L’espressione “nazionalismo arcaico” deriva dalla firma che apponevo ad alcuni video della metà degli anni dieci che, al tempo, recitava “Fiorenzo Fraioli sovranista arcaico”. A un certo punto, essendo il termine “sovranismo” divenuto di proprietà di partiti e movimenti che ne avevano stravolto il significato originale, che era costituzionale e in favore di un ritorno allo Stato interventista in economia, decisi di cominciare a firmarmi “Fiorenzo Fraioli nazionalista arcaico”. Ricevetti delle critiche, soprattutto da parte di persone che, interessate alle cose che dicevo, erano spaventate dall’uso della parola “nazionalismo”, ma decisi di tirar dritto per la mia strada. A distanza di anni le espressioni “nazionalista arcaico” e “nazionalismo arcaico” sono diventate un mio marchio di fabbrica che, spero, non mi venga sottratto.
Col passare degli anni ho elaborato e affinato la mia
visione politica ma, con l’eccezione di alcuni video, non ho mai provveduto ad
una sua sistematizzazione. Talvolta ho pensato di farlo attraverso una serie di
video ma, ben presto, mi sono reso conto della necessità di un testo scritto
che fungesse da traccia, anche per me. È quello che mi accingo a fare con
questo saggio, che renderò disponibile alla lettura man mano che verrà completato.
Stato, Partito e Democrazia
L’idea centrale del nazionalismo arcaico è quella di un
partito politico che costruisca delle rigorose istituzioni democratiche
interne, nonché efficaci forme di controllo all’ingresso nel partito e di
espulsione dallo stesso. Il partito viene inteso come un’organizzazione che
promuove una linea politica e un’ideologia dello Stato che vengono determinate
dalla partecipazione degli iscritti, sebbene con garanzie diverse nel primo e
secondo caso. In altre parole, mentre la linea ideologica, per essere modificata,
necessita di ampie maggioranze, la linea politica da adottare nelle diverse
congiunture in cui esso si trova ad operare può essere molto più elastica. Nel
suo complesso, il partito è uno strumento di partecipazione alla vita pubblica
della nazione, sia quando questa si svolge in forme democratiche, ma anche
quando nella nazione viene instaurata una dittatura, nel qual caso il partito
deve essere capace di resistere attraverso la clandestinità.
L’obiettivo del nazionalismo arcaico, nella mia visione, deve
essere la conquista dell’egemonia e non l’instaurazione di una dittatura di
classe comunque motivata, perché l’obiettivo deve essere la trasformazione
della nazione in un corpo unitario ma dinamico, nel quale le diverse classi e
visioni del mondo possano concorrere ad un processo storico di trasformazione
il cui esito sia valutato, da tutte le forze in gioco, alla luce del bene collettivo.
Riuscire a far penetrare questa concezione nei cuori e nelle menti di tutti gli
attori politici è l’obiettivo ultimo del concetto di “egemonia arcaica”.
Guardando le cose da un altro punto di vista, occorre fare
una distinzione tra la democrazia esterna, quella che si instaura nello Stato
come risultato dell’equilibrio tra le forze in gioco, e la democrazia interna al
partito. Nella democrazia liberale, anche la più avanzata, si tende ad
espungere l’idea che la nazione sia molto di più e molto di diverso della semplice
sovrapposizione-contrapposizione di interessi di natura economica. La
possibilità che una concezione della nazione diversa da quella puramente
economicistica, tipica dello stato liberale, divenga patrimonio condiviso di
tutti gli attori in gioco, perfino di quelli economici, dipende dall’affermarsi
di visione non meccanicistica dell’Uomo. Sebbene non si possa dimostrare in
alcun modo la veridicità o falsità del meccanicismo, sia ricorrendo a presunte
prove scientifiche che a sistemi filosofici o religiosi, l’idea arcaica
dell’Uomo portatore di una coscienza trascendente non ha bisogno di essere
dimostrata, essendo una libera scelta. Questa è la prima biforcazione che si
incontra nell’esposizione di ciò che è il nazionalismo arcaico, necessaria ma
non sufficiente in quanto possono ben darsi visioni non meccanicistiche pur
tuttavia di natura elitista, ad esempio gnostiche, e comunque fondate su
qualche verità rivelata.
Il nazionalismo arcaico è invece una visione politica che si
sviluppa a partire da una scelta primigenia, indimostrabile quanto cruciale:
l’Uomo non è solo un meccanismo governato da leggi fisiche e matematiche,
l’Uomo è magia. Occorre spiegare quest’ultima affermazione, cosa significa che
l’Uomo è magia? Ebbene, la differenza fondamentale fra la scienza e la magia
consiste nel fatto che, per la prima, l’unica realtà conoscibile, seppure per
approssimazioni successive, sia costituita da ciò che è immanente. Si tratta di
una congettura limitante, in quanto ciò che è inconoscibile non è, anche,
necessariamente, inesistente. Pertanto postulare l’esistenza di una realtà
trascendente che innerva l’Uomo, e forse tutta la realtà immanente, è un atto
di volontà, una libera scelta del cuore e della mente dell’Uomo, e come tale
non ha bisogno di dimostrazione. È così perché lo voglio, e tanto basti.
In linea di principio non dovrebbe essere possibile, in
alcun modo, parlare di ciò che non è immanente, perché anche il linguaggio è una manifestazione dell’immanente, tanto è vero che oggi esistono sistemi
artificiali capaci di parlare con un grado di sofisticatezza che sfugge a buona
parte degli esseri umani; ma, come la scienza approssima la sua conoscenza in
un processo continuo e senza fine, anche il trascendente può essere
“approssimato”, sebbene in tal caso non si possa parlare di “conoscenza” bensì,
e questo è il termine che mi sembra più appropriato, di un “atto sognante”; se preferiamo,
usando l’intuito laddove la scienza utilizza l’analisi. L’Uomo trascendente
nasce a sé stesso praticando questo “atto sognante”, il quale non gli fornisce
alcuna indicazione in termini di norme di comportamento o di Principi morali,
ma lo emancipa dalla condizione della pura immanenza lasciandolo libero di scegliere.
L’Uomo che nasce a sé stesso attraverso l’atto sognante non avrà alcuna verità
rivelata, alcuna certezza, ma con tale atto rivendica in modo assoluto il suo
libero arbitrio. Il libero arbitrio è il primo e unico dono della magia, per
mezzo del quale l’Uomo torna nell’immanenza intimamente e profondamente
trasformato. Egli non è più un meccanismo, non è più solo una parte della
realtà immanente, ne diventa il sovrano.
Questa breve premessa, per così dire filosofica, è
indispensabile per chiarire il significato del termine “nazione arcaica”.
Questa, per il nazionalismo arcaico, non è una comunità di sangue, e neanche
una comunità di destino comunque formatasi nel corso della storia; men che mai,
la nazione arcaica, deve essere intesa come una comunità tenuta insieme da
fattori linguistici, economici, geografici o convenienze geopolitiche, sebbene
tutti questi attributi, o alcuni di essi, possano concorrere alla sua definizione.
La nazione arcaica è un progetto archetipo-culturale, che si fa politico, che
nasce dalla libera adesione a un sistema di “primitive di valori” che vengono
man mano sussunte da una collettività crescente di uomini e donne, che
concepiscono il sogno di immergersi in una comunità di vita che desidera
trascendere la sua limitatezza iniziale. La nazione arcaica nasce dunque da un
atto fondativo dettato dal libero arbitrio, sia che esso promani da una piccola
realtà di individui che rifiutano lo stato esistente delle cose, sia che una
più ampia ma dispersa collezione di comunità, anche molto diverse, concepisca
per qualsivoglia ragione il desiderio di superare lo stato esistente delle cose
per dare inizio a una nuova avventura. In entrambi i casi, poiché l’atto
sognante nasce dal desiderio di superare lo stato esistente delle cose, la
nascita della nazione arcaica non è un’evoluzione ma una rottura, che origina
da un trauma che faccia apparire ciò che prima esisteva come non più
accettabile.
La nazione arcaica è una vita nuova che si affaccia alla
storia, e come tale è debole. Ma, come il bambino è debole eppure possiede una
forza straordinaria che reclama di esistere, essa ha una risorsa preziosa che
può essere decisiva: i suoi archetipi culturali, o primitive di valori, che
ambiscono a sostituirsi a quelli che regolano la realtà sociale e politica
nella quale nasce.
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