martedì 29 marzo 2016

Il sessantino ringrazia

Il sessantino
Oggi ho fatto sessant'anni.

Sono nato il 29 marzo 1956 in quel di Castro dei Volsci. In verità per l'anagrafe a Ceccano, ma solo perché la mia famiglia era una delle prime che, in quel mondo contadino, si stava affacciando alla modernità, ragion per cui decisero che no, si doveva partorire in ospedale! Non andò bene perché mia madre si beccò una setticemia che, per poco, non la portava all'altro mondo. In quel trambusto fui dimenticato nelle mani di una ragazzetta che avrebbe dovuto accudirmi, e invece pensava ad amoreggiare. Brava bravissima! L'ho perdonata, e poi mi sono rifatto con le sue cogeneri (nel senso che, per tutta la vita, le donne mi hanno sfamato). Pare che nei miei primi sette giorni di vita sia stato a digiuno. Mi salvò mia zia, che venne a raccogliere lo straccetto che ero diventato un'ora prima che rendessi l'anima.

Fummo la prima famiglia ad avere la televisione. Tutto il paese veniva a casa nostra per guardarla, anche cinquanta persone, finché un giorno mio padre si scocciò e cacciò tutti. In effetti la mia mamma era una donna bellissima (ogni mamma è bella allo scarrafone suo) come dargli torto?

Una sera di novembre del 1963 razzolavo in cucina quando i programmi televisivi furono interrotti. Avevano ammazzato Kennedy. Quella fu la prima volta che ebbi sentore dell'esistenza di un grande mondo oltre la valle. Dopo pranzo chiedevo il permesso di uscire: "mamma, io esco" - "dove vai?" - "vado a giocare a sassate" - "ah bene". Nessuno si preoccupava, tanto si sapeva che avevamo l'angelo custode.

Mica vi aspetterete che scriva una biografia? Per quella dovrete pagare, quando sarà pubblicata per i tipi di Penguin&Random. In sintesi: (finora) ho avuto una fortuna sfacciata, e prego tanto Gesù Bambino che continui così. Intanto una salute di ferro, a dispetto di tutti (ma proprio tutti) gli stravizi, e poi tante avventure, incontri con persone straordinarie... dalle barbone di piazza Colonna ai principi di sangue reale (o dovrei dire dalle principesse di piazza Colonna ai barboni di sangue reale?). Da studente avevo una cameretta dai padri Scolopi a piazza di Spagna, ma chiudevano il portone alle 21:45 e io avevo vent'anni. Quando facevo tardi passavo la notte con le principesse e i re di piazza Colonna. Che tempi!

Le donne? Volete la mia opinione spolitically correct? Ho sessant'anni e me lo posso permettere. Allora: quando sono giovani sono gatte, da adulte sono cagne, da vecchie cornacchie. Io le ho sempre preferite da vecchie anche se, per quelle cose sozze lì che voi sapete, ovviamente ho dovuto patire i graffi delle gatte e i morsi delle cagne. Ci si può ragionare solo quando diventano cornacchie, e allora non c'è uomo che tenga! Comunque mi hanno sempre sfamato, in ogni senso.

Ho visto Bettino Craxi di persona, una volta che ero al CNEL e si era formato un gruppetto di giovani ingegngngnieri nucleari con cui discuteva del Piano Energetico Nazionale. Era un uomo che emanava un carisma straordinario. Qualche anno dopo partecipai a una riunione, in cui c'era Corrado Passera, nella veste di consulente ufficioso del mio dirigente che, provenendo da un'azienda che commercializzava noccioline, aveva bisogno di un supporto tecnico per discutere di informatizzazione della Pubblica Amministrazione. Che tempi ragazzi, che ne potete sapere voi giovincelli che pigiate sui vostri smartphone? Se volete la mia opinione, lo zingaro che sostiene che l'Italia ha perso il treno della rivoluzione informatica per insipienza non è lontano dalla verità. Poi, è ovvio, questo non può assolutamente spiegare il disastro della moneta unica, però ci tengo a dirvelo.

Gli anni sono passati, veloci come temevo. La parte centrale della mia vita, diciamo dai quaranta ai cinquanta, l'ho vissuta da gentiluomo di campagna. Non nel senso che zappavo, anzi! La natura che circonda la mia casetta si è fatta strada finché, un giorno, mi ritrovai in una selva oscura / ché la dritta via era smarrita / ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinova la paura! Fui preso dall'indignazione per quello che vedevo succedere intorno a me, e mi diedi alla politica. Attivismo locale (soddisfazioni), Beppe Grillo (delusione), economia (una scoperta), Illo (???), ARS (inquietudine), marxisti dell'Illinois (sconcerto), ed eccomi qua.

Ho sessant'anni, ho avuto culo, spero di averne ancora. Ringrazio tutti quelli che mi hanno fatto gli auguri in questo giorno piuttosto scocciante, ma dico: FB non può farsi i cazzi suoi?

lunedì 28 marzo 2016

Referendum «sociali»? No grazie!

Per quel poco che conta, mi disinteresserò dei referendum «sociali». Forse mi sbaglio, ma credo che ogni sforzo dovrebbe essere concentrato sull'obiettivo di aprire un ampio, profondo, articolato dibattito sull'unico referendum veramente importante, quello sulla controriforma istituzionale. La differenza tra questo e gli altri referendum è evidente: nel primo, un'eventuale bocciatura della controriforma costituzionale sarebbe vincolante, cioè l'esito del referendum non potrebbe essere aggirato, almeno con relativa facilità. Per tutti gli altri ciò non vale: come per quello sull'acqua pubblica del 2011, la volontà popolare potrebbe essere disattesa. Sarà disattesa, anzi.

Vi è, inoltre, il rischio di generare nell'elettorato un sentimento di saturazione, perfino di ripulsa, nei confronti di un dibattito che i media potrebbero inquinare ad abundantiam. Last but not least, esiste la possibilità, che verificheremo presto, che la formulazione del referendum sul job's act che la CGIL sta preparando sia tale da generare confusione, spaccando il fronte dei lavoratori e finendo con il monopolizzare l'attenzione, sì da porre in ombra il solo e unico referendum veramente cruciale: quello sulla controriforma costituzionale.

Purtroppo sono pessimista. Il combinato disposto della voglia di protagonismo della galassia di associazioni e neo-partitini (in cerca di visibilità), unitamente alla sconvolgente impreparazione politica delle migliaia e migliaia di attivisti di tali associazioni e neo-partitini (in cerca di visibilità), non mi lascia dubbi. Tutti costoro si fionderanno sull'opportunità di mettersi in mostra, e di atteggiarsi ad anime belle in difesa dell'ambiente, del diritto allo studio, dell'acqua pubblica (non gli è bastato toccare con mano quanto ininfluenti siano anche le più imponenti vittorie referendarie), per la riforma del job's act. Per i più abili ci saranno ricchi premi e cotillons nella forma di incarichi, consulenze, cooptazioni più o meno esplicite nei ranghi dei maggiordomi al servizio dei dominanti.

Nota - per quanto riguarda la Ciociaria non ho bisogno di fare nomi. Quelli di chi tiene famiglia li conoscete già.

Avverrà così che si parlerà di un'infinità di cose, tra cui anche della controriforma della Costituzione. Questa sarà percepita, dagli elettori, come uno dei tanti quesiti referendari, il tutto con l'abietta complicità dei media di proprietà delle grandi banche, cioè della classe dominante eurista e unionista.

Pensavate forse che Renzi si sarebbe fatto inchiappettare con facilità, senza giocare la carta delle anime belle?

Con la presente, pertanto, informo tutti coloro che, conoscendo il mio impegno, potrebbero essere tentati dall'idea di invitarmi a fare le riprese, o addirittura a prendere la parola, che sarà del tutto inutile scocciarmi. Verrò quando mi pare, se mi pare, a sbugiardarvi pubblicamente. Delle due l'una: o siete stupidi, o siete dei sepolcri imbiancati.

Io dico: l'una e l'altra cosa.

venerdì 25 marzo 2016

Nasce il PFS

Il traditore e nemico del popolo Piddu
Mi hanno detto che ho fondato un nuovo partito politico, ovviamente a mia insaputa. Si tratta del Partito Fraiolista Sovranista - PFS, basato sul Fraiolismo Metodologico. Presidente io, vice presidente Piddu. Iscritti: io e Piddu. Le iscrizioni sono chiuse, non abbiamo intenzione di dividere il potere con nessuno!

Anzi, ora che ci penso Piddu non me la racconta giusta: i suoi silenzi sono inquietanti. Convoco un'assemblea nazionale e pongo il veto ai suoi interventi. Poi lo espello. Stay tuned.

mercoledì 23 marzo 2016

Bitcoin: per chi non capisce il significato e la necessità della sovranità monetaria

Avviso: post aperto agli anonimi, ma soggetto a drastica censura qualitativa.

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Ho letto un post di 48 (ESERCITAZIONI DI ECONOMIA MONETARIA: VON HAYEK E I BIT-COIN PER FESSI) che ha fatto scattare le mie sinapsi da informatico; si sono così attivate le connessioni sviluppatesi in questi anni in cui mi sono interessato di economia e costituzionalismo; ho aggiunto la solita dose di saggezza contadina... 

E quel pizzico di creatività e genio che non mancano a nessuno.


"La rivoluzione dal basso": comincia così il testo di Marco Amadori intitolato "Bitcoin: la rivoluzione della decentralizzazione". Lo capisco il Marco Amadori, tecnologo affascinato dalla genialità dell'idea dell'anonimo Satoshi Nakamoto: il bitcoin! Talmente affascinato, soprattutto dagli aspetti tecnologici, da mettere da parte, nel suo pamphlet, ogni riflessione sulle implicazioni politiche. Per fortuna che c'è 48 (e il commentatore Bazaar)!

Vi dirò: sono un informatico, laureato in ingegneria nucleare, mi sono occupato di tecnologia per tutta la vita, sono una persona curiosa che passa (e ha passato) gran parte della propria esistenza a studiare, eppure capisco solo in parte la tecnologia del bitcoin. Dico: la tecnologia! Crittografia a chiave pubblica, algoritmi RSA e amenità del genere le ho perfino insegnate, una ventina di anni fa. Ciò nonostante la tecnologia di Bitcoin mi sfugge. Epperò Marco Amadori parla di "rivoluzione dal basso" ad opera della geniale pensata dell'anonimo Satoshi Nakamoto. C'è qualcosa che non torna, un po' come negli attentati dell'Isis: uno pseudostato che controlla un pezzetto di territorio brullo e arido ma tiene in scacco l'Amerika, e l'Europa, e la Russia, e la Cina e i paesi arabi! Sorbole!

Byoblu, al secolo Claudio Messora (che mi sta cordialmente sui cabasisi) gli tiene bordone. E pazienza!

Cos'è il bitcoin? E' una moneta privata (altro che rivoluzione dal basso, trasparenza e fesserie simili), il cui valore esponenzialmente crescente, almeno fino ad ora, è determinato dal fatto che un numero (crescente) di soggetti (ma anche entità) ha scelto di sostenerla. Come? Sottoscrivendone le quote. Sottoscrivendone le quote? E come si sottoscrivono le quote del bitcoin? Ve lo dico, ma so che non ci crederete: risolvendo complessi algoritmi al fine di rafforzare la sicurezza dell'intero sistema!

Sembra una pagliacciata, ma forse non avete mai riflettuto abbastanza sul fatto che, alla base di ogni istituzione, perfino di quelle democratiche, altro non c'è che un fenomeno di adesione collettiva. Se un grande numero di persone (magari "supportate" da qualche entità) iniziano a credere in qualcosa, ebbene questa comincerà ad avere valore. Niente di male in questo, voi direte, è la democrazia! Certo, a patto che tutti, o almeno la maggioranza, siano in grado di capire a cosa aderiscono. Infatti ciò che distingue le istituzioni democratiche da quelle elitarie è anche il fatto di comprenderne il funzionamento e, ancor più, le finalità. Per nascondere il funzionamento e le finalità di qualcosa ci sono, da sempre, due modi: il mistero o la complessità. Nel caso del bitcoin è la seconda che ho detto.

Dunque il bitcoin ha valore perché un numero crescente di persone (e di entità) ripone fiducia nel suo futuro. La ragione è semplice: il valore del bitcoin sta crescendo rapidamente. Una cosa tanticchia misteriosa. Per dire: la prima transazione denominata in questa moneta, di qualche anno fa, 10.000 bitcoin per l'acquisto di due pizze, oggi ha un valore di 3 mln di euro! Ma non è tutto, perché la promessa è duplice: non solo il valore del bitcoin sta crescendo esponenzialmente, ma viene garantito che ne verrà emessa una quantità asintoticamente limitata, il che implica che non è una "moneta" soggetta a inflazione. Pare che, ad oggi, sia stato emesso l'80% del totale numerario asintoticamente predeterminato dagli algoritmi sottostanti, mentre il suo valore di cambio con altre monete "istituzionali" continua a crescere. Insomma, un ottimo affare.

E che succederà quando, tra qualche anno, la quantità numeraria di bitcoin avrà raggiunto il limite asintotico previsto dagli algoritmi sottostanti? Semplice: il suo valore continuerà ad aumentare grazie alla diminuzione dei prezzi dei beni e servizi scambiati con esso! Vi piace la deflazione? Ecco a voi una "moneta" intrinsecamente deflazionistica, tant'è che gli algoritmi prevedono la sua "divisibilità" fino all'ottava cifra decimale. Un po' come se, col proseguire della deflazione, dai centesimo di euro si passasse ai milionesimi di centesimo di euro! Niente più inflazione brutta, ma caduta dei prezzi! Con sommo gaudio di chi, di eurini, ne ha tesaurizzati un bel po'.

Non vi viene la voglia di partecipare alla festa? Certo, il grosso dei benefici sono già stati accaparrati (da chi?) visto che l'80% del valore numerario asintotico è già stato emesso, ma se vi affrettate potrete anche voi approfittarne. Pensate: acquistate oggi 10.000 bitcoin che, tra qualche anno, avranno centuplicato il loro valore di acquisto! Ma "acquisto de che"? Quello che volete, ragazzi, non lo sapete che varie "entità" garantiscono, già da tempo, il cambio del bitcoin con le principali monete? Strano vero? Pare che ci siano "entità" che garantiscono il cambio dei vostri bitcoin, guadagnati risolvendo algoritmi o scambiando beni e servizi all'interno della comunità, con tutte le monete in circolazione! Voi che dite, sono dei generosi benefattori?

Posso darvi un consiglio? Non c'è solo il bitcoin, pare anzi che molte iniziative analoghe siano in gestazione. Se siete abili e furbi magari beccate dall'inizio quella che, tra qualche anno, sarà diventata la moneta virtuale privata più ambita, con enormi guadagni. Dai, provateci!

Che bella la rivoluzione democratica dal basso! Basta con queste istituzioni monetarie inquinate dalla politica, per di più sempre lì a stampare moneta e quindi a diminuirne il valore! Pensate invece che meraviglia un mondo "democratico" nel quale, ad emettere moneta, saranno cordate di privati in competizione tra loro, con tassi di cambio perfino flessibili tra una moneta virtuale e l'altra! Basta con queste monete emesse da istituzioni monetarie, e forza con il peer-to-peer: ognuno vale uno! Ovvio che, trattandosi di "cordate di privati", non è che lo Stato potrà mettere bocca più di tanto... 

Basta con questa storia della sovranità monetaria e della moneta statale garantita da istituzioni sempre inquinate dalla politica, ben altra è la soluzione! Lasciamo la libertà a ogni cittadino, o gruppo di cittadini, di scegliere la moneta con cui operare le proprie transazioni. Questa è vera democrazia! Che volete che sia la "sovranità monetaria"? Bazzecole, pinzellacchere.

lunedì 21 marzo 2016

Una scissione "antropologica"

Questo fine settimana il vostro umile cronista si è fatto mille chilometri per partecipare a una riunione, in quel di Bologna, organizzata da fuorusciti dell'Associazione Riconquistare la Sovranità - ARS. Anche il vostro umile cronista è stato, fino all'estate del 2014, un socio ARS, nonché membro del suo direttivo, e conosce le ragioni di questa defezione collettiva, come pure di altre, singole eppure numerose nel tempo.

Un dato che colpisce è costituito dal fatto che le defezioni da ARS, che sono relativamente poche rispetto al numero dei soci dichiarati, hanno tuttavia riguardato all'incirca la metà di quanti sono transitati nel direttivo nazionale dell'associazione. Questa circostanza, posto che quelli che hanno fatto parte del direttivo nazionale sono, evidentemente, le persone più impegnate, nonché quelle che hanno più intensamente lavorato insieme, apre la strada a due possibili spiegazioni, non necessariamente mutualmente escludentesi:
  • In ARS, in particolare nel direttivo, sono emersi, nel corso del tempo, dissidi di natura politica.
  • In ARS, in particolare nel direttivo, sono emerse, nel corso del tempo, incompatibilità non tanto e non solo di natura politica quanto, piuttosto, "antropologiche".
Il viaggio a Bologna, in compagnia di Gianluigi, anch'egli ex-socio ARS ed ex-membro del direttivo, mi è servito per fare chiarezza su questa vicenda.

Erano presenti (presso la sede di Camere d’Aria – Officina polivalente delle arti e dei mestieri) in tutto dodici ex-soci. In realtà gli ultimi fuorusciti sono in tutto una ventina e, a quanto ho appreso, altrettanti sono in attesa degli eventi, prima di decidere se seguirne l'esempio o restare in ARS. Come detto, sono uscito da ARS nell'estate del 2014, precisamente per due ragioni: 
  • Non condividevo (e non condivido) alcune posizioni di "politica estera" del presidente di ARS Stefano D'Andrea (nel seguito SdA) da lui espresse, con regolarità, sulla sua pagina FB personale, addobbata con il simbolo dell'ARS e senza che, su di esse, l'ARS si fosse mai espressa in modo ufficiale.
  • Non condividevo (adesso me ne impippo) le modalità di gestione dell'associazione, in particolare del direttivo, da me considerate sbagliate e autocratiche.
Ho potuto constatare, dopo il primo giro di interventi nel quale ognuno dei presenti ha esposto le ragioni del proprio dissenso, che queste erano pressoché totalmente coincidenti tra loro e con le mie. In particolare, in relazione al primo punto, è risultato che uno dei comportamenti che hanno maggiormente irritato gli ex-soci è consistito nella pubblicazione, sulla pagina FB di SdA, di frasi ed espressioni valutate come vere e proprie apologie dei metodi violenti e disumani dell'ISIS, ed è stata ricordata a mo' d'esempio l'affermazione "i soci ARS sono i jiahdisti italiani". 

Tuttavia, a parte il problema ISIS, non sono emerse nel corso della discussione altri forti elementi di dissenso politico. Anzi, quando nella parte finale dell'incontro si è passati a discutere del "che fare", l'opinione unanime è stata quella di continuare la stessa battaglia politica di ARS, sebbene in una nuova costituenda associazione che adotti metodi e prassi radicalmente diverse. Molto più critiche sono state, infatti, le valutazioni sui metodi di gestione dell'ARS e del suo direttivo: modi autoritari, eccesso di protagonismo, totale incapacità di ascolto, nessuna disponibilità alla mediazione, reiterati inviti - davanti ad ogni contestazione - a lavorare per il progetto senza perdersi in chiacchiere inutili.

Alla luce di quanto esposto, nonché della mia personale esperienza in ARS, mi sono convinto del fatto che, in ultima analisi, in ARS siano venute alla luce diversità che sono soprattutto di natura antropologica, e tuttavia ben più profonde e inconciliabili di quelle politiche. Ciò può essere la conseguenza del fatto che questa associazione ha voluto, fin dall'inizio della sua vita, eliminare dal suo orizzonte ogni differenziazione nel reclutamento dei soci che facesse il sia pur minimo riferimento alla dialettica destra/sinistra, il tutto in nome della battaglia comune per la riconquista della sovranità nazionale. Ebbene questa scelta, che pure è difficile da perseguire sul piano squisitamente politico, poiché si tratta di sopire divergenze profonde su altri temi non meno importanti della riconquista della sovranità - sebbene meno urgenti - ha finito con il cozzare contro un ostacolo di natura pre-politica: il vivo sentire, da parte di ogni essere umano, del concetto di giustizia.

Se questa lettura è corretta, allora anche l'ambizione di ARS di cambiare nome adottando quello di Fronte Sovranista Italiano - FSI, come è previsto venga deliberato nella prossima assemblea di giugno, è un obiettivo velleitario e non perseguibile. Un vero "fronte" (che altri chiamano nuovo CLN) non può essere altro che un'alleanza, temporanea e dettata da una situazione di emergenza, di movimenti e partiti politici che si collocano ognuno nel proprio quadrante rispetto alla dialettica destra/sinistra. Declinata, oltre che in termini di concreti interessi di classe e di visioni ultime, anche sul piano dell'antropologia umana, cioè dei valori che sono l'espressione, in ambito etico, della natura profonda di ogni essere umano.

venerdì 18 marzo 2016

Napoli: il sindaco De Magistris e il grillino Fico

Era il 2007 quando partecipai a Bologna a un incontro del m5s. Al termine un'amica mi chiese: chi ti è piaciuto di più? Io risposi: quello che mi è piaciuto di meno, anzi non mi è piaciuto affatto, è quel giovanotto, Roberto Fico.

Non ho cambiato idea. Questo è Roberto Fico:



e questo è De Magistris:

giovedì 17 marzo 2016

Il gatto sovranista


Non conta che il gatto sovranista
sia mazziniano o socialista,
l'importante è che acchiappi
il topo liberista!


Mie brevi note sul sovranismo, per come lo intendo. Se dovessi sbagliarmi non cambierei idea (se non dopo essermi convinto) ma smetterei di definirmi sovranista.


Il sovranismo, termine introdotto nel dibattito politico all'inizio del 2012 dall'Associazione Riconquistare la Sovranità - ARS, e successivamente adottato dal Movimento Popolare di Liberazione - MPL (oggi Programma 101) è il movimento di pensiero che riconosce nello Stato l'istituzione necessaria al fine di assicurare, nelle condizioni date dalla modernità, la vita civile dei popoli. Il sovranismo è antitetico al libero mercato (free trade), che ha bisogno di abbattere ogni ostacolo alla circolazione dei fattori di produzione: capitali, merci, servizi e persone.

Il sovranismo non è un movimento che coltiva concezioni autoritarie, né di natura collettivistica. Nulla impedisce, evidentemente, che in realtà diverse si possano avere declinazioni del sovranismo non democratiche, cosa che sia ARS che P101 abòrrono, perché il termine non esaurisce, da solo, tutte le infinite possibilità. Resta che l'antitesi al free trade è il sovranismo.

Ad esempio, il nazionalismo è stato una forma di sovranismo, viziata dal fatto che le istanze di difesa degli interessi nazionali convivevano con l'accettazione di un modello di commercio internazionale basato sul gold standard, con ciò costringendo i singoli Stati a competere strenuamente per incrementare le riserve auree, e dunque in ultima analisi per accaparrarsi le risorse degli Stati più deboli.

Il sovranismo (democratico) è compatibile con il socialismo e con una forma blanda di internazionalismo. Non lo è, invece, con quelle concezioni che, rovesciando l'ordine di importanza delle due istanze, assegnano alla difesa degli interessi delle classi lavoratrici, ovunque esse siano, una priorità maggiore rispetto alla difesa degli interessi di quelle nazionali. In definitiva, il sovranismo è un modello di pensiero politico "moderato", ovviamente non nel significato che questo ha assunto nel lessico politico, ma in quello letterale dalla locuzione latina "In medio stat virtus". Questa concezione politica, che è per sua natura "moderata", ha per avversaria un'ideologia estremista: il liberismo (che il liberismo sia un'idea politica estremista è un dato evidente in sé, sul quale non ritengo necessario dilungarmi).

Paradossalmente in Italia l'idea sovranista è promossa da due piccole organizzazioni politiche, ARS e P101, che traggono ispirazione da due correnti di pensiero tutt'altro che moderate: il mazzinianesimo e il socialismo. Questa circostanza rende bene l'idea di quanto l'ideologia avversa, il liberismo, sia estremista, sebbene possa ammantarsi di una veste falsamente moderata grazie all'incessante bombardamento mediatico che taccia di populismo le idee sovraniste, non solo quelle declinate in senso autoritario, ma anche quelle democratiche, come accade in Italia.

Il nucleo del pensiero sovranista democratico risiede nel fatto di considerare lo Stato come espressione della libera volontà popolare. Lo Stato, di conseguenza, può essere democratico solo dove la democrazia è possibile. Il contesto in cui la democrazia è possibile non può essere determinato a priori, sulla base ad esempio di considerazioni basate sull'unità linguistica, etnica o altro, ed è invece rilevabile a posteriori: là dove c'è uno Stato democratico, allora si sono create le condizioni richieste. Viceversa, se lo Stato non è democratico, allora una classe sociale, o un'etnia, o un gruppo di potere, domina tutti gli altri.

Il tentativo di costruire uno Stato europeo democratico è chiaramente fallito, dimostrando ex-post che l'idea di un popolo europeo è oggi inconsistente. In questa fase, la principale richiesta del sovranismo è quella di interrompere il processo di unificazione europea, a cominciare dalla moneta unica. Ciò in quanto nessuna area valutaria è ottimale, e l'unico rimedio consiste nella volontà di un popolo, in quanto comunità che si percepisce come unità politica, di porre rimedio alle inevitabili disfunzionalità accettando, senza riserve, il principio della redistribuzione delle risorse dalle regioni più produttive a quelle meno produttive. Tale necessario e ineludibile rimedio è così importante da essere considerato come il fondamento sostanziale dell'idea "un Popolo, uno Stato". E tuttavia ciò non basta ancora, essendo l'idea dei sovranisti "un Popolo, uno Stato democratico", e allora è necessario un sovrappiù: redistribuire dalle classi più ricche a quelle più povere.

I meccanismi tecnico istituzionali individuati dai sovranisti al fine di perseguire tale obiettivo non sono una novità assoluta. Essi consistono, piuttosto, in un "ritorno al passato". Questa espressione non piacerà a quanti sognano, immaginano, prefigurano soluzioni innovative adeguate alla mutata realtà dei tempi moderni. In verità non ci sono soluzioni nuove a un problema vecchio come la storia dell'umanità: quando la maggioranza non è capace di autogovernarsi, allora cade sotto il dominio di una minoranza.

Alla base di tutto vi è dunque il ritorno alla partecipazione politica della gran massa dei cittadini lavoratori. Il popolo, cioè, deve essere capace di riprendere nelle sue mani la responsabilità di governarsi, organizzandosi dal basso e selezionando le avanguardie (non le élites) alle quali assegnare la responsabilità dell'agire politico quotidiano. Tali avanguardie, che avranno le competenze culturali e tecniche necessarie, dovranno rispondere del loro operato non solo attraverso le libere elezioni, ma anche nell'incessante dibattito nelle sedi delle nuove organizzazioni popolari che dovranno necessariamente nascere.

Ho citato due di queste avanguardie, ARS e P101. Ad esse se ne aggiungeranno altre, essendo la società italiana così ricca e complessa da non poter essere rappresentata solo dai mazziniani e dai socialisti. Ad esempio: dove sono i cattolici sovranisti? E la borghesia sovranista? Arriveranno.

Dunque sovranismo democratico! Vale a dire: democrazia sostanziale (progressiva, non idraulica), proprietà pubblica della moneta, monetizzazione dei deficit statali quanto basta per mantenere il sistema in equilibrio, progressività nell'imposizione fiscale, coesistenza dell'iniziativa privata con l'intervento diretto dello Stato nell'economia, una moderata e stabile inflazione da domanda, equilibrio dei conti con l'estero, capacità di autodifesa militare, controllo delle frontiere, neutralità internazionale. Insomma: la Costituzione del 1948. Un ritorno al passato, e scusate se è poco.

mercoledì 16 marzo 2016

W Garibaldi (italiano)

Vado a farmi una bottiglia con il socio Claudio Martino. Sono un italiano.


Vedi anche: parte I e parte II

Prolegomeni per una futura Eurimberga

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I nomi (da sinistra a destra): Dino Pesole (giornalista del sole24ore), Antonio De Chiara (musicista), Claudio Bocci (il padrone di casa), Giuseppina Paterniti (giornalista RAI), Alfonso Gianni (L'Altra Europa con Tsipras),  Giovanni La Torre (statistico, ex rettore dell'Università della Calabria), Roberto Musacchio (ex dirigente di Democrazia Proletaria), Virginio Dastoli (Movimento Federalista). 

Nel video l'incontro, presso l'associazione ALTREVIE, di una sezione dell'insieme degli euristi de noantri, lievemente meno apodittici di qualche anno fa (chi ha voglia può seguire i link e verificare) ma tutt'ora impegnati nella difesa dell'euro e del fallimentare progetto di Unione Europea.

Per quelli che ormai sanno come stanno le cose (siamo sempre di più, noi "populisti e xenofobi" come ESSI non si stancano di designarci) le loro tesi risuonano come confessioni (si veda qui). Per tutti gli altri, che da poco tempo hanno cominciato a comprendere, il consiglio è quello solito di non pensare che sia stata "tutta colpa della sinistra": in realtà tutta la classe politica italiana ha accettato e inseguito l'orizzonte unionista, anche e soprattutto la destra. Se in questo blog viene presa di mira soprattutto la "sinistra", ciò accade sia perché chi scrive appartiene a quest'area, pur essendo rimasto vittima della narrazione europeista ma essendosene affrancato da anni, sia perché, a "destra", il livello di analisi critica di quanto è accaduto non va oltre il salvinismo televisivo o, al massimo, una rivalutazione ex-post di Silvio Berlusconi (il cui massimo merito è quello di essere stato vittima del colpo di stato del 2011) e dunque c'è veramente poco da dibattere.

Questi, e moltissimi altri materiali, saranno utili il giorno in cui si aprirà il processo di Eurimberga di tutta la classe politica italiana. Il popolo non chiederà vendetta, ma giustizia!

lunedì 14 marzo 2016

'E dinamiche speculative d'er Capitale


Ho un sacco di cose da fare, ma l'invito di Sergio Cesaratto non poteva lasciarmi indifferente: "vieni a filmare un incontro con Ernesto Screpanti che ho organizzato con i compagni del centro Casale Alba2?"

E così ho lasciato il campicello in Ciociaria e sono andato. Dice: ci stanno Cesaratto e Screpanti, come minimo l'ambiente è di quelli buoni. No? No.

Tutta brava ggente, pe' carità. Solo che nun studieno sora Lella mia! Parleno de quelo che je pare bòno e ggiusto, e tanto "de sinistra", ma era mejo che me ne stavo a'r campicello mio. Però, visto che me so' fatto ducento chilometri, nun è che j'ha posso fa' passa' liscia e stamme bòno bòno a fa' 'e riprese senza rompe er cazzo. E daje!

L'incontro è stato abbastanza noioso, quasi una funzione religiosa. L'intervento del pur ottimo Screpanti (una sintesi della più corposa lezione che ci fece in occasione di "Filo rosso" nell'estate del 2013) troppo lungo. In generale tutto è stato un po' troppo nello stile  "centro sociale": tante belle cose, e giuste, ma senza un colpo d'ala.

C'era questo tal Luca Federici, barba nera lunga da islamico, aria da "compagno de quelli giusti", favella sciolta, che n'ho visti tanti nei miei dodici dicasi dodici lustri di vita. Oddio, magari me sbajo, ma sapete com'è? Ormai c'ho er dente avvelenato, e pure 'na certa senzibbilità, e quelli che parleno tanto bbene ma poi nun dicono quelle tre cazzate dicasi tre che fanno capi' da che parte stanno, ma 'ntanto ce sfrangiano li cojoni co'r concetto che li padroni so' cattivi e l'operai invece bbòni, bè io questi nun l'abbozzo più. E così 'sta vorta so' cattivo.

E mo' sperimo ch'all'amico Sergio, che m'ha 'nvitato, nun lo cacceno da 'r circoletto.

mercoledì 9 marzo 2016

2 exit not 2 exit?

Ma alla fine questi vituperati anonimi (compresi quelli che fognano redditi minimi universali) che pensano dell'euroexit?

Nota: discussione aperta agli anonimi

 



«2 exit, o not 2 exit, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa €uropa
o prendere le armi contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la moneta unica: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse fognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali fogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà all'Unione Europea una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi del lavoro disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice exit? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo l'uscita,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la paura ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del default,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione. »

domenica 6 marzo 2016

L'uomo che sussurrava ai piddini

"Tanto opportunismo, o, nella migliore (?) delle ipotesi, tanto conformismo, a fronte di tanto strazio e di tanta distruzione, mi lasciano senza parole, e mi inducono a desistere da quella che, per quanto impossibile, era la missione fondamentale di questo blog: portare un minimo di ragionevolezza nel dibattito, per scongiurarne nella misura del possibile esiti politicamente e socialmente violenti. Non ho più la salda certezza, dalla quale mi ero mosso, che questo obiettivo, pur nella sua impossibilità, sia meritevole di essere perseguito. " [Alberto Bagnai - Gli elicotteri di Pinochet e i keynesiani di buona volontà]

E mentre nella valle dei castori ci si appresta ad accogliere l'ultimo reietto di Pippolandia, tal giovine Baroni che, mi par di capire, avrebbe avuto l'ardire di pensare con la propria testa, non possiamo non chiederci se non sia giunta l'ora di fare un bilancio della famosa tesi "ci salveranno gli stessi che...". Ovviamente dando a Pippo quel che è di Pippo, come giustamente sottolinea il buon Ippolito:

"Oggi è uscito un bellissimo ed amaro post di Bagnai (riconosciamo a Cesare quel che è di Cesare) in cui serpeggia tutta l' amarezza per l' apparente inefficacia del suo messaggio.
Inefficacia che raggiunge le massime vette proprio tra i postatori seriali del suo blog.
"

Resta che la realtà dei fatti invera la tesi opposta: "ci stanno massacrando gli stessi che...". Ogni opposizione appare vana, al punto che non sappiamo se sia stato meglio non riuscire a dare forma politica alla resistenza contro l'eurototalitarismo - per il rischio di scatenarne la reazione violenta - oppure se, riuscendovi, oggi la situazione sarebbe meno disperata. Nel primo caso dovremmo ringraziare chi ha creduto che la via giusta fosse quella di "sussurrare ai piddini"; nel secondo stigmatizzare chi si è rifiutato di contribuire a quella fatica collettiva, non solo tirandosi in disparte, ma anzi agendo attivamente per delegittimare e deridere gli sforzi altrui. Una modalità che il correttore ortografico dell'amico Ippolito ha algoritmicamente definito "la bagnalità del male": quella che consiste nel sentirsi soddisfatti quando il cadavere dello 0,6% arriva puntuale come un treno svizzero.

venerdì 4 marzo 2016

Il mondo è fuor dei cardini; ed è un dannato scherzo della sorte esser nati per riportarlo in sesto. Ebbene, andiamo insieme.

Link correlato: Costituito il Comitato Locale per la Provincia di Frosinone del Coordinamento Democrazia Costituzionale - aut-Frosinone

Voi riuscite ad immaginare un dibattito nell'Atene del 404 a.c. sul tema delle modifiche costituzionali senza cenno alcuno alla sconfitta contro Sparta nella guerra del Peloponneso?

A Frosinone l'avv. Anna Falcone, invitata dal Comitato Locale del Coordinamento Democrazia Costituzionale, è riuscita a parlare della riforma costituzionale senza mai nominare l'Unione Europea!


Le cose andarono un filino diversamente quando noi sovranisti (atque populisti) invitammo a parlare (8 febbraio 2014) l'ottimo Luciano Barra Caracciolo, presidente di sezione del Consiglio di Stato e autore del blog Orizzonte48!


Ora io non vorrei esser preso per un saprucone, ma vorrei ricordare agli (ahimè) ingenui compagni (scusate il termine) del coordinamento, una cosetta che risale ormai a 11 anni fa, quando tutti parlavano di project-financing deprecando l'ingresso dei privati nella gestione della cosa pubblica. Tutto giusto, per carità, solo che chi li ascoltava pensava: "Ma questi qua sono dei sognatori! In fondo che male c'è se un privato realizza un'opera in concorso con l'amministrazione pubblica, traendone il giusto guadagno?"

Chi fu che vi spiegò in cosa consistessero VERAMENTE i project-financing alla Marzi, dopo essersi andati a leggere le carte? Risposta: los Calimeros!

Questo è il link al primo numero di DoubleFace. Per gli appassionati di antichità questo è il link all'intera collezione.

Adesso siamo alle solite! Invitate personaggi che vi parlano di quanto siano cattivi i trenta tiranni, ma dimenticano di nominare Sparta!!!

Non posso che citarvi William Shakespeare: "Il mondo è fuor dei cardini; ed è un dannato scherzo della sorte esser nati per riportarlo in sesto".

Ma siccome in fondo sono un buono, come Amleto aggiungo: "Ebbene, andiamo insieme". Ricordate, però, che in battaglia un alleato ridicolmente incapace è più pericoloso di un temibile avversario.

Addendum


Apppproposito! qualcuno ha notizie di questi qua, che ci scomodarono nel lontano 2006 per lottare contro la riforma costituzionale di Abberluscone?

mercoledì 2 marzo 2016

Beccateve sta (s)vendola!

Post correlato: Squadristi! Squadristi! [L'ego della rete 1 marzo 2016]

Non mi sono mai appassionato di psicoanalisi, sebbene in alcuni periodi della mia vita sia stato circondato da amici che avevano questo interesse. Il principale motivo di dissenso con loro consisteva nel fatto che non consideravo, e non considero in modo assolutamente negativo, l'insieme dei blocchi psichici che è stato necessario costruire per rendere possibile la vita sociale di una specie, l'umanità, che ha sviluppato una straordinaria capacità di pensiero. Per come la vedo, totem e tabù sono indispensabili e necessari per la vita sociale, sebbene si possa discutere sul fatto che determinate combinazioni di essi siano le più efficienti. Ammesso che si possa rispondere alla domanda: a quale fine?

La mia nuova gatta Dimitra, che ha pochi mesi di età, è già in calore, ed esiste un'elevata probabilità che possa accoppiarsi con il suo padre biologico. O forse no: che ne sappiamo dei tabù dei gatti? Mi piacerebbe conoscere l'opinione degli esperti.

Sia quel che sia, è del tutto evidente che tutte le società umane hanno sviluppato un sistema di valori (a partire dal primitivo totemismo) protetto da un insieme di proibizioni, i tabù. Totem e tabù si sono modificati lentamente, nel corso del tempo, sotto l'azione delle mutate condizioni di vita prodotte sia da fattori esogeni, ad esempio i grandi cambiamenti climatici, che endogeni, ovvero i cambiamenti indotti dall'azione umana. L'epoca nella quale viviamo - in attesa dei grandi cambiamenti pseudo-esogeni che saranno determinati dalla rottura dell'equilibrio naturale - è dominata dalle grandi mutazioni endogene conseguenza del progresso tecnologico.

Il dibattito sull'affaire Vendola, a mio parere, dovrebbe concentrarsi su questa domanda: nuovi tabù sostituiranno gli attuali, oppure l'illimitatezza degli orizzonti promessi dalla scienza e dalla tecnologia li renderanno superflui? Detto in altri termini: l'umanità può sperare di riconquistare il paradiso perduto grazie all'illimitatezza della tecnica?

E' davvero alle porte un mondo nel quale sarà vietato vietare, o avremo ancora bisogno, e a lungo, di proibizioni? E' una domanda retorica, ne convengo, la risposta essendo ovvia: avremo ancora bisogno di proibizioni, sebbene diverse da quelle cui siamo abituati. Alla fin fine dobbiamo ancora morire, a dispetto dell'illimitatezza degli orizzonti tecnologici! Che saranno forse illimitati, ma certamente non infiniti.

Sulla differenza tra "illimitato" (privo di limite) e "infinito" (che non ha fine) rimando al classico esempio di un mondo a due dimensioni, piegato sulla terza a costituire una superficie sferica: esso non ha limite ma non è infinito.

Dunque non la fine dei tabù, ma nuovi tabù. E ovviamente nuovi totem. Ora la caratteristica di un tabù è quella di essere una proibizione assoluta, che prescinde dalla possibilità dell'azione. Ad esempio: non si può argomentare, come ha fatto una signora di cui non ricordo il nome durante la trasmissione "Porta a porta" di ieri 1 marzo 2016, che proibire la maternità surrogata aprirebbe le porte a un turismo medico verso i paesi che la consentono, così come è accaduto nel caso dell'aborto. Ciò perché, se si accetta questa impostazione, allora si rinuncia a ogni possibilità di stabilire ciò che è lecito e ciò che non lo è, delegando all'egoismo del guadagno ogni possibile scelta. Sarebbe la fine della società umana e il trionfo dell'individualismo, un ritorno dell'umanità allo stato di orda primitiva, in cui l'unica e sola legge sia quella del più forte.

Stabilire ciò che è lecito e ciò che è proibito, seppure nelle mutate condizioni determinate dal progresso tecnico, resta a mio avviso una necessità. Ciò perché il progresso, ammesso che sia illimitato, certamente non è infinito (esso si dipana in uno spazio ricurvo su una dimensione che non conosciamo).

Stabilita questa banalità, la domanda successiva è cruciale: negli interessi di quali forze sociali saranno stabiliti i nuovi tabù necessari per adeguarsi alle mutate condizioni di "potenza" dell'uomo sulla natura? Inoltre: è possibile sospettare che i nuovi tabù saranno imposti dai gruppi sociali vincenti, in quanto funzionali ai loro interessi?

Per tornare al caso Vendola: acquistare un ovulo, inseminarlo e trapiantarlo nell'utero di un'altra donna, infine acquisire il diritto legale della genitorialità, costituisce senza alcun dubbio una rottura drammatica con qualsiasi ordinamento mai sperimentato nella storia dell'umanità, la quale ha sviluppato gran parte delle proibizioni assolute, i tabù, proprio in relazione al problema della riproduzione. Ebbene, si può consentire che una decisione così grave venga affrontata con criteri sentimentalistici come "il gesto d'amore che permette la nascita di una nuova vita"?

Non è forse il caso di gridare che "il re è nudo", per affermare con forza che il conflitto per la definizione di nuovi tabù, che siano consistenti con la nuova "potenza" dell'uomo sulla natura, è essenzialmente un cruciale conflitto di classe?

Herbert Marcuse, nel suo "Eros e Civiltà" che lessi all'età di diciassette anni, scrisse cose che mi conquistarono. Peccato che alcune specie di "sinistrati anarcoidi", cogliendo di quel saggio solo la denuncia della condizione di repressione dell'uomo, abbiano finito con il dimenticarne la causa prima, l'oppressione di classe, finendo con l'identificarla con l'esistenza stessa della civiltà. Sono gli stessi che si illudono di raggiungere la terra promessa della liberazione attraverso le macchine. Sono i mitici lavoromerceraristi. Alias: il lavoro è una merce rara e sempre più lo sarà, in futuro, grazie al progresso tecnologico. Cari lavoromerceraristi: beccateve sta (s)vendola!