mercoledì 29 gennaio 2025

È tutta 'nVidia signora mia!

I cinesi hanno creato una nuova architettura. Un salto tecnologico. Tutto il resto è secondario. Adesso l'IA costa il 5% rispetto a prima, ovvero con la stessa potenza di calcolo si può realizzare 20 volte l'IA di prima.
Se il processo continua la domanda sarà: che ne facciamo di tutta questa IA? Dove sono le applicazioni che il mercato chiederà senza che sia necessario imporre norme coercitive per costringere gli umani a usare l'IA anche per andare al cesso?

Link correlato: The game changer - 28 gennaio 2025

martedì 21 gennaio 2025

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza

 

RIPRISTINARE LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E PORRE FINE ALLA CENSURA FEDERALE

ORDINE ESECUTIVO
20 gennaio 2025

In virtù dell’autorità conferitami come Presidente dalla Costituzione e dalle leggi degli Stati Uniti d’America, e ai sensi della sezione 301 del titolo 3 del Codice degli Stati Uniti, ordino quanto segue:

Sezione 1. Scopo

Il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, essenziale per il successo della nostra Repubblica, sancisce il diritto del popolo americano di esprimersi liberamente nella sfera pubblica senza interferenze del Governo. Negli ultimi quattro anni, l’amministrazione precedente ha calpestato i diritti di libertà di espressione censurando i discorsi degli americani sulle piattaforme online, spesso esercitando pressioni coercitive su terzi, come le società di social media, per moderare, escludere o sopprimere discorsi che il Governo federale non approvava. Sotto il pretesto di combattere “disinformazione,” “misinformazione” e “malinformazione,” il Governo federale ha violato i diritti di libertà di espressione costituzionalmente protetti dei cittadini americani, promuovendo la narrativa preferita dal Governo su questioni rilevanti di dibattito pubblico. La censura governativa della libertà di espressione è intollerabile in una società libera.

Sezione 2. Politica

La politica degli Stati Uniti è la seguente:
(a) Garantire il diritto del popolo americano a esercitare la libertà di espressione protetta costituzionalmente;
(b) Assicurare che nessun funzionario, dipendente o agente del Governo federale compia o faciliti alcuna condotta che violi incostituzionalmente la libertà di espressione di qualsiasi cittadino americano;
(c) Garantire che nessuna risorsa finanziata dai contribuenti venga utilizzata per compiere o facilitare condotte che violino incostituzionalmente la libertà di espressione di qualsiasi cittadino americano;
(d) Identificare e intraprendere le azioni appropriate per correggere comportamenti passati del Governo federale relativi alla censura della libertà di espressione protetta.

Sezione 3. Porre fine alla censura della libertà di espressione protetta

(a) Nessun dipartimento, agenzia, ente, funzionario, dipendente o agente federale può agire o utilizzare risorse federali in modo contrario alla sezione 2 di questo ordine.
(b) Il Procuratore Generale, in consultazione con i capi dei dipartimenti e delle agenzie esecutive, dovrà indagare sulle attività del Governo federale degli ultimi quattro anni che siano in contrasto con gli scopi e le politiche di questo ordine e preparare un rapporto da sottoporre al Presidente, tramite il Vice Capo di Gabinetto per la Politica, con raccomandazioni per azioni correttive appropriate da intraprendere sulla base dei risultati del rapporto.

Sezione 4. Disposizioni generali

(a) Nulla in questo ordine deve essere interpretato in modo da compromettere o influenzare:
(i) l’autorità concessa dalla legge a un dipartimento o agenzia esecutiva, o al loro capo; oppure
(ii) le funzioni del Direttore dell’Ufficio di Gestione e Bilancio in relazione a proposte di bilancio, amministrative o legislative.
(b) Questo ordine sarà attuato in conformità con la legge applicabile e subordinatamente alla disponibilità di stanziamenti.
(c) Questo ordine non intende, e non crea, alcun diritto o beneficio, sostanziale o procedurale, applicabile per legge o in equità da qualsiasi parte contro gli Stati Uniti, i loro dipartimenti, agenzie o enti, i loro funzionari, dipendenti o agenti, o qualsiasi altra persona.

CASA BIANCA,
20 gennaio 2025

A ruota libera

giovedì 16 gennaio 2025

C'è vita (epistemologica) nel Frusinistan!


Ho ascoltato con estremo e crescente interesse l'intervento del prof. Giancarlo Torroni, e vi invito a fare altrettanto.
Oggi ho chiamato l'amico Paolo Iafrate, che gestisce l'Associazione culturale Oltre l'Occidente a Frosinone, o Frusinistan come io preferisco chiamare questa cittadina che sogna di essere moderna quando in realtà è nobilmente arcaica e dovrebbe rivendicare questa sua natura. Paolo mi ha confermato che sabato 18 gennaio 2025 ci sarà il secondo dei quattro incontri previsti. Relativamente al primo, il cui video è qui proposto, mi sento di poterlo sintetizzare con la frase: il mistero di Dio è grande e il Cardinal Bellarmino è il suo profeta. Profeta del mistero, ovviamente.
Il nucleo del discorso di Torroni consiste nel ricordare che la scienza opera attraverso modelli della realtà i quali, più o meno efficaci e predittivi che siano, non sono la realtà stessa, concetto a sua volta sfuggente. Dunque la scienza non si occupa del VERO, che ci trascende, bensì dei corretti metodi per costruire delle rappresentazioni concettuali che sono sempre limitate e in divenire.
Sono riflessioni importanti che, fino a qualche anno fa, potevano essere ristrette a circoli più o meno ampi di pensatori riflessivi, che tuttavia è necessario estendere e far conoscere in ambiti più numerosi dopo la vicenda della psicopandemia. L'errata percezione di ciò che si intende per metodo scientifico è stata infatti una delle ragioni per cui quella narrazione terroristica, nonché i rimedi imposti, hanno trovato un alto livello di accettazione anche tra persone in possesso di buona cultura.

Spero di conoscere di persona il prof. Torroni e di riuscire a convincerlo a partecipare agli incontri che, insieme con un ristretto numero di amici, stiamo organizzando sia in presenza che utilizzando i metodi che la tecnica ci mette a disposizione. Quei metodi di cui riconosciamo l'efficacia ma, la cui utilità, rivendichiamo il diritto di accogliere o respingere in piena libertà.

martedì 7 gennaio 2025

Gli accordi del Plaza

Nel settembre 1985 furono stipulati gli accordi del Plaza con l'obiettivo di porre rimedio alla sopravvalutazione del dollaro verso le principali monete dei paesi del G5. La sopravvalutazione era una conseguenza della stretta monetaria del governatore della FED, Paul Adolph Volcker, che aveva stroncato l'inflazione degli anni '70, ma anche la crescita mondiale.

Una conseguenza indesiderata era stato l'afflusso di ingenti capitali verso gli USA che avevano determinato l'apprezzamento del dollaro e, di conseguenza, messo in difficoltà la bilancia commerciale. Gli accordi ebbero successo e il dollaro si deprezzò senza gravi conseguenze per le principali economie capitalistiche; con l'eccezione del Giappone che, all'inizio degli anni '90, entrò in una fase di bassa crescita dopo la fenomenale cavalcata del decennio precedente.

Appena 14 anni dopo, nel 1999, la Cina veniva ammessa nel WTO e ciò dava inizio all'era della globalizzazione. Il problema si ripresentò sia per il fatto che le autorità cinesi manovravano il mercato dei cambi al fine di mantenere lo Yuan svalutato, sia per la politica di aiuti di Stato perseguita dal PCC. Una critica, quest'ultima, difficile da giustificare sul piano della comunicazione pubblica perché, quanto ad "aiuti di Stato", gli USA erano e sono i campioni del mondo.

Contemporaneamente nasceva l'UE che, sul tema degli "aiuti di Stato", era inattaccabile in quanto espressamente vietati dai suoi trattati istitutivi. Tuttavia l'euro, assicurando alla Germania un vantaggio competitivo molto forte, incrementato successivamente dalle politiche di svalutazione salariale poste in essere, trasformava quel paese in una potenza esportatrice.

Gli Stati Uniti si sono così trovati a dover competere con due sistemi economici, Cina e UE, che di fatto stavano ricostituendo gli squilibri momentaneamente risolti con gli accordi del Plaza.

La reazione degli Stati Uniti è stata graduale: nei confronti della Cina con la minaccia di possibili ritorsioni doganali - poi passando ai fatti con l'avvento di Trump nel 2016 - e nei confronti della Germania con l'avvertimento del Diesel Gate nel 2014. Tuttavia i risultati non furono decisivi e, nel mentre si verificava l'incredibile (e ancora difficile da inquadrare) vicenda della psicopandemia, all'inizio del 2022 la Russia dava inizio all'Operazione Militare Speciale.

La Russia, come gli USA nel 1985 e oggi, era costretta a reagire davanti a una minaccia esistenziale. Giustificare la reazione della Russia implica necessariamente giustificare, o almeno comprendere, quella degli USA.

La guerra in Ucraina ha visto un tiepido sostegno da parte americana, specialmente dopo il fallimento della controffensiva ucraina dell'estate-autunno 2023 e, al contrario, un crescente coinvolgimento dell'UE. Questo perché la vittoria, o la sconfitta, in Ucraina costituiscono un esito di fondamentale importanza per quest'ultima, mentre per gli USA il rapporto tra i possibili guadagni e il rischio di un confronto diretto con le armi russe è sfavorevole.

L'UE è la grande sconfitta di questa fase storica perché dovrà abbandonare il sogno di ergersi come secondo pilastro dell'Occidente e piegarsi alla necessità di riequilibrare i suoi rapporti commerciali con gli Stati Uniti. Questi ultimi sono i veri trionfatori, almeno per il momento: hanno vinto una guerra praticamente senza combattere.

Resta il complesso problema della Cina, in una situazione internazionale molto più caotica di quella del 1985, nella quale attori regionali di ogni specie si affacciano sulla scena rivendicando il loro posto al sole.

Benvenuti nel mondo multipolare! E preghiamo tutti per l'Africa dove potrà abbattersi, nei decenni a venire, il flagello della guerra più spietata.

Le streghe del Ciociaristan meridionale

 Links:

lunedì 6 gennaio 2025

Sovranità e Indipendenza

Un paese è Sovrano quando è libero di decidere sulla sua politica interna; è Indipendente quando è libero di condurre una sua politica estera senza condizionamenti. Sovranità e Indipendenza sono dunque concetti diversi che molti confondono. La sovranità ha a che fare col modo in cui la ricchezza, comunque prodotta, viene redistribuita. Il Giappone, ad esempio, è un paese sovrano, sebbene non indipendente; è sovrano in quanto ha una sua Banca Centrale, controlla il suo debito pubblico e fa in modo che sia quasi del tutto nelle mani dei suoi cittadini; decide sulla sua legislazione del lavoro, sul suo sistema pensionistico e sul suo stato sociale. Il Giappone non è indipendente perché, per il fatto di partecipare al sistema internazionale del commercio, deve sottostare alle regole che vengono imposte dai paesi più forti e, nel quadro di queste, mantenere una posizione finanziaria netta verso l'estero in equilibrio. Fatto salvo ciò, la ricchezza che il Giappone produce, molta o poca che sia, è redistribuita secondo criteri decisi a valle della dialettica politica interna. Come il Giappone, molti Stati nel mondo godono della prerogativa della sovranità interna.

L'Italia è stata una nazione sovrana sebbene non indipendente fino al 1992 quando, in seguito al colpo di stato di tangentopoli, venne deciso di aderire al progetto dell'Unione Europea e alla moneta unica. A valle di ciò, l'Italia perse la sua sovranità in cambio della speranza di far parte di un organismo sovranazionale che potesse ambire a conquistare, nel suo insieme, l'Indipendenza. Per raggiungere questo obiettivo l'UE avrebbe dovuto trasformarsi in un vero Stato, dotarsi di un sistema fiscale comune, di un esercito a guida unica e di una sua politica estera man mano più indipendente. Possibilmente anche di un vero Parlamento. Nulla di ciò è avvenuto, i paesi che già godevano di spazi di Indipendenza li hanno conservati per se stessi, in primis la Francia e l'Inghilterra ma non solo, e la sovranità interna, precedentemente appannaggio delle classi politiche nazionali, è stata consegnata all'Unione Europea. Quest'ultima implementa il principio della concorrenza, non solo verso l'esterno, ma addirittura al suo interno, con la conseguenza che, sul piano della politica economica interna, tutti i paesi aderenti, soprattutto quelli che hanno adottato l'euro, sono diventati delle macro regioni, con l'aggravante che a quelli tra loro politicamente e/o economicamente più forti sono state concesse eccezioni che sono state negate agli altri, tra i quali l'Italia.

Il tentativo di questo sgorbio di statualità denominato Unione Europea è miseramente fallito quando gli Stati Uniti hanno cominciato a pretendere il rispetto degli equilibri nell'arena del commercio internazionale. La reazione dell'egemone è stata dapprima graduale, poi sempre più decisa, fino ad arrivare ai giorni d'oggi. Agli Stati Uniti, contrariamente a quel che credono molti fessi, nulla importa di questioni interne come lo Statuto dei Lavoratori, il sistema elettorale, i livelli salariali o il sistema pensionistico; la preoccupazione del grande e potente Stato d'oltre oceano è che le regole del commercio internazionale, da esso imposte e presidiate, non vengano infrante a suo danno, come pure che questo sforzo, che è militare e diplomatico, venga equamente - a suo giudizio - ripartito.

Il tentativo dell'UE di conquistare un suo spazio di Indipendenza è definitivamente fallito con la sconfitta militare in Ucraina e, adesso, gli Stati Uniti stanno presentando il conto. La frazione di ricchezza mondiale di pertinenza dell'Unione Europea è destinata a contrarsi e ciò avverrà inesorabilmente in un processo che si svilupperà in più fasi, ma a ciò si aggiungerà l'ancor più grave problema della ripartizione interna della ricchezza residua, sia nel complesso dell'Unione che a livello di singoli Stati. La gabbia delle regole dell'UE stringe in una morsa le classi lavoratrici che sono state chiamate, nel trentennio passato, a compiere sacrifici sull'altare di un progetto che avrebbe dovuto dare all'Europa l'agognata e riconquistata Indipendenza. 

Tuttavia la partita geopolitica dell'Unione Europea è persa e il solo egemone dell'occidente restano gli Stati Uniti. Ma la disgregazione dell'Unione Europea, formale o de-facto, deve essere seguita dalla riappropriazione, da parte dei singoli Stati, almeno della Sovranità economica interna, col suo ovvio portato di recupero di ampi spazi di democrazia, laddove ciò sarà possibile. Non che questo abbia il minimo interesse per gli Stati Uniti, capaci di allearsi sia con le democrazie che con le peggiori dittature, se e quando ciò è nel loro interesse. In altre parole, Trump e Musk disciplineranno l'Unione Europea, ma i lavoratori che quest'ultima ha disciplinato e sottomesso dovranno liberarsi da soli.

Quanto al resto, penso che l'Unione Europea debba essere distrutta.