lunedì 30 maggio 2016

Il C.L.N. 2.0 e la mozzarella


Da 6'09'' a 12'46'': "Quello che è il punto di precipitazione che riteniamo più probabile della crisi è la crisi bancaria. Qui c'è un deficit di capitalizzazione delle banche che prima o poi esploderà e che costringerà poi a fare una scelta tra un processo di liquidazione degli assetti bancari nazionali dei paesi più deboli, una vera e propria liquidazione, oppure alternativamente un ripristino del controllo statuale sulla moneta per il finanziamento delle banche. Quello sarà il punto di precipitazione della crisi, e quindi in sostanza qualunque iniziativa che si muova lungo la direzione di un'ipotesi di deflagrazione secondo me sta nel tempo storico. Detto questo, detto questo, io come dire mi cospargo il capo di cenere per avere, mi dà fastidio dire per primo ma, insomma, tra i primi, avere evocato questa ipotesi che poi, all'appuntamento di una, diciamo, crisi del progetto di unificazione, si potesse arrivare con un'ipotesi di destra, la famigerata uscita da destra, e una ipotesi di sinistra. Mi permetto di dire che questa è ancora, diciamo, una possibilità oggettiva, anzi io con questo voglio interloquire con Giorgio [Cremaschi] e con tutti voi, io da questo punto di vista per esempio vi vorrei ricordare che vi è un forte interesse del grande capitale finanziario europeo, e tra l'altro britannico, a far sì che si ripristini un sistema di regolazione dei rapporti internazionali fondato essenzialmente su due elementi: da un lato flessibilità dei tassi di cambio, uscire quindi essenzialmente dal regime della moneta unica, piena flessibilità dei tassi di cambio lasciata al libero gioco delle forze del mercato, quindi essenzialmente con grandi occasioni di gioco speculativo da parte dei grandi operatori finanziari, molto maggiori addirittura di quelle attuali, combinata con un, diciamo, flavour xenofobico, potremmo dire razzista, basato sul controllo dei movimenti migratori di persone. Quindi, piena e libera circolazione dei capitali e gestione dei tassi di cambio da parte dei leader delle forze di mercato da un lato, xenofobia, razzismo, e blocco dei movimenti di persona dall'altro. Io l'ho chiamata una 'sintesi di xenofobia liberista', secondo me un'eventualità molto probabile, molto probabile. E quindi io penso che quella bipartizione, uscita da destra versus uscita da sinistra, sia secondo me molto, molto attuale. E da questo punto di vista io provo a dire due parole, e concludo, intorno al modo in cui possiamo interpretare e definire la lotta per l'egemonia, che ci deve evidentemente impegnare, nella quale bisogna impegnarsi per poter arrivare all'appuntamento con la storia preparati. Ecco, da questo punto di vista, io ho sentito cose molto giuste e molto sensate da parte di Giorgio Cremaschi relativamente al controllo democratico dei processi economici. questa poi in ultima istanza è la tesi. Io lancio due, come dire, suggerimenti. Personalmente ho ritenuto che vi sia un modo di interpretare la crisi del progetto di unificazione europea che è di sinistra e che ha solide basi. Questo modo può essere sintetizzato nel concetto di 'standard del lavoro'. Lo 'standard del lavoro è un meccanismo, si può definire in tanti modi, che consente essenzialmente di aprirsi alle relazioni monetarie, commerciali, finanziarie e politiche internazionali con quei paesi che realizzino politiche di espansione e di difesa dei diritti sociali, e chiudersi invece (questo lo standard prevede) alle relazioni monetarie, finanziarie, politiche e internazionali verso quei paesi che mirino a adottare politiche di deflazione, di compressione dei salari, di compressione dei diritti. Questa secondo me è un'assunzione che consente di dividerci e di distinguerci da quelle forze di destra che oggi muovono nella direzione dell'Italexit, che intendiamoci questo slogan 'Italexit' sta già nella bocca di soggetti che sono un pochino distanti da noi, io sono ben contento che oggi siamo qui a discuterne però ricordiamoci che è un dato importante. Scusatemi un aneddoto, nel 2011 in una trasmissione televisiva io sostenni alcune tesi di questo tenore, dicendo che la deflagrazione era un'ipotesi più che probabile e sostenendo che bisognava prepararci, e un certo Matteo Salvini venne vicino a me, era anche lui ospite, dicendo 'ah, professore, ma queste cose mi interessano, ma perché non ne parliamo davanti a una mozzarella?' Eh, io declinai gentilmente l'invito, declinai gentilmente l'invito, però devo dire che quello, insomma, l'ha beccata prima di noi,  ecco. Insomma, c'hanno un po' di vantaggio, ecco, mettiamola così, un pochino di vantaggio, da questo punto di vista, quindi tanto più, tanto più bisogna distinguerci, lo dico sommessamente da economista, non voglio qui sollevare un problema politico che non ne ho gran competenza - ci sono certamente persone più preparate di me - però talvolta si evoca l'ipotesi di Comitato di Liberazione Nazionale contro l'euro, tutti uniti contro l'euro... io non ci sto! Perché credo che ci sia un tempo per la tattica politica in cui ci si può alleare persino col diavolo, ma c'è un tempo della costruzione di una ipotesi egemonica, e noi siamo ancora a questo tempo [...applausi...] quindi ci vuole ancora un po' prima che si possa solo lontanamente parlare di un Comitato di Liberazione Nazionale con 'quelli là', ricordiamocelo, non ce lo dimentichiamo."

Che dire?


Naturalmente sono solo chiacchiere e distintivo perché senza un forte e unitario movimento politico per la riconquista dell'indipendenza nazionale non si va da nessuna parte... e il "grande capitale finanziario, e tra l'altro britannico" farà i suoi giochi senza tener conto degli interessi dei lavoratori italiani. Io, l'invito di Matteo Salvini lo avrei raccolto al volo! Ma io sono solo un blogger ciociaro che, dopo aver documentato [cit. "mi dà fastidio dire per primo ma, insomma, tra i primi"] i tentativi di Bagnai, D'Andrea e Pasquinelli, quest'anno non andrà né al goofy-compleanno (ça va sans dire) né all'assemblea dell'ARS né al convegno dei marxisti dell'Illinois. Ciao ciao.

26 commenti:

  1. Ci sono i Piddini Brancacciani, i Piddini Bagnaiani, quelli Pasquinelliani e pure i Dandreiani.

    Non per nulla la Filosofia si discosta nettamente dalla Retorica..

    RispondiElimina
  2. Scusa Fiorenzo, noto una contraddizione: tu stesso non sei sempre stato molto ostile a Salvini tanto che criticavi fortemente Bagnai per averlo approcciato?
    Grazie per un chiarimento,
    Salvatore g.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono sempre stato contrario a confondere la sovrnità monetaria con il concetto di sovranismo, che è COSTITUZIONALE mentre la Lega Nord è per il federalismo quando non per l'indipendenza della Padania. Ma qui si parla di CLN, che è tutt'altra cosa. Seguirà, quando avrò finito di sgobbare nell'orto (e non solo) un chiarimento ulteriore.

      Elimina
  3. Propongo di continuare e riunire qui una discussione che si sta sviluppando anche in un altro post a partire da questo commento dell'amico Enea.

    Enea, in questo commento del thread sostiene "La risposta, credo, l'abbia data Brancaccio" perché "ci ricorda Brancaccio, non soltanto quella del CNL 1.0 era una situazione nella quale si sopravviveva quotidianamente a rastrellamenti e bombardamenti - e qui la situazione, per quanto grave, non è paragonabile - piuttosto è importante non perdere di vista che quella era una alleanza tra forze *esistenti*. Qua invece, al momento, siamo solo alle *velleità di potenza*."

    Come negare che quanto dice Brancaccio sia vero? E tuttavia quelle che Brancaccio coglie sono differenze sostanzialmente quantitative, nel senso di quantità di dolore e privazioni subite da tutti e di partecipazione popolare alla resistenza, ma ce n'è un'altra alla quale è doveroso prestare la massima attenzione che è di natura qualitativa. Si tratta del fatto che il CLN 1.0 nacque e si articolò in presenza di un esercito di "liberatori", una circostanza che forse spiega a sufficienza la coabitazione in esso di comunisti, socialisti, democristiani, repubblicani, azionisti, liberali, badogliani e monarchici.

    Non voglio sembrarvi cinico, ma lo sono.

    Oggi non c'è nessun esercito di "liberatori", e anzi ci troviamo stretti tra due fuochi: da una parte l'ordoliberismo dell'UE, dall'altra il liberismo classico anglosassone. Da ciò, e sostanzialmente da ciò, deriva la necessità del massimo sforzo per cercare punti comuni e forme di coordinamento con tutte le forze nazionali che possono dare un contributo alla lotta di liberazione. Questo non significa "allearsi con la Lega", o fare di tutt'erba un fascio con riprorevole leggerezza, ma certamente espressioni come quelle che Brancaccio è solito usare (dalle PMI come metastasi del sistema produttivo italiano fino all'odierno "io non ci sto" con "quelli là") sono quanto meno inopportune.

    Brancaccio è un economista, un bravo economista. Non è l'unico economista ad aver dato un grande contributo per capire le ragioni sistemiche della crisi attuale, ma nemmeno il solo che manca del tutto di "flavour politico".

    Credo sia giunto il momento di prendere atto che la natura è matrigna, e raramente dispensa tutti i suoi doni alla stessa persona.

    RispondiElimina
  4. Per fare un CLN ci vogliono dei paletti, le analisi sono importanti, ma poi bisogna trovare una base comune ed agire.
    1)ripristino della sovranità monetaria
    2)ripristino dell' art. 81 e del titolo V della Costituzione
    3) moratoria per un congruo numero di anni (5 dovrebbero bastare) di ogni ulteriore modifica costituzionale.

    RispondiElimina
  5. Io capisco la domanda: uscire dall' euro per fare cosa?
    Ma esiste anche la domanda inversa, se con tizio no, con Caio no, Gracchio nemmeno: restiamo nell' euro per fare cosa?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Servirebbe una "svolta di Salerno", ma il problema è che, a sinistra, manca un leader carismatico che abbia la forza politica e la lungimiranza di un Togliatti. Che poi, in realtà, la "svolta di Salerno" altro non fu che l'applicazione al caso italiano di accordi tra l'URSS e gli angloamericani.

      Come sarebbero andate le cose se Togliatti non avesse accettato i badogliani nel CLN? La guerra sarebbe comunque finita con la sconfitta dell'asse, il PCI sarebbe stato dichiarato fuorilegge, avremmo avuto una guerra civile più lunga e crudele di quella che pure c'è stata e la Costituzione ce la saremmo scordata. E' ovvio, a mio parere, che oggi come allora sia necessario fare i conti con la realtà concreta e giocare la partita della fine dell'euro e dell'UE con abilità, al fine di massimizzare il risultato. Che comunque non potrà essere la scorciatoia della sollevazione sognata dai marxisti dell'Illinois.

      Elimina
  6. Gracchio.... Maledetto correttore, ovviamente mi riferivo a Sempronio Gracco

    RispondiElimina
  7. Enea Boria, se il sovranismo fosse o meglio dovesse essere soltanto un minimo comune denominatore tra forze diverse e per certi (anche molti) versi opposte, avresti ragione.
    Personalmente non lo intendo così.
    Nella nostra piccola formazione tutti coloro che ci tengono a dirsi "di sinistra" o, rarissimamente, "di destra" o "cattolici" o, ancor più raramente "di centro", escono. Tutti ma proprio tutti. Ormai lo sappiamo in anticipo. Restano quelli che si autoqualificano sovranisti, che condividono almeno l'80% dei 9 documenti ma hanno la disciplina per accettarli al 100%.
    Se l'Unione europea fosse destinata a crollare tra uno, due o tre anni, non avrebbe senso nemmeno tentare. Ma nessuno è in grado di dire se processi implosivi generali molteplici e diffuse) o scosse provenienti da uno stato porteranno l'Unione europea a disintegrarsi tra 3 o 5 o 8 o 10 o 15 anni o se non vi sarà nessuna disintegrazione.
    Chi è di sinistra non è sovranista: vuole la riconquista della sovranità ma non è sovransta. Idem chi è di destra o chi è di centro o chi è cattolico.
    Un partito sovranista, CENTRALE ma non centrista, ben potrebbe avere una classe dirigente proveniente prevalentemente dal centro o dalla destra e avere un seguito proveniente prevalentemente dalla sinistra oppure, una classe dirigente proveniente prevalentemente dalla sinistra e avere un seguito proveniente prevalentemente dal centro o dalla destra (dal "seguito" sono esclusi i militanti e una cerchia di fanatici simpaizzanti: comlessivamente una quota assolutaente minima deivtanti).
    Il progetto è difficile e ambizioso ma io posso dirti che non conosco la provenienza politica del 90% degli iscritti dell'ARS. Ed essendo il presidente sono probabilmente il socio che conosce più di altri la provenienza politica di alcuni soci. Non ne parliamo, non ci interessa non viene in considerazione.
    I problemi del sovranismo sono altri.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Capisco e non condivido, ma infatti mi creda: non sono intenzionato a contenderle l'uso di questa definizione politica.

      Lo dico con l'assoluta serenità di chi non è intenzionato ad alimentare ragioni polemiche/conflittuali/competitive tra chi si oppone e vuol tirarsi fuori dal pantano UE.

      Per me, però, a seguito di lunga elaborazione e anche di qualche travaglio interiore, si tratta di una definizione che non risolve nulla e anzi può essere foriera di contraddizioni.

      D'altra parte sono solo e non ho soluzioni preconfenzionate per nessuno a partire da me stesso.

      Elimina
    2. Comprendo il suo scetticismo. Infatti si tratta soltanto di un progetto o tentativo.
      Tuttavia è un fatto che sia in a/simmetrie, sia nell'ARS, sia in ALI (alternativa per l'Italia), sia tra coloro che seguono Diego Fusaro (che il 28 aprile ad Agrigento ha pesentato il "movimento culturale nazionale" "per una nuova italia"), sia, nei gruppi MMT e MEMMT, che propongono una politica economica comune, sia, credo, tra coloro che seguono Mauro Scardovelli e Guzzi, il quali hanno iniziato un ciclo di conferenze di successo per dar vita ad un "progetto politico", conferenze nelle quali Scardovelli svolge (anche) la critica dell'euro e della unione eurea, ci siano e per ora riescano a stare asieme cittadini che provengono sia dalla sinistra sia dal centrosinistra, sia dal centro, sia dal centroestra, sia dalla estra.
      Se questi sei raggruppamenti nei quali si registrano tentativi di consolidazione del variegato movimento che vuole la riconquista della sovranità e si richiama alla costituzione economica, , dovessero proseguire, direi per altri quattro anni, con maggiore o minore successo, il processo di aggregazione, e poi confluissero anche in una semplice alleanza, che avrebbe a quel punto una massa critica, sia quantitativa che qualitativa, non indifferente, allora, e solo allora, il tentativo potrebbe dirsi riuscito.
      In sostanza non tanto non siamo d'accordo, bensì crediamo (io) o non crediamo (lei) che il tentativo abbia qualche possibilità di riuscita.

      Elimina
  8. Enea Boria, se il sovranismo fosse o meglio dovesse essere soltanto un minimo comune denominatore tra forze diverse e per certi (anche molti) versi opposte, avresti ragione.
    Personalmente non lo intendo così.
    Nella nostra piccola formazione tutti coloro che ci tengono a dirsi "di sinistra" o, rarissimamente, "di destra" o "cattolici" o, ancor più raramente "di centro", escono. Tutti ma proprio tutti. Ormai lo sappiamo in anticipo. Restano quelli che si autoqualificano sovranisti, che condividono almeno l'80% dei 9 documenti ma hanno la disciplina per accettarli al 100%.
    Se l'Unione europea fosse destinata a crollare tra uno, due o tre anni, non avrebbe senso nemmeno tentare. Ma nessuno è in grado di dire se processi implosivi generali molteplici e diffuse) o scosse provenienti da uno stato porteranno l'Unione europea a disintegrarsi tra 3 o 5 o 8 o 10 o 15 anni o se non vi sarà nessuna disintegrazione.
    Chi è di sinistra non è sovranista: vuole la riconquista della sovranità ma non è sovransta. Idem chi è di destra o chi è di centro o chi è cattolico.
    Un partito sovranista, CENTRALE ma non centrista, ben potrebbe avere una classe dirigente proveniente prevalentemente dal centro o dalla destra e avere un seguito proveniente prevalentemente dalla sinistra oppure, una classe dirigente proveniente prevalentemente dalla sinistra e avere un seguito proveniente prevalentemente dal centro o dalla destra (dal "seguito" sono esclusi i militanti e una cerchia di fanatici simpaizzanti: comlessivamente una quota assolutaente minima deivtanti).
    Il progetto è difficile e ambizioso ma io posso dirti che non conosco la provenienza politica del 90% degli iscritti dell'ARS. Ed essendo il presidente sono probabilmente il socio che conosce più di altri la provenienza politica di alcuni soci. Non ne parliamo, non ci interessa non viene in considerazione.
    I problemi del sovranismo sono altri.

    RispondiElimina
  9. Il problema è pre politico, non ci può essere politica di sinistra di centro o di destra all' interno della gabbia dell' euro.
    Così come è l' Europa è solo un enorme sistema di gabbie salariali.
    Se si vuole tornare a far politica nel nostro paese bisogna conquistare la piena sovranità, senza di essa al politico nostrano non resta che fare solo l' amministratore fallimentare e liquidatore della presenza dello stato nell' economia.
    In presenza di vincolo esterno l' ideologia ordoliberale si è fatta prassi e le scelte politiche nazionali non hanno reali alternative se non puramente cosmetiche.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ridurre sensibilmente le scommesse (slot, gratta e vinci, scommesse sportive) è di destra o di sinistra? Per noi è sovranista e infatti dedicheremo al tema un documento che approveremo il 5 giugno.
      Combattere il federalismo fiscale dei comuni, che genera nomadismo irragionevolezza e indebitamento dei Comuni stessi è di destra o di sinistra? Secondo noi è sovranista. Al tema abbiamo dedicato un documento che approveremo domenica 5 giugno.
      Potrei recare molti altri importanti esempi.
      Se proprio si voglioo usare le categorie centro sinistra destra i sovranisti potrebbero essere definiti così: sono al tempo stesso una sinistra non liberale - non illiberale ma non liberale - una destra ragionevole e un centro popolare; e soprattutto patrioti".

      Elimina
    2. Rispondo brevemente perché vado di frettissima. Messa così ("i sovranisti potrebbero essere definiti così: sono al tempo stesso una sinistra non liberale - non illiberale ma non liberale - una destra ragionevole e un centro popolare; e soprattutto patrioti") il sovranismo è un punto di vista, una prospettiva.

      Tuttavia il fatto che ARS/FSI abbia avocato a sé l'uso di questa parola (legittimamente, perché ne sono stati gli ideatori) pone il problema di trovarne un'altra che rappresenti questa prospettiva. Il che sarà fatto. Almeno in questo piccolo blog.

      Elimina
    3. La ludopatia è un problema di salute pubblica e non riguarda solo i poveri derelitti che inseguono il fantasma dell' agiatezza scommettendo compulsivamente; più grave ancora è quella forma di ludopatia che si pratica nei templi della finanza internazionale e che è completamente scevro da ogni regola e controllo.
      Per quanto riguarda gli enti locali il problema non è di semplice soluzione: a meno di non voler tornare ai rimborsi a piè di lista, bisognerà che essi siano sottoposti a qualche tipo di vincolo economico e/o di programmazione.
      Però scusate se insisto, la vera domanda a cui dovrebbe rispondere ogni sincero sovranista e a cui pochissimi finora hanno risposto è se sono disposti ad una lunga moratoria ad ulteriori modifiche dopo che la Costituzione sarà, come spero, restituita ai suoi principi fondanti ed alla sua originaria organicità.

      Elimina
  10. Il nostro Enea è come Brancaccio: è sempre "contro" al motto di "ben altre sono le strade da percorrere", "ben altre le soluzioni", "ben altri i problemi da risolvere".

    Il sovranismo non avrà seguiti fintanto che sarà suo malgrado percepito come una deriva dell'universo "anti": antiliberismo, antiunionismo, antieurismo, anticapitalismo, antiglobalismo e chi più ne ha più ne metta.

    Il fronte "anti" è un guazzabuglio di forze, gruppi, movimenti, circoli, camarille e individualità sparse non solo a vocazione prevalentemente settaria e autoreferenziale ma anche di diverso e opposto orientamento idelogico-culturale. Gli abitanti del pianeta "anti" sono accomunati dal solo fatto di essere, per l'appunto, "anti"; in ordine a cosa vogliono costruire una volta abbatturo il comune nemico c'è la più assoluta Babele, nel senso che alcuni non ne hanno la più pallida idea, altri hanno idee confuse e altri ancora vorrebbero chi la nascita della società del Sol Levalte, chi il ritorno del duce e chi la restaurazione della dinastia dei Borboni nel sud Italia.

    Da questo pantano si potrà uscire solo quando una entità politica MODERATA (ripeto MODERATA) saprà proporre alla gente un progetto di Stato e di società organico e teoricamente condivisibile da parte del maggior numero di persone. Mi pare che il FSI si collochi su questa direttrice, ma dovrà lavorare sodo per emergere dalla palude.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Concordo con Claudio, non vi sono, a parte timidamente il FSI,elementi propositivi di ritorno al futuro, ma solo nostalgismi (per la fiera degli ismi mi permetto di forgiarne uno nuovo)

      Elimina
    2. Eppure il punto centrale della questione, almeno a mio modo di vedere, è semplice e dovrebbe essere condivisibile da tutti. Si tratta di questo: la contraddizione principale è costituita dal conflitto tra le forze del mercato e lo Stato democratico. O si sta da una parte, o dall'altra. Mi dispiace per i "sinistri" ma oggi non c'è un proletariato che possa proporsi come interprete egemone delle ragioni dello Stato democratico, gli unici segnali di resistenza provengono dalla classe media. Mi dispiace per i "sinistri" e me ne dispiaccio io stesso, ma almeno questa è la realtà che percepisco.

      Vivo quotidianamente a contatto sia con le fasce più povere del mio mondo di provincia, sia con la sua classe media e medio alta, e non posso non rilevare e prendere atto della totale mancanza di combattività della prima, mentre sprazzi, sia pur deboli e incostanti, di critica all'attuale situazione vengono dalla seconda. Questa circostanza pone i "sinistri" in una situazione assai scomoda: la loro classe di riferimento non dà segni di vita, e non riescono a digerire l'idea di rapportarsi con forze politiche eurocritiche che sono espressione della classe media, e ovviamente di destra, da una posizione di debolezza. Li capisco i "sinistri" (anche io sono un "sinistro") ma non condivido il loro atteggiamento.

      [continua]

      Elimina
    3. A differenza di Enea, che stimo profondamente, io penso che sia necessario accettare anche l'idea di essere minoritari nella battaglia in difesa dello Stato democratico e contro il globalismo, anche se nelle circostanze attuali di sonno delle classi lavoratrici inevitabilmente anche un'eventuale vittoriosa resistenza, ad esempio l'uscita unilaterale dall'euro, non cambierebbe di molto le loro condizioni di vita. Se queste, per loro colpa o perché ingannate, non contribuiscono allo sforzo, ovviamente non potranno pretendere di partecipare alla spartizione dopo un'eventuale successo. Punto.

      Dunque, a mio avviso, i settori più consapevoli tra i "sinistri", dovrebbero considerare l'idea di forme di collaborazione con le forze, anch'esse esigue, che rappresentano gli interessi di quella parte della classe media che sta cercando di ribellarsi. Rifiutare un tale approccio è da sciocchi, ed è anche ingiusto nei confronti delle classi lavoratrici vittime di un totale e sconvolgente inganno da parte della propaganda unionista. Purtroppo così non è, anzi accade di peggio. Accade che i "sinistri" guardino con più interesse e mal riposte speranze al m5s, che è la quintessenza del liberismo sotto mentite spoglie di populimo, piuttosto che a forze esplicitamente di destra. Nelle condizioni date questo è, a mio parere, un errore gigantesco.

      [continua]

      Elimina
    4. Alla base di questo atteggiamento dei "sinistri" vi è certamente, come sostiene Illo, il senso di appartenenza, ma anche una incompleta percezione dell'ordine di grandezza della minaccia globalista. La conseguenza è che i "sinistri" continuano a coltivare l'idea di una battaglia su due fronti: contemporaneamente contro il liberismo e contro la destra tradizionale. Una scemenza che fa rivoltare il compagno Stalin nella tomba.

      Elimina
  11. @Claudio Silvis che scrive "Da questo pantano si potrà uscire solo quando una entità politica MODERATA (ripeto MODERATA) saprà proporre alla gente un progetto di Stato e di società organico e teoricamente condivisibile da parte del maggior numero di persone. Mi pare che il FSI si collochi su questa direttrice, ma dovrà lavorare sodo per emergere dalla palude."

    Come sai sono uscito da ARS/FSI due anni fa, quando il suo presidente e fondatore, nonché leader carismatico Stefano D'Andrea, iniziò a postare serialmente, sulla sua pagina FB, contenuti che esaltavano la lotta dell'Isis. A nulla valsero le rimostranze mie e di molti altri, né gli argomenti che adducemmo affinché MODERASSE i termini delle sue entusiastiche esternazioni. Si aggiunga a ciò la gestione del tutto autoritaria della democrazia interna dell'associazione e, non da ultimo, la scelta di cambiare nome definendosi "Fronte Sovranista Italiano" (alla quale non ho partecipato essendo già uscito, ma alla quale ero assolutamente contrario).

    Il mio giudizio su ARS/FSI è che non sia assolutamente un movimento MODERATO, almeno sul piano dell'idea di società che coltiva, che il suo presidente e fondatore nonché leader carismatico sia eccessivamente infatuato della sua "creatura", e in definitiva che sia l'ennesima iniziativa divisiva in campo.

    Condivisibile è, invece, il costante richiamo all'assetto costituzionale del 1948, soprattutto dal punto di vista dell'organizzazione economica dello Stato.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Riconoscerai che l'assist è stato un capolavoro. Non davi segni di reazione. Eri come congelato. Volevo capire se eri ancora vivo.

      Elimina
  12. "Eppure il punto centrale della questione, almeno a mio modo di vedere, è semplice e dovrebbe essere condivisibile da tutti. Si tratta di questo: la contraddizione principale è costituita dal conflitto tra le forze del mercato e lo Stato democratico O si sta da una parte, o dall'altra. Mi dispiace per i "sinistri" ma oggi non c'è un proletariato che possa proporsi come interprete egemone delle ragioni dello Stato democratico, gli unici segnali di resistenza provengono dalla classe media. Mi dispiace per i "sinistri" e me ne dispiaccio io stesso, ma almeno questa è la realtà che percepisco.".

    Sinceramente non vedo di che dispiacersi. Oggi le ragioni della classe lavoratrice non sono interpretabili e difenedibili da chi si richiama agli ideali della sinistra radicale classica, essendo tali ragioni inesorabilmente agganciate a quelle della classe media in via di arretramento sul piano socio-economico.

    La sinistra radicale è portatrice di uno schema profondamente classista della società, poiché è geneticamente incapace di annettere valore al concetto di "uguaglianza verso l'alto", avendo essa costruito la propria identità e ragion d'essere sulla difesa di una classe sociale (quella dei salariati) "contro" le altre. La sinistra radicale avversa istintivamente l'idea che il figlio dell'operaio, grazie al miglioramento delle condizioni economiche degli operai, possa diventare (come poteva avvenire fino a non molto tempo fa) un quotato professionista o un imprenditore di successo; secondo i suoi rigidi schemi ottocenteschi, l'essere professionista e imprenditore significa transitare in una area socio-antropologica antagonista se non nemica di quella "lavoratrice".

    Nell'attuale frangente, la sinistra classica (per lo più incarnata da gente che non ha mai conosciuto nulla che possa assomigliare alla "durezza del vivere") rivela in modo solare il suo carattere rigidamente classista: proclama di lottare per migliorare la condizione del salariato purché il salariato resti confinato nella parte bassa della scala sociale. Essa rifugge l'idea che si debba tendere al miglioramento generale delle condizioni degli esseri umani favorendo la mobilità verso l'alto fra classi sociali. Questa idiosincrasia si deve al fatto che a motivare l'esistenza della sinistra radicale non è la solidarietà verso i deboli, se non altro perchè chi è solidale con i deboli non può che viaggiare nella direzione dell'abbattimento delle cause che rendono deboli i deboli. L'inconsistenza e includenza che da sempre connota l'area ideologica in questione nel suo complesso dimostra che la ragion d'essere della sinistra radicale non è battersi per migliorare le condizioni di chi sta peggio ma il bisogno puramente egoistico dei suoi teoreti e militanti di preservare le condizioni necessarie al mantenimento di un loro modello di riferimento esistenziale, in altri termini di preservare le disuguaglianze sociali contro cui dicono di battersi.

    RispondiElimina