lunedì 21 marzo 2016

Una scissione "antropologica"

Questo fine settimana il vostro umile cronista si è fatto mille chilometri per partecipare a una riunione, in quel di Bologna, organizzata da fuorusciti dell'Associazione Riconquistare la Sovranità - ARS. Anche il vostro umile cronista è stato, fino all'estate del 2014, un socio ARS, nonché membro del suo direttivo, e conosce le ragioni di questa defezione collettiva, come pure di altre, singole eppure numerose nel tempo.

Un dato che colpisce è costituito dal fatto che le defezioni da ARS, che sono relativamente poche rispetto al numero dei soci dichiarati, hanno tuttavia riguardato all'incirca la metà di quanti sono transitati nel direttivo nazionale dell'associazione. Questa circostanza, posto che quelli che hanno fatto parte del direttivo nazionale sono, evidentemente, le persone più impegnate, nonché quelle che hanno più intensamente lavorato insieme, apre la strada a due possibili spiegazioni, non necessariamente mutualmente escludentesi:
  • In ARS, in particolare nel direttivo, sono emersi, nel corso del tempo, dissidi di natura politica.
  • In ARS, in particolare nel direttivo, sono emerse, nel corso del tempo, incompatibilità non tanto e non solo di natura politica quanto, piuttosto, "antropologiche".
Il viaggio a Bologna, in compagnia di Gianluigi, anch'egli ex-socio ARS ed ex-membro del direttivo, mi è servito per fare chiarezza su questa vicenda.

Erano presenti (presso la sede di Camere d’Aria – Officina polivalente delle arti e dei mestieri) in tutto dodici ex-soci. In realtà gli ultimi fuorusciti sono in tutto una ventina e, a quanto ho appreso, altrettanti sono in attesa degli eventi, prima di decidere se seguirne l'esempio o restare in ARS. Come detto, sono uscito da ARS nell'estate del 2014, precisamente per due ragioni: 
  • Non condividevo (e non condivido) alcune posizioni di "politica estera" del presidente di ARS Stefano D'Andrea (nel seguito SdA) da lui espresse, con regolarità, sulla sua pagina FB personale, addobbata con il simbolo dell'ARS e senza che, su di esse, l'ARS si fosse mai espressa in modo ufficiale.
  • Non condividevo (adesso me ne impippo) le modalità di gestione dell'associazione, in particolare del direttivo, da me considerate sbagliate e autocratiche.
Ho potuto constatare, dopo il primo giro di interventi nel quale ognuno dei presenti ha esposto le ragioni del proprio dissenso, che queste erano pressoché totalmente coincidenti tra loro e con le mie. In particolare, in relazione al primo punto, è risultato che uno dei comportamenti che hanno maggiormente irritato gli ex-soci è consistito nella pubblicazione, sulla pagina FB di SdA, di frasi ed espressioni valutate come vere e proprie apologie dei metodi violenti e disumani dell'ISIS, ed è stata ricordata a mo' d'esempio l'affermazione "i soci ARS sono i jiahdisti italiani". 

Tuttavia, a parte il problema ISIS, non sono emerse nel corso della discussione altri forti elementi di dissenso politico. Anzi, quando nella parte finale dell'incontro si è passati a discutere del "che fare", l'opinione unanime è stata quella di continuare la stessa battaglia politica di ARS, sebbene in una nuova costituenda associazione che adotti metodi e prassi radicalmente diverse. Molto più critiche sono state, infatti, le valutazioni sui metodi di gestione dell'ARS e del suo direttivo: modi autoritari, eccesso di protagonismo, totale incapacità di ascolto, nessuna disponibilità alla mediazione, reiterati inviti - davanti ad ogni contestazione - a lavorare per il progetto senza perdersi in chiacchiere inutili.

Alla luce di quanto esposto, nonché della mia personale esperienza in ARS, mi sono convinto del fatto che, in ultima analisi, in ARS siano venute alla luce diversità che sono soprattutto di natura antropologica, e tuttavia ben più profonde e inconciliabili di quelle politiche. Ciò può essere la conseguenza del fatto che questa associazione ha voluto, fin dall'inizio della sua vita, eliminare dal suo orizzonte ogni differenziazione nel reclutamento dei soci che facesse il sia pur minimo riferimento alla dialettica destra/sinistra, il tutto in nome della battaglia comune per la riconquista della sovranità nazionale. Ebbene questa scelta, che pure è difficile da perseguire sul piano squisitamente politico, poiché si tratta di sopire divergenze profonde su altri temi non meno importanti della riconquista della sovranità - sebbene meno urgenti - ha finito con il cozzare contro un ostacolo di natura pre-politica: il vivo sentire, da parte di ogni essere umano, del concetto di giustizia.

Se questa lettura è corretta, allora anche l'ambizione di ARS di cambiare nome adottando quello di Fronte Sovranista Italiano - FSI, come è previsto venga deliberato nella prossima assemblea di giugno, è un obiettivo velleitario e non perseguibile. Un vero "fronte" (che altri chiamano nuovo CLN) non può essere altro che un'alleanza, temporanea e dettata da una situazione di emergenza, di movimenti e partiti politici che si collocano ognuno nel proprio quadrante rispetto alla dialettica destra/sinistra. Declinata, oltre che in termini di concreti interessi di classe e di visioni ultime, anche sul piano dell'antropologia umana, cioè dei valori che sono l'espressione, in ambito etico, della natura profonda di ogni essere umano.

8 commenti:

  1. Peccato eravate proprio a Bologna, mi sono perso gli eventi su FB...

    La vera forza di Draghi, BCE & Devil è l'immenso potere economico di cui dispongono. Solo sul piano ideale, le divergenze umane o antropologiche come le chiami tu sono un grosso ostacolo nel creare un gruppo coeso, mentre con un sacco di soldi puoi muovere molte più "false coscienze"... Infatti AB denunciava anche che attraverso la rete di consulenze l'FMI ha cancellato la professione dell'economista.... La democrazia, quella vera è ancora per pochi purtroppo....
    notte
    Roberto,

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    1. Era una riunione a porte chiuse. Un GomBloDDo!

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    2. ah ok allora si capisce, ho consegnato la tessera ARS più di 1 anno fa

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  2. La cosa che mi colpisce, così a botta calda, di questo post, è che ciò che sembra unire questi venti persone non è ciò a favore di cui essi sono, ma ciò contro cui essi sono.
    Capisco lo spirito del resoconto che intende mettere al centro dell'attenzione le comuni critiche ad ARS, ma rimango egualmente perplesso da questo meccanismo di identificazione indiretta, che richiede sempre un riferimento a qualcosa di esterno.
    A Stefano D'Andrea non risparmio mai critiche, soprattutto da quando ho la possibilità di intervenire sulla sua bacheca in fb, ma una cosa gliela devo riconoscere, ha avuto il coraggio e la determinazione di proporre una linea politica e su questa linea costruire un'organizzazione.
    I suoi limiti sono purtroppo anche i limiti dell'esperienza ARS, perchè così tale organizzazione finisce per essere l'ennesima organizzazione a stampo leaderistico.
    Io sono invece sempre più convinto che si potrà uscire da questo stato di carenza di proposta politica solo se esisterà un'organizzazione che si prospetti sin dalla sua nascita come plurale, come frutto del convergere di opinioni politiche molto simili tra loro in un gruppo di persone preparate anche sul piano teorico e determinate sul piano pratico, che vivano questa loro relazione non solo come un fatto politico, ma umano in senso lato, in grado quindi di un livello di condivisione, di solidarietà, di voglia di stare assieme e di risolvere i dissensi interni, almeno simili a quelli che si esercitano nei propri affetti più cari, come nella propria famiglia.

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    1. Ma infatti, caro Vincenzo, non è accaduto niente di grave. Semplicemente le persone si riaggregano secondo le proprie affinità elettive, oltre che politiche.

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    2. "che si prospetti sin dalla sua nascita come plurale, come frutto del convergere di opinioni politiche molto simili tra loro in un gruppo di persone preparate anche sul piano teorico e determinate sul piano pratico, che vivano questa loro relazione non solo come un fatto politico, ma umano in senso lato, in grado quindi di un livello di condivisione, di solidarietà, di voglia di stare assieme e di risolvere i dissensi interni, almeno simili a quelli che si esercitano nei propri affetti più cari, come nella propria famiglia."

      Il fattore aggregativo risulta essere proprio questo, Vincenzo, non certo la critica all'esperienza passata.

      Esperienza passata che ha avuto in ogni caso una valenza positiva

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  3. Ho appena letto il post di Pasquinelli che riguarda proprio la vostra iniziativa.
    E' interessante che Pasquinelli consideri la sua organizzazione non solo sovranista, ma anche rivoluzionaria.
    Consiglierei all'autore di iniziare la rivoluzione evitando di censurare gli interventi sgraditi ai post di "Sollevazione" quando io osai criticare il giudizio dato al risultato delle elezioni francesi che videro il successo clamoroso della Le Pen.
    Nel merito della questione che per me rimane della massima importanza, apparentemente costoro non hanno capito che il giudizio che ci divide non è quello sulla Le Pen, ma quello su Hollande. Mentre ho moltissime critiche da fare alla Le Pen, almeno ho qualche merito da ascriverle, mentre di Hollande, anche con la massima buona volontà, non posso apprezzare nulla. Sarebbe interessante che P101 esplicitasse cosa gli fa preferire Hollande alla Le Pen.
    Ma al di là del merito, rimane il fatto gravissimo che dei rivoluzionari rimangano paralizzati di fronte all'espressione di un dissenso, manifestato non da un provocatore del campo avversario, venuto lì appositamente per mettere scompiglio, ma da una persona che da tempo partecipava attivamente al dibattito sul sito, ed anche con qualche apprezzamento da aprte della stessa redazione, tant'è che senza neanche consultarmi, avevano un anno prima deciso di opsitare un post tratto dal mio blog.
    La verità dovrebbe essere rivoluzionaria, e questi rivoluzionari da salotto che smettono di esserlo all'apparire di qualsiasi dissenso mi sembrano perduti ad ogni causa degna di questo nome.

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  4. E' sempre il solito problema. Ci si aggrega contro qualcuno e non per qualcosa. Questo significa che, sotto sotto, la spinta verso la politica e l'impegno civile in genere sono vissuti come un gioco o come uno strumento di affermazione o rivalsa personali. Se fossero vissuti in modo autentico e profondo, la spinta naturale sarebbe quella a far prevalere ciò che unisce per qualcosa e non ciò che divide contro qualcuno.

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