giovedì 31 agosto 2017

La volpe e l'uva

(EL)
« Ἀλώπηξ λιμώττουσα, ὡς ἐθεάσατο ἀπό τινος ἀναδενδράδος βότρυας κρεμαμένους, ἠβουλήθη αὐτῶν περιγενέσθαι καὶ οὐκ ἠδύνατο. Ἀπαλλαττομένη δὲ πρὸς ἑαυτὴν εἶπεν· «Ὄμφακές εἰσιν.» Oὕτω καὶ τῶν ἀνθρώπων ἔνιοι τῶν πραγμάτων ἐφικέσθαι μὴ δυνάμενοι δι' ἀσθένειαν τοὺς καιροὺς αἰτιῶνται. »
(IT)
« Una volpe affamata, come vide dei grappoli d'uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi». Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze. »

Sul blog di 48 ho letto questo paragrafo (tratto da LA TRAPPOLA DELL'ODIO DEGLI "AGENTI DI INFLUENZA". LA MANOVRA DELL'ANTISOVRANO)

E non vuole la democrazia (a meno che non sia "liberale", cioè ridotta a mero processo elettorale idraulico che azzera ogni reale possibilità di scelta popolare dell'indirizzo politico da seguire), perché (come dice Barroso, una volta per tutte, richiamando il ruolo imperituro de L€uropa nelle nostre vite quotidiane) la considera inefficiente dal punto di vista allocativo.
E ciò in quanto, appunto, le risorse (monetarie) sono limitate, corrispondono ad un dato ammontare di terra-oro come fattori primi di ogni possibile attività economica, e la titolarità, preesistente e prestabilita, della proprietà di questi fattori precede ogni calcolo economico: cioè legittima un equilibrio allocativo che riflette una Legge naturale a cui asservire ogni attività normativa e amministrativa dello Stato, e rende un diritto incomprimibile il ritrarre un profitto da questa titolarità incontestabile, anche a scapito dell'interesse di ogni soggetto umano che non sia (già) proprietario di questi fattori della produzione.
Il merito che si autoattribuisce il capitalismo è quello di attivare una capacità di trasformazione delle risorse (limitate) per moltiplicare i beni suscettibili di essere acquisiti in proprietà (questo sarebbe il dispiegarsi dell'ordine del mercato, fin dai tempi della teorizzazione ecclesiastica), essenzialmente oggetto di consumo, e di permettere, nel corso di tale processo, l'impiego lavorativo di moltitudini di esseri umani che, in tal modo, sarebbero in grado automaticamente di procurarsi i mezzi di sostentamento.

Ma se è vero che "le risorse (monetarie) sono limitate, corrispondono ad un dato ammontare di terra-oro come fattori primi di ogni possibile attività economica, e la titolarità, preesistente e prestabilita, della proprietà di questi fattori precede ogni calcolo economico", ciò vuol dire che il motore primo della storia non è la razionalità economica, ma la lotta per il potere. In altri termini, la razionalità economica è sempre e comunque subordinata a un principio di invarianza che non è quello dello scambio, bensì quello del possesso della terra-oro. Un possesso che si difende con le armi, quando la minaccia è tale da rendere necessaria questa scelta - che può rivelarsi tuttavia disastrosa - o con la conquista e il mantenimento del consenso politico. Ora, sebbene di guerre ce ne siano sempre state, è tuttavia evidente che è la politica lo strumento il più delle volte agìto per la risoluzione dei conflitti, non fosse che per il fatto che, se fosse la guerra, la specie si estinguerebbe. A maggior ragione oggi, con l'abbondanza di armi di distruzione di massa in circolazione.

E infatti nelle nazioni dell'occidente democratico fare politica significa lottare per conquistare il consenso, essendo le elezioni il metodo utilizzato per la sua misura. I modi per conquistare il consenso sono i più vari, tanto più diversi quanto più il conflitto sociale è equilibrato, mentre tendono a ridursi allorché una delle parti inizia a prevalere. Ciò accade perché, quando il conflitto è equilibrato, la parti in lotta sono costrette a fare concessioni. Ad esempio, i capitalisti concedono il welfare, mentre i socialisti rinunciano alla conflittualità nei luoghi di lavoro; ovviamente accade che le suddette "concessioni" vengano rivendicate, dalle parti opposte, come "conquiste": dello stato sociale e, simmetricamente, della concertazione sindacale.

Quando l'equilibrio si rompe, e una delle parti inizia a prevalere, le concessioni, alias le conquiste, si riducono, fino a cessare del tutto, sostituite da continue e crescenti pretese. Ecco allora, per fare un esempio, che Macron, dopo aver stravinto la battaglia del consenso in Francia, come certificato dai risultati elettorali, propone una seconda loi travail ben più liberista di quella fatta da Hollande. D'altronde perché non dovrebbe farlo? L'avversario di classe è in rotta e, come accade in guerra, quando il fronte si spezza è allora che inizia il massacro. Ci avete fatto caso alla circostanza, ben nota agli appassionati di storia militare, che il maggior numero di vittime tra i soldati, in guerra, si ha quando uno dei due schieramenti cede?

La guerra si fa costruendo organizzazioni militari, similmente la politica si fa costruendo organizzazioni politiche. Senza organizzazione, o quando questa si sfalda, c'è solo il massacro e la riduzione in schiavitù. Ne segue che oggi, in Italia, alla vigilia delle elezioni politiche del 2018, è necessario costruire un'organizzazione politica che cerchi il consenso e affronti la sfida del voto. Non importa, nell'attuale situazione di sfascio delle organizzazioni del mondo del lavoro, che il risultato sia numericamente rilevante, quel che conta veramente è ricostituire un nucleo dal quale ripartire. Radunare gli uomini (scusate: non scrivo "radunare le donne e gli uomini" perché il politically correct mi fa vomitare) distribuendo ruoli e responsabilità, fissare obiettivi razionali benché minimi, raccogliere il consenso e andare alla conta, questo è quello che si deve fare, oggi e sempre.

L'avversario di classe è così forte da essere diventato strafottente, e questo è il suo punto debole. Se un tempo, per raccogliere il consenso, si piegava a concessioni redistributive, oggi pretende di governare con il solo potere dei media che tutti i giorni, come bombardieri che si alzano in volo al mattino, ininterrottamente scaricano sui lavoratori quantità incommensurabili di falsità. E' un vero e proprio bombardamento, dal quale il popolo si difende ignorandolo e rifugiandosi sui social, ma che sortisce ugualmente il suo effetto perché il rumore non solo copre ogni voce critica, ma ottunde i timpani mentali rendendoli incapaci di svolgere la loro funzione, che è quella di ascoltare con attenzione.

L'intensità e la ferocia del bombardamento quotidiano hanno anche lo scopo di dissuadere da ogni velleità di resistenza. Quante volte abbiamo provato a smentire e rettificare le ignobili falsità che ci vengono propinate? Non è forse vero che, dopo un po', ci si stanca? Ecco, questo è esattamente lo scopo che ESSI si prefiggono: spezzare anche le ultime resistenze prendendoci per stanchezza. Questo accade perché ognuno di noi combatte la battaglia per il consenso isolatamente, incapaci di organizzare una schiera che operi in modo coordinato. Il massacro, pertanto, è in corso.

Ma se un pugno di uomini (scusate: non scrivo "un pugno di donne e uomini" perché il politically correct mi fa vomitare) riuscisse, in questo momento, ad organizzare una linea di resistenza? Se alcuni valorosi testardi oltre ogni misura si mettessero in testa di rinunciare alla lotta individuale e accettassero di aderire a un progetto politico di riscossa? Non sarebbe questo un fatto di straordinaria importanza, di per sé e senza che i risultati siano, per il momento, un aspetto dirimente? Resistere, ma non per ritardare o rallentare la sconfitta, che è già nelle cose che stiamo subendo, bensì per costruire il nucleo iniziale di partigiani in vista di una lunga marcia per la riscossa del mondo del lavoro in Italia. L'avversario, che oggi maramaldeggia, è così sicuro di sé che non se lo aspetta, dunque abbiamo un margine di manovra. Noi siamo così piccoli e insignificanti, così dispersi, da essere fuori dai radar, e questo è un vantaggio da sfruttare. Non dobbiamo vincere le elezioni, ma dar vita a un'organizzazione politica di resistenza, oggi, per continuare la lotta domani.

Le energie che spenderemo per costruire un'organizzazione politica capace di presentarsi alle elezioni sono l'investimento necessario per un progetto di più lunga durata. Non siamo disarmati! Al bombardamento dei media potremo opporre la rinascita della conflittualità sociale dal basso; uno strumento, questo, di conquista del consenso almeno pari all'efficacia dell'apparentemente invincibile grande armada mainstream, ma affinché tutto ciò sia possibile occorre che risorga la capacità del mondo del lavoro italiano di darsi un'organizzazione. Sbaglia chi oggi afferma che "l'uva è acerba", perché se l'ha vista ciò vuol dire che c'è, e se pensa di ripassare in un secondo momento rischia di non trovarla, anche se viene con una lunga scala.

Questo fine settimana sarò all'assemblea della CLN, per ascoltare e fare qualche intervista. Soprattutto, incontrerò uomini e donne (questo non è politically correct, ma semplice presa d'atto) che in questi anni non si sono arresi, a dispetto di tutto (anche del fuoco amico) e spero vivamente di potervi riferire che sì, abbiamo deciso di smettere di agire individualmente per organizzarci collettivamente in vista di un primo momento di lotta organizzata nella battaglia elettorale del 2018.

Noi siamo sovranisti, noi crediamo nelle costituzioni, noi siamo socialisti.

lunedì 28 agosto 2017

L'euro: Ragione e Sentimento


Un post ispirato dalla canzone di Maria Nazionale

Legenda
  • lui è l'euro
  • l'amica è la ragione
  • l'Italia è il sentimento
  • chella là è Angela 

L'amica
Stai chiagnen nata vot ma pekkè nu l'è lassat
Tu si scem si cretin tu si tropp nnamurat
Quanti vot tu l'aspiett ma nun torn manc a nott
Nun t'accuorg ca t mett cumm foss nu cappott
Cagn tutt i ser liett quanta corn ca ta fatt
Ca stai mal se ne fott non u vide ca ta fatt
È arrogante e prepotente chill è n'fam e n'omm e nient
Chill è surd e nun t sent nun i tten i sentiment
L'Italia
Ma io questo €uro lo amo
L'amica
Pur l'uocchio s'a pigliat pe ki st'omm si cecat
L'Italia
E nun ma sent ro perder
L'amica
Man e pied t'ha attaccat stai campann ncatenat
L'Italia
Tutta me stessa lo amo
L'amica
Ora ammen t'è distrutt nun o ten o cor n'piett
L'Italia
Pe chell e' senza na vit
L'amica
Comm foss ciucculat roc roc t'ha mangiat
L'Italia
Terribilmente lo amo
L'amica
Semp ca television t trascur co o pallon
L'Italia
E'fuoc ca m fa ardr
L'amica
Mo t'appicc e mo t'iett comm foss sigarett
L'Italia
Da capo però io l'amo
L'amica
Quanti ser c'hai aspettat quanti pal ca hai pigliat
L'Italia
E nun m vogl stuta'
L'amica
Ma pecchè ci tiena ancor si chist'omm è senza cor...pecchè?
Scema c'aspiett po lassà
L'Italia
Ma io lo amo
L'amica
Chell è tutt'nfamità
L'Italia
So nnammurat
L'amica
Guard mo sta cu chella là
L'Italia
E io o perdon
L'amica
Torn e t torna a tuzzulià
L'Italia
Ma io lo amo
L'amica
Ven fa ammor e se ne va
L'Italia
So nnammurat
L'amica
Corr pecchè ten che fà
L'Italia
E io o perdon
L'amica
Esc e pierd o fiat pò chiammà

T'ha stutat tutte e luc t'ha rubat u segn e croc
Quann parl nun t sent nun t fa nu compliment
Nun t port nu regal perchè è tropp material
Nun sparagn na uaglion è nu piezz e mascalzon
L'Italia
Ma io questo uomo lo amo
L'amica
Tu stai semp trascurat iss semp inculettat
L'Italia
E nun ma sent ro perder
L'amica
Tu nun vuò sentì ragion si na scem nn sì buon
L'Italia
Da capo però io l'amo
L'amica
Mett tropp sentiment ma nun ti riman nient
L'Italia
E nun m vogl stuta'
L'amica
Ogni cos fa guerr e t vott sott terr...pecchè?
Scema c'aspiett po lassà
L'Italia
Ma io lo amo
L'amica
Chell è tutt'nfamità
L'Italia
So nnammurat
L'amica
Guard mo sta cu chella là
L'Italia
E io o perdon
L'amica
Torn e t torna a tuzzulià
L'Italia
Ma io lo amo
L'amica
Ven fa ammor e se ne va
L'Italia
So nnammurat
L'amica
Corr pecchè ten che fà
L'Italia
E io o perdon
L'amica
Esc e pierd o fiat pò chiammà

Stai chiagnen nata vot ma perchè nu l'è lassat
Tu si scem si cretin tu si tropp nnamurat
Quanti vot tu l'aspiett ma nu torn manc a nott
Nun t'accuorg ca t mett cumm foss nu cappott
Cagn tutt i ser liett quanta corn ca ta fatt
Ca stai mal se ne fott non u vide ca ta fatt

mercoledì 23 agosto 2017

Dissento (post rapido)

"E se, peggio ancora, il plagiato non se ne avvede, e si mostra sostanzialmente acquiescente rispetto a un'operazione di questo tipo, rischia di animare le ipotesi complottistiche di chi vede il sistema dei media come una macchina asservita a un'unica Centrale Del Male, che le fornisce i messaggi da insufflare nei cittadini. Non credo sia esattamente così: certo, le veline girano (e questo mi sembra il tipico caso), ma nella maggior parte dei casi tutto si spiega con un po' di conformismo, un po' di faciloneria, la certezza di essere una casta omertosa e sostanzialmente impunita..." (grassetto aggiunto)

Io la vedo così:

"Vi direi che non vedo l'ora di far parte di una simile impresa. Fatemi sapere in quale modo io possa servire una causa come questa e sarò con voi e quanti intendono fermare i Medici, poiché, credetemi, è giunta l'ora! E siamo perfino in ritardo"
"Bisogna avere pazienza, eccellenza. Tutti i passaggi devono essere completati, ma non dispero di essere pronto nell'arco di alcuni mesi. Per quanto il nostro desiderio di vederli soccombere sia potente, non dobbiamo fare l'errore di sottovalutarli. Sono ben protetti, e soprattutto non possiamo rischiare di farne dei martiri"
"Sarebbe un errore imperdonabile" confermò l'arcivescovo.
"Proprio così", gli fece eco Girolamo Riario, "ed è per questo motivo che dobbiamo procedere con cautela, far montare il dissenso, alimentandolo con i mestatori, creare un clima di odio tale nei confronti dei Medici che sarà Firenze a volerne prima la fine. Non possiamo correre il rischio che accada quanto avvenne con Cosimo il Vecchio"

Sapete, noi bannati non abbiamo modo di interloquire con il sommo Illo, per cui ogni tanto se sbrocca nel leggere certe pèèèrle di inconsapevolezza politica, in un blog per altro così meritevole nel settore di competenza del suo autore.


Dies IReS

« Dies irae, dies illa, dies tribulationis et angustiae, dies calamitatis et miseriae, dies tenebrarum et caliginis, dies nebulae et turbinis, dies tubae et clangoris super civitates munitas et super angulos excelsos. »

Mi telefona l'amica M.M.

- come la vedi la situazione politica?
- stiamo lavorando ad una lista sovranista per le politiche del 2018
- vi alleate con il m5s?
- non credo proprio, anche se ci rivolgeremo agli elettori del m5s che non dormono in piedi
- allora vi alleate con la Lega?
- ma scherzi? Sono liberisti, e noi socialisti. Vogliamo uscire dall'euro e dall'UE, per ripristinare la legalità costituzionale
- ah interessante; va bene ciao.

Oddio, mi sono un po' sbilanciato perché non so se la si farà, questa benedetta lista sovranista costituzionale per le politiche del 2018, ma intanto all'amica M.M., sinistrata di razza, gliel'ho detto. Non me ne voglia per il "sinistrata di razza", le voglio bene ma la politica è affare piuttosto rude.

Comunque penso che questa lista si farà. Forse si chiamerà "Italia Ribelle e Sovrana", IReS come ha acrostizzato Barbaro D'Urso, egregio commentatore sul blog Sollevazione.

L'obiezione principale che viene fatta a questa (non ancora certa) scelta è: sarà un fiasco. L'egregio commentatore Barbaro D'Urso, ad esempio, argomenta su Sollevazione: "l'attuale legge elettorale italiana, cioè quel pasticciaccio brutto costituito dall'Italicum 'consultellato' alla camera e dal Porcellum parimenti 'consultellato' al senato, prevede la necessità di raggiungere il 3% su base nazionale alla camera e la stessa percentuale a livello di singole regioni al senato per accedere alla ripartizione dei seggi. Meno di così, magari ci si mette in vista durante la campagna elettorale, ma poi non si può incidere e non si può mantenere una pur minima visibilità a livello mainstream".

Ho evidenziato il passaggio cruciale: "ma poi non si può incidere e non si può mantenere una pur minima visibilità a livello mainstream". Barbaro D'Urso avrebbe perfettamente ragione se l'obiettivo di IReS fosse quello di "incidere" e/o mantenere una visibilità a livello mainstream. Ma, se fosse così, io non sarei della partita, preferendo continuare a zappare l'orto. Il quale, detto en passant, mi sta dando grandi soddisfazioni a dispetto della gran secca. Questo, semmai, è l'obiettivo della sinistra sinistrata, quella che cerca qualche poltroncina per poi condurre battaglie insignificanti, e di pura facciata, sempre rispettose delle compatibilità sistemiche perché, come ebbe a dire uno dei suoi illustri esponenti, il dentifricio è ormai uscito dal tubetto. Per me la battaglia politica, nelle condizioni storiche che stiamo vivendo, è ben altra cosa! Ecco, questo è il momento di invocare il benaltrismo. Per me, e credo non solo per me in questo periodo storico, l'impegno politico è ben altro, significa lotta per la (ri)conquista del potere da parte del mondo del lavoro.

Incidere cosa? Visibilità de che? Sono espressioni, queste, che rivelano, mi scusi Barbaro D'Urso, una subalternità che è, prima che politica, psicologica nei confronti delle classi dominanti capitaliste. Qui non è questione di incidere, o di conquistare "visibilità" nei media di proprietà del capitale, ma di dare inizio a una lunga marcia che abbia come obiettivo finale la conquista del potere in nome e per conto del mondo dei lavoratori. La vera e sola questione, dunque, è se sia più efficace la strategia adottata dal FSI di saltare questo appuntamento elettorale, oppure sfruttarlo per accelerare il processo di costruzione di un'opposizione di classe. Personalmente sostengo la seconda opzione.

A questo punto del discorso mi corre l'obbligo di chiarire un aspetto importante, anzi fondamentale. Non vorrei, infatti, che questa posizione radicale fosse intesa come una qualche inclinazione per la lotta armata, come fecero gli imbecilli delle brigate rosse prima maniera (dopo fu affare di servizi segreti) negli anni settanta. Il punto non è il rifiuto a priori e moralistico del ricorso alla violenza, bensì la banale considerazione che questa strada è intrinsecamente incompatibile con l'obiettivo della costruzione di una democrazia popolare fondata sul lavoro. Semmai, sono le classi dominanti che hanno bisogno di ricorrere alla violenza, e lo fanno ah se lo fanno! per sopperire allo svantaggio di essere numericamente inferiori, mentre per i lavoratori questa strada è sempre un'apparente scorciatoia, quando non la premessa per una sconfitta epocale. Occorre dunque partecipare alla vita democratica, sempre, approfittando di tutte le opportunità che si presentano.

Le elezioni politiche sono una di queste opportunità, sebbene non l'unica. Ci sono, è vero, coloro che ritengono che il punto essenziale sia riaccendere una conflittualità sociale diffusa, mentre partecipare al gioco elettorale sarebbe una forma di cedimento alle regole del gioco imposto dalla borghesia. Non sono d'accordo. Ma l'obiezione più importante viene oggi da quanti, ad esempio il succitato FSI, sostengono la necessità di continuare a rafforzare ancora per qualche anno il movimento sovranista, al più esercitando l'opzione elettorale in occasione di elezioni locali o al massimo regionali, per rimandare la sfida per le politiche a quando avremo raccolto intorno alle nostre idee un numero molto più significativo di militanti. Si tratta di una strategia opposta a quella di IReS, e saranno i fatti a stabilire chi ha ragione.

Le metriche da usare per misurare la validità della scelta di accettare il confronto alle elezioni politiche del 2018 sono due: da un lato, evidentemente, il mero risultato numerico, dall'altro la crescita del movimento sovranista come conseguenza della nostra discesa in campo. La seconda essendo, a mio avviso, ben più importante della prima. Quanto al mero risultato numerico, la soglia che discrimina il successo dal fallimento è, a mio avviso, intorno all'1%, ovviamente nei collegi dove riusciremo, con le nostre forze, a presentarci. Il che significa una proiezione a livello nazionale di alcune centinaia di migliaia di voti. Un obiettivo plausibile, e tale da spingere alla mobilitazione e all'impegno qualche migliaio di militanti.

Una mobilitazione e un impegno che sono indispensabili per la crescita politica e, mi sia consentito, psicologica, delle decine di migliaia di cittadini che, agendo ogni giorno sui social, riescono già ora a costituire un pericolo per la melassa informativa mainstream, così preoccupante da suscitare allarme; ma che devono affrontare un processo di maturazione personale che li trasformi dall'essere agenti atomizzati di controinformazione a cellule viventi di un processo di alternativa politica. Per dire una cosa figa, si tratta di rovesciare la teoria nella prassi, imparando anche ad accettare il fatto che, in questo passaggio, è necessario liberarsi dall'ossessione della purezza ideologica. Dunque l'operazione IReS dovrà essere sia inclusiva che radicale. Ove col termine "radicale" non si intende, ovviamente, la vera centrale ideologica dell'ordoliberismo italiano, quel partito radicale che, in combutta col fogliaccio di Scalfari, è riuscito nell'arco di quarant'anni a cambiare il cuore dei lavoratori italiani!

Il decalogo della CLN, che ha proposto l'operazione IReS (continuo a chiamarla così per il momento) è un ottima sintesi di quella che ho definito una proposta radicale:

«(1) Il potere appartiene al popolo, non all'élite finanziaria. (2) Lo Stato prevale sui "mercati" . (3) La comunità è la base per l'emancipazione della persona. (4) L'eguaglianza e la solidarietà sono i principi della convivenza civile. (5) La dignità e il diritto al lavoro vengono prima di tutto. (6) La politica dirige e programma l'economia nell'interesse della collettività. (7) L'immigrazione va regolata, contro ogni discriminazione etnica e religiosa, in base alle possibilità della comunità. (8) Per la sicurezza sociale, contro ogni forma di criminalità e di sopruso. (9) Per un patriottismo democratico, repubblicano e costituzionale. (10) Per la sovranità nazionale, contro la globalizzazione e l’Unione Europea».

Su questa base è possibile aprire un confronto ad ampio spettro sia con le numerose piccole organizzazioni sovraniste e/o critiche dei trattati europei, sia con il pulviscolo di sigle che operano sui social; nonché con le decine di migliaia di italiani che, sperimentando sulla propria pelle il progressivo degrado della vita economica e della nostra convivenza civile, potrebbero rispondere attivamente ad un appello alla mobilitazione politica, in vista del chiaro e puntuale obiettivo rappresentato dall'appuntamento elettorale del 2018. La discussione è aperta, e se ne parlerà in occasione dell'appuntamento dell'1-2-3 settembre organizzato dalla CLN, al quale parteciperò con la speranza nel cuore che questa sia, finalmente, la volta buona.

Se c'è una cosa che posso riferire ai pochi lettori di questo blog, questa è che sulla radicalità c'è già accordo unanime, e chi non l'accetta può risparmiarsi la fatica di venire. Resta da discutere sul versante dell'inclusività, e non sarà facile. Personalmente propendo per la massima apertura, a patto di non arretrare sulla radicalità. E, ovviamente, stando attentissimi alle manovre entriste alla rovescia...

domenica 20 agosto 2017

Sex toys

Guardatevi questo video:


Poi fatevi un giretto sul sito di Pianeta Donna.

“Vogliamo un mondo in cui le donne non sono oggetti sessuali, ma possono averli tutti”. È questo il messaggio del primo spot di sempre in Italia dedicato ai sex toys. Va in tv, quella generalista, e la sera, alle 23 e non alle 4 del mattino. Non solo un avvenimento di costume, ma una piccola grande rivoluzione che mette al centro la donna e ne fa la portavoce esclusiva di un messaggio d'amore, prima di tutto verso se stessa. 

Questo passaggio è ossimorico: "un messaggio d'amore, prima di tutto verso se stessa".

Sapete che vi dico? Sono contento di avere 62 anni e spero di morire presto (cioè giovane uah! uha! uha!). 

Questo mondo non è più per me, dunque delle due l'una: o combatto per distruggerlo dalle fondamenta, oppure mi tolgo dai coglioni. Finirà con la seconda che ho detto, ché l'impresa è disperata, ma peggio per chi resta. Attenti, il punto non è che mi dia fastidio che le Tonne si infilino tra le gambe zucchine, cetrioli o melanzane, come hanno sempre fatto dai tempi dell'Iliade e anche prima, è il modo che m'offende. Forse che i maschi non lo infilano in ogni pertugio? Galline, pecore, buchi scavati per terra, tecniche artigianali fantasiose, da sempre fanno parte dell'immaginario sessuale di noi maschietti; perfino i buchetti di altri maschietti che si offrivano all'uopo, che una volta chiamavamo froci e oggi sono gay. Ma tutto ciò faceva parte dell'intimità di ogni essere umano, alla cui difesa credevo di contribuire anch'io quando, negli anni settanta, ero per la liberazione sessuale. Che per me significava una ed una sola cosa:

Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno! 
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!
Fatevi i cazzi vostri e parlate di meno!

Peccato che una simile civile e dignitosa posizione non vada d'accordo con un principio che ormai domina le nostre vite: tutto è merce. E allora la zucchina, il cetriolo o la melanzana presi al supermercato (meglio dall'orto) non vanno più bene, ci vuole il dildo a cinque velocità, magari con l'audio che quando le fotte grida "troia puttana dimmelo che ti piace!".

E che ce lo deve dire il dildo? 

Ma allora anche noi maschietti vogliamo la superbambola sexy computerizzata con la pelle vellutata e il telecomando che quando la fotti ci grida "sì sì sì nessuno mi fa godere come te!". Oppure, cambiando programma, ci sussurra "amore mio come sei tenero".

Quando si arriva al punto che anche l'intimità degli esseri umani, sapete: quella cosa che fa sì che esistano concetti come "trasgressione", "depravazione", in inglese "freak" da cui il romanesco fricchettone, diventa una cosa mercificata pubblicizzata in televisione, ecco, allora è il momento di prendere le armi. 

Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! 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Oddio, che ho detto! Oddio, che ho detto! 

sabato 19 agosto 2017

La geopolitica da bar e l'opzione sovranista della neutralità

Al bar di Castro dei Volsci, mentre sorseggio il secondo caffettino della giornata, uno dice "è strano che in Italia non ci siano attentati". Ovviamente la frase era per me che, al baretto, sono considerato l'esperto di politica ed economia. Una condizione di cui cerco di non abusare per non fare la fine del tuttologo. Nell'occasione, però, ho raccolto al volo l'assist, e ho risposto: "non vi sembra che questo sia un ottimo indizio del fatto che questi attentati non sono opera di cani sciolti?".

Perché non ci sono "cani sciolti" in Italia?


In effetti, se escludiamo la strage di Bologna che sembra essere stata un attentato non voluto (a quanto pare l'esplosione fu accidentale) l'Italia ha subito due soli episodi riconducibili (anzi, chiaramente ricondotti) al terrorismo mediorientale: le due stragi dell'aeroporto di Fiumicino del 1973 e del 1985. E in entrambi i casi gli autori non erano cani sciolti. Allo stesso modo, la stagione del terrorismo brigatista è concordemente ricondotta alla commistione di interessi tra una banda originaria di esaltati (le cosiddette prime BR) con i servizi segreti deviati italiani, e di altri paesi, che, per ragioni diverse, avevano interesse a indebolire lo Stato italiano nei termini della sua proiezione geopolitica nel Mediterraneo, nonché a preparare il terreno per il cambio di regime necessario ad assicurare l'adesione del nostro paese al trattato di Maastricht.

A rigor di logica, dunque, e al netto delle numerosissime discrepanze, incongruenze, strane coincidenze e quant'altro divulgate da siti e blog di controinformazione cosiddetti complottisti, è del tutto ragionevole interpretare la lunga sequenza di attacchi terroristici che stanno insanguinando l'Europa come episodi di uno scontro in atto tra le potenze imperialistiche occidentali. Uno scontro nel quale rischiamo di essere coinvolti anche noi, senza che la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica ne sia consapevole. Un esempio tra tanti: solo chi segue gli eventi con un minimo di attenzione e di metodo è informato del fatto che circa 900 soldati italiani, 700 dei quali del corpo di élite della Folgore, sono già schierati in Libia a sostegno del regime di Tripoli governato da Sarraj e appoggiato dagli USA, contro il regime di Tobruk governato dal generale Haftar e appoggiato dalla Russia. L'invio del nostro corpo di spedizione è stato deciso dopo l'iniziativa dei cari cuginetti d'oltralpe che, tramite i buoni uffici dell'europeista Macron (daie a ride) cercano di rientrare in gioco su un teatro nel quale, a dispetto del loro protagonismo nella guerra a Gheddafi, hanno ottenuto finora meno di quel che speravano.

Link: Nel castello con Macron. Sarraj e Haftar siglano un accordo per il cessate il fuoco in Libia e elezioni appena possibile. L'incontro su iniziativa del presidente francese. Alfano infastidito: "Sulla Libia troppe iniziative"

A sentire l'europeista (daje a ride) Macron "La crisi libica contiene due problemi ritenuti 'prioritari' dal governo francese: la lotta alla minaccia terroristica e quella contro il traffico di migranti". Non una parola, ovviamente, sul fatto che di fronte alle coste dell'Egitto è stato scoperto dall'ENI il più grande giacimento di gas mai rinvenuto nel Mar Mediterraneo (un affaruccio che, da solo, vale dai 300 ai 500 mld di €, senza considerare le ricadute in termini geopolitici legate alla possibilità/necessità di diversificare l'approvvigionamento energetico). Né un cenno al fatto che il 30% del suddetto giacimento sia stato venduto dall'ENI ai russi di Rosneft.

Link: Eni scopre nell'offshore egiziano il più grande giacimento a gas mai rinvenuto nel Mar Mediterraneo

Però i giornaloni e tutta la corazzata mediatica che, ogni santo (o maledetto) giorno, non fanno altro che instillare nella testa dellaggente l'idea che gli attentati sono opera di fanatici integralisti impegnati nel jihad per la riscossa dell'Islam, e dunque sarebbero cani sciolti, questi dettagli di secondo ordine (aridaje a ride) non li pubblicano, oppure lo fanno nelle pagine interne, con la conseguenza che solo una minoranza di cittadini riesce a leggere, informarsi e interpretare il quadro generale. Per cui è facile definire la minoranza di questa minoranza, quella che gestisce siti e blog di controinformazione, come complottisti. Un'operazione di sicuro successo per i "padroni del discorso", anche perché, e questo è bene sottolinearlo per non dimenticarlo mai, è purtroppo vero che, sul totale di questi siti di controinformazione, solo una sparuta minoranza è gestita da persone dotate di un minimo di capacità culturali, e solo una minoranza di questa sparuta minoranza è composta da soggetti realmente indipendenti, e non a loro volta affiliati, quando non addirittura assoldati, da una delle fazioni in lotta. Non chiedetemi di far nomi, tanto chi può capire capisce, gli altri si arrangino. Una sola precisazione: non mi riferisco a siti o blog di economia.

In questa situazione di voluta disinformazione, e in vista delle elezioni del 2018, la partita che gioca l'Italia è di una complessità estrema, anche solo considerando lo scenario mediterraneo. Siamo alleati degli USA, in Libia, contro l'Egitto sostenuto dalla Russia, ma abbiamo un interesse strategico in comune sia con l'Egitto che con la Russia; i francesi, al solito, giocano sporco; gli inglesi fanno il gioco degli USA, as usual, essendone i più fedeli alleati (brexit o non brexit, Trump o non Trump); nel frattempo, in sede UE, prendiamo ordini dall'asse franco-tedesco, ricattabili e ricattati come siamo perché nella Commissione Europea la maggioranza è saldamente in mani carolinge, con buona pace di Franco Modigliani che pensava di riuscire a imbrigliare la Germania costringendola ad una gestione collegiale della politica economica.

Ma naturalmente gli attentatori sono cani sciolti che combattono per il jihad, i quali colpiscono ovunque ma non in Italia!


Come si spiega questa macroscopica contraddizione? Mi permetto di avanzare un'ipotesi che, ovviamente, non ho espresso al bar di Castro dei Volsci per non passare da "esperto" a "tuttologo", ma che a voi, sparuta pattuglia di lettori, mi azzardo a sottoporre. Per far questo devo tirare in ballo Israele, un protagonista dimenticato, dal mainstream, delle convulsioni nel Mediterraneo e Medio Oriente, ma dotato di un centinaio di ordigni nucleari sotto il suo diretto ed esclusivo controllo, mentre noi ne abbiamo altrettanti ma gestiti dagli USA. Ebbene, penso che l'Italia, dai tempi di Andreotti e forse dalla misteriosa fine di Mattei (che magari è dire la stessa cosa) abbia contrattato una posizione di non belligeranza (fatte salve le partecipazioni ad operazioni militari concordate all'unanimità tra gli stati dell'occidente, e comunque sempre in posizione defilata) in cambio della libertà di fare affari rispettando gli equilibri di volta in volta sanciti dai rapporti di forza militari, e che il fulcro di questo equilibrio sia la nostra posizione di assoluta non ingerenza negli affari di Israele garantita, a sua volta, dall'arsenale nucleare americano dispiegato sul nostro territorio.

In pratica, e per dirla in termini che anche gli avventori del bar di Castro dei Volsci potrebbero comprendere, noi aspettiamo che i nostri grandi "alleati" (daje a ride) giochino la loro partita, poi facciamo affari con tutti. In questo siamo simili al Giappone e alla Germania, paesi sconfitti nella seconda guerra mondiale, con la differenza che alla Germania, alleatasi con la Francia per esercitare il dominio sull'UE, possono aprirsi nuove prospettive - a patto che l'euro regga - mentre noi siamo ostaggio degli USA, degli inglesi e del loro cane da guardia Israele.

Questa è una collocazione internazionale dalla quale la nostra politica estera non può discostarsi eccessivamente, a meno che il grande capitale italiano non riesca ad entrare organicamente nel nucleo dell'Europa carolingia pagando il prezzo richiesto in termini adesione al modello socioeconomico dell'ordoliberismo, e quindi di smantellamento di quello inscritto nella nostra Costituzione. Il primo attentato in terra italiana sarà il segnale che questo equilibrio sta saltando.

Per la terza volta in un secolo dobbiamo scegliere se schierarci con gli angloamericani o con gli imperi centrali. Oppure restituire la sovranità al popolo, come impone la nostra Costituzione, e scegliere la stretta e difficile via della neutralità. Anche al costo di battere i denti per il freddo e spegnere i condizionatori quando fa caldo.

lunedì 14 agosto 2017

La prima legge dell'universo biologico (PLUB)

"A Luigi, che è, appunto, un famoerpartitista (e non c'è naturalmente nulla di male, e lui sa che io lo stimo), penso di aver detto una volta per scherzo che se mi davano una disoccupazione al 30% come in Germania dopo l'austerità (quella di Brüning), il partito glielo facevo in un attimo.Ho fatto male a dirglielo, perché in effetti siamo messi peggio. Speriamo che se ne sia dimenticato: altrimenti, la sua sarà la tessera numero uno (ma il partito non si farà in un attimo: anzi, non si farà per niente). " (Alberto Bagnai nel post "La disoccupazione in teoria e in pratica")

Dunque, se ho capito bene, er partito non si poteva fare prima perché ce vojono i sòrdi, non si può fare adesso ma non si capisce perché. Forse perché, con una disoccupazione superiore al 30%, sarebbe un partito nazistoide? Come sapete ho smesso da tempo di sforzarmi di capire il pensiero di Bagnai su uno dei versanti della sua specializzazione, quello politico, e mi limito a leggere le sue analisi economiche. Sempre più svogliatamente, per altro, perché una volta afferrato il concetto che avere una moneta unica senza Stato conviene solo al capitale e ai paesi più forti, non è che, ingozzandosi di dati e analisi, le cose possano cambiare. Il punto è che la Storia non è razionale, e men che mai razionalmente economica! Salvo a posteriori, in ogni senso.

E' giunto il momento, però, che io vi metta al corrente della Prima Legge dell'Universo Biologico (nel seguito PLUB) da me stesso medesimo di pirsona pirsonalmente scoperta all'età di quindici anni, che ho inutilmente tentato di far capire nel mondo di melassa degli psichicamente subordinati nel quale mi sono trovato a passare quasi tutta la mia vita. E che, forse, adesso entrerà nella zucca di molti di loro:

Prima legge dell'universo biologico - PLUB: Ogni entità biologica tende ad espandersi fino a quando non trova almeno un altro organismo che la fermi.

L'ho scoperta il giorno in cui, uscendo di casa furibondo dopo un litigio con mio padre, incontrai per strada un energumeno che era solito deridermi davanti a tutti, cosa che sopportavo perché il suddetto era molto più grosso di me. Non però quel giorno, in cui ero carico di adrenalina e di aggressività verso il padre (anche lui molto più grosso di me e comunque intoccabile per ovvie ragioni). Ecco, quel giorno l'entità biologica grossa venne fermata, da allora e per sempre, dall'entità biologica piccola, che le si scagliò contro con una furia mai vista. Da allora il fringuello poté circolare per strada senza più timore.

La PLUB non si applica solo ai singoli organismi, ma anche alle società che questi formano, ed ha validità in ogni genere di conflitto. Anzi, ne è il presupposto ontologico. In pratica, vi sto dicendo che la PLUB è all'origine sia della lotta di classe che dei confronti geopolitici, nonché (mi pare ovvio) dei litigi tra fidanzatini. Ne consegue che invocare l'avvento di una fumosa razionalità degli agenti economici che possa evitare il massacro sociale conseguente all'adozione di una moneta che (Illo dixit 2 dicembre 2012) è un metodo di governo, è un errore politico bello grosso.


Insomma er partito s'adda fa', e si farà perché la Storia non si ferma nemmeno davanti al portone dell'Accademia. Ed io non ho mai capito perché, dopo aver sostenuto che l'euro è un metodo di governo, Alberto Bagnai si sia messo a deridere i #famoerpartitisti, di fatto lasciando cadere l'opzione di muoversi con anticipo rispetto alla necessità ontologica di farlo comunque ma, ahimè, con anni di ritardo.

Per quanto mi riguarda, sono da sempre un #famoerpartitista. Quando nel 2005 incominciai a far politica, immediatamente pensai alla partecipazione alle elezioni amministrative comunali, tant'è che fui tra i principali promotori di due liste civiche a Frosinone nel 2007 e 2012; nello stesso periodo mi avvicinai al m5s, sempre con la stessa visione: costruire, per dirla nel gergo goofynomico,  un #movimentodarbasso. Lasciato il m5s e conosciuto Bagnai, dopo aver appreso molto da lui (ma non solo da lui) pensai che egli potesse diventare una leva fondamentale per la costruzione di un #movimentodarbasso su scala nazionale, operazione che immaginavo potesse essere condotta a termine nel giro di cinque anni, dapprima con una non partecipazione attiva alle elezioni politiche del 2013, successivamente con una chiamata generale all'impegno politico, sì da essere pronti per quelle del 2018. Nulla di tutto ciò è minimamente accaduto (non solo a causa della sua opposizione, ad esser sincero) e tuttavia la necessità ontologica di organizzare politicamente il mondo del lavoro si ripresenta oggi e si ripresenterà in futuro, sempre e comunque. Per una semplice e banale ragione: non c'è alternativa.

La verità è che si sono persi cinque anni per andar dietro all'illusione che la razionalità economica avrebbe preso il sopravvento. Ebbene, chi ha detto che prima era troppo presto e adesso troppo tardi si collochi. La statistica, che serve a dimostrare che ha vinto chi era più forte è (forse) una scienza, ma funziona a posteriori (in ogni senso) e pertanto non determina il futuro. Al massimo, salvo errori e/o manipolazioni dei dati, sancisce il passato.

E adesso primitivo di Manduria! Prosit...

domenica 6 agosto 2017

Trallallero trallallà (quando rinfresca scrivo quello che mi va)


Molte ore più tardi, al fresco della notte castrese...


Perché mi devo sforzare a scrivere, quando il flusso random-oriented di FB mi offre questa riflessione dell'amico Massimiliano Veneziani?

"A che punto e' il movimento sovranista in Italia!? Risorgimento socialista in Sicilia si Allea con Rifondazione e possibile.
CLN con gli indipendentisti siciliani che fino ad un'anno fa' erano pro Euro
Altri si dividono sui vaccini ed altri ancora, seppur nel merito di avere un'organizzazione, contano con il pallottoliere l'ennesimo 'sovranaro' in piu'
Questa e' la parodia triste di quello che dovrebbe essere la resistenza nostrana alla dittatura UE. 
Un branco di incapaci, desiderosi di evidenziare la propria preparazione o affermarsi in un mondo che non esiste ancora. 
Andate a cagare!"

Caro Massimiliano, consoliamoci col tango.

giovedì 3 agosto 2017

La "Leuropa": origine del termine e significato

Immagino abbiate fatto caso al fatto che spesso, nei post su FB e su TW, ma anche in articoli sulla blogosfera, compare il termine "leuropa", ad indicare sarcasticamente l'Unione Europea. Da dove salta fuori questo neologismo? Consentitemi di fare il professorino, che ve lo spiego immantinènte.

Quando viene scritto un post o un articolo su una qualsiasi piattaforma CMS (Content Management System) sia essa un semplice blog o un giornalone online a caratura nazionale o internazionale, all'atto del salvataggio è necessario assegnare ad esso un indirizzo unico. L'operazione avviene in automatico, ed è gestita da quello che nel gergo degli informatici (schiatta alla quale appartenni in una vita precedente) si chiama "http handler" (in ambiente .NET - in altri ambienti ha altri nomi, ma è sempre la stessa fesseria).

Una delle tecniche più in voga consiste nel prelevare il titolo del post, depurarlo di tutti i caratteri non permessi in una URI, verificare che ciò che resta sia effettivamente una stringa unica nell'ambito del dominio che ospita il sito web e, in caso affermativo, utilizzarla come indirizzo unico del post; oppure fare la stessa cosa dopo averla modificata in base a qualche algoritmo appositamente creato. Il risultato è un indirizzo unico la cui lettura costituisce, molto spesso, un abstract del titolo. Vi faccio un esempio.

Prendiamo questo articolo di Enrico Grazzini, dal titolo "Francia e Germania gettano la maschera: sotto l'europeismo c'è il nazionalismo". Ebbene, l'URI corrispondente, generata da un http handler appositamente codificato ed eseguito sul web-server, è questa:

http://temi.repubblica.it/micromega-online/francia-e-germania-gettano-la-maschera-sotto-leuropeismo-ce-il-nazionalismo/

L'http handler ha generato la parte in grassetto: francia-e-germania-gettano-la-maschera-sotto-leuropeismo-ce-il-nazionalismo/

La vedete la stringa "leuropeismo"? E' stata ottenuta, chiaramente, da "l'europeismo", togliendo l'apostrofo (anzi: lapostrofo).

Ecco, la "leuropa" nasce da questo, ed è diventato velocemente un modo, sarcastico e spregiativo, di riferirsi all'Unione Europea, che allude al fatto che l'Europa, intesa come continente con una storia antica, ricca e complessa, non è la Leuropa; che è invece un aborto di trattati internazionali imposti ai popoli europei da una minoranza di laleuropeisti, in sprègio alle costituzioni vigenti e a dispetto delle ripetute bocciature, nei referendum confermativi, degli stessi.

Poi è accaduto che il termine "Leuropa" sia finito sotto gli ochi di Illo. Il quillo, adottandolo, lo ha fatto diventare di moda...

mercoledì 2 agosto 2017

Nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino

E chi si perde è di Berlino. Non è difficile da capire.

Il nucleo dei trattati europei è chiaramente incompatibile e opposto alla nostra Costituzione. Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno che non si sia di Berlino. Non è difficile da capire.

Chi dichiara di essere contro i trattati europei non può agire politicamente in contraddizione con ciò. Dunque non può dar vita ad alleanze con forze euriste continuando a dirsi sovranista. Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno di essere di Berlino. Non è difficile da capire.

Chi vi avvicina invitandovi ad aderire a un progetto politico sovranista e poi stringe alleanze con forze euriste vi sta offendendo, perché delle due l'una: o ha pensato che siete citrulli, oppure immaginato che, una volta entrati, vi sareste lasciati sedurre dalla concessione di qualche miserando ruolo tale da convincervi a rimanere. Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno di essere di Berlino. Non è difficile da capire.

Chi entra in un progetto politico sovranista, dichiarando dunque di essere contro i trattati europei, e subito dopo comincia a proporre nuovi temi, dai vaccini alle scie chimiche, è un mentecatto oppure un agente della Regina di Prussia. Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno di essere di Berlino. Non è difficile da capire.

Chi, pur denunciando il disastro causato dall'adesione all'euro e all'UE, tuttavia rinuncia all'impegno politico, dimostra senza ombra di dubbio di tenere famiglia. Un'opzione legittima e degna di rispetto, ma non un esempio da additare. Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno di essere di Berlino. Non è difficile da capire.

Chi, pur essendo sovranista, sostiene che non è ancora tempo di agire politicamente perché i tempi non sono maturi, è come quel barbiere che scrisse sotto l'insegna del suo negozio "oggi si paga domani no". Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno di essere di Berlino. Non è difficile da capire.

La grande caccia al "tesssòro dei sovranisti"


I sovranisti hanno un tesoro (anzi: un tesssòro) costituito dalla verità storica dei fatti e da quella, molto concreta, dell'agenda politica odierna fatta di circostanziate e documentate denunce della vera natura e ratio di Fiscal compact, bail-in, unione bancaria, acquisizioni estere, mosse geopolitiche. Sebbene i sovranisti siano politicamente ed elettoralmente ancora insignificanti, la realtà del disastro economico, politico e geopolitico in cui il paese è stato costretto dall'adesione acritica, da parte delle élites, al progetto leuropeista, rischia di tracimare dalle pur strettissime maglie del controllo sociale ingegnerizzato. Da ciò consegue che anche la sola ipotesi che una lista sovranista riesca a scendere in campo alle prossime elezioni politiche, ottenendo un risultato anche men che nullo elettoralmente, suscita inquietudine e spinge alla ricerca di contromisure preventive. Esaurite le cartucce della disinformazione, poiché la critica al progetto di devoluzione della sovranità nazionale nelle mani del grande capitale carolingio in cambio del controllo della marca italica promesso al capitalismo straccione nostrano (per altro sempre sub-iudice da parte dei potentati del nord) comincia a diffondersi, ora è il momento di passare ad altri metodi. Prima degli squadroni della morte ci sono altre opzioni, la prima delle quali è l'entrismo. A questo seguiranno limitazioni alla libertà d'espressione, l'infiltrazione dell'intelligence politica, qualche nuovo teorema giudiziario creato ad arte e infine, appunto, l'opzione squadristica. Il finale essendo, frattalicamente, una nuova marcia su Roma e un nuovo duce.

Non vi consoli l'idea che la Storia, ripetendosi, lo faccia in farsa, perché qui da noi la farsa c'è già stata. 


L'entrismo


L'entrismo è una tattica che consiste nell'inquinare la coerenza del messaggio politico della controparte utilizzando due metodi: a) infiltrare i quadri dell'avversario con propri elementi e b) corrompendone parte dei leader con promesse di ricompense di vario genere, in modo esplicito o, più spesso, in modo ellittico, così da favorire mutamenti della linea politica. Tanto più efficaci risultano entrambi i metodi, quanto più si avvicina un importante appuntamento elettorale, fallendo il quale l'avversario politico viene ricondotto all'ininfluenza.

L'entrismo del primo tipo è più facile da praticare utilizzando elementi di forze politiche che, sebbene facciano parte della stessa tradizione del vero avversario politico, siano in realtà inglobate nel sistema di potere dominante. Sono, insomma, i macellai col grembiulino rosa, sul quale gli schizzi di sangue si vedono di meno. L'entrismo del secondo tipo fa leva sulle debolezze umane, cioè sul fatto che ai margini del sistema di potere dominante ci sono sempre singoli individui, o piccoli gruppi, che si sentono frustrati perché estromessi dal sistema di ricompense e, in virtù di ciò, tendono ad avvicinarsi all'opposizione reale nella speranza di ottenere un minimo di visibilià, ma sono sempre lèsti nel tornare all'ovile al primo richiamo dei cani pastore.

Ovviamente le tecniche entriste non si esauriscono in ciò, essendovene di ben più sofisticate da porre in atto nella malaugurata ipotesi che l'avversario politico riesca, a dispetto di tutto, a crescere e a diventare man mano più forte. Tuttavia, per il momento, possiamo limitarci a considerare solo quelle già esposte, proponendo qualche semplice contromisura.

La principale contromisura per una forza di opposizione reale è, ovviamente, quella di dotarsi di una struttura decisionale allargata e rigorosamente democratica, sì da impedire che le decisioni importanti siano prese da un singolo leader o da una ristretta cerchia. Corrompere qualche centinaio, o migliaio, di quadri nelle cui mani risieda il vero processo decisionale è molto più difficile che farlo con un singolo individuo o una ristretta cerchia. Una solida forza politica di opposizione reale, che non sia cioè un gatekeeper, ha tutto l'interesse a mettere mano, al più presto, alla democratizzazione del processo decisionale. Tuttavia, quando la forza di opposizione reale è ancora allo stato nascente, la scarsezza di quadri e militanti non consente questa opzione, ragion per cui non resta che affidarsi alla coerenza logica della linea politica. Anzi, quanto più si è lontani dalla possibilità di costruire una struttura decisionale larga e democratica, tanto più è necessario fare affidamento sulla coerenza e sulla logica nel costruire e portare avanti una linea politica. La situazione attuale delle forze sovraniste è, oggi, quella testé descritta. La linea politica deve dunque essere radicale, logica e coerente, soprattutto in vista di un appuntamento elettorale nel quale il risultato vincente non può certamente essere quello di avere la maggioranza, bensì assurgere, finalmente, a visibilità. Il vero obiettivo di una partecipazione alle prossime elezioni politiche essendo quello di lanciare un segnale verso il basso, dimostrando che una testa di ponte è stata conquistata e chiamando ulteriori forze popolari alla sua difesa.

Questo obiettivo non potrà essere raggiunto, né potrà essere difeso, se un eventuale successo elettorale sarà stato ottenuto sacrificando la radicalità e la coerenza logica della linea politica, e a maggior ragione se, cedendo alle lusinghe di alleanze con forze politiche e personaggi inaffidabili, parte degli eletti, per non dire tutti, una volta ottenuto lo scranno cambiassero bandiera.

Non ci si può perdere nel centro di Bologna, a meno di essere di Berlino. Non è difficile da capire.