dall'inizio, il paese che più ha creduto nel progetto. Eppure, sebbene siamo i primi della classe quanto a rispetto dei veri parametri di convergenza (uno su tutti: l'avanzo primario di bilancio) dobbiamo sempre fare i compiti a casa. Ciò mentre alla Francia viene permesso di fare deficit ben oltre il 3%, la Germania può tranquillamente fare surplus della bilancia dei pagamenti oltre il massimo stabilito dai trattati, e perfino alla Spagna viene concesso di spendere a deficit fino al 9% del pil. La spiegazione macroeconomica di ciò, la più accreditata negli ambienti eterodossi (se preferite non omodossi), è che il grande capitale del centro voglia apprpriarsi del nostro sistema produttivo o, in ogni caso, eliminarlo come possibile concorrente.

Ci può stare, non dico di no. Ma vogliamo esaminare la questione dal versante politico? Noi abbiamo avuto, nel 1992, una rivoluzione colorata, all'esito della quale il partito socialista e la democrazia cristiana furono azzerati, mentre il partito comunista riuscì a cavarsela. Sappiamo anche che l'irruzione di Berlusconi sulla scena politica scompaginò un po' i piani, che prevedevano la presa del potere della sinistra nel frattempo diventata ex-comunista. A ciò si aggiunse il fenomeno Lega Nord, dapprima forza anti-sistema, successivamente diventata ago della bilancia tra gli ex-comunisti e Forza Italia.

Se assumiamo che Tangentopoli sia stata effettivamente una rivoluzione colorata, allora dobbiamo chiederci chi l'abbia promossa, e la risposta è ovvia: gli americani. E' anche vero, tuttavia, che il progetto europeo è stato voluto, fortissimamente voluto, dall'asse franco-tedesco già dai tempi del vertice di Rambouillet nel 1975, quando l'orientamento americano di creare un'area di libero scambio atlantico, che si raccordasse con l'analoga area pacifica, fu contrastato proprio dai francesi e dai tedeschi che, invece, preferirono puntare sull'integrazione europea, seppure nel quadro di un più generale liberoscambismo. Negli anni seguenti accaddero fatti strani: dalla morte di Aldo Moro all'ingresso nello SME, fino al divorzio Tesoro-Banca d'Italia. E fu subito Europa.

Solo che, nel 1992, ci fu tangentopoli. E tangentopoli, lo abbiamo posto come premessa, è stata una rivoluzione colorata fomentata dagli emericani. All'esito della quale gli ex-comunisti si ritrovarono al governo. Ora facciamo un salto di sei anni e arriviamo al 1998, quando il governo D'Alema decise di appoggiare l'intervento della Nato in Kossovo. Fu una cosa "di sinistra"?

Perché il compagno D'Alema decise di appoggiare l'intervento NATO in Kossovo? Forse perché era tenuto per le palle? Se accettiamo l'ipotesi in premessa (tangentopoli fu una rivoluzione colorata promossa dagli americani, di cui beneficiarono gli ex-comunisti) la cosa appare probabile.

Ora domando: se Francia e Germania volevano fare l'Europa, a dispetto dei piani americani che predilegevano scenari diversi, e la principale forza di governo in Italia, la cosiddetta sinistra, era tenuta per le palle dagli americani, perché mai tedeschi e francesi avrebbero dovuto fidarsi di noi fino al punto di concederci un ruolo effettivo nel vero direttorio dell'Unione Europea? Se a ciò aggiungiamo che la destra berlusconiana, e con essa la Lega Nord, non è mai stata realmente entusiasta del progetto europeo, il cerchio si chiude: l'Italia, per l'asse carolingio, non è affidabile.

Forse ho ruminato un sacco di scemenze, nel qual caso mi corigerete, ma questa ricostruzione dei fatti mi sembra avere una sua coerenza.

Ancora oggi, per altro, non si capisce bene se l'Italia stia con gli americani o con l'asse carolingio. Io dico che l'Italia dovrebbe stare con gli italiani, ma per questo ci vorrebbe un potente movimento dal basso. Eh già, il famoso movimento dal basso...

Statemi bene.

domenica 21 febbraio 2016

Il post-Illo

Commenti aperti ai vituperatissimi anonimi

Un'umanità disperata e anonima preme alle porte di questo blog per chiedere libertà di espressione (ovviamente anonima). Una sottoclasse di costoro continua a inviare commenti in difesa del mitico Illo, al secolo Alberto Bagnai, con il quale condivido molte posizioni - alcune delle quali grazie ai suoi insegnamenti, ma evidentemente ciò non basta. Vengo infatti crudamente attaccato perché lo critico su ciò che non condivido (ad esempio qui). Come se criticassi solo Illo, per altro! A costoro sfugge che, dalle pagine di questo blog, vengono criticati anche il M5S (ad esempio qui), come pure Paolo Barnard, ARS e la MMT (ad esempio qui qui), per non parlare del PD, di Salvini, Borghi (qui) et cetera.

Vi trascrivo alcune peerle (nota: sono commenti su altri post NON aperti ai vituperati anonimi, e quindi non pubblicati):

Anakyn ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Keynes blog alla riscossa": 

Che un'ottica di questo genere dia ragione ai "sovranisti" è certamente corretto; che dia torto a Bagnai è l'ennesimo strafalcione logico condizionato dall'astio (che magari è pure giustificato, ma non per questo meno tossico) verso Er Cavajere Nero: il buon Bagnai è di fatto "sovranista" come e più dei "sovranisti" di casa Fraioli.

Basterebbe letteralmente ascoltare ciò che dice e leggere ciò che scrive, per concludere che una diatriba di questo genere nasce unicamente da vis polemica.
A Bagnai l'UE sta sul cazzo come e più che ai cosiddetti "sovranisti".
Bagnai sin dal primo libro e dai primissimi post ha enfatizzato il problema dell'eccesso nel flusso di capitali dal core alla periferia, e la necessità di tornare ad un regime di repressione finanziaria.
Per chi segue Bagnai, le argomentazioni dell'articolo citato sono la scoperta dell'acqua calda, condita da supercazzole utili per darsi un tono professionale.

Bagnai da almeno 5 anni dice ESATTAMENTE quelle cose che secondo te, mr. Fraioli, Bagnai sta omettendo.

Ma una buona volta, Fraioli caro, vai a bussare a casa Bagnai e prova a riempirlo di botte. Quello è il modo di sfogarsi.
Fare polemica dialettica sul nulla serve solo a perdere tempo. 


vespone11 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Keynes blog alla riscossa": 

Tu cerchi solo vendetta, per questo sei e rimarrai sconfitto. 


vespone11 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "L'età dell'elettromagnetismo": 

Ecco, bravo, parla di qualcosa in cui forse ne capisci e lascia l'economia agli economisti. 

vespone11 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "[PopulPost] Quelli che il pareggio di bilancio in ...": 

Intanto, l'unica consolazione rimasta da queste parti è di misurarselo in rapporto a lui, che visti i risultati c'aveva visto giusto!! 

Ezio 4 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "[PopulPost] Quelli che il pareggio di bilancio in ...": 

Ti seguo abbastanza perché trovo delle idee interessanti. 
Umilmente, mi permetto di far notare che questa fissazione anti bagnai la trovo leggermente ridicola,soprattutto in un momento come questo ...nel quale dovremmo avere un nemico comune ...
Anche io ho votato per Borghi in Toscana anche se non sono della lega e ne sono felice... L'unico politico italiano in carica assolutamente anti-euro, non avrei dovuto votarlo???? 
Dovevo votare chi? Rossi? O i grillini? 
Ormai il mio unico obiettivo è la lotta all'Europa unità ed al liberismo. 
Nessuno può negare il contributo di Bagnai,
Sarà antipatico, farà errori (come tutti) ma è l'unico che è riuscito ad allargare la platea di discussione, ad evitare la commistione con soggetti assurdi e portare il discorso sul campo tecnico e scientifico.
Perfino su radio 24 dileggiano le sue idee (senza citarlo quasi mai), sai come si dice? 
Il nemico dei tuoi nemici è .... 
Ps
Vale anche per borghi 

Ezio 4 ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "Il Gattopardillo": 

Non so, non credo che B. voglia delegittimare i movimenti, in fondo Goofy. è una sorta di movimento...
B. non apprezza movimenti come i 5s che secondo lui sono, o divengono, una valvola di sfogo per la pressione (incazzatira popolare); Pressione che andrebbe, invece, convogliata nel pistone per muovere la macchina del cambiamento. 


Parliamone

Visto che il tema è bollente, direi di parlarne. Dunque in questo post-Illo si parlerà di Illo, e potranno farlo financo i vituperati anonimi. Ai quali chiedo di apprezzare, e di astenersi da un atteggiamento eccessivamente pregiudiziale: ne guadagnerà il confronto.

La discussione è aperta.

L'età dell'elettromagnetismo

Dopo l'età della pietra, del bronzo e del ferro, da circa due secoli siamo entrati nell'età dell'elettromagnetismo. Non ho scritto "età nucleare", ma proprio età dell'elettromagnetismo.

Cerchiamo di capirci. La forza di Coulomb, quella che si esercita tra due particelle cariche, è 1039 volte più intensa della forza gravitazionale che si esercita tra di esse. Che è come dire mille miliardi di miliardi di miliardi di miliardi. Ora provate a cadere dalle scale, così capirete quel che voglio dire.

L'umanità ha convissuto con questa forza per millenni senza prestarle attenzione sebbene ne facesse regolarmente uso, ad esempio ogni volta che accendeva un fuoco per cucinare. E guarda caso il fuoco, proprio il fuoco, è sempre stato considerato una delle massime espressioni della forza della natura. Non ci siamo accorti dell'esistenza della forza elettromagnetica (come le meduse probabilmente non si accorgono dell'acqua) perché siamo fatti di elettromagnetismo. La materia che costituisce i nostri corpi, come pure la materia inanimata, è costituita in maggioranza di particelle portatrici di carica elettrica: gli elettroni e i protoni.

Abbiamo cominciato a comprendere i fenomeni elettrici alla fine del XVIII secolo. A partire da allora, grazie alla nascita dei primi politecnici sull'esempio di Napoleone Bonaparte, le cose sono andate velocemente. L'idea di mettere insieme i migliori cervelli per la ricerca tecnico-scientifico piaceva ai militari, e ben presto tornò utile anche alla nascente borghesia. Il controllo di una forza 1039 volte superiore a quella gravitazionale cominciò ad essere affinato: illuminazione elettrica, motori elettrici, telegrafo, telefono, onde radio, radar, trasmissioni via etere, sistemi di telecomunicazione, computer, e oltre a ciò continue ricadute sulle altre discipline tecnico-scientifiche. Insomma una valanga.

Nel volgere di due secoli il controllo di una forza 1039 volte superiore a quella gravitazionale ha cambiato il mondo, per sempre. E tutto lascia pensare che non sia finita qui.

Tutto questo ci piace, ma c'è un problema: chi controlla coloro che controllano la forza elettromagnetica? Nessuna innovazione tecnica, che sia poi divenuta di uso comune, è mai stata concentrata nelle mani di una minoranza come la forza elettromagnetica. Le ragioni sono evidenti. Ad esempio, se qualcuno imparava ad usare l'acqua di un fiume per un mulino, questa innovazione poteva essere facilmente copiata e replicata da chiunque. Ciò perché la catena di prodotti intermedi per realizzare un tradizionale mulino ad acqua non è particolarmente lunga. Ma prendete il vostro tablet, osservatelo, e chiedetevi: quanto è lunga la catena dei prodotti intermedi necessari per costruirlo e farlo funzionare? Ecco, quella è una misura della distanza che vi separa dal vertice del potere. Come se non bastasse, la forza elettromagnetica è rapidamente diventata il mezzo principale di produzione e distribuzione dell'informazione, con le inevitabili conseguenze che da ciò derivano in ambito culturale e politico.

Infine, quando c'erano la radio e la televisione, era evidente a tutti la struttura centralizzata di quei sistemi, che infatti sono stati pervasivamente utilizzati dai governi di tutto il mondo per creare consenso. Con l'avvento della rete questa percezione, a livello di massa, si è fortemente indebolita, e solo da poco tempo una minoranza ha cominciato a comprendere l'efficacia, e dunque il pericolo, di un sistema apparentemente decentralizzato ma, in realtà, totalmente sotto controllo e terribilmente invasivo come la moderna rete di telecomunicazioni.

Il controllo di questa forza 1039 volte superiore a quella gravitazionale permette di ottenere immediatamente, a partire dalla foto di un autovelox, l'informazione relativa al pagamento del bollo e dell'assicurazione RCA. Qualora non siate in regola, la multa non vi arriverà, nemmeno per via telematica, ma sarete informati dalla vostra banca dell'avvenuto prelievo per estinguere la sanzione. L'abolizione del contante, sostituito da un wallet, vi priverà di ogni privacy finanziaria. I vostri conti correnti potranno essere temporaneamente bloccati, volendo, anche su richiesta delle forze dell'ordine e senza l'intervento di un giudice: basterà essere identificati nel corso di una manifestazione nella quale si siano verificati incidenti tali da disturbare l'ordine pubblico. Tutto questo, e molto di più, è già oggi possibile, perché abbiamo imparato a controllare una forza 1039 volte superiore a quella gravitazionale.

Questo stato delle cose, questa mutazione dei rapporti di forza tra il singolo cittadino e i grandi apparati che controllano il flusso informativo generato dalla miriade di sensori presenti nella nostra vita, dai cellulari alle videocamere di sorveglianza, dai satelliti geostazionari alle etichette RFID, rappresenta un rischio letale per la democrazia. Ciò in base a un principio universale: non v'è diritto che, per sussistere, non debba essere difeso con la forza. Ovvero: un diritto può sussistere se e solo se è difeso da una forza tale che, per abbatterla, un aggressore debba perdere più di quanto otterrebbe eliminandolo. Ebbene, il fatto che il singolo cittadino sia completamente indifeso, in termini di "forza reale", di fronte al potere che può essere esercitato da chi controlla una forza 1039 volte superiore a quella gravitazionale, implica la perdita certa di tutto ciò che siamo abituati a considerare come "libertà personale".

Non si coltivino illusioni! Non c'è regolamentazione che tenga, non c'è rassicurazione di cui fidarsi: solo la forza può fermare la forza. Ma quale forza? Il problema sembra senza soluzione, eppure una strada forse c'è, ed è il tabù. Un tabù è un comportamento la cui esecrazione per corale convincimento sia massima, e per il quale sia prescritta una pena insopportabile per chiunque. Dunque l'appropriarsi di dati personali, la loro conservazione, per non dire il loro uso, dovranno essere considerati un crimine pari all'accoppiarsi con la propria madre (sebbene anche questo tabù oggi sia messo in discussione). Oggi, invece, ogni volta che firmiamo un pezzo di carta, con molta superficialità sottoscriviamo anche una liberatoria per l'uso dei dati personali sensibili, pena la nullità del contratto. Quando camminiamo per strada siamo seguiti dagli occhi di decine di telecamere, messe lì per la nostra sicurezza, ci dicono, ma non riflettiamo sul fatto che lo scambio tra la sicurezza e la libertà è sempre in perdita, perché la vita è rischio, e non accettarlo significa rassegnarsi ad essere schiavi.

Si giunge all'assurdo di consegnare i nostri dati all'uso di entità anonime come le grandi basi di dati, gestite da potentissimi mainframes di cui nulla sappiamo, e al contempo presentarci nelle discussioni sui forum e sulla blogosfera come anonimi! Una forma di idiozia bestiale e ripugnante, perché solo così può essere definito il comportamento di chi non si fida dei suoi simili ma si consegna, mani e piedi, all'occhiuto controllo dei sistemi di analisi del flusso dei nostri messaggi, tra i quali si scava alla ricerca di parole chiave che allertano software già in grado di eseguire, in automatico, perfino l'analisi semantica dei nostri dialoghi, sia scritti che audio! Instupidite e sottomesse, le persone alzano barriere tra di loro, mentre si consegnano in massa ai potenti che controllano una forza 1039 volte superiore a quella gravitazionale.

Il tabù in difesa della privacy, dunque, non potrà che essere basato su una doppia regola: massima trasparenza nelle relazioni interpersonali, cioè a nessuno deve poter essere consentito l'anonimato quando entra in relazione con un altro essere umano (come di norma accade nella vita reale, giacché non si ordina un caffè al bar con un cappuccio sul viso) e massima possibilità di anonimato quando il singolo deve difendersi da intromissioni non desiderate, sia di altri singoli individui che di organizzazioni private o pubbliche (nessuno deve poter entrare in casa mia, se io non voglio).

A chi obietta che, così facendo, gli evasori saranno contenti e molti criminali potranno farla franca, mi sento di rivolgere l'ingiuriosa domanda del Sergente Dan Daly ai suoi soldati: «Come on, you sons of bitches; do you want to live forever?»

E' tragicomico che ci si batta in difesa del diritto a indossare il burka mentre non si fa nulla per impedire al fisco di ficcare il naso nei nostri affari, o per evitare che la nostra banca sia autorizzata ad avere traccia di ogni più remoto ritardo nel pagamento di una bolletta dell'acqua! Prima si prende coscienza di quel che significa vivere nell'età dell'elettromagnetismo, e prima potremo agire in difesa della nostra libertà.

sabato 20 febbraio 2016

Keynes blog alla riscossa

Dopo essere stato a lungo duramente "bastonato" da Goofynomics, Keynes blog rialza la testa. Lo fa pubblicando questo articolo di Servaas Storm, econonomista eterodosso(?) olandese vincitore del Premio Myrdal 2013 e autore di Macroeconomics Beyond the NAIRU (Harvard University Press, 2012). Avevo già letto le stesse obiezioni sul blog L'amico del'ABC ma, a causa dei molti problemi che devo fronteggiare in questo periodo della mia vita (assorbono il 95% delle mie energie mentali, e più non dimandate), non avevo avuto tempo per meditarci sopra.

Consiglio la lettura dell'articolo, sebbene di non immediata comprensione.

Gli squilibri nell’eurozona non dipendono dal costo del lavoro e dalla competitività


Questa sera, ad una seconda lettura con la disponibilità del 90% delle energie, mi si è accesa una lampadina. In sostanza la tesi è che non sia il costo del lavoro la causa principale degli squilibri delle bilance dei pagamenti intra UE, bensì gli afflussi di capitali determinati dal tasso di sconto unico praticato dalla BCE, tarato prevalentemente sugli interessi del nucleo ma sfavorevoli alla periferia. Si badi bene: non un'assoluzione della moneta unica, ma una calibrata focalizzazione dei problemi indotti dalla libera di circolazione dei capitali con un'unica Banca Centrale, i cui vantaggi per il grande capitale la libera circolazione caldamente suggerisce: mai sentito parlare di TTIP, TTP, TISA?

In definitiva (sempre che il solo 10% delle energie impiegate non mi stia inducendo in errore) se ne può dedurre che il costo del lavoro sia sì un problema prevalentemente connesso ai meccanismi redistributivi nazionali (cioè alla lotta di classe in ambito nazionale), ma non la principale causa sistemica della crisi dell'eurozona. Ho qualche dubbio, ma transeat.

Nota polemica

Purtroppo non posso ripubblicare un video del 24 ottobre 2010, bloccato a livello internazionale da un reclamo, a seguito di ricognizione manuale, contenente 100 dicasi 100 secondi di contenuti "protetti da copyright" di proprietà della RAI (sì, quella che ci fa pagare il canone obbligatorio in bolletta):



Nel video in questione, nel quale riprendevo un'intervista a Marchionne di Fabio Fazio a "Che tempo che fa", commentavo il fatto che la FIAT di Marchionne volle ridurre la pausa pranzo da 40' a 30' (pur compensando la differenza e promettendo investimenti mirabolanti, nonché assicurando che la FIAT sarebbe rimasta italiana - e infatti...) e mi chiedevo la ragione di tanto baccano per soli 10' di riduzione su un costo del lavoro che copriva il 7% dei costi finali di produzione. Evidentemente il canone è un obbligo, ma il riutilizzo a fini di confronto politico dei contenuti RAI, che siamo obbligati a pagare, NO. Misteri d'Italia! E 10' di vergogna per matrigna RAI!

L'uso di quel video sarebbe stato molto utile in questa circostanza perché, a dispetto delle (forse) brillanti teorie del prof. Servaas Storm, ci ricorda come il capitale ci tenga, eccome, a comprimere salari e diritti dei lavoratori!

Il nocciolo della questione

Si sostiene dunque che il costo del lavoro non sia stato determinante nella crisi dell'eurozona. Il che suona un po' come un'assoluzione, almeno parziale, della politica delle sinistre: certo, avreste potuto fare di più, ma se in Germania i salari sono ristagnati mentre in periferia sono cresciuti troppo, almeno nella prima fase dell'euro, questa non è stata la causa principale dell'enorme disastro che ci troviamo a fronteggiare. L'ovvio corollario della tesi è che, nell'era della tecnologia trionfante e delle "catene di valore" globali, il lavoro non conta una cippa, perché la caduta della domanda aggregata globale sarebbe stata determinata, in ultima analisi, da una globalizzazione non ben regolamentata sul piano finanziario. Dal che segue, come osserva Keynes blog, che il vero problema non è l'euro, ma la libera circolazione dei capitali.

Una conclusione, posto che davvero il costo del lavoro sia stato un fattore secondario nel determinare gli squilibri, che dà pienamente ragione a noi sovranisti, e torto ad Alberto Bagnai. Questo perché da tempo, anzi da quando siamo nati, noi sovranisti poniamo il focus sul dogma della libera circolazione dei capitali, mentre Bagnai si è concentrato sull'abolizione del tasso di cambio e ha frenato quando gli è stato posto il tema dell'Unione Europea. Chi c'era sa.

Un solo dubbio: se si limita la libera circolazione dei capitali, a che serve una moneta unica? Ma forse tout se tient.

Just a question

Chissà se Bagnai si degnerà di rispondere alle obiezioni di Keynes blog, oppure continuerà a minacciare sedute chemioterapiche (cit. "ribadisco che dopo l'ablazione del tumore ci sarà la chemio")?

Quanto mi piacerebbe intervistarlo! Ma temo che il cavaliele nelo abbia un po' paula del cavaliele losso.

Daje, che se famo 'st'intervista c'avemo 'no scear mejo ch'a San Remo, an proporzione!

giovedì 18 febbraio 2016

Maurizio Blondet, segreti di 70anni d'Italia...in mezzora.

Il Baltic Dry Index e le vedove

Il Baltic Dry Index
Nel grafico il Baltic Dry Index dal 2009 ad oggi.  Qui sotto la tabella delle quotazioni trimestrali:


The Baltic Dry Index (BDI) is a measure of the price of shipping major raw materials such as metals, grains, and fossil fuels by sea. It is created by the London Baltic Exchange based on daily assessments from a panel of shipbrokers.

Ho linkato spesso questo indice sulla mia pagina FB. Un ragasciuolo scimpatico, Filippo Calcagni, renziano convinto (nonché avversario politico della "bella possibilista"), nell'ultima di queste occasioni ha commentato con questi screenshot:




Filippo Calcagni
Ne vogliamo parlare, ragasciuolo?


Insomma Boldrin e altri sostengono, giustamente, che la caduta del BDI non necessariamente significa la fine del mondo. Semplicemente è accaduto che nella fase espansiva precedente alla crisi molti armatori abbiano ampliato le loro flotte, ragion per cui il perdurare di questa sta deprimendo le quotazioni dei noli in modo costante. Dunque no problem?

Non direi proprio! L'andamento del BDI è la fotografia, presa sull'economia reale, dei danni prodotti dal libero mercato lasciato a se stesso: un enorme spiazzamento di risorse. Immagina: milioni di cariole di soldi, centinaia di migliaia di lavoratori, milioni di ore lavorate, materie prime, competenze, insomma tutto quel che serve a produrre navi, containers, infrastrutture portuali, in vista di magnifiche sorti progressive, e tutto ciò fa.......


puff!


No, non è la fine del mondo, però oggi si comincia a parlare di togliere la pensione di reversibilità ai superstiti. Però ci dicono che l'inflaZZZione danneggia l'orfano e la vedova!

E tutte quelle risorse "spiazzate"? Ne vogliamo parlare?



E vogliamo parlare del bail-in? O dell'idea funesta di prezzare i titoli di Stato sul mercato? Ma ragasciuolo mio, se il libero mercato ha bruciato tante risorse, indirizzandole scelleratamente in direzione sbagliata perché le decisioni di investimento obbedivano solo ed esclusivament al principio del massimo profitto privato, ti sembra così strano che oggi si mettano le mani nele tasche dei cittadini, vedove comprese?

Che ne dici dell'idea di ristabilire il controllo dello Stato sull'economia? Non dico collettivizzare, ma almeno reintrodurre un minimo di programmazione. Il che implica, necessariamente, restituire allo Stato il controllo dell'emissione monetaria, il potere di imporre dazi protettivi, la proprietà di alcuni settori strategici dell'economia. Cioè uscire dall'euro.

Sei d'accordo ragasciuolo? E nel caso, aspetti a dirlo che ti dia il permesso Matteo Renzi? Attendo anZiosamente che tu batta un colpo.

lunedì 15 febbraio 2016

Al limite dell’evento bellico. O forse oltre.

Preambolo


Oggi mi ha taggato su FB un'amica, bella e intelligente ma anche "possibilista" (#eccesemocapiti) segnalandomi questa intervista a Mario Seminerio (Deficit della furbizia: il treno Renzi sta per sbattere contro il muro della realtà), economista e animatore del blog Phastidio.net. Lo slogan del blog (che è di orientamento liberista) recita schumpeterianamente: "Andrà molto peggio, prima di andare meglio". Mario Seminerio, per capirci, è quello che nel 2013, due anni dopo Monti, scriveva questo articolo: La strada per l’Italia è in salita, ma uscire dall’euro non è la soluzione.

La bella possibilista, sconvolta dalla conclusione di Seminerio («Unica alternativa “coerente”, anche se di pura fiction: uscire dalla moneta unica ed attendere fiduciosi che vada un po’ meglio non prima che vada assai peggio, al limite dell’evento bellico. O forse oltre»), ha anche aggiunto una domanda: "che ne dici Fiorenzo Fraioli! Seminerio e' stato uno dei nostri relatori a Verona. Ma Altiero Spinelli con tutto cio' c'entra poco!!"

Sul momento ho risposto così: "Vedo che comincia a serpeggiare qualche dubbio. Certo, se aveste collegato il cervello quattro o cinque anni fa... ma in ogni caso, se vuoi cominciare a capire il casino in cui ci troviamo leggiti questo riassunto"

Ho continuato a pensarci tutta la giornata, oscillando tra l'idea di essere veramente cattivo o un pizzico clemente. Ovviamente ho deciso di essere cattivo.

Cara bella possibilista, tu ovviamente sei di sinistra. Sempre lo fosti e sempre lo sarai, ma ti chiedo: sei putacaso comunista? Vabbè, domanda inutile, lo so che non sei comunista; magari lo fosti in gioventù, chissà, ma oggi certamente no. Oggi sei di sinistra. E va bene, mica si deve essere per forza comunisti per dichiararsi di sinistra, perbacco. Però scusa, bella possibilista, vorrei farti un'altra domanda:

sei socialdemocratica?

Dai, dimmelo che sei socialdemocratica! E che diamine, sei di sinistra e neanche socialdemocratica vuoi essere? Però scusa, tu lo sai cosa significa essere socialdemocratici?

Son Diego e ti spiego.


Come certamente saprai, la socialdemocrazia nasce a Bad Godesberg nel 1959. Qui ti linko il documento approvato al successivo congresso di Bad Godesberg della SPD nel 1964, che a pagina 6 recita: "La politica economica, sulla base di una moneta stabile, deve assicurare la piena occupazione, accrescere la produttività ed aumentare il benessere collettivo.".

Sei d'accordo vero? Peccato che ci sia un problemuccio: "sulla base di una moneta stabile, deve assicurare la piena occupazione" è un ossimoro!!! Poi ci sono un sacco di belle parole, di quelle che ti piacciono tanto, ma il punto è lì, in quella frasetta apparentemente condivisibile: una moneta stabile che deve assicurare la piena occupazione. Ed è proprio per avere questa bella moneta stabile, che doveva assicurare la piena occupazione, che siamo andati come oche giulive verso l'euro e l'Unione Europea. Ma adesso Seminerio ci parla di «Unica alternativa “coerente”, anche se di pura fiction: uscire dalla moneta unica e attendere fiduciosi che vada un po' meglio non prima che vada assai peggio, al limite dell'evento bellico. O forse oltre.». E tu, che sei intelligente oltre che una bella possibilista, cominci a preoccuparti, fino al punto di chiedere a questo antipatico di Fraioli che ne pensa.

Penso che una moneta stabile, cioè una bassa inflazione, sia incompatibile con la piena occupazione. Punto.

Questo a prescindere da altre pur gravissime considerazioni, come l'assenza di una politica fiscale unica, che la Germania non vuole perché implica meccanismi di trasferimento automatici di risorse dalle nazioni più produttive a quelle meno produttive; una necessità assoluta, già prevista nel rapporto Werner del 1970. Hai letto bene: 1970. Se sapeva. Leggilo, ti aprirà gli occhi.

La ragione per cui una moneta stabile, cioè una bassa inflazione, è incompatibile con la piena occupazione, è che quando il lavoro è abbondante i lavoratori possono, più facilmente, pretendere e ottenere aumenti salariali. Questa circostanza innesca una rincorsa salari prezzi che danneggia soprattutto i possessori di grandi capitali. Questi, infatti, preferiscono una bassa inflazione che gli permetta di tesaurizzare il capitale in attesa del momento opportuno per investirlo con profitto. Come vedi, cara amica possibilista, è una specie di tiro alla fune. Te lo spiego meglio con le parole suggerite da Sergio Cesaratto:

"L'inflazione per gli economisti eterodossi (e non solo) è un tiro alla fune (espressione di Albert Hirschman): i salari nominali aumentano,e i prezzi pure, e via dicendo. Ma fino a quando il tiro alla fune dura, in genere i lavoratori vincono, mollano un po', ma poi il padrone deve mollare ancora di più e via dicendo. Se c'è inflazione vuol dire che i lavoratori se le stanno giocando. Come fa il padrone a vincere? attraverso politiche restrittive, giustificate dal voler diminuire l'inflazione cattiva (con gli applausi di Amendola-Napolitano e Lama), fa diventare disoccupati un po' di lavoratori che così devono abbandonare il gioco. Facile capire l'esito. Il gioco alla fune rapidamente finisce, li'inflazione non c'è più (o è molto più bassa), la disoccupazione è alta, i salari reali cominciano a diminuire poiché basta poca inflazione a cui non si reagisce più per determinarne un trend decrescente."

D'altra parte, che le cose in Europa stiano così ce lo dimostra lo stesso Trattato fondamentale dell'UE, allorquando all'art.119 comma 2 recita: "Parallelamente, alle condizioni e secondo le procedure previste dai trattati, questa azione (vedi comma 1) comprende una moneta unica, l'euro, nonché la definizione e la conduzione di una politica monetaria e di una politica del cambio uniche, che abbiano l'obiettivo principale di mantenere la stabilità dei prezzi e, fatto salvo questo obiettivo, di sostenere le politiche economiche generali nell'Unione conformemente al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza."

Interessante anche il comma 3, che recita: "Queste azioni (vedi comma 1) degli Stati membri e dell'Unione implicano il rispetto dei seguenti principi direttivi: prezzi stabili, finanze pubbliche e condizioni monetarie sane nonché bilancia dei pagamenti sostenibile".

Ma siccome non si può svalutare (prezzi stabili, cioè inflazione bassa), né si può fare deficit (obbligo di finanze pubbliche e condizioni monetarie "sane") forse adesso puoi capire meglio le parole di Stefano Coniglio:



Che poi è lo stesso concetto espresso dal comunista Luciano Barca, padre del Fabrizio Barca del PD, che il 12 dicembre 1978, subito dopo il discorso di Giulio Andreotti che perorava l'ingresso dell'Italia nello SME, dichiarò : “Europa o non Europa questa resta la mascheratura di una politica di deflazione e di recessione anti operaia”. Se l'argomento comincia ad appassionarti (d'altra parte fai politica, non dirmi che ti annoi) posso suggerirti anche un mio articoletto del 2014: Cosa dice il segretario generale?

Al limite dell'evento bellico. O forse oltre.


Fai bene a preoccuparti, bella possibilista. Si preoccupano perfino Renzi e l'ex compagno Padoan! A proposito: lo sapevi che negli anni 70 il ministro era "compagno"? No vero? E allora leggiti queste paginette, scritte dal venticinquenne Pier Carlo sull'edizione gennaio-febbraio 1975 di "Critica Marxista". Tra l'altro, guarda un po' che scriveva il giovane Pier Carlo nelle conclusioni:


Correttamente Padoan individuava alcuni limiti delle politiche keynesiane dell'epoca, argomentando che all'aumento dei salari le imprese, approfittando anche si posizioni di oligopolio o monopolio, piuttosto che aumentare la produzione attraverso investimenti preferissero aumentare i prezzi, alimentando così il tiro alla fune (per interrompere il quale si è avuta la bella idea di fare l'Europa)

Sensazionali le conclusioni:



Ora, cara bella possibilista, ricordiamo qualche dato essenziale. Padoan scriveva nel 1975, nel 1978 moriva Aldo Moro e, pochi mesi dopo la sua morte, l'Italia entrava nello SME (il precursore dell'euro). Nel mezzo le politiche di austerità promosse da Lama, giustamente mazzolato dagli studenti nel 1977.  Il resto a seguire, tangentopoli compresa. Guarda caso a cavallo dell'approvazione del trattato di Maastricht.

Ce la vogliamo dire una cosa? E digiamola! L'Europa, sta scritto nero su bianco nei trattati, è stata la risposta per risolvere il tiro alla fune in favore del capitale! Come stiano ora andando le cose lo vedi da sola: l'Europa ci chiede di prezzare sul mercato i nostri titoli pubblici, e ci ha già imposto il bail-in dopo aver portato il sistema bancario nazionale al fallimento con la politica deflazionista di Monti:



Se vogliamo salvarci da ciò, ci dice l'Europa, allora dobbiamo accettare un super ministro del tesoro, il quale ovviamente farà la politica scritta nei trattati (l'obiettivo principale di mantenere la stabilità dei prezzi), che ci imporranno il rispetto del Fiscal Compact secondo i ferrei criteri della centralizzazione dei controlli sulla finanza pubblica, così come è nei desiderata tedeschi. Come Angela Merkel ha potuto annunciare al Bundesbag: sebbene "I nostri più stretti alleati, i francesi, si oppongono, e così altri paesi".

Hai capito, bella possibilista, qual è la posta in gioco? Ti sorprendi se perfino un liberista come Seminerio parla di situazione "Al limite dell’evento bellico. O forse oltre"?

"Ma Altiero Spinelli, in tutto ciò, c'entra poco" - sostiene la bella possibilista


Immagino tu voglia dire che Altiero Spinelli ha scritto tante belle pagine appassionate, di quelle che conquistano i (vostri) cuori! E perché, non sono belle e appassionate le pagine del congresso socialdemocratico di Bad Godesberg o quelle del Trattato fondamentale dell'UE? Ma sai, il diavolo si nasconde nei dettagli (oltre che vestire Prada). Ti ho già mostrato qualche passaggio criminale, per gli interessi dei lavoratori, di entrambi, ma permettimi di fare lo stesso con Altieruccio bello tuo.

Perle ai pirla - Dal Manifesto di Ventotene


  1. I democratici non rifuggono per principio dalla violenza; ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sull’«i», sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione, in cui un popolo è nel suo complesso convinto della bontà delle istituzioni fondamentali, che debbono essere solo ritoccate in aspetti relativamente secondari. Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nella rivoluzione russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi. In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, colle sue leggi e la sua amministrazione, pullulano immediatamente, con sembianze di vecchia legalità, o sprezzandola, una quantità di assemblee e rappresentanze popolari in cui convergono e si agitano tutte le forze sociali progressiste. Il popolo ha sì alcuni fondamentali bisogni da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare. Mille campane suonano alle sue orecchie. Con i suoi milioni di teste non riesce ad orientarsi, e si disgrega in una quantità di tendenze in lotta fra loro.
  2. La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria.
  3. Il principio secondo il quale la lotta di classe è il termine cui van ridotti tutti i problemi politici, ha costituito la direttiva fondamentale specialmente degli operai delle fabbriche, ed ha giovato a dare consistenza alla loro politica, finché non erano in questione le istituzioni fondamentali; ma si converte in uno strumento di isolamento del proletariato, quando si imponga la necessità di trasformare l’intera organizzazione della società. Gli operai, educati classisticamente, non sanno allora vedere che le loro particolari rivendicazioni di classe, o addirittura di categoria, senza curarsi del come connetterle con gli interessi degli altri ceti; oppure aspirano alla unilaterale dittatura della loro classe, per realizzare l’utopistica collettivizzazione di tutti gli strumenti materiali di produzione, indicata da una propaganda secolare come il rimedio sovrano di tutti i loro mali. Questa politica non riesce a far presa su nessun altro strato, fuorché sugli operai, i quali così privano le altre forze progressive del loro sostegno, o le lasciano cadere in balìa della reazione che abilmente le organizza per spezzare le reni allo stesso movimento proletario.
  4. Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami fra i singoli movimenti che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre sin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far nascere il nuovo organismo che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un saldo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali; spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari; abbia gli organi e i mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli.
Vuoi che ti dica cosa penso di Altieruccio Spinellucci? Ti accontento: un fascista! Non sono sicuro se a sua insaputa...

venerdì 12 febbraio 2016

L'uomo in rivolta



(FR) « Qu’est-ce qu’un homme révolté ? Un homme qui dit non. Mais s’il refuse, il ne renonce pas: c’est aussi un homme qui dit oui, dès son premier mouvement. Un esclave, qui a reçu des ordres toute sa vie, juge soudain inacceptable un nouveau commandement. »
 (IT) « Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. »

Albert Camus - L'uomo in rivolta (1951)

USA o Germagna purché se magna


Siamo ridotti a sperare che gli USA intervengano a difenderci dalla pretesa dell'asse franco-tedesco di trasformarci in una colonia. Lo siamo per due ragioni, anzi per una poiché l'altra è apparente. Comincio da quest'ultima: il tradimento delle speranze di riscatto del popolo lavoratore ad opera del M5S. Un tradimento posto in essere soprattutto dai vertici del movimento - per altro avvolti nell'ombra - nel quale milioni di elettori sono caduti, vuoi per disperazione (chi votare altrimenti?) vuoi per impreparazione politica. Nella quale sono restati, anche e soprattutto, per volontà e scelta del vertice opaco che guida il M5S. L'ultima prova, una vera pistola fumante, è questo post, dal titolo "Il bomba del debito pubblico #RenzieTiIndebita". Dettaglio non trascurabile, nel post sul blog di Beppe Grillo è linkato questo articolo del Manifesto.

Questo è il vergognoso testo pubblicato:

«Il debito pubblico ad aprile 2014 ammontava a 2.108 miliardi. A fine 2015 è arrivato a 2.218 miliardi.
Ossia: con il Bomba il debito è aumentato di 110 miliardi. Ha dato 10 miliardi per gli 80 euro di mancia elettorale ma ci ha indebitato tutti per 110 miliardi. Cioè l'ebetino ha dato 80 euro ad alcuni ma ha indebitato ogni italiano per oltre 1.800 euro a testa neonati compresi. #RenzieTiIndebita, digli di smettere.
»

Non una parola sul fatto che il debito pubblico sia un normale strumento di finanziamento dello Stato, e che la cosa che conta veramente è se il potere di emettere moneta sia un monopolio dello Stato oppure sia devoluto al sistema delle banche private, come è nell'Unione Europea. Giunti a questo punto, e senza che mi prenda la briga di spiegare per l'ennesima volta perché le cose stanno così - dal momento che chi poteva capire ha capito e gli altri possono fottersi - mi limito a dichiarare che il Re è nudo, ovverosia che il M5S è un cavallo di troia del liberismo.

Oltre ai liberisti, l'altro grande "partito" italiano è l'ordoliberismo (una versione estremizzata del primo) che è l'ideologia sottesa al processo di unificazione europea. Liberismo USA (e inglese) e ordoliberismo franco-tedesco sono oggi in rotta di collisione. Il cosiddetto centrodestra è liberista (cioè filo-USA) mentre il cosiddetto centrosinistra è stato, fino ad oggi, ordoliberista, cioè alleato dell'asse franco-tedesco, sia nella sua articolazione PD-ina che in quella della sinistra cosiddetta radicale. Sotto l'urto della crisi bancaria, Renzi sembra voler prendere le distanze dall'asse ordoliberista franco-tedesco, ma le contromisure non si sono fatte attendere. Lo spread è immediatamente salito, mentre la borsa italiana ha messo a segno record negativi di gran lunga peggiori delle principali piazze del continente.

La situazione è fluida, ed è complicata dal gioco degli interessi geopolitici. Il vero punto dolente è l'assenza completa di forze politiche di genuina ispirazione socialista, letteralmente scomparse dopo la caduta del muro. E' ovviamente assurdo pensare che possano essere resuscitate dalla sinistra istituzionale ordoliberista, come qualcuno ha ingenuamente sperato, o dalla destra liberista. Solo un movimento dal basso può assumersi questo compito, ed è quello che alcune minoranze si sforzano di fare da qualche anno.

Purtroppo questo tentativo incontra difficoltà per due ordini di motivi: da un lato l'indifferenza, spesso l'ostilità, di gran parte delle élites intellettuali, timorose di rendersi impopolari a corte (il sempiterno tradimento dei chierici), dall'altro il fatto che si è scatenata una feroce concorrenza interna, alimentata da alcuni dei microgruppuscoli che si sono venuti a formare in questi primi anni di crisi. Un fenomeno scontato poiché l'arrivo di una crisi sistemica, come quella che stiamo vivendo, pur avendo l'effetto di suscitare un'importante mobilitazione dal basso, tuttavia determina, nell'immediato, l'emergere di capi e capetti mossi dall'ambizione personale. Costoro, talvolta, sono anche soggetti disturbati che, immaginando di poter cogliere l'occasione di una vita, si fanno avanti con prepotenza, riuscendo in tal modo a crearsi un codazzo di seguaci che si fanno facilmente convincere a considerare gli altri gruppi come rivali, quando non come nemici. Gli esempi non sono mancati e chi, come i lettori di questo blog, segue lo svolgersi degli eventi negli spazi politici non istituzionalizzati, sa bene di cosa parlo.

Questa fase può essere evitata quando, per fortunatissime circostanze, i soggetti che si propongono alla guida dei movimenti dal basso allo stato nascente sono solo lievemente disturbati, o almeno non commettono, come purtroppo è accaduto, errori madornali. In ogni caso, si tratta di una fase transitoria. Con il proseguire dello stato di crisi, quando questa si manifesta in tutta la sua prolungata gravità, altre forze iniziano a muoversi nel corpo sociale, e a spingere affinché le contrapposizioni generate unicamente dall'ambizione personale, e/o dallo squilibrio dei leaders della prima ora, vengano rapidamente accantonate. E' questo il momento che si annuncia all'orizzonte.

L'ondata


Arriverà un'onda di piena. Essa si manifesterà innanzi tutto con l'esaurirsi della spinta propulsiva dei movimenti che hanno svolto funzioni di gatekeeping (come il M5S) i cui militanti, ad eccezione di quelli selezionati e cooptati dal vertice in posizioni ambite, daranno vita a nuove formazioni, o confluiranno in massa in quelle già esistenti alterandone gli equilibri interni. Tra questi, i movimenti che subiranno le maggiori trasformazioni saranno quelli sviluppatisi intorno ai capi carismatici della prima ora, nei quali gli abbandoni, quando non le scissioni aperte, saranno all'ordine del giorno.

Nulla può dirsi su quanto accadrà in seguito, se non che solo una crisi acutissima e irrisolvibile può dare a tali movimenti un'effettiva chance di accedere al potere. Nel caso più probabile di una crisi sì molto grave, e tuttavia non letale, essi avranno svolto il compito che la storia assegna ai movimenti dal basso: piantare i semi di un'inversione degli equilibri sociali di lungo periodo. Che è il compito irrinunciabile della generazione che, dormendo, si è fatta scippare la Costituzione dei Padri della Repubblica.

mercoledì 10 febbraio 2016

[Concept Post] - Idolatria


Duchamp suggerì che la "R" indicava la parola "Richard", che nello slang francese fa riferimento ad un sacco contenente denaro; di conseguenza, l'opera diviene, attraverso un gioco di parole concettuale, una sorta di "vitello d'oro scatologico".

Fontana (Duchamp)

 

Che poi io 'sta cosa la conosco perché ho frequentato un po' di studentesse dell'Accademia di belle arti, mica perché sono cólto!

Nota: gli anonimi possono commentare, ma saranno sottoposti alla spietata #censura_preventiva del responsabile del blog. Questa non si applica ai commentatori certificati.

martedì 9 febbraio 2016

Di cosa si occupano i frusinati? (I parte)

E' vero che vivo a Frosinone ma non sono di Frosinone, ma ogni tanto bisogna pur andare a vedere cosa occupa le menti dei miei vicini di casa mentre la guerra si avvicina e l'UE si rivela per quel che è. Lo faremo andando a prendere alcuni screenshot di politici e personaggi pubblici frusinati. Tutto ciò accade a partire dalle ore 23:59 del giorno 8-02-2016. Cominciamo (in ordine casuale, non certo di importanza).

Riccardo Mastrangeli - misticismo/esoterismo



Benny Taormina - critica cinematografica


Anna Rosa Frate - attaccare volantini, sempre!


Filippo Calcagni - la solita "bella vita"


Francesco De Angelis - non scrive: LUI ha l'ufficio stampa


Francesco Scalia - Ufficio stampa pure LUI


Daniela Bianchi - chiacchiere da bar


Maria Spilabotte - diritti civili Über Alles


Domenico Marzi - desaparecido


Gianfranco Schietroma - l'eccezione che conferma la regola


Luca Frusone - Cirinnà Cirinnì l'importante è stare qui


Armando Mirabella - vedi alla voce "Anna Rosa Frate"


Severo Lutrario - la classe non è acqua



Biagio Cacciola - compagno di destra o camerata di sinistra? Un italiano.


Maurizio Federico - Fischia il vento e urla la bufera


Andrea Cristofaro - sempre un compagno


Lorenzo Rea - contro le seghe


Stefano Vona - cattolico Andreattiano


Claudio Martino - il lobbysta



Mi fermo all'amico Claudio. Non si offendano coloro che non sono stati citati, seguirà seconda parte.