L'incontro tra alcune forze sovraniste e l'on.
Luca Frusone del
m5s, organizzato dalle
Brigate Sovraniste per la Costituzione (
qui tutti i video), è stato molto interessante e, a tratti, intenso. Sebbene il termine "
intenso" non sia, forse, il modo più preciso di descrivere la bagarre scatenatasi verso la fine di una fase del dibattito, in cui si è discusso di
occupazione, salario di cittadinanza e reddito minimo garantito.
I video di riferimento sono il
IX e seguenti, fino al
XIII (i più
topici sono proprio il IX e il XIII).
I fatti stilizzati
Prendendo la parola ho chiesto all'on. Frusone chiarimenti sulla base valoriale del m5s. Frusone (giustamente) non capisce dove voglio andare a parare, ragion per cui al
minuto 3'38'' lo interrompo citandogli il primo capoverso del primo articolo della Costituzione italiana ("
L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro."). Ne nasce una discussione nella quale interviene anche un giovane amico, Fabrizio e, successivamente, Moreno Pasquinelli. In sintesi (come lo stesso Fabrizio sottolinea),
io sostengo la tesi secondo cui il primo articolo della Costituzione deve essere inteso come un principio di politica economica (
Keynesianism is Statism!).
Questa lettura non veniva condivisa da Frusone e Pasquinelli, entrambi i quali si lanciavano (
video dal X al XII) in una discussione sugli aspetti positivi e l'opportunità di forme di sussidio al reddito, nonché su altre questioni.
Dopo una mezz'oretta l'amico Fabrizio, che nel frattempo era uscito a discutere con alcuni dei presenti, rientrando in stato di evidente agitazione interveniva nel dibattito chiedendo a Pasquinelli chiarimenti sul significato dell'espressione "uscita da sinistra". Ne seguiva una fase concitata, causata anche dalla mia brusca richiesta all'amico Fabrizio di non eccedere nella pretesa di accentrare il dibattito su temi da lui stesso proposti e che gli stanno più a cuore. Una modo di fare, questo, che purtroppo caratterizza troppo spesso il suo modo di confrontarsi in pubblico, che io conosco bene; e che in questa circostanza, forse sbagliando, ho inteso reprimere con decisione.
Purtroppo Fabrizio, quando si scalda, tende veramente ad esagerare e, anche in questa circostanza, non si è smentito. Tutti noi che lo conosciamo alla fine lo perdoniamo, proprio perché sappiamo distinguere le sue vere opinioni, e soprattutto i suoi sentimenti, dalle bordate polemiche che gli fuoriescono dalle viscere quando si arrabbia.
In questo post voglio esaminare il punto di vista di Fabrizio (e mio) nella polemica che ci ha visto opposti a Frusone e Pasquinelli, al netto dei suoi eccessi verbali (tipo le grida "voi comunisti" et similia), alle quali non intendo dare, per amicizia e per le ragioni già esposte, un peso eccessivo.
Il primo articolo della Costituzione italiana è un principio di politica economica
Una delle obiezioni di Pasquinelli è stata che "
non tutti sono in condizioni di lavorare", unitamente al richiamo al noto slogan “
Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Non so se sia stato proprio questo il passaggio che ha fatto saltare la mosca al naso di Fabrizio, ma rende bene la natura della contrapposizione ingeneratasi. Né gli argomenti addotti da Frusone sono stati, a mio avviso, più soddisfacenti per me e Fabrizio, sebbene fossero di natura diversa, meno ispirata sul piano morale.
Ora è ovvio che chi non è in condizioni di lavorare debba ricevere un sussidio dalla collettività, cioè dallo Stato, per cui il punto non è questo. Il punto è un altro, ed ha a che fare con l'obiettivo istituzionale che è possibile assumere, da parte di chi oggi fa politica, come orizzonte del possibile; e non come orizzonte utopico, legittimamente coltivabile da chiunque ma che non è opportuno utilizzare nell'ambito di un confronto basato (si spera) sulla concretezza. Pasquinelli ha tutto il diritto di sognare l'ultima fase della società comunista, tuttavia, da buon politico, dovrebbe sapere che i sogni aiutano a vivere ma la vita non è un sogno.
Questo significa che se, nella fase attuale, egli vuole costruire alleanze, non può proporre uno slogan adatto tutt'al più per l'ultima fase della società comunista; così come non può sottovalutare il fatto che le proposte di reddito di cittadinanza e reddito minimo garantito evocano le soluzioni immaginate da Von Hayek nella sua visione estrema di un sistema sociale nel quale le pulsioni alla rivolta vengono sopite attraverso l'elemosina. Ciò in quanto uno Stato che si limiti a trasferire reddito ai cittadini più poveri attraverso un prelievo fiscale dalle risorse dei cittadini più ricchi non adempirebbe alla sua funzione democratica! Sarebbe, né più e né meno, uno Stato elemosiniere.
Per queste ragioni ho sostenuto che al reddito, a ogni forma di reddito in capo a un cittadino in età e condizioni lavorative, deve corrispondere un lavoro (fa eccezione il caso degli inabili al lavoro, i quali dovrebbero ricevere ben più che sussidi). Ma, obietta Frusone, un certo studio di una tal società prevede che, nei prossimi decenni, il 40% delle attuali mansioni lavorative sarà scomparso. E allora, caro Frusone, cosa vuoi dedurre da ciò? Intanto potrei segnalarti che buona parte dell'attuale disoccupazione cesserebbe immediatamente se si tornasse ai carichi di lavoro di qualche decennio fa. Io, per esempio, con uno stipendio che in termini reali è lo stesso di quando iniziai a lavorare, oggi lavoro il 40% in più. Ma non voglio fare discorsi un tanto al chilo, per cui lasciamo stare.
La verità è che l'affermazione "il lavoro sta scomparendo" sottende una visione della società nella quale il lavoro ha valore solo ed esclusivamente in quanto produce un profitto privato. Cioè a dire che Caio lavora se e solo se c'è un Tizio che, dandogli lavoro, ne estrae un profitto. E ovviamente in una tale società c'è posto, oltre che per un numero decrescente di addetti a una produzione sempre più meccanizzata, solo per gli inservienti dei padroni, mentre la gran parte deve essere tenuta tranquilla e ai margini da benevole elargizioni e divertimenti di massa. Al contrario, il primo articolo della Costituzione afferma che il lavoro ha valore in quanto tutti, dicasi tutti, hanno il diritto, se lo desiderano, di partecipare alla vita economica, in quanto soggetti attivi e protagonisti della produzione e dello scambio, e che lo Stato deve promuovere le condizioni affinché ciò si realizzi.
Il che implica, qualora non fosse chiaro, che anche la scelta di cosa produrre, e come produrlo, deve essere sottratto, nella misura in cui ciò è necessario, all'esclusiva determinazione delle forze di mercato. L'entità dell'intervento statale può essere minore o maggiore, in funzione degli equilibri che storicamente si determinano tra gli interessi privatistici e quelli collettivi, ma il principio non deve mai, giammai, altrimenti detto arci-ultra-giammai, essere dimenticato! L'alternativa essendo tra le vuote chiacchiere sull'ultima fase della società comunista o i deliri alla Von Hayek.
Io credo che l'amico Fabrizio (che ho sentito telefonicamente dopo l'incontro) si sia adirato, eccedendo poi verbalmente, perché si è ritrovato, lui giovane laureato che ha perso il lavoro e non ne trova uno nuovo che non sia ultra precarizzato, proprio perché ha colto, nel dibattito tra Frusone e Pasquinelli, i termini di questa improduttiva e inconsistente alternativa, ammantata dall'una e dall'altra parte di visioni fumose.
L'Italia è piena di giovani come Fabrizio, che hanno bisogno prima di tutto di proposte chiare sul piano della concretezza, essendo il ricorrere alle utopie il modo peggiore di combattere l'attuale distopia sociale. A mio parere la Costituzione italiana del 1948, proprio perché non è perfetta e dunque non è un'utopia, è una valida guida per orientarci nelle attuali temperie.
Dedicato a Moreno Pasquinelli

Caro Moreno, tu mi sei simpatico in una misura che trascende la condivisione delle idee. Mi sei simpatico perché la passione che metti nelle cose che fai ti rende, ai miei occhi, simile a un mistico. Vuoi fare la rivoluzione, e sogni che questa possa avvenire nella forma di una sollevazione che tu intendi,
coregime se sbalio, come presa di coscienza di gran parte dei ceti sociali dei propri reali interessi, in conseguenza del fallimento dell'attuale assetto capitalistico. Non so se hai ragione o meno, non importa. Il fatto, però, è che una cosa sono le visioni, che non raramente (la storia insegna) possono avverarsi; altro è condurre trattative con le altre forze politiche. Chi ha capacità visionarie, infatti, corre il rischio di essere troppo ottimista concentrandosi sugli aspetti positivi delle controparti, immaginando che questi finiranno, nello svolgersi degli eventi, con il prevalere. Questo, a mio parere, è esattamente l'errore che fai con il m5s.
Detto in altre parole, se io fossi un capo di governo sceglierei per te un ruolo da ministro del lavoro, ma non ti nominerei ministro degli esteri. Così come, e ne hai avuto contezza in più occasioni, il ruolo di "moderatore" non è il più adatto per il mio carattere: io dovrei fare il ministro della propaganda. [Addendum: ma non vorrei mai farlo]
Questo non significa che non si debba dialogare con singoli attivisti del m5s, ma solo nella prospettiva di una riduzione del consenso per questo partito che si verificherà non appena le questioni veramente importanti saranno sul tappeto, e in molti comprenderanno la sua natura intrinsecamente euroliberista. A quel punto, avendo dialogato con essi, sarà possibile per noi sovranisti attrarre nella nostra orbita una parte degli attivisti e del consenso elettorale. Tuttavia mi sembra che tu, al fine di perseguire questa strategia, talvolta tenda a sottostimare la gravità di alcune loro posizioni. Ebbene, al netto della condivisione dell'idea che lo Stato (se preferisci: la collettività) debba svolgere funzioni di sussidio al reddito per gli inabili, trovo che tu stia esagerando in ottimismo. Naturalmente tu potrai obiettare che su molte questioni importantissime le posizioni del m5s sono condivisibili (dalle battaglie referendarie contro il nucleare e per l'acqua pubblica alle più recenti prese di posizione per l'uscita dall'euro), ma io, che sono ciociaro e quindi diffidente come un contadino, non sono convinto.
Sai, spesso mi sono sbagliato sulle persone (spero non sia il tuo caso) ma sulle questioni politiche sono molto più pessimista. Vedremo chi ha ragione.