domenica 12 marzo 2017

Il "post dedicato"

Questo post è una risposta alla sollecitazione dell'amico Ippolito Grimaldi ("queste considerazioni di Fiorenzo e PaMar meriterebbero un post dedicato").

Vyšinskij:

Eleonora Forenza

«Il diritto è un insieme di regole della condotta umana stabilite dal potere statuale in quanto potere della classe che domina la società, nonché delle consuetudini e delle regole di convivenza sanzionate dal potere statuale e attuate coercitivamente con l'ausilio dell'apparato statuale al fine di tutelare, consolidare e sviluppare i rapporti e l'ordinamento vantaggiosi e favorevoli alla classe dominante.»

Orizzonte48:
«Le Istituzioni riflettono la società o esse "conformano" la società e ne inducono la struttura? In democrazia, la risposta dovrebbe essere la prima. Ma c’è sempre l'ombra della seconda...il "potere" tende a perpetuarsi, forzando le regole che, nello Stato "democratico di diritto" ne disciplinano la legittimazione.»

Eleonora Forenza:
«Per riaprire lo spazio di una sinistra politica occorre riaprire lo spazio del conflitto sociale, se non si riapre tale spazio non può esserci una sinistra degna di questo nome.»

Questo è, per l'appunto, il "post dedicato". Ed è aperto ai commenti degli esecrati anonimi. C'è di tutto:

  • L'idea che la "classe dominante" abbia il diritto di imporre il Diritto (Vyšinskij)
  • L'idea che il Diritto, in democrazia, debba comunque e sempre promanare dal basso (Orizzonte48)
  • L'idea che il conflitto sociale sia necessario per "riaprire lo spazio di una sinistra politica".
Che dite, giochiamo a farfallina? 

10 commenti:

  1. Fra le prime due proposizioni non c'è una reale contrapposizione.

    Il problema è piuttosto questo: in che modo, secondo quali procedure d'investitura le classi dominanti occupano il potere ed impongono le loro leggi al resto della società? Attraverso una dittatura oppure mediante figure ufficialmente investite con sistemi democratici, ossia che ricevono un mandato da quel popolo che, negli ordinamenti democratici, è il titolare della sovranità nazionale?

    Nel primo caso il problema non si pone, dato che le classi dominanti il "diritto" di legiferare se lo prendono da sole proprio al fine d'imporre i loro interessi all'intera collettività. Essendosi fuori dallo scenario democratico, quello che tu chiami il "basso" è fuori dal gioco, non ha sul piano giuridico-istituzionale alcuna voce in capitolo e non è chiamato ad esprimere alcuna effettiva rappresentanza dei propri interessi.

    Nel secondo caso (potere legislativo democraticamente eletto), mi pare evidente che se le leggi sono fatte ad uso e consumo di una minoranza di individui, spetta unicamente al "basso" (la maggiornanza dei cittadini-elettori) valutare ed eventualmente sanzionare i propri rappresentanti con la loro non rielezione e sostituzione con altri.

    Se ciò non accade è fondamentalmente per due motivi:

    1) perché comunque il popolo sovrano, per qualsivoglia ragione, approva o accetta consapevolmente l'operato dei suoi rappresentanti;

    2) perché il suddetto popolo sovrano, fottendosene di capire più approfonditamente quali interessi effettivi siano perseguiti dai suoi eletti nel legiferare, hanno volontariamente rinunciato ad esercitare la vigilanza democratica sull'operato di coloro che hanno mandato a rappresentarli in Parlamento.

    Nell'uno e nell'altro caso, il predominio degli interessi delle classi dominanti è il portato di una scelta dal "basso" e non qualcosa che vi si contrappone.

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    1. In realtà c'è una terza possibilità: che il popolo sovrano non ritenga di approfondire quali interessi effettivi siano perseguiti perché è convinto che le élites facciano sostanzialmente gli interessi collettivi, sia pure con molti difetti e limiti, determinati TUTTAVIA solo dalla corruzione, cioè dalla natura umana.

      Ad esempio: abbattere il debito pubblico viene percepito come un obiettivo giusto da perseguire, mentre la sua crescita è ascritta a sprechi e fenomeni corruttivi (oltre al fatto che le generazioni precedenti hanno vissuto "al di sopra delle loro possibilità").

      La domanda che sorge, allora, è: chi mantiene il popolo dell'inconsapevolezza, chi lo inganna? Le élites? Se fosse così non basterebbe, il dubbio si insinuerebbe presto nelle coscienze. Serve un aiutino, che viene fornito da una parte del ceto politico, quella che si propone come difensore degli interessi popolari. Sussumere agli interessi dei ceti dominanti questa componente del ceto politico è un passaggio fondamentale.

      [continua]

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    2. Vi riporto l'affermazione di Eleonora Forenza:

      «Per riaprire lo spazio di una sinistra politica occorre riaprire lo spazio del conflitto sociale, se non si riapre tale spazio non può esserci una sinistra degna di questo nome.»

      Analizziamo la frase. Viene proposta una corrispondenza tra "lo spazio di una sinistra politica" e "lo spazio del conflitto sociale". Con ciò si suggerisce l'idea che solo la "sinistra politica" può porsi come interprete del cosiddetto "conflitto sociale", la qual cosa, se permettete, è già una babbionata straordinaria perché riduce il concetto di conflitto sociale alla lotta di classe, senza però nominarla.

      Che si tratti di cose profondamente diverse appare evidente già solo considerando che anche lo scontro tra gli interessi finanziari e quelli industriali all'interno del Capitale è, esso stesso, un "conflitto sociale". Se ne deve occupare la "sinistra politica", e solo essa? E perché? E' un "conflitto sociale anche quello tra tassisti con licenza e senza, tra ambulanti e commercianti, tra residenti e immigrati etc.

      Ecco dunque che la cosiddetta "sinistra politica", secondo quanto suggerito da quella frase, ha titolo per occuparsi di tutto, fuorché di una cosa: di lotta di classe. Quello di "lotta di classe" è un concetto diverso rispetto all'indifferenziato conflitto sociale, perché presuppone necessariamente un'operazione di sintesi e astrazione dalla miriade di conflitti esistenti, onde ricondurli ad una visione sincretica del funzionamento dei meccanismi di potere e controllo.

      [continua]

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    3. Nota: mi sono espresso male: intendevo scrivere "riduce al concetto di conflitto sociale la lotta di classe, senza però nominarla."

      [continua]

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    4. La tua terza ipotesi io l'avevo compresa nella mia seconda. Nessuno si fa prendere per il culo se un tantinino non lo vuole o non se lo va egli stesso a cercare.

      Oggi giorno informarsi è alla portata di tutti e chi non ha avvertito lo stimolo a squarciare il velo di Maia non vuole sapere e desidera che le cose vadano avanti così.

      Non riesco più a raccontare a me stesso che se nulla si muove la colpa è principalmente delle èlites e dei politicanti al loro servizio con annesso circo mediatico. La maggiore responsabilità è di chi ha a disposizione ma si mette nelle condisioni culturali di non sapere usare gli unici veri strumenti per imprimere democraticamente una svolta (scheda elettorale e matita copiativa).

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    5. Riguardo alla equazione sinistra = conflitto sociale, concordo sul fatto che è un'idiozia, se non altro perché una simile identità concettuale condannerebbe la sinistra ad essere in eterno relegata ad un ruolo di opposizione (se il conflitto sociale è la mia identità, questa identità viene meno quando, dovendo governare, sono costretto a mediare i conflitti).

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    6. E' vero che "Oggi giorno informarsi è alla portata di tutti" come pure che "chi non ha avvertito lo stimolo a squarciare il velo di Maia non vuole sapere e desidera che le cose vadano avanti così", ma il punto è proprio nella frase evidenziata:

      chi non ha avvertito lo stimolo

      La ripeto, per sottolinearne l'importanza: chi non ha avvertito lo stimolo, chi non ha avvertito lo stimolo, chi non ha avvertito lo stimolo.

      Vedi Claudio, la maggior parte delle persone ha natura gregaria. Dirò di più: chiunque di noi si comporta, pensa, agisce in modo gregario in molti ambiti della propria vita, ed è un bene che sia così perché questo è un "carattere" selezionato dall'evoluzione o, se preferisci, iscritto teleologicamente nella nostra natura da Chi ci ha creato, che è necessario alla vita. Se la natura della maggior parte degli esseri umani non fosse "conservatrice" non potrebbe svilupparsi quell'organismo complesso che chiamiamo "società".

      Il cambiamento è sempre, specialmente all'inizio, compito di una minoranza, di un'avanguardia se vogliamo usare un termine caro ai marxisti dell'Illinois. In politica queste minoranze devono battersi, prima ancora che con i veri nemici di un cambiamento, quelli cioè che godono di un vantaggio reale dallo "status quo ante", con i loro alleati prezzolati e/o ideologicamente sussunti ai loro interessi. Oggi costoro sono i "sinistrati".

      Per questo l'espressione usata da Eleonora Forenza ("riaprire lo spazio del conflitto sociale") mi ha colpito. Essa rivela la volontà di preservare il proprio ruolo di finti antagonisti, coniugata con la necessità di non irritare i veri azionisti di riferimento della "sinistra eurista" pronunciando la parola proibita: lotta di classe.

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    7. Se l'istinto conservatore dell'uomo è normale ed utile al suo vivere in società, allora dobbiamo concedere che anche l'istinto conservatore della Forenza è normale e socialmente utile. O no?

      Chi si fa pecora per seguire il buon pastore compie una scelta (il libero arbitrio è un valore etico responsabilizzante che impone all'uomo di usare bene il cervello). Se questa scelta lo porterà nella pancia del lupo, è moralmente "normale" che subisca le conseguenze di essa.

      Se perdiamo l'aggancio etico-filosofico al libero arbitrio del singolo e alle correlate responsabilità che esso comporta, perdiamo il senso di concetti come democrazia, libertà e dignità umana. Chi delega ad altri il compito di pensare e gestire il proprio destino non ha bisogno di democrazia e della libertà e dignità non sa cosa farsene.

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  3. orco, a me interessava soprattutto il concetto di flessibilità dello stato o di qualsiasi altro organismo di fronte a mutamenti ambientali repentini ( Shock ).
    In questo senso regole troppo rigide possono avere conseguenze pericolose per la stessa sopravvivenza di un ente o un organismo o una specie determinandone un futuro di evoluzione o estinzione.
    in questa ottica più sovranista che di sinistra la presenza di regole troppo rigide ( un cambio fisso, una politica fiscale ideologicamente contrattiva, un trattato internazionale irrevocabile.... etc )
    mettono in discussione non il futuro della sinstra, ma quella di un intero popolo faticosamente e dolorosamente costruito all' interno dei confini nazionali.

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