martedì 31 gennaio 2017

Sfida all'€uro corral

Il Governatore della BCE Mario Draghi, rispondendo per lettera a un'interrogazione degli eurodeputati Vanni e Zanni conclude con la frase: "Se un paese lasciasse l’Eurosistema, i crediti e le passività della sua BCN nei confronti della BCE dovrebbero essere regolati integralmente." (qui il testo completo)

La prima cosa che mi ha colpito è la scelta del termine: "regolati", e non "saldati". Poiché Draghi ha risposto per iscritto, e non nel corso di un'intervista, ciò mi induce a ritenere che la scelta del verbo sia voluta, e che lo scopo sia quello di lasciar intendere che l'eventuale uscita di un paese sarebbe gestita con una trattativa politica, nella quale la "regolazione" dei saldi Target2 avrebbe ovviamente il suo peso.

Per una comprensione del sistema Target2 rimando a questo equilibrato contributo del 2013 di  Enzo Michelangeli pubblicato su NFA. Per facilitarne la comprensione riporto sinteticamente la definizione di "Conto delle partite correntitratta da wikipedia, e di "Conto finanziario".

Il Conto corrente (detto anche Conto delle partite correnti - cpc) registra le transazioni internazionali in merci e servizi, redditi e trasferimenti unilaterali correnti.

Il Conto finanziario (cf) registra le transazioni internazionali in termini di investimenti diretti, di portafoglio, e altre voci meno significative ai fini di questo articolo sub divulgativo.

Salvo errori ed omissioni, la somma dei saldi del Conto delle partite correnti e del Conto capitale (cc), dovrebbe essere uguale in valore assoluto, ma col segno opposto, al saldo del Conto finanziario. In linea di principio, infatti, ad ogni debito registrato nei primi due conti (acquisizione di un'attività, sia essa una merce, una prestazione di lavoro o un brevetto) dovrebbe corrispondere un credito finanziario (uscita di denaro o altro come mezzo di pagamento); viceversa per i crediti. Dovrebbe quindi essere (salvo errori ed omissioni):

cpc+cc=-cf

Poiché la componente cc è, in condizioni normali, di entità piuttosto bassa rispetto alle altre due, in prima approssimazione si può adottare l'equazione:

cpc=-cf

La situazione fino al 2013, per l'Italia, è riportata in figura.


Una situazione più aggiornata è reperibile qui.

Ora, poiché il saldo del conto delle partite correnti (cpc) è positivo da tre anni, ma al contempo i nostri saldi T2 sono in declino più o meno dallo stesso arco di tempo, come si vede dalla figura seguente:


se ne deduce che, in questi ultimi tre anni, l'assunto normale - per cui i movimenti in conto capitale (cc) sono trascurabili rispetto alle transazioni commerciali (cpc) e rispettivi trasferimenti finanziari (cf) - non è più valido!

Dunque, il passivo T2 è causato, ab origine, da un deflusso di capitali verso l'estero, in particolare i paesi core dell'eurozona.

Se ne può dedurre, a questo punto, che la richiesta di Draghi di regolare i saldi T2 in caso di fuoruscita dell'Italia dall'eurozona sia infondata? In fondo i capitali trasferiti all'estero sono pur sempre "italiani", dunque perché andrebbero restituiti?

Piano merlo che la fratta è longa! (proverbio ciociaro)


Cosa ci facevano i capitali fuorusciti, in Italia, prima di fuoruscirne? Venivano investiti in titoli del debito pubblico. Quando ciò non è più accaduto (sono volati via, andando a comprare il debito pubblico tedesco, a tassi di interessi negativi) è arrivato lo spread. Ecco allora che Mario Draghi ha tirato fuori dal cappello il Quantitative Easing: la BCE ha iniziato a rifornire di liquidità i sistemi bancari nazionali. 
Il risultato è che una parte considerevole del passivo T2 è in realtà una misura degli acquisti di BOT e BTP operati dalle banche italiane con i fondi del QE, ottenuti dalla BCE in cambio di collaterale da queste posto a garanzia. Ma cos'è questo famoso collaterale? Quote di proprietà di miniere, pozzi di petrolio, assets da brevetti e altro del genere, detenuto dalle banche? Niente di tutto ciò, solo il nulla elevato al cubo. Cioè pezzi di carta ai quali la BCE ha unilateralmente assegnato un valore. Lo so che è difficile da credere, ma il sistema bancario funziona così. 

Secondo alcuni calcoli, i 2/3 del passivo T2 dell'Italia derivano dall'acquisto di titoli di Stato con la liquidità così ottenuta dalla BCE. La rimanente parte deriva dalle transazioni commerciali. Ad aggravare la situazione vi è la circostanza per cui, dal 2013, cioè da quando con la cura Monti il saldo del conto delle partite correnti (cpc) è tornato in attivo (grazie alla compressione salariale indotta dall'uccisione della domanda interna) sono in vigore le Clausole di Azione Collettiva (CAC). In base ad esse, una frazione rilevante del debito pubblico italiano non potrà essere ridenominato in nuove lire in base alla lex-monetae.

Da gufinomics: "Le CACs, introdotte obbligatoriamente ai sensi del Trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità (articolo 12, paragrafo 3), sono clausole relative ad 'ogni modifica, cambiamento, integrazione o rinuncia ai termini ed alle condizioni dei Titoli, ovvero agli accordi che ne governano l’emissione o l'amministrazione' e determinano le regole con le quali è possibile modificare i termini e le condizioni dei Titoli stessi."

Si tratta, ad oggi, di una cifra di circa 1000 miliardi di € di debito pubblico, non ridenominabile nella nuova lira. Salvo accordi politici.

In sintesi, siamo circondati da un esercito di normative concepite e proposte dalla finanza internazionale e ratificate da una classe politica nostrana, arruolata nelle file dell'€uroliberismo, che si è piegata alle sue esigenze. La vera posta in gioco essendo la conquista del potere. Questo è un concetto da tenere a mente: il problema non è contabile, ma di potere. Se così non fosse, ad esempio, gli industriali italiani non avrebbero mai sostenuto, negli anni 80, l'avvio del percorso che ci ha portato al trattato di Maastricht: guadagnavano di più con la liretta, lo sapevano, ma il vero problema era "comandare in fabbrica". 

Se non si capisce il punto fondamentale, ovvero che l'€uro è uno strumento di governo, ogni sforzo di comprendere i complessi meccanismi tecnici e normativi posti a presidio della moneta unica e, di conseguenza, dell'Unione Europea, è del tutto inutile. Siamo alla sfida all'€uro corral, e non dobbiamo fare il tifo per i fratelli Earp. 

La battaglia per uscire dall'euro è solo un episodio, doloroso quanto inevitabile (e tanto più doloroso quanto più procastinato), di un cambiamento di maggiore portata: la reintroduzione, su scala mondiale, di limiti alla circolazione dei fattori produttivi, cioè capitali, merci, servizi e persone. Una nuova guerra dei trent'anni, ma su scala mondiale. Come allora, con tanti rovesciamenti di alleanze, e alla fine l'unica pace possibile all'insegna del cuius regio eius religio. Che è come dire "padroni a casa propria", oppure "prima gli americani/italiani/inglesi/spagnoli...giapponesi/...". 

Tutto ciò può non piacere alle anime belle. Ce ne faremo una ragione.

sabato 28 gennaio 2017

Fake you!

Da più parti mi è stato segnalato questo intervento di Claudio Messora di Byoblu, nel quale viene denunciato un fatto incredibile: la cancellazione del sito dal programma adsense che assicurava a Messora una quota di introiti pubblicitari. 


Ho raccolto l'invito di dare visibilità alla denuncia di Claudio Messora e, per l'occasione, ho prodotto un video dal mio tinello.

mercoledì 25 gennaio 2017

Da poveri ma belli a poveri ma polli

La galleria completa qui.

Era così:


Poi è diventato così:


Un posto dove si viveva così:



Adesso è un cumulo di macerie:


Ricostruiamo il rifugio Rigopiano, così:


Lavoriamo, risparmiamo, costruiamo modeste ma belle abitazioni in sicurezza, prendiamoci cura del nostro territorio e mandiamo affanculo la ricchezza cafona. Usciamo dalla globalizzazione e difendiamo la nostra patria con determinazione e, se necessario, con ferocia.  Come dicono certi stronzi: "non ci sono pasti gratis". Hanno ragione! La libertà e la democrazia non sono privilegi gratuiti. Prendiamo esempio dagli indiani d'America sperando di essere più fortunati di loro. W l'Italia!
 

martedì 24 gennaio 2017

Il demerito dell'emerito

Si è svolto a Roma l'incontro "Attuare la costituzione" che ha visto la partecipazione, in veste di protagonista, di Paolo Maddalena, giudice emerito della Corte Costituzionale. Qui sotto il video dell'intervista di Glauco Benigni per PandoraTv, per capire i presupposti e gli scopi dell'assemblea.


Sull'argomento ho già pubblicato un post (Il dubbio). Vi prego di visionare il filmato di PandoraTv e, subito dopo, questo spezzone da me girato.


Ora l'emerito giudice costituzionale Paolo Maddalena ha sì il merito di denunciare con forza l'assoluta incompatibilità dei trattati europei con la nostra Costituzione ma, ahimè, anche il demerito di non trarne le ovvie e dovute conseguenze, e cioè che occorre uscire dall'Unione Europea, non solo dall'euro. 

Tutto ciò non può che dispiacerci, ma è purtroppo necessario sottolineare questo dato di fatto che fa il paio con l'aver presenziato, da protagonista, ad un convegno nel corso del quale l'accento è stato posto sul tema della finanza cattiva, invece che sulle ragioni politiche di fondo che pongono i trattati europei in aperto e insanabile contrasto con la Costituzione, e dunque con gli interessi del mondo del lavoro. Stride, infine, che un giurista possa affermare di non essere per l'uscita dall'Unione Europea e, invece, convinto della necessità di abbandonare la moneta unica; in tal modo esprimendo una posizione di compromesso nel suo campo di competenza e, al contempo, di radicale opposizione laddove tale competenza non c'è.

E' lecito sospettare che l'emerito Paolo Maddalena non abbia ben compreso quale sia la vera posta in gioco e che, ormai pensionato, sia stato sedotto da una voglia di protagonismo di cui approfittano personaggi che, nella migliore delle ipotesi, possono essere definiti cialtroni allo sbaraglio e, nella peggiore, alter-unionisti?

Non so voi, io il sospetto ce l'ho.

lunedì 23 gennaio 2017

Il dubbio

Premessa


Tra sabato e domenica 21-22 gennaio 2017 ho partecipato (risvegliandomi da un torpore durato fin troppo) a due eventi romani: l'assemblea nazionale dei comitati CDC (sabato) e l'incontro organizzato dalla Confederazione Sovranità Popolare (domenica). Non ritengo valga la pena soffermarmi sul primo dei due eventi, tanto mi pare evidente e conclusa la particolare circostanza che ha visto alleate, nella battaglia referendaria del 4 dicembre, le forze sinceramente sovraniste e un'accozzaglia di opportunismi partitici "de destra" & "de sinistra". Molto più interessante, e aperta a ulteriori sviluppi, seppure a partire da una confusone di analisi e intenti potenzialmente foriera di esiti dannosi, o almeno inferiori alle possibilità, mi appare la seconda assemblea, intitolata "Attuare la Costituzione".

Il dubbio


Secondo il blogger Orizzonte48 esiste il pericolo che ci si possa raccordare "con immediatezza a tutte quelle diffuse, quanto inesatte, 'credenze' che si possa 'attuare la Costituzione', combattendo l'epifenomeno, o effetto attuativo, della finanza-cattiva, ovvero della finanziarizzazione ordinamentale ed economica, senza aver presenti gli scopi e gli strumenti essenziali del disegno perseguito.
Senza questa chiarezza di visione dei fatti che ci occorre di subire, infatti, si arriva facilmente a un dissenso generico, quanto vago e inoperativo, sull'UE(M), e quindi a predicare che la costruzione €uropea possa essere 'salvata' con 'altri' trattati; e financo a voler mantenere l'euro, senza aver mai capito che esso è lo strumento principe, necessario e sufficiente, della finanziarizzazione (a favore di ristretti interessi finanziario-bancari) e la giustificazione principale della disattivazione della Costituzione: una disattivazione gravemente illegale (extraordinem!), perché incide sui suoi principi fondamentalissimi e non soggetti a revisione, mentre instaura uno 'stato di eccezione' che si basa su un malinteso 'primato della politica' (laddove tale primato dovrebbe essere della Costituzione)." [Orizzonte48 - dal post "LA N€O-LINGUA PER DISATTIVARE LA COSTITUZIONE LAVORISTICA: E L'EURO E' IL SUO PROFETA (METAMORFICO)"]

Consiglio: leggete tre volte la frase su riportata, prima di visionare il video, sotto riportato, dell'intervento del prof. Alberto Micalizzi. Il quale risulta essere stato arrestato nel 2014 con l'accusa di associazione per delinquere e truffa (informazione qui resa con beneficio di inventario in quanto anche lo scrivente - dott. ing. prof. figlio di put Fiorenzo Fraioli - insistendo nelle sue posizioni sovraniste potrebbe, prima o poi, incorrere in qualche disavventura giudiziaria magari forse chissà montata ad arte).



Magari Alberto Micalizzi è una vittima delle sue idee critiche della globalizzazione, chi può dirlo? D'altra parte il livello di vergognosa disinformazione e faziosità cui è sottoposto l'elettorato è enorme, come risulta, ad esempio, da questo breve clip di Inriverente. Oppure, Dio non voglia, e noi non lo crediamo affatto (anzi! respingiamo e sconfessiamo tale illazione) conciòsiacosache sono già in atto operazioni di infiltrazione ideologica progettate dalle menti raffinatissime globaliste capaci di costruire personaggi, quando non addirittura un intero movimento sovranista nato dal basso, al fine di mescolare idee e concetti veri e sacrosanti con puttanate inverosimili (tipo l'eroismo dei combattenti dell'ISIS), al fine di screditare ogni opposizione al pensiero unico. Questa è una guerra, come tutte le guerre dolorosa e tragica, la disinformazione essendo, mutatis (o "mutandinis", se si tratta di Trump) mutandis, l'equivalente di un bombardamento preparatorio.

Sono un paranoico? Sicuramente sì. Però, scusate se insisto, porre l'attenzione sugli effetti di normative regolatorie a valle, che determinano la degenerazione delle pratiche finanziarie, senza nulla dire della volontà politica a monte che le rende possibili, apre la strada a due sole spiegazioni: o si è stupidi, o si è collusi. Dopo quasi dieci anni che si dibatte di queste cose, cosa dobbiamo pensare?

E siccome io sono un ingenuo sub divulgatore di Castro dei Volsci, scarto la seconda ipotesi. Mi domando, però, per quale ragione io debba andare a riprendere in video, e pubblicare, gli eventi organizzati da soggetti che non hanno ancora capito che la questione è politica (nel senso istituzionale, cioè Costituzionale), e insistono con una lettura tecnica di quanto è accaduto e sta accadendo. Ancora con l'abolizione del Glass-Steagall act senza domandarsi perché? Ancora seghe sulla moneta debito, senza porsi una domanda, o almeno una domandina, sui rapporti di forza di classe, dunque politici, ma anche geopolitici e militari, e sicuramente culturali, sottesi?

Tanto vi dovevo sul dott. Alberto Micalizzi, ma non è finita qui: ho qualcosa da dire anche su Paolo Maddalena (ex giudice costituzionale), ma per questo dovete aspettare qualche giorno.

Mentre aspettate, godetevi questo articolo di Repubblica.it:

Trump alza il primo muro: stop al Tpp, l'accordo trans-Pacifico

Il giornale "de sinistra" per antonomasia presenta una decisione di politica macroeconomica, cioè la denuncia del trattato TTP (Trans Pacific Partnership) alla stregua di un muro! Innalzato per impedire il passaggio di cosa? Dei cinesi che attraversano a nuoto il Pacifico? Nemmeno Cronaca vera, il tabloid scandalistico nato negli anni settanta, arrivava a tale livello di deformazione scandalistica dei fatti, ma almeno lo faceva per vendere copie. ESSI lo fanno tutti i giorni, ESSI sono alla disperazione, dunque ESSI sono pericolosi.

sabato 21 gennaio 2017

I cdc e il vincolo esterno - Gianluigi Leone

Intervento dell'avv.to Mario Giambelli di Pavia all'incontro del 21 gennaio 2017 dei comitati CDC (coordinamento per la democrazia costituzionale).

Un post di Gianluigi Leone

Dopo la schiacciante vittoria dei NO al Referendum del 4 dicembre 2016, i rappresentanti dei numerosi comitati del CDC disseminati su tutto il territorio nazionale si sono dati appuntamento a Roma per discutere sul cosa fare da grandi.
Sul palco romano, dopo gli interventi "tecnici" di alcuni giuristi di fama nazionale, le diverse voci del CDC hanno ripetuto all'unisono la volontà di "non disperdere" la capacità organizzativa e il patrimonio politico accumulati grazie all'impegno di numerosi attivisti desiderosi di salvare la nostra beneamata Carta. Già, salvare. Da chi o da cosa è venuto gradualmente alla luce durante l'avvicendarsi degli interventi, tra tentativi di "ricondurre al tema", da parte di alcuni imbarazzati astanti, e applausi di approvazione, da parte del resto dell'uditorio più disposto a gridare pubblicamente l'impudicizia del re: ci riferiamo naturalmente al problema dell'incompatibilità tra Costituzione e Trattati dell'Unione Europea.
I comitati CDC, inquadrabili per lo più all'interno di un tradizionale bacino elettorale de sinistra, nella consapevolezza di aver semplicemente concorso ad una vittoria dei No (vittoria ottenuta anche grazie ai voti provenienti da destra), si trovano costretti a fare i conti con un problema finora trascurato dalla quasi totalità della sinistra italiana. La destra, invece, si è distinta in un'esposizione semplice e demagogica del problema, come mero espediente acchiappavoti.
L'imbarazzo è comprensibile.
Il problema del vincolo esterno non è invece sfuggito ad alcuni solitari e infaticabili studiosi del diritto e della storia economica della Repubblica Italiana. Uno tra questi è l'avv. Mario Giambelli, del quale vi proponiamo il breve intervento di oggi. [Gianluigi Leone]


Mario Giambelli è l'estensore dell'appello sotto riportato, scritto in previsione dell'incontro odierno.

«Carissime amiche e colleghe, carissimi amici e colleghi del Comitato direttivo nazionale del Coordinamento Democrazia Costituzionale;

accolgo con grande piacere e faccio mio - anche a nome di molti colleghi avvocati pavesi, nonché di amiche, amici e conoscenti pavesi e milanesi che hanno attivamente militato per l’affermazione del NO al referendum costituzionale del 4 dicembre scorso – l’appello di Lidia Menapace e dei Comitati trentini che ci invita a far tesoro della straordinaria esperienza della campagna referendaria per dare vita ad un nuovo fronte politico con il compito di ricollocare l’attuazione dei principi fondamentali della Costituzione al centro degli obiettivi politici del Paese. 

Attuare i principi fondamentali della Carta costituzionale significa, come sappiamo, eliminare le diseguaglianze sociali di partenza e le situazioni di privilegio (art. 3, comma 2°, Cost.), elevare la condizione delle categorie sotto protette, creando le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro. Significa individuare nella piena occupazione e negli interventi di natura pubblicistica ad essa finalizzati il mezzo per liberare le persone dal bisogno, consentendo ad esse di partecipare effettivamente all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, cioè il mezzo per rendere effettiva l’uguaglianza e, con essa, la democrazia. 

Significa programmazione economica ed intervento dello Stato nell’economia, per assicurare la funzione sociale dell’impresa. Significa adempiere ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, assicurare i diritti e le tutele sociali previsti dalla c.d. “Costituzione economica” (art.li 35-47 Cost.). Per realizzare questo progetto occorre tuttavia sciogliere il nodo del “vincolo esterno”, sul quale si è preferito glissare durante la campagna referendaria, nonostante la principale ragione della “d€forma” costituzionale, esplicitata dallo stesso Renzi, nero su bianco, nel testo della relazione accompagnatoria alla Legge di revisione costituzionale pronunciata in Senato l’8 aprile 2014, fosse proprio “l’esigenza di adeguare l’ordinamento dello Stato alle necessità della governance economica dell’Unione europea […] ed alle relative stringenti regole di bilancio quali le nuove regole del debito e della spesa” (leggasi Fiscal Compact). Una ragione, dunque, di puro servilismo ad un sistema di potere notoriamente non democratico (ed, anzi, antidemocratico) che impone le sue regole, minacciando gli Stati che non le dovessero eseguire, che risponde agli interessi di quello che Beniamino Andreatta, in un’intervista pubblicata nel 1991 sulle colonne del Sole24ore e riguardante il c.d. “divorzio” tra Tesoro e Banca d’Italia, definì il “quarto potere”, cioè il “potere monetario” (la grande finanza speculativa e le multinazionali economiche) e che opera senza alcuna legittimazione democratica, senza alcuna responsabilità politica, “bypassando le democrazie nazionali” (come afferma, senza mezzi termini, l’attuale Ministro della Giustizia Andrea Orlando): e “tenendosi al riparo dal processo elettorale” (M. Monti, Intervista sull’Italia in Europa, di F. Rampini, p. 40 e 50-51). 
Per dare vita ad un nuovo fronte politico che reclami l’attuazione dei principi fondamentali della Costituzione, occorre cioè prendere coscienza del fatto che, con la ratifica dei Trattati UE, lo Stato italiano ha trasferito e ceduto agli organi di comando dell’Unione (Commissione Europea, Consiglio e BCE) parti essenziali della sua sovranità: il potere di assumere tutte le decisioni che riguardano la politica monetaria e fiscale (art. 127 TFUE), gli indirizzi di politica economica (art. 121 TFUE) e la politica di bilancio (art. 126 TFUE e Fiscal Compact). Occorre comprendere che le più importanti funzioni sovrane sono state trasferite, in palese violazione del principio democratico sancito dall’art. 1 Cost. (in quanto la dichiarazione di appartenenza della sovranità al popolo implica la permanenza dell’esercizio di questa nel popolo, come contrassegno essenziale ed ineliminabile del regime democratico), ad apparati di comando sovranazionali che, essendo composti da nominati e non da eletti, sono privi di legittimazione democratica ed irresponsabili di fronte al popolo, ma estremamente sensibili agli interessi della grande finanza speculativa e delle multinazionali economiche. 

Bisogna cioè convincersi che tali apparati (al cui vertice siedono sempre personaggi legati a doppio filo alle grandi banche d’affari), perseguendo in modo ossessivo il prioritario obbiettivo (per l’UE) della cd. “stabilità monetaria e dei prezzi” (art.li 3 TUE, 119, 120, 127 TFUE), ci impongono le politiche economiche neoliberiste (nella loro peggiore versione, quella “ordoliberista”) codificate nei trattati UE, assolutamente inconciliabili ed anzi contrapposte agli obiettivi costituzionali della piena occupazione e dell’eguaglianza sostanziale.  Occorre, in definitiva, avere ben chiaro che la permanenza dell’Italia nella UE-UEM comporta la disattivazione di quei principi fondamentali della Carta costituzionale che, giustamente, vorremmo ricollocare al centro degli obiettivi politici del nostro Paese. Il rilancio del modello di democrazia sociale della nostra Costituzione passa necessariamente dall’abbandono di un modello sociale ad esso antitetico: quello codificato nei Trattati Ue. Passa dalla presa d’atto che l’Unione europea, al di là della sua maschera idealista-propagandistica (l’ideologia dell’integrazione europea, foriera di pace e benessere), è in realtà la restaurazione del sistema di potere capitalista, oligarchico-plutocratico, ultraliberista dell’Italia prefascista. E passa dalla constatazione: - che non ha senso parlare di eguaglianza sostanziale in un sistema liberista, che amplifica le differenze sociali; - che è tempo perso ragionare di diritto al lavoro, di piena occupazione, in un ordinamento che considera il lavoro come merce (art. 151 TFUE), che non lo concepisce come un diritto, ma come una libertà (il “diritto di lavorare”, collocato, nella Carta dei diritti fondamentali della UE, tra le libertà: cfr. art. 15 della stessa Carta) e che stabilisce, anno per anno e per ogni Stato, un “tasso di disoccupazione non inflazionistico”, ovvero un (elevato) livello di disoccupazione funzionale all’obiettivo della stabilità dei prezzi; - che non è nemmeno dato parlare di programmazione economica, di intervento dello Stato nell’economia, di funzione sociale dell’impresa, in un ordinamento che vieta gli aiuti di Stato (art. 107 TFUE) alle imprese ritenute strategiche, che vieta il finanziamento monetario degli Stati e degli Enti pubblici (art.li 123 e 124 TFUE), che non si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali, locali e pubbliche degli Stati membri (art. 125 TFUE), che impone vincoli insensati e deleteri di bilancio pubblico (art. 126 TFUE e relativo protocollo; Fiscal Compact), che considera l’indipendenza della Banca centrale dal potere politico uno dei suoi principi cardine (art. 130 TFUE), che sottrae agli Stati la sovranità monetaria (art. 127 TFUE); - che di doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale non v’è traccia alcuna nei Trattati, che sono invece il regno della concorrenza (valore supremo dell’Unione: art.li da 101 a 118 TFUE), cioè del tutti contro tutti, della legge del più forte, delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni. Il rilancio che tutti auspichiamo passa, in altre parole, dalla consapevolezza che, all’interno dell’Unione europea, di Stato sociale, di democrazia costituzionale non è nemmeno consentito parlare; passa dalla consapevolezza che questa UE non è riformabile in senso democratico e sociale, perché una democrazia costituzionale a livello sovranazionale non esiste, non è mai esistita e mai esisterà sinché esisterà questa UE, concepita proprio allo scopo di disattivare e poi cancellare, a colpi di violente crisi economiche, le democrazie costituzionali del secondo dopoguerra e restaurare il regime oligarchico-liberista ante crisi del 1929. 

La richiesta di aiuto di quell’81% di NO giovanili necessita, giustamente, di una pronta risposta da parte di un nuovo fronte politico che sappia coinvolgere giovani e meno giovani, esponenti del M5S con i quali abbiamo condiviso la campagna referendaria ed ogni persona competente, onesta, responsabile. L’efficacia della risposta dipenderà tuttavia dalla capacità e dalla decisione con le quali riusciremo ad affrontare e risolvere la questione del “vincolo esterno”. Per riprendere il percorso tracciato dalla nostra Costituzione, ovvero il percorso del progresso sociale e democratico sciaguratamente interrotto per “entrare in Europa”, è necessario ed urgente recedere dai Trattati UE. E’ il compito a cui siamo stati chiamati, anche dal risultato referendario. Ce lo impone la stessa Costituzione, per il rispetto e la riaffermazione dei suoi principi fondamentali. Non sprechiamo questa grande ed irripetibile occasione storica per riscrivere il futuro del nostro Paese. 

Mario Giambelli Gallotti (avvocato – Pavia) 

Altri firmatari: 
Giuseppe Amini; Massimo Bernuzzi; Roberto Bertelè; Anna Biancalani; Marco Bonin; Enea Boria; Marina Calafiore; Federica Caracciolo; Marco D’Urso; Fiorenzo Fraioli; Gianluigi Leone; Massimiliano Masperi; Roberto Mora; Marcello Ravetta; Alessandro Roccia; Matteo Rovati; Mauro Scardovelli; Luca Toneatto. Riscriviamo assieme il futuro del nostro Paese, il nostro futuro. 

domenica 15 gennaio 2017

La trappola del giro d'Italia

Vi propongo un florilegio di alcune delle ultime enunciazioni di Stefano D'Andrea, fondatore e presidente dell'ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità) finché questa è esistita, e presidente del FSI (Fronte Sovranista Italiano) da quando questo si è costituito. Sì, lo so: il link è lo stesso, cambia solo il nome: come possa un'associazione diventare un fronte io non lo so, chiedetelo a mr President.

  • IL 2022, UN ANNO DECISIVO. Sarà l'anno fatidico per l'Unione Europea. La Le Pen, dopo aver perso nel 2017, vincerà le presidenziali e, perciò, cominceranno le trattative per la REVISIONE dei Trattati. Lega nord, FN e altri partiti simili dimostreranno di NON ESSERE RIVOLUZIONARI, bensì REVISIONISTI e CERCHERANNO DI SALVARE l'Unione europea, eliminando l'euro ma introducendo un serpente monetario con vincoli di bilancio e lasciando altri vincoli di Maastricht. Allora verrà il tempo dei sovranisti, che sono altra cosa rispetto ai revisionisti.

  • IL MIO NO AI COMITATI PER IL NO. Gruppetti di presuntuosi professorini e vecchi professori (non professoroni), europeisti e colpevoli, nonché cerchie di indisciplinati militanti, che hanno lasciato i loro partiti di provenienza per incapacità o per contestazioni tattiche ma non per le idee europeiste, tenteranno di avviare la costituzione di un partito politico, senza avere nessuna delle capacità necessarie per riuscire nell'intento (più o meno le stesse persone hanno già tentato con ALBA). I morti partitini, presenti nei comitati, si opporranno tramite i loro militanti. I due gruppi litigheranno per un po' e poi tutto si dissolverà. Il vero no era "IL NOSTRO NO", non quello dei Comitati, dove si incontravano anche persone secondo le quali la Costituzione avrebbe avuto bisogno di "altre e diverse modifiche". Non ci credete? Volete provare? Nutrite l'ennesima "speranza"? Vi rifiutate di prendere atto che vostro padre, vostro fratello, vostra moglie, il vecchio compagno di militanza, siccome europeisti o pseudo-tiepido-critici con l'Unione europea, sono vostri avversari politici? Bene, sprecate altro tempo (dopo quello dedicato aTsipras Varoufakis, Ingroia, e M5S) ma almeno promettete, a voi stessi e in pubblico, che sarà l'ultimo errore. La prossima volta soltanto con i sovranisti radicali e veri.Ai più svegli tra i lettori, però, dico: aderite al FSI e lasciate stare i comitati per il NO!

  • Ora tutti a parlare di PROTEZIONISMO. Anche su questo tema siamo arrivati 5 anni prima dei secondi

  • La prima grande vittoria dei sovranisti (14.11.2014). "Tutti saranno, in qualche modo, sovranisti, come tutti sono stati, in qualche modo, europeisti. Danzeremo nella danza dei sovranisti. Questa, per noi, è già un’immensa vittoria: da marziani o estranei ai presupposti di fondo del sistema, che eravamo, a piccolo gruppo, con capacità di crescita, che ormai gioca in casa la partita che voleva giocare, col pallone che voleva calciare. Il campo – il sovranismo – lo abbiamo definito noi".

  • Fronte Sovranista Italiano contro Polo sovranista: ci vorrà un po' di tempo ma ce li mangeremo a colazione (poi però vomiteremo).

  • Sia ben chiaro, il buon D'Andrea non scrive solo cose come queste, anzi! Spesso propone riflessioni molto interessanti. Purtroppo scrive anche queste cose! Dalle quali emerge, a mio avviso con cristallina evidenza, una voglia (ma una voglia!) incontenibile di primeggiare nel campo anti UE sulla base del fatto di aver affermato per primo idee e concetti che, finalmente e per fortuna, cominciano ad essere condivisi da un numero crescente di cittadini. Il minimo che si possa dire di ciò è che questo è provincialismo intellettuale. Fosse solo questo il problema potremmo perdonarglielo, ma il guaio è che il D'Andrea si è posto a capo di un movimento politico, di cui è Presidente dall'atto della sua nascita, senza che in questo siano mai state stabilite regole interne di rappresentanza e democrazia che non siano la rielezione plebiscitaria, e per alzata di mano, del Capo, pardon del Presidente, in occasione della rituale assemblea annuale.

    Certo, c'è anche il direttivo, nel quale si entra per cooptazione (indovinate su proposta di chi?), dal quale per altro sono usciti decine di iscritti in seguito ad aspri dissensi con il Presidente su questioni che poco o nulla hanno a che fare con lo scopo statutario del movimento, e molto invece con le convinzioni in politica estera del Presidente, in primis il giudizio sull'ISIS e la guerra in Siria, ma anche temi attinenti alla sfera morale. Un esempio? eccovi serviti: La vita come missione: contro il diritto alla felicità e contro ogni indice di misurazione della medesima.

    Come la mettiamo se, durante la missione di vita, incontrate Laura?
    Nulla di grave, per carità! L'importante è saperlo, e regolarsi. Per il D'Andrea la vita sarebbe una missione (data da chi?); per me, che mi faccio seghe mentali diverse, la vita è una prova (stabilita da chi?). Solo che io non sono il presidente a vita di un gruppetto che si autodefinisce "Fronte Sovranista Italiano" e rivendica di rappresentare il solo e vero e puro sovranismo!

    Un vizietto comune


    Non è l'unico, il D'Andrea, ad essere caduto nella trappola del giro d'Italia, quel "ciao mamma, sono contento di essere arrivato uno" pronunciato dai gregari il giorno in cui vincevano una tappa. Non risulta che i grandi campioni pronunciassero parole simili. E' in buona compagnia, il D'Andrea, e scusatemi se non faccio nomi che voi, pochi lettori di questo blog, conoscete benissimo. Il D'Andrea, e come lui un gruppetto di persone che, per ragioni professionali o per scelte di vita, si sono ritrovate ad avere qualche competenza in più, e in anticipo rispetto alla media dei cittadini, sulla moneta unica e l'Unione Europea, sembra voler trarre da questa contingente e casuale circostanza una sorta di diritto di investitura a svolgere un ruolo di primo piano nel prosieguo della $toria (o SStoria, che dir si voglia). Un diritto che non vogliamo negargli, salvo porre una semplice domanda: l'essere arrivati (forse) per primi, quantomeno rispetto a un ceto intellettuale e politico al soldo della grande finanza internazionale, è prova sufficiente di levatura politica? Non è forse il caso di abbassare la cresta e mettersi a pedalare, se si vuole vincere il giro d'Italia e non accontentarsi di una vittoria di tappa?

    Quando mai, anche un grande campione, ha potuto vincere un giro d'Italia senza il consenso degli altri corridori, o almeno di una parte di essi, insomma una forte squadra? Qui invece abbiamo un onesto pedalatore che, in associazione con un piccolissimo gruppo di gregari, sembra aver fondato, Dio non voglia, il Fronte Squadrista Italiano

    Non è il solo, il D'Andrea! L'impressione è che, a distanza di 50 anni dal fenomeno dei leaderismo post sessantottesco, questo si stia riproponendo. Piccoli uomini, sebbene talvolta molto preparati sul piano tecnico, che sperimentano un'espansione improvvisa, e in un certo senso insperata, del proprio ego narcisistico, finendo col rimanerne vittime. Dimenticano, i nostri piccoli uomini, che la Storia è un processo grandioso altamente non lineare, nel quale qualsiasi vicenda personale è poco più di un'increspatura delle onde nel mare. E quando accade che un movimento collettivo finisca col provocare una grande onda, a questa viene si associato il nome di uno o più piccoli uomini, ma essi altro non sono che la schiuma di ciò che si abbatte sulla costa. Etichette, nomi utili per designare l'evento, e poco più. E quasi mai, per non dire mai, l'acqua che forma la schiuma è la stessa che, per prima, ha formato la grande onda.

    Se ne faccia una ragione il D'Andrea, e si accontenti di aver vinto una tappa. Sì, è vero, è stato tra i primi, ma quasi sicuramente i nomi che finiranno sul sussidiario sul quale studieranno i suoi nipoti saranno altri. Magari, e spero che questo non lo affligga troppo, ci finiranno alcuni di quelli che sono arrivati dopo, e tra questi anche coloro che, fino a ieri, erano pro euro e pro UE e oggi stanno cambiando idea.

    Repetita iuvant: la Storia è un processo dinamico altamente non lineare, non una rappresentazione teatrale in cui gli eroi del primo atto sono gli stessi dell'ultimo. Anche perché, se fosse una rappresentazione teatrale, sarebbe una commedia o una tragedia. Nel primo caso potremmo disinteressarci del D'Andrea, nel secondo caso è opportuno accendere un riflettore. Cosa diamine è questo sedicente "Fronte", che si definisce "Sovranista" ma usa, per bocca del suo Presidente (finora) a vita, toni Squadristi? Chi ci può garantire che un siffatto movimento, nelle mani di un solo uomo al comando, non venga un giorno assoldato da chi ha il potere economico di farlo, così come accadde per un altro rivoluzionario di provincia, tal Benito Mussolini?

    Carissimo Stefano D'Andrea, sono il primo a dirlo (come vedi, anch'io rivendico una mia primazia) ma sono in molti a pensarlo. Da provinciale a provinciale: ce stà!

    sabato 14 gennaio 2017

    Fake news e anonimi

    Paul Craig Roberts, 6 gennaio 2017 (da Vocidall'estero.it): "Alcuni di quelli che difendono la verità sperano che il ridursi dell’influenza della stampa e della televisione controllate dalla CIA indebolisca la capacità dello 'Stato profondo' di controllare la narrazione. Tuttavia, la CIA, il Dipartimento di Stato, e a quanto pare anche il Pentagono, già operano nei social media, e usano troll nelle sezioni dei commenti per screditare chi dice la verità."

    Da tempo il responsabile di questo blog ha precluso l'accesso ai commentatori anonimi. Una battaglia, in vero, iniziata più di dieci anni fa, quando l'anonimato su Internet veniva considerato, dagli ignoranti tecnologici e dai sognatori fessi, sinonimo di libertà di espressione. Questa scelta mi ha attirato innumerevoli critiche, e attacchi talora offensivi, ma i fatti mi stanno dando ragione. L'anonimato su Internet è tale per chi, della rete, non ha alcun controllo. Tutto il resto è fuffa.

    Non è, questa dell'anonimato, l'unica questione su cui i fatti mi stiano dando ragione. Ci sarebbe, ad esempio, il non picciol problema del movimento dal basso e del "fraiolismo metodologico", ma anche in questo caso basta aspettare, il tempo è galantuomo. Non che me ne importi granché, sto invecchiando ed ho sempre meno voglia di avere a che fare con gli stupidi bipedi. Internet mi ha messo in contatto con un piccolo numero di persone di qualità, come pure con una gran quantità di scemi, ma per fortuna la scelta di escludere gli anonimi (o che tali credono di essere, i fessacchiotti) da questo blog e dai siti che ho gestito negli anni passati, ha fortemente ridotto la mia visibilità.

    Vivo tranquillo, conto i pochi capelli non ancora bianchi che mi sono rimasti, e comincio a fare i conti con l'infinito. Sia ben chiaro: godo di ottima salute! E' solo stanchezza, insaporita da un pizzico di disgusto.

    giovedì 12 gennaio 2017

    Fake you, scribblers!

    Neanche il peggior padrone ferriere di una lontana repubblica dell’Unione sovietica poteva comportarsi così”, dichiara Umberto De Giovannangeli, componente del comitato di redazione del quotidiano L'Unità, commentando un comunicato della proprietà nel quale viene annunciato il licenziamento dei redattori e l'apertura della procedura fallimentare. Chissà perché, poi, il kuompagno Giovannangeli parla del "padrone ferriere di una lontana repubblica dell’Unione sovietica"! Che c'azzecca l'Unione Sovietica con i padroni ferrieri? Misteri del giornalismo contemporaneo.

    Comunque un tipo cazzuto l'Umberto, ma chi sarà mai? Una breve ricerca ci fornisce un risultato interessante: pare che il battagliero Umberto sia l'autore di un auto-plagio, questo: IL CORRISPONDENTE DALLA TERRA SANTA SI RIGIOCA LO STESSO ARTICOLO SU UNA BAMBINA ISRAELIANA, A 7 ANNI DI DISTANZA.

    C'è da dire, a parziale discolpa del caro Umberto, che questo giochetto di riciclare vecchie notizie, come pure scopiazzare pezzi altrui, sembra essere abbastanza diffuso tra i giornalisti. Chissà se la notizia originale era almeno vera, ah saperlo! Toccò anche a me di vedere un mio pezzo, pubblicato sul giornale cartaceo che pubblicavo e stampavo insieme con l'amico Claudio Martino (a nostre spese), per poi diffonderlo in città a mano, essere integralmente ricopiato e ripubblicato su un quotidiano a diffusione locale. Sono soddisfazioni!

    Sergio Staino, Direttore de L'Unità, implora il PD, socio di minoranza con il 20% delle azioni, di "farsi vedere, perché in questi quattro mesi (della sua direzione, ndr), dopo un primo incontro gioioso e affettuoso con il segretario Renzi, io non ho visto più nessuno“. Sarà perché non servite a un cazzo? Il giornale cartaceo vende, pare, 6800 copie al giorno, e con gli incassi dovrebbe pagare gli stipendi di 29 persone, incluso il Direttore. Ovviamente deve chiudere, ma Raffaele Lorusso, segretario della Federazione nazionale stampa italiana, ha da ridire su “una drastica riduzione del personale giornalistico con modalità che sono proprie del settore industriale, non di quello editoriale, che è regolato da una legge specifica, che consente di ricorrere a misure che attenuano l’impatto sulla forza lavoro”. E qua ci sta bene una vignetta di Cipputi:


    Insomma: «Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri». Chissà che ne pensano i 1600 dipendenti di Almaviva, il cui rapporto di lavoro non è regolato da una legge specifica!

    mercoledì 11 gennaio 2017

    La CGIL baricadera

    Abbiamo parlato nei post precedenti del M5S, ma la lista dei nemici che marciano alla testa del corteo non si esaurisce con Grillo. Non meno grave è il tradimento della CGIL, svelato per l'ennesima volta (ovviamente per chi ha occhi per vedere, cioè noi anime semplici e i pochi veri grandi intellettuali) dalla vicenda del referendum sull'articolo 18. Il quale è stato bocciato dalla Consulta.

    Che cattivoni quelli della Consulta! Impediscono l'esercizio di uno strumento democratico! Sono infiltrati dai poteri forti! Povera CGIL baricadera, povera Susannuccia Camusso!

    Scusate, ma perché la CGIL baricadera ha formulato il testo in modo che fosse sicuramente bocciato? Non sapeva, la CGIL baricadera, che un referendum può essere solo abrogativo, e non propositivo? E siccome queste sono menti raffinatissime, hanno ben pensato di formulare il testo del referendum per l'abrogazione dei voucher in modo corretto, così da consentirne l'eventuale svolgimento. Ma solo se converrà a lor signori ordoliberisti, magari se dovessero intuire che potrebbe essere respinto visto che, al netto delle polemiche mediatiche strapompate ad arte, per le piccole e piccolissime imprese, spesso a conduzione familiare, è un modo per sopravvivere. Se, invece, il referendum sui voucher finisse con l'assumere la forma di un ulteriore pronunciamento popolare contro lor signori ordoliberisti, allora c'è sempre la possibilità di evitarlo con una piccola modifica legislativa, il cui iter è già in corso.

    Insomma, il gioco è sempre nelle loro mani. Dalla notte dei tempi una delle tecniche della lotta politica consiste nell'infiltrare il campo avverso per indurlo a uno scontro nel quale verrà massacrato. Ci siamo dimenticati dell'occupazione a oltranza della FIAT nel 1981, guidata dal compagno in cachemire Fausto Bertinotti, che portò alla marcia dei quarantamila? La CGIL ci sta riprovando: vuole trascinare i lavoratori in uno scontro di importanza marginale, nel quale possono essere sconfitti, atteggiandosi per di più a organizzazione baricadera.

    La lotta politica non è un gioco per ingenui: i bastardi vincono, i fessi perdono. E questa è la $toria.

    martedì 10 gennaio 2017

    Il M5S è un retrovirus

    Voglio essere chiaro: il punto critico della vicenda M5S-Alde non è la scelta di aderire a un gruppo ultra liberista e ultra eurista, ma il metodo che è stato adottato. Si può essere d'accordo o meno con le posizioni di un partito, basta conoscerle. Il problema è che nessuno, e ribadisco nessuno, conosce quali siano le vere posizioni del M5S! Nessuno è oggi in grado di distinguerne la strategia dalla tattica, e questo è un problema che fa del M5S il più grave pericolo per la democrazia, sotto forma di retrovirus, che incombe sul nostro paese. Prendiamo il PD: qualcuno ha dubbi sul fatto che il PD sia un partito eurista, unionista e liberista? Certo che no, dunque il PD è un avversario politico, MA non è un retrovrus per la democrazia. Va combattuto, e può essere sconfitto come è accaduto per il referendum costituzionale, ma non è un retrovirus. Lo è, invece, il M5S, così come il partito di Berlusconi è stato un virus della democrazia. Attenzione: un virus, non un retrovirus! La Lega Nord invece, al tempo in cui era controllata da Bossi, è stata in una certa misura un retrovirus. Ma un retrovirus rudimentale, rispetto al M5S.

    Ora qual è la caratteristica fondamentale che fa di un partito un retrovirus per la democrazia, e qual è la differenza rispetto a un partito virus? Cominciamo da un richiamino di biologia (dalla rete): "I virus si moltiplicano inserendo il loro dna in quello della cellula infettata, mentre i retrovirus (che non hanno il dna ma l'rna) devono prima trasformare l' RNA in DNA attraverso la "trascrittasi inversa" e solo dopo questa trasformazione possono inserirsi nel dna della cellula e moltiplicarsi."

    In sostanza, mentre un virus si manifesta, fin dal suo apparire, come un aggressore che può essere a un certo punto riconosciuto e combattuto, un retrovirus ha la capacità, attraverso errori casuali (o programmati?) nel processo di trascrittasi inversa, di mutare continuamente forma, così da apparire sempre nuovo al sistema immunitario. Pertanto, mentre per un virus ha senso domandarsi "come è fatto", questa domanda perde di significato per un retrovirus. Il sistema immunitario non riesce mai ad avere un identikit del nemico. Ed è così che un retrovirus politico riesce a dilagare nel corpo sociale, avendo cioè la capacità di adattarsi, attraverso le sue continue mutazioni, ad ognuno degli organismi sociali che lo compongono. E' quello che è riuscito a fare, con incredibile successo, il M5S: al suo interno troviamo attivisti provenienti dalla destra, anche estrema, e dalla sinistra, passando per tutte le gradazioni politiche. Perfino i marxisti dell'Illinois si sono fatti sedurre!

    Ha senso domandarsi se un retrovirus politico sia teleguidato da poteri occulti? Si tratta, in realtà, di una domanda che non coglie in pieno la gravità del problema perché esso stesso è, di per sé, un potere occulto. Un retrovirus politico è un un organismo che ha un solo obiettivo: la conquista del potere, che persegue mescolando il suo dna, in continua mutazione, con quello degli organismi sociali che di volta in volta attacca e riesce a colonizzare. Quando è necessario, e opportuno, il retrovirus politico indossa vesti moderate, ma non ha alcuna difficoltà a presentarsi come forza anti sistema. Non è forse quello che il M5S fa da anni? Lo abbiamo visto, in questi giorni, tramare per entrare nel gruppo ALDE, e il giorno dopo, colto con le mani nella marmellata, presentarsi in televisione con la faccetta di Luigi Di Maio che ha declamato su La7 un atto di fede che un sovranista potrebbe tranquillamente sottoscrivere!

    Siamo insomma in presenza di un fenomeno politico assolutamente nuovo, per interpretare il quale le tradizionali categorie politiche sono insufficienti. Occorre rafforzarle, con urgenza, attraverso robuste iniezioni di realismo e, soprattutto, di sano buon senso. Una qualità, quest'ultima, che è oggi particolarmente rara, oltre che denigrata da tempo da un ceto intellettuale autoreferenziale e ampiamente colluso. Solo gli animi semplici, come chi scrive, e i veri grandi intellettuali, sono oggi capaci di vedere quello che è veramente il M5S. Gli ignoranti acculturati e i mezzi intellettuali non servono. Anzi, sono le cellule che, con maggiore facilità, scambiano il retrovirus per un organismo amico.

    Democrazia diretta. Da chi? (©Antonio Caprari)

    Nota: Antonio Caprari è un contatto FB al quale ho "rubato" la battuta che titola questo post.


    Un trappolone, una stangata, un gioco delle tre carte, un "te la faccio vede ma 'un te la do". Insomma, cari grillini, una figura di merda epocale. Non vi resta, e qui mi rivolgo alla base, che abbassare la cresta. Cazzo, collocatevi! Cazzo, abbiate coscienza e consapevolezza del fatto che, oltre ad essere (forse) delle brave persone, sicuramente degli sfruttati come tutti noi, non avete però la pietra filosofale tra le mani, sol perché così vi ha detto Beppe Grillo.

    Che è quello che ha cercato di convincervi a usare la bio washball durante il suo spettacolo "Delirio", do you remember? Quanti di voi la usano per lavare i fitusi calzini e le lerce mutande?


    Dunque tornate in voi, ci sono più cose tra cielo e terra di quante vi racconti Beppe Grillo, fatevene una ragione. Il vostro Beppe, nella migliore delle ipotesi, è caduto in un trappolone, dunque è un fesso pure lui. Nell'ipotesi peggiore è un attore, che non capisce una ceppa del copione che gli hanno messo tra le mani. Un fatto certo è che è circondato da consiglieri e suggeritori i quali, anche loro, nella migliore delle ipotesi sono dei coglioni, nella peggiore agenti al servizio del nemico di classe. Fatevene una ragione.

    Riassumo brevemente i fatti: il 7 gennaio 2017 viene improvvisamente annunciata una consultazione online tra gli iscritti alla piattaforma Rousseau, nei giorni 8 e 9 gennaio 2017, per decidere se aderire o no al gruppo ALDE del parlamento europeo; il 9 gennaio 2017, dopo la notizia che il 78,5% dei votanti (i quali ultimi costituiscono, comunque la si voglia interpretare, poco più di un terzo degli iscritti alla piattaforma) si è espresso a favore della proposta, arriva la doccia gelata: i responsabili del gruppo ALDE, smentendo l'endorsement del presidente Guy Verhofstadt, dichiarano di non accettare il m5s nel loro gruppo. Il m5s reagisce titolando, sul blog, "L'establishment contro il MoVimento 5 Stelle".

    Cari grillini, come la mettiamo? Vi basta gridare "onestà onestà onestà", oppure si fa strada, nelle vostre testoline, l'idea che forse, dico forse, il mondo è lievemente più complicato di come ve lo immaginate? Butto giù un po' di domande, alle quali per il momento non azzardo dare una risposta, ma sono tutte domande ineludibili.
    • Beppe Grillo è un fessacchiotto manipolato, oppure sa quel che fa?
    • Ci sono degli infiltrati nel m5s che rispondono ad altri centri di potere?
    • Quanti, degli iscritti alla piattaforma Rousseau, hanno votato avendo in mente il fatto che il loro voto sarebbe stato valutato in vista della formazione delle liste nelle prossime elezioni?
    • Tutta l'operazione, compreso il rifiuto, è stata concordata tra i vertici del m5s e quelli di ALDE, oppure il m5s è caduto in una trappola?
    • In subordine, se si è trattato di una trappola, qualcuno nel m5s è stato complice?
    • Davvero l'80% degli aventi diritto al voto, cioè nei fatti la base militante legacy del m5s, pensa che sia possibile conciliare le posizioni del movimento con quelle liberiste di ALDE, sia pure in un'ottica di efficienza legislativa? Per altro in un parlamento europeo che ha ben pochi poteri effettivi?
    Soprattutto, dopo una tale figura, pensate che sia il caso di mettere in discussione la catena direttiva del m5s? In caso affermativo, quali sono gli strumenti previsti dal non statuto del non partito per fare ciò? Farete, finalmente, un congresso con tanto di delegati eletti dalle realtà locali, oppure continuerete a baloccarvi con questa favoletta della Democrazia Diretta sulla piattaforma privata Rousseau?

    Fateci sapere, e spicciatevi. Non abbiamo nessuna intenzione di votare per un non partito che, abbiamo il sospetto, potrebbe essere eterodiretto e sostenuto dalla dabbenaggine di 40.000 coglioni.

    lunedì 9 gennaio 2017

    Fake democracy

    Hanno votato in 40.654, poco più di un terzo degli iscritti, e il 78,5% si è espresso a favore dell'adesione al gruppo ALDE. Dunque poco più del 25% degli utenti certificati ha preso una decisione determinante senza alcuna discussione pubblica né alcun coinvolgimento della mitica rete. E, siccome a pensar male ci si azzecca, mi permetto di insinuare che una buona percentuale dei favorevoli potrebbe aver scelto di adeguarsi alla direttiva del Beppe per non essere penalizzati quando, al massimo tra un anno e mezzo, si andrà ad elezioni. Questa non è Democrazia Diretta, questa signori è Fake Democracy.

    Dispiace dirlo, ma il PD è molto più democratico: per diventare segretario, come minimo si deve vincere un congresso!

    Dimenticavo: da almeno tre anni la lista degli utenti certificati del M5S è congelata. Chi c'è c'è, chi non c'è non c'è. Nulla da eccepire, sia chiaro. Un partito (fosse pure un non partito) è libero di darsi le regole interne che vuole, ma questa cosa è bene ricordarla. Anche perché proprio questo dettaglio potrebbe segnalare la possibilità che tra gli utenti certificati e la più vasta platea degli attivisti potrebbe essersi scavato, in questi ultimi anni, un solco molto profondo. Del quale non è detto che una parte degli attivisti dissidenti dalla linea ufficiale non possa scegliere approfittare, per dar vita a una scissione.

    Segnalo questo video, sempre dal benemerito bolg di Claudio Messora, in cui parla il leader dell'ALDE Guy Verhofstadt, di cui inserisco una versione tubechoppata dei primi 6.22 minuti, in cui il suddetto parla in italiano.
     

    Credo che una parte notevole degli attivisti del M5S contrari all'euro e all'UE non avrà difficoltà nello smontare le corbellerie esposte da Guy Verhofstadt. Che sono le stesse propinateci da Mario Monti quattro anni fa. Notate, vi prego, il simbolo di "Scelta Europea": vi ricorda qualcosa?

    domenica 8 gennaio 2017

    Aldebaran

    Desidero ringraziare pubblicamente Claudio Messora - con il quale in passato ho polemizzato per questioncelle di poco conto (ho un cattivo carattere) - per il post di oggi 8 gennaio 2017. Complimenti Claudio, e ancora grazie. Consiglio vivamente la lettura del post e la visione dei filmati in esso contenuti.

    Wikipedia: "Il nome della stella Aldebaran deriva dalla parola araba al-Dabarān (الدبران‎), "che sta dietro", in riferimento al modo in cui la stella appare nelle vicinanze e subito dopo l'ammasso delle Pleiadi nel loro moto notturno".

    La domanda che tutti noi dovremmo porci è "Chi o cosa al-Dabarān il M5S?"

    Sono stato tra i primi attivisti del M5S, fin dai tempi dei meetup. Tra l'altro ho frequentato assiduamente gli attivisti del meetup 280, che tra il 2006 e il 2009 era di fatto il think-tank del MoVimento. Realizzai all'epoca moltissimi filmati, oggi non più in rete ma gelosamente custoditi nei miei archivi digitali: sono un piccolo pezzo della nostra storia recente. Mi allontanai dal MoV nel 2008 (sebbene abbia continuato a frequentare i miei amici del 280 per un paio di anni, fino al 2010). Ciò avvenne sia per ragioni politiche, in particolare non ero affatto convinto della bontà e/o praticabilità della democrazia diretta, sia perché cominciai ad avere dubbi, sempre più seri, sulla natura stessa del MoVimento.

    Con il tempo i miei dubbi sono diventati certezze. Il (non) MoVimento di Grillo è, a mio avviso, il più antidemocratico esperimento politico nato in Italia dai tempi del fascismo. Dirò di più: il M5S è, a mio avviso, ancora più antidemocratico del PNF perché la natura dittatoriale del fascismo era esplicita, mentre il M5S è riuscito, finora, a presentarsi come campione della democrazia, addirittura diretta. Una finzione portata avanti con un uso sapiente del linguaggio: il non partito, il non statuto, la retorica del "devono decidere i cittadini", il voto online su una piattaforma privata priva di una seria certificazione pubblicamente verificabile. Il M5S è riuscito a diventare il primo partito in Italia senza aver mai celebrato un congresso, non ha delegati eletti dalla base, non ha una linea politica ufficiale sulle questioni fondamentali, non ha stabilito meccanismi tali da consentire un confronto interno reale, e dunque la sua direzione è, per definizione, non contendibile.

    Ovviamente mi defilai, ed ebbi un bel da fare, qualche anno dopo, per spiegare ai miei conterranei per i quali ero rimasto "il grillino" (a Frosinone, ma anche a Castro dei Volsci, sono stato, senza ombra di dubbio, il primo grillino in ordine di tempo) perché non ero stato eletto in Parlamento. "Perché non ti sei candidato?", mi chiedevano, e io a spiegargli che una cosa era la base, o almeno una sua parte, ben altro il MoV. No, non è stato facile, ma ora credo che le cose diverranno più chiare.

    Beppe Grillo ha gettato la maschera. In assoluta solitudine il "portavoce" del M5S ha indetto un referendum tra gli iscritti alla piattaforma Rousseau, quella controllata da una società privata che fa capo a Davide Casaleggio - se preferite Casaleggio II figlio di Casaleggio I - per chiedere se il M5S debba o meno aderire al gruppo ALDE del Parlamento europeo. Nel momento in cui scrivo la votazione è in corso ma, comunque vada a finire, l'iniziativa è scandalosa sia nel merito che nella forma. Lo è nel merito perché, come ricorda Messora nel suo post, il gruppo ALDE è su posizioni fanaticamente europeiste, dunque in aperta contraddizione con la linea eurocritica fin qui seguita dal M5S, soprattutto per le forti pressioni della parte più attiva e consapevole della sua base; lo è nella forma perché l'indizione di un referendum su un tema così impegnativo non è stata preceduta da alcun dibattito, e anzi è caduta dall'alto come un fulmine a ciel sereno.

    O forse sì, un dibattito c'è stato, ma nelle segrete stanze dove si studia la strategia comunicativa per influenzare e indirizzare la gran massa degli elettori del M5S, i quali hanno votato il (non) partito di Grillo più per un sentimento di rabbiosa protesta che sulla base di una reale consapevolezza dei loro interessi di classe. Una consapevolezza che il primo (non) partito d'Italia si è ben guardato dal coltivare, ad esempio attingendo ai fondi dei rimborsi elettorali, demagogicamente restituiti, per costruire una scuola politica che operasse nel senso di una corretta divulgazione delle partite politiche in gioco: l'euro, l'Unione Europea, perché Monti, la deflazione, la crisi del sistema bancario, le guerre scatenate dalla Nato. Al contrario, il M5S ha adottato una linea che, oltre a promanare rigorosamente dall'alto, attraverso il megafono del blog di Beppe Grillo, è risultata sistematicamente contraddittoria, confusa, cerchiobottista, con l'unico vero e spregiudicato obiettivo di catturare consenso onde sottrarlo ad ogni eventuale alternativa che tentasse di sorgere dalle pieghe del corpo sociale. Una parte da Emmanuel Goldstein che, da consumato attore, ha interpretato con grande perizia. Sotto quale regia non ci è dato saperlo.

    Resta da capire perché proprio ora, ma forse la risposta è nell'accelerazione della crisi italiana ed europea in questo anno elettorale, in uno scenario mondiale che sta cambiando con vertiginosa rapidità. Forse, qualcuno ha chiamato e ha ordinato: "Fate presto!".

    sabato 7 gennaio 2017

    Giù le mani dalle Generali!

    Io non sono un economista ma ho letto Topolino. Mi perdonerete dunque se ardirò parlare di economia (e di politica), lasciando a voi l'onere di decidere se quanto di buono o errato scrivo dipenda dall'aver letto Topolino o dal non essere un economista.

    Presumo che abbiate sentito parlare del sistema TARGET2. Per una rinfrescata vi segnalo questo breve articolo.

    Quelli riportati nel grafico sottostante sono i saldi T2 dei 3+1 (l'Italia) paesi europei nei quali si svolgeranno, nel 2017, le elezioni politiche: Olanda il 15 marzo, Francia il 23 aprile, Germania nell'autunno 2017. E probabilmente l'Italia. I dati (prelevati da qui) sono aggiornati al luglio 2016. A quella data, il deficit complessivo verso la BCE di Spagna, Francia e Italia era di 632,9 mld di €, a fronte di un surplus tedesco di 649 mld di € e olandese di 114 mld di€. In percentuale, la Spagna e l'Italia sono responsabili del 48% di tale deficit, la Francia del restante 4%.  In valori assoluti, la Spagna è in deficit di 303 mld di €, l'Italia di 301 mld di €, la Francia di 27 mld di €.


    Nel grafico sono riportati i valori assoluti dei saldi T2, ma credo valga la pena dare un'occhiata al rapporto percentuale tra saldi T2 e il PIL di ogni paese. La tabella seguente, ricavata anch'essa dal database di eurocrisimonitor.com, ci dà indicazioni utili.

    saldo T2 PIL %T2/Pil
    Portugal -66,258 253,617 -26,1%
    Greece -80,288 330,436 -24,3%
    Spain -303,89 1481,32 -20,5%
    Italy -301,74 1910,35 -15,8%
    Latvia -4,9363 37,739 -13,1%
    Austria -33,37 368,854 -9,0%
    Belgium -18,054 432,311 -4,2%
    Ireland -6,5396 187,726 -3,5%
    Lithuania -1,326 66,08 -2,0%
    Slovakia -2,4905 140,652 -1,8%
    Malta -0,1556 11,588 -1,3%
    France -27,278 2350,23 -1,2%
    Slovenia -0,5252 62,87 -0,8%
    ECB -130,05 16713,9 -0,8%
    Estonia 1,09 28,461 3,8%
    Netherlands 113,812 735,546 15,5%
    Cyprus 4,17095 25,614 16,3%
    Germany 649,175 3255,43 19,9%
    Finland 48,5611 208,515 23,3%
    Luxembourg 158,296 46,781 338,4%

    I record sono ordinati a partire dal paese con il rapporto deficit T2/PIL più grande a quello con il surplus maggiore. Il primo dato che salta all'occhio è il mostruoso surplus del Lussemburgo, il 338% del Pil!

    Ora, avendo letto Topolino, sintetizzerei la situazione dicendo che il valore assoluto dei saldi T2 è indicativo dei costi complessivi per l'eurosistema in caso di default di ogni paese, e il rapporto percentuale tra saldi T2 e Pil è indicativo di quanto ogni paese soffra a restare nella gabbia dell'euro. Lo chiameremo "indice di sofferenza". I due paesi che presentano contemporaneamente un deficit e un indice di sofferenza entrambi molto alti sono la Spagna e l'Italia. La Francia ha un deficit T2 e un indice di sofferenza limitati. La Germania e l'Olanda sono nettamente in surplus, con un "indice di benessere" rispettivamente del 19,9% e del 15,5%.

    Ora in Spagna si è già votato e i partiti sistemici hanno mantenuto il controllo. La Francia andrà al voto in primavera e, in caso di successo della Le Pen, l'eurozona potrebbe rapidamente collassare, ma di ciò non ho molta fiducia. Se in Francia i partiti sistemici dovessero tenere, probabilmente il voto in Italia slitterebbe al 2018. Dal voto in Germania non credo ci si possano aspettare grandi sorprese. Dunque tutto lascia pensare che la vera partita si giocherà nel 2018 in Italia.

    L'Italia ha un indice di sofferenza molto alto (-15,8%) e un saldo assoluto T2 potenzialmente disastroso per l'eurosistema in caso di uscita, dunque questa possibilità verrà contrastata in ogni modo. Il problema è costituito dal fatto che, per ridurre l'indice di sofferenza, è necessario proseguire su un percorso deflazionistico, così da rendere nuovamente competitive le nostre esportazioni contenendo allo stesso tempo le importazioni (l'aumento automatico dell'IVA va in questa direzione) ma così facendo si compromette la crescita economica, il che provoca, oltre a una crescita della disoccupazione, un aumento del debito pubblico, ed espone il sistema bancario nazionale al rischio di una crisi sistemica. Per quanto riguarda il debito pubblico ricordo che, con il passare del tempo, diventerà sempre più difficile, in caso di uscita unilaterale dall'euro, ridenominarlo in nuove lire a causa della scellerata introduzione delle Clausole di Azione Collettiva (CACS), un meccanismo reso obbligatorio dalla ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) in base al quale il 45% delle nuove emissioni di titoli di Stato, a partire dal 1 gennaio 2013 e con scadenza superiore ai 12 mesi, potrebbe non essere soggetto alla lex monetae.

    L'esplosione dei saldi T2 costituisce la prova empirica del fatto che l'eurosistema è intrinsecamente instabile, in quanto non prevede nessun meccanismo automatico che limiti l'indebitamento privato verso l'estero dei paesi membri prima che esso raggiunga livelli potenzialmente distruttivi, l'unica forma di intervento essendo costituita da decisioni politiche di natura emergenziale, imposte dalla sovrastruttura tecnocratica europea. Da qui la necessità di comprimere la democrazia e contenere ogni forma di dissenso manipolando l'informazione e mettendo a tacere le voci critiche. L'idea di fondo dell'eurosistema, ovvero che i meccanismi "naturali" di mercato, anche grazie a un aumento sensibile degli interscambi di merci e servizi - che non si è verificato - sarebbero stati in grado di contenere gli squilibri anche in assenza di regole di clearing degli stessi, è stata clamorosamente smentita dai fatti. Tutta la politica economica dell'eurozona è così finita nelle mani dell'Unione Europea, in una situazione in cui nessun paese, nemmeno la dominante Germania per ragioni di consenso interno, ha la forza di imporre una soluzione cooperativa.

    Le cose sono andate avanti finché si è pensato che, comprimendo la crescita economica dei paesi in deficit, e quindi colpendo salari, pensioni e welfare, i mitici meccanismi naturali di mercato si sarebbero attivati: la famosa "austerità espansiva" di Mario Monti (se preferite: le armi segrete di mussoliniana memoria). Ma quando si è cominciato a capire che questa politica non portava a nessun risultato, e anzi ha avuto il duplice effetto di far crescere i movimenti cosiddetti populisti ed euroscettici, e di amplificare le sofferenze bancarie nei paesi in deficit, il generale consenso delle nostre classi dirigenti ha cominciato a vacillare. Un segnale importante, in tal senso, ci viene dall'editoriale del 30 dicembre 2016 di Roberto Napoletano (direttore de Il Sole 24 Ore dal 24 marzo 2011, direttore editoriale del Gruppo 24 ORE dal 1° marzo 2012 e, dal 19 giugno 2013, direttore dell'emittente Radio24, dell'agenzia di stampa Radiocor, di Guida al Diritto e di tutte le testate dell'Area Professionale. Presiede, inoltre, il comitato scientifico di tutti i master della Business School del Sole 24 Ore.).

    Scrive il Direttore del Sole24ore: "Intorno al tavolo c’è posto per tutti ma non per noi. Questa è l’Europa che la politica italiana non può più accettare perché alla fine di tale circolo vizioso lo scenario più probabile è che le banche francesi si comprino quelle italiane, finanzino, ben pagando, l’acquisto di Made in Italy e, magari, mobilitando unitariamente il sistema francese, fatto di credito, compagnie assicurative, tecnocrati e politica, arrivino a stringere il collo anche alle Generali."

    Insomma, comprimere salari, pensioni e welfare va bene, ma giù le mani dai gioielli di famiglia del capitalismo italiano! Giù le mani dalle Generali! L'editoriale risuona come un ultimatum a Pier Carlo Padoan e al governo Gentiloni, ma è tragicamente tardivo. La memoria corre alle trattative che sfociarono nell'armistizio di Cassibile, quando la grande borghesia italiana, dopo aver sostenuto per un ventennio l'avventura mussoliniana fino all'entrata in guerra a fianco dei tedeschi, davanti all'evidenza della sconfitta, e nel tentativo di riaccreditarsi come ceto dirigente del paese a guerra finita - intento parzialmente riuscito proprio a causa del ritardo nell'agire e delle indecisioni susseguenti all'estromissione di Mussolini - voltò le spalle all'alleato nazista. Allora si trattava di salvare le fabbriche e le infrastrutture produttive, oggi sono gli assets finanziari, ma la sostanza non cambia.

    Le analogie con quel periodo, mutatis mutandis, sono impressionanti. Abbiamo la Spagna che, come ai tempi del dittatore Franco, riesce a tenersi fuori dall'occhio del ciclone (basti pensare ai deficit di bilancio che le sono stati concessi, e negati invece a noi), una Francia divisa e indecisa, e la guerra in Africa. Infine gli inglesi si sono sfilati, l'America è scesa in campo e la Russia preme sul fianco sud.

    Il grido di battaglia del capitalismo italiano, lo ripetiamo, è "Giù le mani dalle Generali!". All'orizzonte c'è un 8 settembre finanziario. E la ricostruzione.