giovedì 16 marzo 2017

Pensierini notturni: il teorema del dentifricio

L'aver svuotato di sovranità effettiva gli Stati nazionali per trasferirla al livello dell'Unione Europea ha avuto l'effetto di sterilizzare la dialettica destra-sinistra. Questa si è ormai trasformata in un confronto tra europeisti e anti-europeisti: un dato di fatto che avrà l'effetto, finché resterà in primo piano, di trasfigurare il conflitto di classe, occultandolo. Ne abbiamo conferma ogni giorno. Il dibattito politico verte in gran parte sui problemi dell'immigrazione, intesa come fenomeno di ordine pubblico e di stravolgimento dell'identità culturale dell'occidente, quest'ultima fatta percepire dalla vulgata dei media nei termini di commistione di costumi di vita. Nel frattempo, e paradossalmente, assistiamo ad un furibondo attacco laicista alle fondamenta antropologiche di questa stessa identità.

Il piddino Emiliano, intervistato alla Gabbia, ha la faccia tosta di affermare che senza gli immigrati l'agricoltura del sud non sopravviverebbe alla concorrenza, glissando sul fatto che la disoccupazione giovanile in quelle regioni è al 60%! Il bello (si fa per dire) è che ha ragione! La moneta unica, il principio della libera circolazione dei fattori produttivi (su cui è costruita l'UE), tutto l'impianto dei trattati edificato sull'ossessione della stabilità dei prezzi da perseguire ad ogni costo, nonché il divieto di intervento degli ex Stati nazionali nell'economia - un principio quest'ultimo che si applica ai concorrenti (l'Italia) ma si "interpreta" per sé stessi (la Germania) - tutto ciò e altro ancora concorre a dare ragione al piddino Emiliano. In altre parole: c'è il pilota automatico! Che poi di "automatico" ha solo la provinciale e miope volontà imperiale della nazione che ha fatto più danni negli ultimi cento anni: la Germania. Sì, proprio il paese dove un imbianchino trovò l'appoggio della grande industria, e quello dei circoli massoni antidemocratici di oltre oceano prima che da quel versante si mobilitasse una reazione che, tuttavia, riuscì a vincere la sfida solo grazie al contributo decisivo dell'Unione Sovietica.

La conseguenza di tutto ciò è che, invece che tra destra e sinistra, la dialettica politica ha, in questa temperie storico-politica, una nuova polarizzazione: pilota automatico sì o no. Le alleanze politiche tradizionali ne risultano sconvolte. In altre parole la genesi del progetto europeo, nella versione nata a partire dal trattato di Maastricht (sebbene preceduta da una lunga serie di altri trattati, uno su tutti l'Atto Unico Europeo del 1986) ha avuto l'effetto, previsto e voluto, di frantumare la tradizionale polarizzazione destra-sinistra, mentre la sua crisi ne ha fatto nascere una nuova che è destinata a rimanere in vita finché l'esito dello scontro fra gli Stati nazione e il tentativo di imporre un Nuovo Ordine Mondiale resterà irrisolto.

Lo scontro ha dimensioni planetarie, fino a coinvolgere il cuore dell'Impero, gli Stati Uniti d'America. Giova ricordare che questi ultimi, contrariamente a quanto circola sul web, non sono mai stati compattamente a favore dell'unione politica dell'Europa, ma hanno in realtà assecondato una precisa volontà di rinascita dell'influenza politica del vecchio continente che si manifestò a partire dal vertice di Rambouillet nel 1975, alimentata dalle nostalgie di grande potenza della Francia che sognava di imbrigliare la potenza economica tedesca ponendola al servizio delle sue mire.

E' l'asse franco-tedesco che ha voluto, fortissimamente voluto, l'Unione Europea, non gli Usa. Per i quali il progetto ha avuto, al più, un valore strumentale da usare finché c'era convenienza, e da abbandonare, se non combattere, quando questa fosse terminata.

Da "la resilienza dell'euro": "Il vertice di Rambouillet del 1975 (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone) poneva momentaneamente in secondo piano il processo di integrazione europea, sia economica che politica, promuovendo una strategia trilaterale mirante a coordinare le politiche delle aree industrializzate (USA, Europa e Giappone). La partecipazione dell’Italia (che inizialmente era stata esclusa) rappresentata da Aldo Moro, fu infine accolta perché il nostro Paese aveva, in quel momento, la Presidenza di turno della Comunità Europea, e anche per volontà degli Stati Uniti, ben al corrente del sostanziale disinteresse della DC dell’epoca, e in particolare proprio di Moro, per un’accelerazione del processo di integrazione europea. Ciò nonostante, per volontà della Francia e della Germania, il progetto non venne abbandonato.  Le ragioni furono di natura sia politica che economica. L’interesse politico era soprattutto dalla Francia, un paese che non si rassegnava al ruolo subalterno assunto dopo la fine della guerra mondiale, mentre la Germania coltivava un interesse soprattutto economico."

Accade così che, essendo la sinistra ad avere il monopolio della dialettica destra-sinistra, ovvero del conflitto tra Capitale e Lavoro, oggi questa famiglia politica - almeno la sua articolazione nobile impegnata nell'analisi concettuale del divenire - è profondamente divisa. Una parte ha scelto di vivere la contraddizione del presente gettandosi anima e corpo nella battaglia tra Stati nazionali e Nuovo Ordine Mondiale, ovviamente dalla parte degli Stati nazionali, mentre un'altra, ancora maggioritaria, ha sposato la tesi secondo cui "il dentifricio ormai è uscito dal tubetto", e dunque che la dialettica Capitale-Lavoro debba inevitabilmente essere agìta nella cornice del nuovo scenario mondialista.


Lo scontro ideologico interno alla sinistra è tutt'ora in corso senza vinti né vincitori. Finché durerà, questa parte politica, che detiene la golden share della dialettica Capitale-Lavoro, resterà fuori gioco. Pertanto è la destra politica, oggi, a condurre la battaglia contro il pilota automatico, con tutto l'inevitabile ciarpame che è necessario sopportare da parte di chi ne condivide l'obiettivo politico congiunturale ma si trova a disagio con tutto il resto. Tutto ciò provoca un silenzioso quanto consistente fenomeno di migrazione politica di molti che, rifiutando il teorema del dentifricio, ritengono (da sinistra) che l'obiettivo prioritario sia quello di distruggere l'Unione Europea, e solo in un secondo tempo tornare al conflitto tradizionale tra destra e sinistra, imperniato sulla dialettica Capitale-Lavoro.

La mia previsione è che la battaglia a sinistra sarà vinta, purtroppo, dai sostenitori del teorema del dentifricio, e quella contro il pilota automatico dalle destre. Come al solito...

sempre in culo agli operai!

8 commenti:

  1. Non condivido la lettura del primo paragrafo.

    Non è che non ci sono più "destra e sinistra" e la lotta di classe è passata in secondo o terzo piano, è che la c.d. Destra ha trovato il grimaldello per scardinare ogni sistema basato su presupposti di sinistra.

    La Sinistra getta le sue basi su presupposti culturali.
    Le sue basi sono fragili per antonomasia, basta spezzare il "filo conduttore" e le "formiche" si perdono e necessitano di tempo per ritrovare la strada perduta.
    La Destra, invece, reagisce liberando gli impulsi primordiali, gli istinti animali che han permesso all'umano di sopravvivere anche nelle peggiori condizioni.

    E' comprensibile che nel breve periodo sia la Sinistra a perdere e pagarne il prezzo maggiore.

    Quindi anche la dicotomia Europa si/Europa no non è che distolga dalla lotta di classe, è esso stesso il campo entro il quale si è spostato lo scontro.
    Il problema è la propaganda pop che distorce il "campo visivo" e sposta, modifica e camuffa l'essenza dello scontro.

    Fino a che la Sinistra si ostinerà a non voler riconoscere le differenze antropologiche tra popoli diversi, riportando lo scontro entro confini controllabili e riconoscibili, la destra avrà gioco facile nel portare lo scontro ad un livello nel quale i paradossi della metafisica sinistrorsa mostrano tutti i loro limiti.

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  2. Credo che diamo un significato diverso ai termini destra-sinistra, e mi scuso per non aver aggiunto una nota che chiarisca la mia interpretazione. Lo faccio adesso, rispondendoti.

    Per me è di destra ogni organizzazione politica o idea di società che NON si pone l'obiettivo della redistribuzione dei redditi e della proprietà collettiva dei mezzi di produzione, eventualmente mediata dallo Stato; è di sinistra ogni organizzazione politica o idea di società che si pone l'obiettivo della redistribuzione dei redditi e della proprietà collettiva dei mezzi di produzione, eventualmente mediata dallo Stato.

    Tutto ciò che non rientra in questa definizione non è, dal mio punto di vista, catalogabile come destra o sinistra. Ad esempio, una forza politica che si ponga gli obiettivi di cui sopra (redistribuzione del reddito e proprietà collettiva dei mezzi di produzione) ma sia favorevole alla pena di morte, che sia liberticida e ossessivamente moralista nei costumi, è pur tuttavia di sinistra. Ovviamente una sinistra contro la quale mi batterei, ma non per eliminare gli obiettivi di cui sopra. Analogamente, una forza che si ponga obiettivi opposti a quelli di cui sopra, ma che promuova la democrazia, la partecipazione, le libertà individuali, resta pur sempre una forza di destra, contro cui mi batterei affinché siano perseguiti gli obiettivi di cui sopra (redistribuzione del reddito e proprietà collettiva dei mezzi di produzione).

    Insomma, la famosa dicotomia destra-sinistra si gioca sui contenuti di cui sopra (redistribuzione del reddito e proprietà collettiva dei mezzi di produzione). Ovviamente la politica è molto più di essi, ma mi rifiuto di riferirmi a tutto il resto con i termini destra-sinistra.

    Ora, è un fatto che l'UE si pone in opposizione agli obiettivi di cui sopra, dunque è di destra, ma le forze politiche cosiddette(si) di sinistra si rifiutano di prendere atto della realtà. Dunque, non resta che mettere da parte la famosa dicotomia e combattere per distruggere l'impianto liberista (e di destra) dell'UE.

    Domanda: perché forze dichiaratamente di destra si battono, anch'esse, contro l'UE? Risposta: perché di destre ce ne sono molte, e di sinistra una e una sola, quella che si batte per gli obiettivi di cui sopra, redistribuzione del reddito e proprietà collettiva dei mezzi di produzione.

    Infine: la sinistra è sempre buona? Risposta: no! Domanda: perché? Risposta: perché non di solo pane vive l'uomo.

    p.s. la destra è sempre cattiva? Risposta: sì.

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    1. "Proprietà collettiva dei mezzi di produzione" pensavo l'avessimo finalmente messa nella bacheca delle cosa da NON fare.
      E il motivo non è culturale ma biologico.
      Ed è anche il motivo, che ho spiegato più sopra, per il quale la c.d. sinistra ha perso e continuerà a perdere se intende perseguire quegli obbiettivi.

      A me non resta che una considerazione; se intendete continuare sulla china dei "mezzi di produzione condivisi" è chiaro che si tratta di una prospettiva perdente (è chiaramente un mio punto di vista e come tale va preso, la differenza la fa il fatto che trova un riscontro, secondo la scienza comportamentale, nei risultati reali dei sistemi sociali). Secondo il tuo punto di vista, che considera sinistra la "proprietà collettiva dei mezzi di produzione, al mondo, e dico forse, la sinistra non esiste.

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    2. La "proprietà collettiva dei mezzi di produzione" non è la stessa cosa della proprietà collettiva dei beni di consumo. Una pluridecennale propaganda liberale ha stravolto il significato di questa espressione portando le persone a credere che "i comunisti ti vogliono prendere la casa", e magari anche la moglie e i figli. Caso strano, questo è esattamente quello che stanno facendo i liberisti, con il cavallo di Troia dell'euro e dell'Unione Europea!

      Ai contadini hanno fatto credere che "proprietà collettiva dei mezzi di produzione" significasse che non erano più proprietari della loro zappa, o del loro trattore! Nei piccoli borghesi hanno instillato l'idea che il progresso dell'umanità sia il frutto dell'iniziativa dei singoli, e non dello sforzo comune di intere civiltà, talvolta capaci di governarsi democraticamente, tal altra e più spesso guidate da una élite politica (ad esempio le classi nobili) che, tuttavia, pur godendo di privilegi innegabili come pure di obblighi, avevano ben chiaro il principio che ogni reale avanzamento sociale è possibile solo attraverso la cooperazione.

      Il liberismo ha introdotto il concetto di individuo. Bene, immagina di vivere nella preistoria: ognuno va a caccia per conto suo, nella sua frazione di territorio. Può funzionare? No. In quei tempi i territori di caccia erano una proprietà collettiva. Lo stesso vale per le società agricole. Te lo fai da solo il sistema irriguo? Ebbene, cosa propone il liberismo? Che tali mezzi di produzione non siano più in comune, ma di proprietà dei singoli, e che ognuno può appropriarsi di una parte sempre maggiore di essi eventualmente dando lavoro a chi non possiede nulla in cambio di un tozzo di pane. Una cosa difficile da farsi, tanto è vero che spesso si preferiva ricorrere alla violenza: nasce la schiavitù.

      Ma, con l'invenzione del denaro, le cose si semplificano: non ti do un pezzo di pane, ma del denaro, col quale puoi comprare quel che vuoi. Resta chiaro che i mezzi di produzione sono miei, e tu non sei un cazzo!

      [continua]

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    3. Nelle moderne e complesse società, ovviamente, l'espressione "proprietà collettiva dei mezzi di produzione" non significa che tutte le fabbriche, tutte le aree agricole, tutte le aree urbane debbano essere una proprietà collettiva. Ma cribbio! Il potere di emissione monetaria sì! Il sistema di telecomunicazioni sì! Strade e autostrade sì! La produzione e distribuzione dell'energia elettrica sì! L'acqua sì! La previdenza pubblica sì! L'assicurazione pubblica contro gli infortuni sì! La sanità sì! La scuola sì! L'assetto idrogeologico del territorio sì!...

      Ma cazzo! (e scusa se alzo la voce) mi dici perché paghi le tasse se ognuno di questi servizi lo paghi già sotto forma di tariffe ai privati?

      Lo capisci qual è il contesto in cui deve essere intesa l'espressione "proprietà collettiva dei mezzi di produzione"? Oppure sei stato talmente condizionato da decenni di sporca propaganda liberista da avere reazioni simili ai contadini di tanti anni fa che credevano che "i comunisti ti prendono la casa"?

      Sandro, scusami ma questa sera sono focoso. Però non ne posso veramente più di certe reazioni AUTOMATICHE, come quella che hai avuto, da parte di persone che non vogliono capire di essere state pesantemente condizionate, per tutta la vita, a pensare contro i loro stessi interessi.

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    4. No tranquillo, ti capisco, però due cosette vorrei sistemarle.
      Questa mia non è una reazione automatica, ho scritto, dopo averle profondamente analizzate cose come questa: "E' assodato che, la mancanza di condizioni minime di sopravvivenza convogli tutte le forze disponibili al raggiungimento delle esigenze primarie, mentre, soddisfatte tali esigenze, gli sforzi si disperdano in ordine alle esigenze interpersonali.
      L'illusione dell'Uomo Moderno Contemporaneo è credere che la soddisfazione delle esigenze primarie sia una condizione a prescindere dai sistemi sociali, e che quindi la condizione privilegiata di alcuni sia dovuta solo a meriti propri. #ingratidelcazzo"

      Credo sia abbastanza esplicativa di come la pensi.
      Poi, sul mio blog ho scritto proprio gli ultimi due post sulla questione "Banca", e aggiungo adesso che non è vero che faccia da tramite fra le diverse condizioni economiche degli "agenti economici".
      In verità è la "banca" a dettare il modo e la forma della società.

      Però quella dei "mezzi di produzione" è questione molto più articolata.
      Le scoperte nascono certo da condizioni che la collettività ha creato, ma restano pur sempre delle intuizioni fatte da persone intelligenti e capaci a cui va dato il giusto merito.
      Certo è anche che questo merito debba ricompensare la persona non oltre il prezzo del proprio sforzo e del proprio rischio.

      A me è capitato alcune volte, nel mio piccolo, certo, di "trovare" soluzioni di cui hanno beneficiato altri, i quali, una volta averne approfittato assieme al loro sottogruppo, manco han detto grazie. E questo non va bene. Se sei un buzzurro e non capisci un cazzo, non sei neppure in grado di apprezzare e gestire cose dal delicato equilibrio e di difficile mantenimento.

      Vabbè, ora devo andare a farmi sfruttare, ma ho scoperto che non è "un tizio" che lo sta facendo, ma un insieme di "tizi" che fanno sistema, poi magari approfondirò.
      Buona giornata.

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  3. "Una pluridecennale propaganda liberale ha stravolto il significato di questa espressione portando le persone a credere che "i comunisti ti vogliono prendere la casa", e magari anche la moglie e i figli. Caso strano, questo è esattamente quello che stanno facendo i liberisti, con il cavallo di Troia dell'euro e dell'Unione Europea!"

    Game set and match

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  4. Se permettete vorrei portare un contributo di chiarimento alla discussione.

    La Costituzione vincola la Repubblica ad operare affinché sia assicurata, in termini di macro-output, una equa redistribuzione dei redditi (art. 2, comma 2, art.3, comma 2, ma anche art. 36 e art. 47).

    Quanto alla collettivizzazione dei mezzi di produzione, la questione è invece più articolata in quanto la Costituzione riconosce e tutela la proprietà privata dei beni, anche di quelli strumentali alla produzione, ferma restando la possibilità (non l'obbligo) da parte del legislatore di nazionalizzare per finalità d'interesse generale (mediante espropriazione dei privati) la proprietà dei mezzi di produzione di determinati beni e servizi (artt. 42 e 43).

    Cosa comporta tutto questo? Comporta che sono "out" dal sistema costituzionale tanto le forze politiche che perseguono un accentramento della ricchezza in capo a pochi quanto quelle che propugnano la collettivizzazione generalizzata ed indiscrimminata della ricchezza mediante l'accentramento nelle mani dello Stato o ad altra entità pubblica della proprietà dei beni che servono a craerla e ad implementarla.

    Conclusione: nel modello costituzionale non c'è spazio per progetti politici che siano tout-court di destra e di sinistra, ma solo per programmi che si collochino più a destra o più a sinistra rispetto alla zona centrale di una ideale banda di oscillazione definita dalla Costituzione.

    Pertanto, la collettivizzazione dei mezzi di produzione come elemento fondante l'essere di sinistra di un partito politico va oggi intesa alla stregua di un imput programmatico avente valenza solo tendenziale, nel senso che al suo massimo grado d'intensità una simile spinta non può oltrepassare i suddetti limiti costituzionali di collettivizzazione della proprietà dei mezzi di produzione della ricchezza e del benessere.



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