mercoledì 30 aprile 2014

Un forte e chiaro messaggio

I latori di forti e chiari messaggi finiscono, talora, con l'essere defenestrati. Il 23 maggio 1618 i rappresentanti imperiali J. Martinic (1582-1649) e V. Slavata (1572-1652) e il loro segretario, latori di un forte e chiaro messaggio che proibiva di costituire in Boemia due Chiese protestanti, furono gettati dalle finestre del castello di Praga da alcuni nobili protestanti che si opponevano al decreto imperiale.

Mutatis mutandis, pensiamo davvero che mandare una pattuglia di grillini e qualche leghista al parlamento europeo, come latori di un forte e chiaro messaggio, possa sortire effetti? Qual è l'alternativa in questi nostri giorni tormentati? Che ne dite di parafrasare il "Cuius regio eius religio" con l'espressione "Cuius regius eius Constitutio"? Gli alemanni si tengano la loro religione della stabilità, noi ci teniamo la nostra Costituzione fondata sul diritto al lavoro. Tutto il resto è noia. Non gioia, ma noia.

martedì 29 aprile 2014

F5S: forca a 5 stelle o fogno di un'altra €uropa?

Guardate questo screenshot tratto da Economia 5 Stelle il 29 aprile 2014 alle ore 17,50.


La prima notizia linka  un corso sulla moneta dal sito vonmises.it, dedicato all'economista austriaco Ludwig von Mises. La seconda riporta lo screenshot del post di Alberto Bagnai «Zingales e "oni": l'ora si avvicina...».

Ora, per carità, ognuno è libero di dire la sua. Però la pagina FB Economia 5 stelle è, se non sbalio (sinnò corigeteme) il covo degli antieuristi nel M5S, e la presenza di un post dell'Istituto Von Mises sulla moneta (mica pinzellacchere), immediatamente seguito dalla segnalazione di un post di Bagnai, dovrebbe far riflettere. Si dirà: "ma la pagina E5S è una bacheca"! CeRRRto, è una bacheca! Anche il M5S, aggiungo, è una bacheca. O no...???

Insomma, ribadisco un concetto che sto esprimendo da tempo: non è serio far conto sul M5S se, oltre a una generica protesta contro la corruzione e la Casta, si vuole portare avanti una cazzuta critica politica allo stato attuale delle cose

Ma questa è solo l'opinione di un ormai anziano prof di Castro dei Volsci, profonda Ciociaria. Chevvefrega? Si ve volete 'mpiccà da soli so' cazzi vostri... (sarà una forca a 5 stelle o il fogno di un'altra €uropa?).


lunedì 28 aprile 2014

Tempo e vuoto

Era da tempo che desideravo scrivere un bel post sui miei amici "marxisti dell'Illinois" (quelli originali, non quelli cui, con deplorevole ambiguità, Bannai ha fatto in seguito riferimento).

Premetto che sono amico dei marxisti dell'Illinois, e che questa è solo una discussione politica. Che potrà essere aspra quanto desiderano, ma poi sempre a tarallucci e buon vino finirà. Quis hic bannatur! L'occasione è il post, a firma Piemme, dal titolo "VOTARE PER CHI?".

Il mito della sollevazione dei "marxisti dell'Illinois" (quelli originali)


La linea di ragionamento sviluppata da Piemme è la seguente:
  1. Non si possono votare formazioni come FdI e Lega Nord, perché "I politicanti di queste formazioni hanno sostenuto, in quanto elementi integranti del centro-destra, pressoché tutti i passaggi che hanno permesso lo strangolamento del popolo lavoratore, la svendita della sovranità nazionale, lo stupro della Costituzione e della democrazia". 
  2. Non si può votare Tsipras in quanto "quinta ruota del carro e/o la foglia di fico del fronte politico eurista dominante". 
  3. E' invece opportuno votare per il M5S perché, sebbene possa essere un gatekeeper, "non ci può essere il minimo dubbio che una forte affermazione di M5S produrrebbe un terremoto la cui onda d'urto giungerebbe fino ai santuari eurocratici di Bruxelles, Berlino e Francoforte". Secondo Piemme, questo risultato darebbe "coraggio agli italiani che han già capito che dal marasma se ne esce solo con una svolta radicale, con un governo popolare d'emergenza che accompagni la riconquista della sovranità politica e monetaria con una serie di misure audaci antiliberiste a difesa del popolo lavoratore". Insomma la Sollevazione, santo Graal dei Marxisti dell'Illinois.
Sulla prima parte della tesi la mia osservazione è la seguente. Suggerisco agli amici Marxisti dell'Illinois (nel seguito, per brevità, MdI) di modificare il loro messaggio, scrivendo che "loro" non possono votare FdI o Lega Nord, non che non si può! "Loro" MdI, o "er popolo de sinistra" non lo possono/devono fare, non chi ha una visione della società diversa, ma comunque oggi sinceramente contraria alle politiche euriste! Quanto all'avverbio "sinceramente", capisco che si possa dubitare della conversione, sulla via di Damasco, di Lega Nord e, soprattutto, di Fratelli d'Italia, ma allora perché escludere che il M5S sia un gatekeeper? Evidentemente gli amici MdI non contemplano, in cuor loro, questa atroce possibilità, o almeno la ritengono poco probabile e/o stemperata dagli umori della base. Ma se ciò vale per M5S, deve valere anche per gli altri partiti. O no?

Non si può votare per Tsipras, aggiungono. Sfondano una porta aperta. Ma consentano, gli amici MdI, una chiosa: perché gli tsipriti, oggi sostenitori dell'euro, qualora un giorno cambiassero idea sarebbero sicuramente riaccolti a braccia aperte dai MdI, mentre FdI e Lega Nord, che pure oggi sono contro l'euro, resterebbero pur sempre partiti da non votare? Nemmeno come scelta tattica e momentanea? Dovrebbero studiare un po' di storia gli amici MdI, così saprebbero che nel giorno della battaglia l'unica cosa che conta è sconfiggere il nemico principale. Con gli alleati i conti si fanno dal giorno dopo.

Ah dimenticavo, per i MdI c'è una scelta migliore, il M5S.

E allora parliamone! 


Mettiamo ottimisticamente da parte la discussione sulla vera natura del M5S e immaginiamo che, davvero, esso riesca a ottenere quel grosso risultato che "darebbe di converso slancio a tutte quelle forze politiche e sociali che si battono per la riconquista della sovranità nazionale, lotta che passa non solo per l'uscita dall'euro, ma pure per la difesa della Costituzione, contro a legge elettorale truffa Italicum, contro i provvedimenti liberisti a danno del proletariato come il Job Act". 

Proviamo cioè a mettere a confronto lo scenario di un successo sostanzioso del M5S con quello che si aprirebbe nel caso invece arretrasse. Il punto dirimente è il mito della Sollevazione. Per i MdI un rafforzamento del M5S "darebbe coraggio agli italiani", aprendo spazi a questa mitica prospettiva. Mi dispiace ma, con sano realismo, non ci credo. 

Penso, è vero, che un grosso successo del M5S aprirebbe una fase di profondi cambiamenti, ma non sarebbe la mitica Sollevazione. Per una semplice ragione: i dominanti, termine caro ai MdI, non starebbero certo con le mani in mano. Essi potrebbero (possono farlo) giocare la carta del "cambiare tutto per non cambiare niente". Potrebbero, ad esempio, lasciare al loro destino gli attuali partiti sconfitti da Grillo, e promuovere la nascita di altre formazioni che non abbiano sulle spalle la responsabilità del passato. Lo hanno già fatto (do you remember, my friends MdI?) con Berlusconi nel 1994. E Berlusconi non era neanche una scelta del vero mainstream eurista, ma qualcosa che, alla fine, è stato accettato obtorto collo.

Sarebbe un marasma. Davanti al proliferare di nuove sigle, alla confusione linguistica e semantica profusa a piene mani dai finanziatori del "nuovo", le forze sinceramente sovraniste verrebbero travolte da un rumore politico creato e amplificato ad arte. A quel punto non resterebbe che intrupparsi tutti nel M5S, sperando (ma la speranza è dei fessi) che non sia un gatekeeper. Ve la sentite, amici MdI, di correre un simile rischio? Io no.

Per questo mi auguro un ridimensionamento del M5S. E' vero, apparirebbe come una sconfitta, ma noi dobbiamo vincere una guerra, non una stupida quanto inutile scaramuccia. Un arretramento del M5S ridarebbe fiato al PUD€, che potrebbe incorrere nell'errore di tranquillizzarsi, proseguendo così sulla strada già intrapresa, nella convinzione (falsa) di potersi spingere oltre ogni limite; ma soprattutto aprirebbe spazi straordinari di crescita per le forze sinceramente sovraniste. Ricordate, amici MdI, la vittoria attira consensi! E dunque, se il M5S continuasse a vincere, per i veri sovranisti non ci sarebbe spazio. 

Noi che non ci fidiamo del M5S (se poi son rose... fioriranno), noi che non accettiamo il modello di partito del M5S, noi che strabuzziamo gli occhi davanti alle sue contraddizioni, avremmo a quel punto il diritto di farci sentire. Potremmo dire: "il M5S ha fatto e farà la sua parte, ma ci siamo anche noi".

Voi, amici MdI, sapete bene che il Movimento Sovranista, di cui voi, e noi di ARS, siamo due frazioni, è ben altra cosa rispetto alla confusa proposta politica del M5S. Voi sapete bene che i nostri modelli di organizzazione della militanza politica sono ben più sofisticati, e meno infantili, di quelli pentastellati. Voi capite bene, amici carissimi MdI, che ammesso (e non ancora concesso) che il M5S non sia un gatekeeper, esso deve (deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve deve) essere affiancato da altre forze politiche auto organizzate dal basso, in modo da non lasciargli il monopolio dell'opposizione al PUD€!

Ora c'è un solo modo per favorire la nascita del vuoto politico necessario per l'irruzione, dal basso, delle vere forze sovraniste: un momentaneo successo dei dominanti (il PUD€) e un arretramento del M5S. E' in quel vuoto che noi potremo inserirci. 

Ebbene, qual è il modo migliore per favorire la creazione di questo "vuoto politico"? L'astensione, cari compagni MdI! L'astensione dal voto alle prossime elezioni europee. 

Questa è una semplice scaramuccia. La vera battaglia campale saranno le prossime elezioni politiche. Per quel giorno noi dovremo essere pronti. Ma, per far ciò, abbiamo bisogno di due cose: tempo e vuoto.

Addendum: cari Marxisti dell'Illinois, vi chiamo così per affetto profondo, per stima e perché sono un po' pierino, ma anche perché mi piace goofare (i like to goofy). Don't worry and be happy.

domenica 27 aprile 2014

Goebbels era 'na pippa!

I "Pugni sul tavolo" del M5S, ovvero: mister "taglio 200 mld" o Felice Marra?



Pugni sul tavolo
Testo e musica : Felice Marra

Questa Europa è una Europa che
non smette di mostrarsi fragile
nei suoi concetti e nei suoi perchè
si dimostra totalmente instabile

Non ha senso questa unione sterile
che si basa su finanza e debiti
dove i popoli sono dei numeri
come indici di borsa e spread

Questa Europa è una europa che
si nutre umiliando i deboli
con leggi tutte sangue e lacrime
mentre i loro conti in banca salgono

Non è la guerra tra i poveri
l'Europa che immagino per me
per questo ora voglio muovermi 
e fare in modo di coinvolgere anche te

E sbatterò i miei pugni su quel tavolo
e urlerò tutta la rabbia che c'è in me
E lotterò con le mie forze contro il diavolo
del dio denaro che ha corrotto le anime

Questa Europa è una europa che
non pensa ad unire i popoli
le menti e le coscienze dicono
le usano per atti ignobili

Il sistema è sempre più in pericolo
ha paura di ciò che faremo noi
metteremo il loro regno in bilico
che alla fine crolla e vinciamo noi

E sbatterò i miei pugni su quel tavolo
e urlerò tutta la rabbia che c'è in me
E lotterò con le mie forze contro il diavolo
del dio denaro che ha corrotto le anime
Questo video, dell'informatico Felice Marra, sta spopolando su Internet. E' uno spot elettorale del M5S, veramente efficace sebbene realizzato artigianalmente.

Nel clima della campagna elettorale spot come questo avranno buon gioco nel mettere in difficoltà i movimenti sovranisti, e tutti coloro che diffidano del M5S a causa dell'indeterminatezza delle sue posizioni sulla questione cruciale dei trattati europei.

Noi non possiamo che prendere atto dell'esistenza di questo spot valutando l'uso che ne farà il M5S. Vale a dire se lo utilizzerà o tenterà di metterlo in ombra, magari affiancandolo con altri spot altrettanto efficaci ma di orientamento opposto.

Il problema con il M5S è ben noto: non ha un vero programma, ma si erge a paladino di un concetto democratico basilare (pur smentendolo molto spesso): devono decidere i cittadini.

Il tempo è galantuomo e spazzerà via i dubbi già nei mesi successivi alle europee. Tuttavia il rischio che il M5S, cavalcando un successo elettorale rinforzato dai sentimenti anti UE ormai dilaganti, possa rivelarsi alla prova dei fatti un movimento globalista e liberista, è enorme.

Le conseguenze di un tale inganno sarebbero devastanti. Riflettiamo. La partita politica che si sta giocando conoscerà un punto di approdo con le prossime elezioni politiche. Il vero obiettivo dei globalisti-liberisti è vincerle con ampio margine, perché solo questo risultato permetterà l'implementazione effettiva e definitiva delle politiche di smantellamento dello Stato repubblicano, già in corso ma in fase di stallo. Sto parlando del Fiscal Compact e del Redemption Fund. Un successo travolgente del M5S alle europee, nell'ipotesi che questo sia un'operazione False Flag, renderebbe estremamente difficile la costruzione, in tempo per le elezioni politiche, di un genuino fronte sovranista.

La soluzione, l'unica che io vedo, per scongiurare il rischio del successo di un movimento potenzialmente False Flag, consiste in un esito del voto europeo nel quale la percentuale di astensionismo cresca in modo rilevante. Se le cose andassero così, la formazione di una sacca, la più grande possibile, di astensione dal voto, sarebbe il miglior viatico per la nascita, in tempi rapidi, di un genuino partito sovranista. Nel vuoto di rappresentanza che si verrebbe a creare i veri sovranisti e i genuini patrioti difensori della Costituzione repubblicana del 1948 riuscirebbero a giocare le loro carte con maggiori possibilità di successo.

Sono ben consapevole del fatto che, nel clima della campagna elettorale, anche una riflessione semplice come quella esposta ha poche possibilità di essere ascoltata. Essa, tuttavia, deve essere sottoposta agli elettori, nella speranza che venga ascoltata.

sabato 26 aprile 2014

"Compagni" (virgolettati) addio! Noi siamo i VILLANI!

Guardatevi prima il video e poi ragioniamo.



La parola "compagni" è virgolettata perché non sta scritto da nessuna parte che essa sia di proprietà di quelli che sottoscrivono le parole della Boldrini. Riportiamole:

"Ecco, dobbiamo dare l'esempio concreto di una cultura dell'accoglienza, che sia integrale. Una cultura dell'accoglienza deve mettere tutto al centro. L'accoglienza come un nostro valore, a 360 gradi, e che sappia misurarsi con la sfida della globalizzazione, questa accoglienza! Quella sfida che porta con sé, come è ovvio, anche maggiori opportunità di circolazione delle persone. Perché nell'era globale tutto si muove, si muovono i capitali, si muovono le merci, si muovono le notizie, si muovono gli esseri umani, e non solo per turismo. E i migranti oggi sono l'elemento umano, l'avanguardia di questa globalizzazione, e ci offrono uno stile di vita che presto sarà uno stile di vita molto diffuso per tutti noi. Loro sono l'avanguardia di quello, dello stile di vita che presto sarà uno stile di vita per moltissimi di noi."

Ora cari "compagni" (rigorosamente virgolettato), io sono stato "de sinistra" per tutta una vita. Ho appoggiato la lotta del popolo cubano, dei vietnamiti, degli angolani sostenuti da Fidel Castro. E ho sempre pensato che i popoli avessero diritto all'autodeterminazione, e a difendere le proprie tradizioni e i loro costumi dall'invadenza dei capitali. Forse capendo male quello che VOI, compagni virgolettati, intendevate, ho sempre creduto che questo significasse che ogni popolo avesse diritto a difendere le frontiere del proprio Stato. Il che significa, se sbalio corigeteme, che un popolo con il suo Stato deve avere il diritto di presidiare le frontiere del suo territorio, sottoponendo a controllo ogni cosa che le attraversi: in primis i capitali, ma anche le merci, i servizi immateriali e le persone.

Certo, c'è il dovere dell'accoglienza umanitaria, ma vi domando: perché non vi limitate a sostenere il dovere dell'accoglienza umanitaria respingendo, al contempo, la pretesa di far circolare liberamente capitali, merci e servizi? Questo mi aspetterei da voi, cari "compagni" (rigorosamente virgolettati)! E invece no! La Boldrini (che fa rima, caso e disgrazia, con Boldrin) afferma che "nell'era globale tutto si muove, si muovono i capitali, si muovono le merci, si muovono le notizie, si muovono gli esseri umani, e non solo per turismo". Siete d'accordo? Ma allora, consentitemi, a che serve fare politica? Se l'"era globale" è un fatto naturale, una specie di legge fisica impossibile da contrastare, perché non lasciar fare tutto alle forze del mercato? Questo, attraverso la mobilità dei fattori produttivi (tra i quali rientrano anche gli esseri umani - n.d.r.) alla fine sistemerà ogni cosa! La politica, in tal modo, sarà derubricata a pura amministrazione dell'esistente, al semplice compito di monitorare e regolare in modo ottimale il "sistema economico". Visto che l'era globale è un fatto naturale...

Mi domando anche perché ce l'abbiate tanto con Grillo. In fondo sostiene la stessa tesi, cioè che basti mandare delle persone "oneste" ad "amministrare" il sistema, mandando a casa i "corrotti", e tutti vivremo meglio. Se sbalio, al solito, corigeteme, ma non è questo che dice Beppe Grillo? Non dice forse che la colpa è della "Casta", cioè del fatto che nella stanza dei bottoni ci sono persone che, invece di fare il bene comune, pensano ad arricchirsi? Mandiamoli a casa, sostituiamoli con i cittadini per bene (suggerimento: scegliamoli tra gli amministratori di condominio certificati dall'UE) e l'Italia ripartirà. O no?

Cari compagnucci virgolettati brutti e scemi, mi avete rotto il cazzo!


Voi siete, per interesse o stupidità, nemici di classe. Purtroppo vi siete appropriati di parole che, un tempo, nemmeno troppo tempo fa, avevano un significato completamente diverso da quello che voi oggi sostenete. Che fare? Mettersi a litigare con voi per strapparvi il diritto di definirsi "de sinistra" oppure "compagni"?

No! Io non ne ho voglia. Facciamo così: voi continuate a dire che siete "de sinistra", che siete "compagni" (rigorosamente virgolettati), e noi ci scegliamo parole nuove per indicare i valori e le idee che voi avete tradito

Come ci possiamo chiamare? Mumble mumble...


Ci sono! Ci chiameremo VILLANI!

Noi, cari compagnucci virgolettati, da oggi saremo i VILLANI! Voi siete "compagni" (rigorosamente virgolettati) e noi siamo VILLANI!

E non provate ad appropriarvi anche di questa parola! Noi, che siamo VILLANI, vogliamo che il capitale sia umilmente sottomesso allo Stato democratico, che possa circolare solo chiedendo il permesso con le buone maniere (e pagando pegno). Noi, che siamo i VILLANI, vogliamo che la merce sia sottoposta al vaglio delle dogane alle frontiere dei nostri Stati. Noi, che siamo i VILLANI, accoglieremo, nei limiti del possibile, i derelitti vittime della vostra maledetta, e secondo voi inevitabile, globalizzazione, ma opporremo un gentile quanto fermo rifiuto all'ingresso dei FATTORI PRODUTTIVI, che è il vero nome con cui il vostro amico capitale designa i migranti in cerca di lavoro. Nei limiti del possibile, infine, appoggeremo, anche militarmente, le lotte di liberazione dei popoli del mondo, ma non al prezzo di immolare la nostra libertà in battaglie perse in partenza. Perché la solidarietà internazionalistica non può essere un alibi per la stupidità.

Addio "compagni" virgolettati. Un VILLANO vi saluta. Ci vedremo sul campo.

Addendum: estote parati, che molti VILLANI la sanno molto più lunga di voi, compagnucci rigorosamente virgolettati quanto ignoranti.

Adolfo inginocchiati! 610!

Non ci posso credere! Veramente, non ci posso credere! 



Questo è lo spot completo: Rai Europa - Tariffe telefoniche. Enjoy.

What does the fox say?


Questo è un  post di sponda. Nel senso che prende spunto da quello odierno di Alberto Bagnai, dal titolo "Le europee: istruzioni per l'uso (il mio 25 aprile)".

Condivido buona parte di ciò che scrive Bagnai, il cui scritto invito tutti a leggere (ma so che lo avete già fatto). Alcune cose non le condivido, ma questo è normale. Su una questione vorrei, però, dire la mia.

Bagnai scrive: "Salvini avrà bisogno di molto tempo e molta intelligenza politica, per dédiaboliser la Lega, come la Le Pen a dédiabolisé il Front National. Bisognerà poi che voglia farlo, perché magari non vuole. Ma se anche volesse farlo, non gli ci vorranno meno di quattro anni (tanti e più ce ne son voluti alla Le Pen) per portare il suo elettorato su un discorso più razionale." [grassetto aggiunto]

E' importante il testo in grassetto. Cosa ci dice? Ci dice che Bagnai sa (o forse ha capito) come funziona un fondamentale meccanismo della politica: è l'offerta (politica) che crea (e "forma") la domanda, non il contrario.

Ovvero la legge di Say, che in economia non funziona, è invece alla base dell'azione in politica.

Sono incredibilmente lieto di questa maturazione di Alberto Bagnai, il quale ha invece pensato, per parecchio tempo, che la diffusione della "verità" avrebbe creato la domanda politica necessaria per il cambiamento. Gioisco, e non gliene faccio una colpa. Mai incolpare qualcuno di uno sbaglio! Sempre incolpare coloro che non sbagliano (perché sanno quel che fanno), e così ci fregano. Parlo degli euristi, ovviamente.

Dunque Bagnai riconosce che il cambiamento della domanda dell'elettorato leghista dipende dalla capacità di Salvini di cambiare l'offerta. E aggiunge "non gli ci vorranno meno di quattro anni". Il ragazzo (si fa per dire) impara in fretta.

E se Salvini non ci riesce? Qui è necessaria un'aggiunta. L'offerta politica non si esaurisce nel "messaggio", poiché essa è influenzata dal successo già raggiunto. Ovvero, in politica la "domanda" è funzione sì dell'"offerta", ma l'offerta è vincolata al mantenimento dei risultati già acquisiti.

Il che porta alla spiacevole conseguenza per cui, in politica, è necessario mentire. Cosa che, a Bagnai, non piace, e per la quale merita rispetto. Senonché, piaccia o no, la politica è questo. E siccome di politica non si può fare a meno, è inutile lamentarsi.

Ora la Lega parte da un'offerta politica che contiene, al suo interno, il concetto di "indipendenza della Padania", al quale ha aggiunto (per merito di Salvini) il tema dell'uscita dall'euro. Quali sono è i rischi di questa commistione?

La lega perde le elezioni? E allora il fronte eurista festeggia e Salvini scompare. La lega pareggia? Il fronte eurista avrà buon gioco nell'affermare che Salvini ha, comunque, perso. Ovvero: Salvini non riesce a confezionare per bene la sua offerta politica, non crea la domanda, e perde.

La Lega vince? Questo è un esito possibile e più interessante. Gli scenari che si aprirebbero sono imprevedibili. In primo luogo perché ciò segnerebbe uno smacco per gli euristi; in seconda battuta perché darebbe il segnale che qualcosa, negli equilibri elettorali, si è rotto, e che spendersi contro l'euro paga.

Si aprirebbero, così, orizzonti di successo elettorale nei quali potrebbero inserirsi altre "offerte politiche", più mature e meglio strutturate di quelle un po' ingenue di Salvini, nonché opportunistiche di quanti, nella Lega, puntano sulla battaglia no-euro solo per tentare di sopravvivere.

Non chiedetemi cosa dovete fare il 25 maggio (io ho già deciso: non voto). Consentitemi però un'osservazione machiavellica e due domande politiche:
  1. Il voto è segreto, dunque si può fare una cosa e dichiararne un'altra!
  2. Bagnai, a mio avviso, poteva giocare meglio le sue carte. Ha puntato sulla "redenzione" di una parte, almeno, del PUD€, e ha perso. Aprire un confronto con quelli che ha scaricato per seguire questa sua "intuizione" è così doloroso?
  3. Nello scenario che potrebbe aprirsi in seguito a un eventuale (e possibile) successo della Lega di Salvini, e in considerazione del fatto che il PUD€ non ha intenzione di cedere, ci sono o no spazi per la nascita di un'opposizione al PUD€ che affianchi e conformi, sui valori della Costituzione, un'eccessiva egemonia leghista?

venerdì 25 aprile 2014

Il teorema di Pirro

Mio padre non c'è più. Ho discusso con lui per tutta una vita. Su molte cose eravamo d'accordo, su altre proprio no. Una delle sue affermazioni, che più mi faceva infuriare, era quella che lui chiamava il "teorema di Pirro": la ragione è dei fessi!

Aveva ragione lui. E' inutile cercare di discutere razionalmente con chi ha interessi contrapposti ai nostri. Questo dice il "teorema di Pirro". Ovvero: "nella guerra di classe, come nelle diatribe condominiali, la razionalità non esiste".

E' inutile discutere con coloro che hanno interesse alla permanenza dell'euro, dell'Unione Europea, delle quattro libertà di Maastricht (libera circolazione di capitali, merci, servizi e persone). Che sia per ragioni economiche, o per più banali interessi politici, di appartenenza partitica, di carriere o carrierine da quattro soldi, quelli che hanno interessi concreti opposti ai nostri non li convinceremo mai!

Tempo perso, fiato sprecato ("bone fiate" si dice in Ciociaria). Dobbiamo capire che la ragione è dei fessi. Noi non dobbiamo avere ragione, dobbiamo imporre le nostre ragioni! Questo è il senso vero della lotta politica.

Se così stanno le cose, noi non dobbiamo convincere, ma spiegare. Spiegare, a quelli che maggiormente pagano il prezzo di scelte politiche di classe, come funzionano i meccanismi che li condannano alla precarietà, a lavorare di più per avere di meno, ad essere condannati a un'esistenza da servi per consentire ad altri di vivere come principi.

E dobbiamo, per forza di cose, indicare il nemico. Senza un nemico non c'è lotta. Senza lotta non c'è speranza.

Il nemico sono i liberisti, gli euristi, i sostenitori di Maastricht, i nemici della Costituzione repubblicana del 1948.

Gli amici sono gli statalisti, gli avversari di Maastricht, i difensori della costituzione del 1948.

La ragione è dei fessi. Lo dice il "Teorema di Pirro".

giovedì 24 aprile 2014

Dedicato a tutti i miei amici piddini che credono ancora di essere socialisti.

26 novembre 2013: Vladimir Putin, In una conferenza stampa a Trieste, a fianco di Enrico Letta, ha risposto così a chi gli chiedeva di commentare la decisione di Kiev:
"Se l'Ucraina firma l'accordo di libero scambio con l'Unione europea, allora sarà obbligata entro due mesi dalla ratifica dell'accordo a ridurre i dazi doganali dell'85%. Ciò significa che se la Russia mantiene la sua zona di libero commercio con l'Ucraina le merci europee arriveranno direttamente attraverso il territorio ucraino sul nostro mercato".


Commento del calimero cattivo

Cari amici (ormai si fa per dire) piddini, io veramente non so più come dirvelo in modo garbato. Sono quindi costretto a passare agli insulti (d'altra parte sono il calimero cattivo). Voi tutti, cari amici (si fa per dire) piddini, ma anche grillini, siete degli imbecilli o dei venduti. Cioè no, mi correggo, non siete venduti. Chi ve se dovrebbe comprà, visto che calate le braghe a gratisse?

Non è che ci voglia molto per capirlo: il problema è la libera circolazione di capitali, merci, servizi e persone. Sì, lo so che voi siete bravi e buoni, per cui potreste anche criticare la libera circolazione di capitali, merci e servizi, ma le persone no! Noooooo!!!!! E che vogliamo mettere in discussione il sacro principio della libertà di circolazione delle persone? Peccato che per il capitale le persone si chiamino in un altro modo.

Lo sapete? Sapete come si chiamano le persone per il capitale?

No che non lo sapete! Siete ignoranti, oltre che imbecilli! Leggete qui....

FATTORI PRODUTTIVI

E' così che si chiamano le persone per il capitale, cari imbecilluzzi belli. Fattori produttivi! Io, voi, tutti noi siamo FATTORI PRODUTTIVI. 

Godetevela, e votate PD, o M5S, o NCD, o Berluska, o Scerta Civica. E se proprio siete personcine tanto per bene votate Tsipras.

Io, il calimero cattivo, non verrò a prendervi. Io sono buono, e per questo (e solo per questo) sono anche un po' più intelligente di voi. E voi lo sapete che sono un buono, e che se sono più intelligente di voi è solo per questo, non perché abbia più materia grigia di voi. Non sarò io a venirvi a prendere, ma in molti verranno. Magari quel giorno io non ci sarò ma, anche se ci fossi, non venitemi a rompere le palle. 

Verrà la morte a avrà i nostri occhi. Brutti pezzi di merda.

martedì 22 aprile 2014

Fuzzy democracy

Addendum 23.30: ci vuole più Europa [los Calimeros dopo Ball€urò]


Cosa vogliono dire coloro che affermano di voler "cambiare l'Europa"?

Dobbiamo partire da un dato di fatto: l'Europa, meglio l'Unione Europea (UE), è il trattato di Maastricht. Dopo l'inizio della crisi, tuttavia, i paesi dell'UE hanno ratificato altri trattati, come il MES e il Fiscal Compact.

Paesi membri del MES
██ Membri della zona euro
██ Membri dello SME
██ Altri membri UE
██ Membri UE che non hanno firmato il patto di bilancio
E' evidente che coloro che parlano di cambiare l'Europa si riferiscono, in realtà, non al trattato di Maastricht, bensì ai successivi, ratificati dopo l'inizio della crisi. Infatti, se si riferissero al trattato di Maastricht essi vorrebbero, tout-court, la fine dell'Unione Europea.

Né la Lega Nord né Fratelli d'Italia hanno mai sostenuto che si deve recedere da Maastricht, pur criticando la moneta unica. Tutti gli altri partiti, oltre a non voler recedere da Maastricht, sostengono che l'euro va mantenuto, ma affermano anche di voler rivedere i trattati ratificati dopo l'inizio della crisi, in particolare il Fiscal Compact e, in subordine, il MES. In particolare, il recesso o la diluizione del Fiscal Compact dovrebbero implicare, per logica conseguenza, anche la revisione della modifica costituzionale sul pareggio di bilancio, approvata in Italia (e solo in italia) un mese e mezzo dopo la ratifica del Fiscal Compact.

Quando il MES e il Fiscal Compact vennero ratificati, e fu introdotto il pareggio di bilancio in Costituzione, il M5S non era in Parlamento. La Lega votò contro il Fiscal Compact, il MES e il pareggio di bilancio. Fratelli d'Italia ancora non esisteva. Nemmeno la lista Tsipras era in parlamento.

Giova ricordare i nomi e le appartenenze dei firmatari della legge sul pareggio di bilancio:

FIRMATARI
Marco BELTRANDI (Partito Democratico)
Pier Luigi BERSANI (Partito Democratico)
Renato CAMBURSANO (Italia dei valori)
Linda LANZILLOTTA (Partito Democratico)
Giuseppe Francesco Maria MARINELLO (Popolo della Libertà)
Antonio MARTINO (Popolo della Libertà)
Maria Paola MERLONI (Partito Democratico)
RELATORI
Carlo VIZZINI (Popolo della Libertà)
Antonio AZZOLLINI (Popolo della Libertà)

E' pur vero che, in politica, i tatticismi sono all'ordine del giorno. Questo significa che, relativamente al prosieguo del percorso europeo, possono esserci forze che vogliono in realtà più (o altro) di quanto dichiarano, e forze che vogliono meno.

Le forze politiche favorevoli all'uscita dall'euro che (forse) vogliono più (o altro) di quanto dichiarano


Una potrebbe essere la Lega. Non sono ancora certo che FdI possa essere inserita in questa categoria, perché ancora oggi (22 aprile 2014) sul sito ufficiale si legge «Vogliamo difendere la conquista di una moneta unica, ma vogliamo che sia la moneta dei popoli europei e non lo strumento di potere delle banche. L’euro agisce come amplificatore delle disfunzioni degli Stati nazionali, rendendo impellenti le misure di risanamento che per troppi anni sono state rimandate a “tempi migliori”. Oggi l’euro sta diffondendo la consapevolezza delle politiche irresponsabili che hanno causato l’attuale debito degli Stati sovrani.  Non possiamo sottrarci a queste responsabilità, ma contestiamo la strada che Bce e Ue percorrono, quella della “recessione perpetua”, dell’austerità, della pressione fiscale senza politiche per la crescita.». Se l'italiano di Fratelli d'Italia è lo stesso che parliamo tutti noi, questa frase iscrive di diritto FdI nella categoria successiva, quella che raccoglie tutti gli altri partiti che vogliono mantenere l'euro ma cambiare l'Europa

E' lecito insinuare che la Lega abbia adottato una posizione per l'uscita dall'euro al fine di intercettare voti ed evitare, in tal modo, di scomparire? Certamente questo elemento esiste, ma è assai più probabile che la Lega si stia facendo interprete degli interessi concreti delle PMI del nord, le più gravemente svantaggiate dal cambio fisso. Questa posizione, inoltre, non confligge con la "mission" di questo partito: l'aspirazione alla secessione della Padania. Infine, non può essere sottaciuto il fatto che in nessuna occasione Salvini e Borghi abbiano mai alzato il tiro oltre la semplice uscita dall'euro, spingendosi fino al punto di criticare il trattato di Maastricht. 

La Lega, dunque, non è una forza sovranista. O, se lo è, ciò vale per la mitica Padania.

Le forze politiche che vogliono "cambiare l'Europa"


A chiacchiere, ma solo a chiacchiere, appartengono a questa categoria tutte le altre formazioni politiche. Perfino Renzi vuole "cambiare l'Europa"! Per non parlare di Bersani, firmatario del pareggio di bilancio in Costituzione. Qui il tatticismo elettorale attinge a vertici insuperabili. Viene spacciato agli elettori, come obiettivo del "cambiare l'Europa", anche la semplice speranza di ottenere una dilazione, da lady big ass, nell'ottemperare agli obblighi del MES e del Fiscal Compact! Gli elettori che voteranno per il PD, per i due tronconi dell'ex-PDL e per Scelta Civica e satelliti, si assumeranno la responsabilità di essersi espressi in favore del mantenimento degli impegni sottoscritti con il MES, il Fiscal Compac e il pareggio di bilancio.

Restano il M5S e la lista Tsipras. 


Cominciamo dagli tsipriti. Nessuno di essi, per quanto ne so, osa mettere sul banco degli imputati il trattato di Maastricht, sebbene non manchino i richiami alla vecchia opposizione di Rifondazione Comunista, l'unico partito che nel lontano 1992 votò contro, insieme a pochi sparsi elementi di altri partiti. La differenza con i partiti precedenti (PD-exPDL-Scelta Civica e satelliti) è nei toni. Gli tsipriti tendono all'esagerazione poetica, richiamano gli alti valori del sogno spinelliano, parlano di Europa dei popoli. E promettono opposizione dura e pura nel prossimo parlamento europeo.

Ma cosa vogliono, effettivamente, gli tsipriti? Essi vogliono gli "Stati Uniti d'Europa", vale a dire il completamento del trattato di Maastricht sul piano politico. Ciò implicherebbe una fiscalità comune, una effettiva unione bancaria, l'elezione di un parlamento con pieni poteri legislativi, una politica estera comune, un esercito comune, gli eurobond e una BCE sottoposta al controllo politico. Insomma pinzellacchere! Per ottenere le quali, ammesso che ci sia una comune volontà di procedere in tal senso, servirebbero non meno di una decina di anni, durante i quali i paesi creditori dovrebbero accettare comunque, da subito, una mutualizzazione dei debiti e una politica monetaria espansiva. Non basta: l'assenza di ogni presa di posizione sul trattato di Maastricht implica (chi tace acconsente) che gli tsipriti non intendono mettere in discussione il principio di libera circolazione di capitali, merci, servizi e persone sancito da Maastricht. Di più: da quanto mi risulta (corigeteme se sbalio) gli tsipriti non fiatano sul principio di concorrenza, che è il vero pilastro fondante dell'Unione Europea, l'assioma zero sul quale poggiano tutti gli altri. Che dire? Compagni che sbagliano? Auguriamoci che essi siano, almeno, favorevoli alla legalizzazione delle droghe di cui fanno certamente largo uso...

Il M5S. Ah, quel non movimento con un non programma, dove tutti sono liberi di essere d'accordo con Grillo&Casaleggio? Quel partito che vuole un referendum sull'euro e l'abolizione del Fiscal Compact? Non è strano questo? Un referendum sull'euro (dunque il M5S non ha una posizione: aspetta il referendum) e l'abolizione del Fiscal Compact, cioè il trattato che tiene in piedi l'euro? Ma questa sì che è una posizione! Come mai una posizione sul Fiscal Compact c'è, ma non c'è sull'euro, che senza il Fiscal Compact finirebbe all'istante? Ma allora, sotto sotto Grillo&Casaleggio sono per l'uscita dall'euro, sia pure per vie traverse? Allora hanno ragione i grillini quando dicono che, sull'euro, il M5S ha una posizione tattica? Ed è una posizione tattica anche l'idea di tagliare la spesa pubblica di 200 mld l'anno? Ma non è, ciò, in contraddizione con la scomunica del Fiscal Compact? Perché mai dovremmo recedere dal Fiscal Compact e poi tagliare (ripeto: tagliare) la spesa pubblica di 200 mld l'anno?

Questa, cari signori, è logica! Non logica aristotelica, ma logica Fuzzy. Sapete cos'è la logica fuzzy?

Da wikipedia:

Con grado di verità o valore di appartenenza si intende quanto è vera una proprietà: questa può essere, oltre che vera (= a valore 1) o falsa (= a valore 0) come nella logica classica, anche pari a valori intermedi.
Si può ad esempio dire che:

  • un neonato è "giovane" di valore 1
  • un diciottenne è "giovane" di valore 0,8
  • un sessantacinquenne è "giovane" di valore 0,15

Applichiamola al non programma del M5S:

  • "referendum sull'euro" di valore 1
  • "no al Fiscal Compact" di valore 0,8
  • "tagliare la spesa pubblica di 200 mld l'anno" di valore 0,15

E mi pare giusto! Come decidere? Si estraggono a sorte non solo gli eletti, ma anche i punti del non programma. Se tutti facessero altrettanto, questa è l'idea geniale del duo Grillo&Casaleggio, la corruzione finirebbe all'istante, e la Casta pure! Insomma, la fuzzy democracy.


lunedì 21 aprile 2014

Il Guru

Gianroberto Casaleggio
"L’euro e l’Europa non devono essere un alibi. Noi abbiamo oggi 800 miliardi di spesa. Di questi, 100 sono tasse sul debito. Degli altri 700, possiamo tagliarne 200. Io discuterò con l’Europa sulla gestione, ma non per questo sono esonerato dal fare pulizia a casa mia." [Gianroberto Casaleggio - intervista al FQ]

Tagliare di 200 mld di € la spesa pubblica significa diminuire di 200 mld di € la domanda interna. Circa il 13%.

Anche con un demoltiplicatore keynesiano pari a 1 (in realtà vale circa 1,5) ciò equivale a diminuire il PIL del 13%.

Il debito pubblico rimarrebbe inizialmente costante. Ergo, dal 132% di rapporto debito/PIL saliremmo, paribus ceteris, e subitaneamente, più o meno al 160%.

Dice il grullino: ma tagliando le spese il debito si riduce, ogni anno, di 200 mld di €!

Davvero il debito si ridurrebbe di 200 mld di €?

Povero grullino! Te l'ha detto la mamma che il deficit annuale dipende anche dalle entrate fiscali? Lo capisci, bel grullino, che se la domanda si riduce del 13% anche il PIL si riduce del 13% (almeno) e quindi le entrate fiscali? Cosa proponi, scemo di un grullino? Di tagliare ancora la spesa pubblica di quel tanto che basta per coprire la riduzione delle entrate fiscali causate dal taglio di 200 mld di €? Ma scusa, pezzo di cretino, questo non farebbe ancora scendere il PIL, e quindi le entrate fiscali?

Che proponi, bello? Di tagliare ancora la spesa pubblica quel tanto che basta per... etc. etc.?

Nel frattempo il rapporto debito/PIL continuerebbe ad aumentare. Come dici, grullino? Che a un certo punto si raggiungerebbe un plafond e, da allora, ricomincerebbe la crescita?

Va bene, hai ragione! A un certo punto si ricomincerebbe a crescere. Ma resterebbe sempre il "problemino" di un rapporto debito/PIL mostruoso, o no? E tu (del che non me ne frega un cazzo) ma anche tutti noi saremmo con le pezze al culo!

Ma allora dillo che sei un fascioliberista del cazzo!

sabato 19 aprile 2014

Se questo è un papero!

Sarà matto come un cavallo. Magari non ha capito subito cosa era l'UE (chi è senza colpa scagli la prima pietra). Magari magari magari. Ma nel 2000 Paolo Barnard, che al tempo lavorava con Report, faceva queste cose. Cosa faceva chi, oggi, lo chiama "papero"? Uniti si vince, divisi si perde!

venerdì 18 aprile 2014

Cazzi fini fini...

Due ragazzi. Passa una ragazza e uno dei due dice all'altro: "la vedi quella? Ha preso un sacco di cazzi...!". L'amico lo guarda e dice: "quella è mia sorella!". Il primo, imbarazzato: "sì, ma fini fini..."

Ecco, questo è il Fiscal Compact come ci viene raccontato dai giornali euristi. Sono cazzi, ma fini fini...!!!

Le argomentazioni degli euristi, che tentano di spegnere l'allarme che comincia a circola a livello popolare sugli effetti del FC, giocano su diversi fattori:
  1. la non conoscenza dell'aritmetica degli elettori
  2. la non conoscenza dell'ABC della macroeconomia degli elettori
  3. l'introduzione di ipotesi ottimistiche e la sottovalutazione della realtà
Prendiamo ad esempio questa simulazione: Eroding Italy's debt mountain, elaborata dall'agenzia Reuters. Per capire come funziona servono alcune semplici informazioni.
  1. Il tasso di crescita del PIL di cui si parla abitualmente è un valore nominale. Esso è dato dalla somma del tasso di inflazione e della crescita reale. Ad esempio, se l'inflazione è 1% e il PIL cresce dell'1%, ciò significa che la crescita reale è stata dello 0%. Se invece, sempre con inflazione all'1%, il PIL nominale cresce dell'1,5%, allora la crescita reale è stata dello 0,5%.
  2. L'average Interest Rate è il tasso medio pesato degli interessi pagati sui titoli di Stato. "Pesato" significa che si tiene conto delle quantità di titoli da onorare per ogni tasso di interesse. Ad esempio, se uno Stato ha il 20% di titoli al 5% e l'80% di titoli al 3%, invece di fare la media tra il 5% e il 3% (che darebbe 4%) si esegue un calcolo leggermente più complicato il cui risultato è 3,4%.
  3. Il Primary surplus è la differenza tra entrate e uscite fiscali prima del pagamento degli interessi sul debito pubblico.
La simulazione permette di fissare il valore iniziale del rapporto debito/PIL, oltre a consentire di variare gli altri parametri. Manca, si badi bene, un parametro fondamentale, che rende i risultati notevolmente ottimisticamente stimati, cioè il moltiplicatore/demoltiplicatore keynesiano. Questo parametro tiene conto di quanto aumenta/diminuisce il PIL in conseguenza di un aumento/diminuzione della spesa dello Stato. E' ben noto, e storicamente sempre confermato dai fatti, che un aumento della spesa pubblica, così come una sua diminuzione, si riflettono rispettivamente in un aumento/diminuzione del PIL. Il moltiplicatore/demoltiplicatore keynesiano è definito come il rapporto tra variazione percentuale del PIL e variazione percentuale della somma di spesa pubblica, investimenti e consumi. Ad esempio, se la spesa pubblica aumenta del 2% e il PIL sale del 3%, il moltiplicatore keynesiano è 3/2=1,5. Quello che ci interessa in questa discussione, che verte su una manovra (il FC) esclusivamente di bilancio pubblico, è il valore riferito alla sola spesa pubblica.

La simulazione che vi propongo non tiene conto del moltiplicatore/demoltiplicatore keynesiano. Ovvero: qualsiasi ipotesi di crescita del PIL venga impostata, la simulazione non tiene conto degli effetti depressivi dei tagli alla spesa pubblica necessari per ottenere un surplus primario. Siamo, insomma, nello scenario montiano di "austerità espansiva", una balla colossale di cui abbiamo misurato sulla nostra pelle gli effetti disastrosi. Sia come sia, usiamo ugualmente la simulazione proposta, e fissiamo i parametri.

Nella tabella sottostante riporto in una colonna i valori attuali dei parametri di simulazione e in una seconda gli stessi parametri valutati più ottimisticamente. La simulazione parte con un valore del rapporto debito/PIL del 134%, previsto per fine 2014.

Valori attuali Ipotesi
Inflation 0,4% 1%
Real trend growth 0,3% 1%
Average interest rate 2,7 2,5
Primary surplus 1,8 2%

Ipotesi con valori attuali dei parametri:


Ipotesi con valori ottimistici dei parametri:


Con i valori attuali dei parametri il rapporto debito/PIL continuerebbe a crescere. Assumendo uno scenario più ottimistico, comunque al limite del fantasioso nella situazione attuale, il debito scenderebbe ma non in misura tale da raggiungere l'obiettivo. Per farlo occorre modificare ancora i parametri. Quali?

La crescita reale dipende dal ciclo economico, l'inflazione dalla BCE, il tasso medio di interesse dai mercati. L'unico parametro sul quale può direttamente incidere la politica governativa è il surplus primario, attualmente all'1,8% del PIL. Modifichiamolo lasciando inalterati gli altri valori, e portiamolo al valore massimo che la simulazione consente di impostare. Otteniamo questo andamento:


Pur aumentando il surplus primario al 5% (oggi è all'1,8%) non si riesce a centrare l'obiettivo. Ora, poiché un punto percentuale di surplus primario vale all'incirca 15 mld di euro, un aumento di 3 punti e passa equivale ad una cifra in valore assoluto di almeno 45 mld per il primo anno. Per gli anni successivi, al fine di ottenere il valore assoluto di esborso aggiuntivo, il calcolo deve essere ripetuto per tener conto dell'aumento nominale del PIL, che nella simulazione abbiamo fissato allo 0,7% (cioè 0,4%+0,7%). Si otterrebbe un valore leggermente minore, e decrescente nel tempo. Non ho fatto i calcoli ma non credo di essere lontano dal vero immaginando una diminuzione dell'1% all'anno, partendo da 45 mld.

L'obiezione degli euristi è nota: la crisi passerà, si vede la luce in fondo al tunnel, per cui l'ipotesi di crescita così bassa è irrealistica. E va bene, facciamo ipotesi più ottimistiche sulle crescita (pur ricordando che stiamo trascurando gli effetti depressivi del moltiplicatore keynesiano). Ma noi "populisti, si sa, dobbiamo dimostrarlo che la terra gira intorno al sole e che l'acqua scende dai monti al mare! Mica abbiamo il privilegio di sparare cazzate a gògò! Facciamo così: ipotizziamo un'inflazione all'1,2% e una crescita reale all'1%, e per essere buoni supponiamo che il tasso di interesse medio scenda al 2,5%. Con questi valori cerchiamo il saldo primario necessario per centrare il target. Ecco cosa viene fuori:


Il saldo primario per raggiungere l'obiettivo dovrebbe essere del 4%, il che fa, in valori assoluti per il primo anno, almeno 30 mld di euro in più di tagli! E, ribadisco, stiamo trascurando il moltiplicatore keynesiano!

Ora sbaglio o la spending review di Cottarelli ha l'obiettivo di tagliare la spesa di 32 mld di euro? Se sbalio corigeteme!

La Redenzione

I conti che vi ho presentato, che potrebbero scontare qualche imprecisione sui valori attuali dei parametri (non sono un economista, ma solo un volenteroso che usa Internet come banca dati) disegnano uno scenario inquietante. Pur con un avanzo primario a livelli da record l'obiettivo del FC appare infatti estrememente difficoltoso. Come migliorare la situazione? Ebbene, pare che i geni della BCE stiano lavorando ad una soluzione che, a loro dire, dovrebbe far scendere in modo drastico gli interessi sul debito: l'ERF (European Redemption Fund). si tratta di una "cessione del credito" per la quota di debito pubblico eccedente il magico rapporto del 60% sul PIL. E' come se la vostra banca vi dicesse che ha ceduto oltre la metà del vostro debito a Don Calogero, e che da adesso in poi ve la vedrete con lui. Tranquilli? Pensate di saltare una rata con Don Calogero? Fatemi sapere...

Non solo! Una volta ceduta a "Don Calogero" la quota di debito eccedente il 60%, in caso di uscita dall'euro questa non sarebbe più ridenominabile in valuta nazionale! Non solo: ammesso (e non concesso) che "Don Calogero" ci faccia pagare interessi più bassi, è ovvio che ne pagheremmo di più alti sulla restante parte! O no? Siete piddini, per caso?

Divertitevi con la simulazione, e buona Pasqua.

giovedì 17 aprile 2014

Più €uropa


19-22 luglio 2001, G8 di Genova. L'euro, già moneta scritturale dal 1 gennaio 1999, sarebbe arrivato nelle tasche degli europei cinque mesi dopo. Al G8 c'erano molti gruppi di sinistra che oggi strogolano di "più €uropa" o "altra €uropa".

Ricordo quel pomeriggio di tanti anni fa. Ero al computer, intento a programmare, quando la mia compagna, che stava guardando la televisione, cominciò a gridare dall'altra stanza. Inizialmente non le diedi ascolto, pensando a qualche carica un po' più decisa della norma, ma lei continuava a gridare. Cominciò anche a bestemmiare e a quel punto (non essendo la cosa nel suo stile) mi allarmai e corsi a vedere...

Furono quattro giorni di follia. Ai quali seguirono anni in cui, polemiche infinite a parte, il buon andamento dell'economia fece dimenticare a molti quei giorni maledetti. Non così per me, che proprio da allora tornai ad occuparmi di politica. Dapprima poco, poi sempre con maggior impegno. 

Ma le cose sembravano andar bene (eravamo nella fase espansiva del ciclo di Frenkel), la disoccupazione (sebbene con una crescente precarizzazione) era su livelli medi e in calo, i prezzi salivano e anche la borsa veleggiava verso i suoi massimi. Insomma questa €uropa, sebbene fattasi conoscere a suon di manganellate, sembrava funzionare. La "beata ignoranza" dei più elementari fatti economici mi spinse così a interpretare l'attività politica come lotta alla corruzione e agli sprechi. Lo stesso accadde a migliaia e migliaia di altri, competenti nei loro campi ma del tutto digiuni di economia politica.

Oggi sappiamo che le cose stanno diversamente. La lezione che dovremmo trarne, a mio avviso, è che quando un cambiamento viene imposto con la violenza e la propaganda, allora è sempre un cambiamento in peggio. Dobbiamo capire  che questa è una legge universale. Lo avessimo saputo allora, nel luglio del 2001, forse le cose sarebbero andate diversamente.

Tuttavia oggi lo sappiamo. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato a conoscere e capire le cose che non sapevamo, e facciamo un passo avanti. Il percorso dalla teoria alla prassi non è semplice, ma è giunto il momento di fare il primo passo. Dobbiamo costruire dal basso nuovi partiti, che si oppongano a quelli che hanno tradito gli interessi di classe dei lavoratori: salariati privati e pubblici, piccoli e medi imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti, operatori culturali.

L'ARS, Associazione Riconquistiamo la Sovranità, è uno dei tentativi che sono già in corso. L'8 giugno 2014 ci sarà la III assemblea nazionale, aperta agli iscritti e a tutti coloro che vorranno partecipare.




mercoledì 16 aprile 2014

Spigolantibus

La prima risposta a questo post penso che dovrebbe essere un semplice quanto doveroso: G R A Z I E

Lei prof passerà alla storia , forse non le interessa nemmeno , il lavoro che sta facendo per tutti è immenso . Che dire GRAZIE ANCORA

Standing ovation!

buon convegno prof e falli neri

Tecnico, finalmente

Grazie !!!

Prof, lei fa sempre centro!

Prof. Non c'entra nulla ma... sarebbe simpatico sapere cosa ne pensa il suo dottorando di lei. Gli faccia scrivere un post. Mi piacerebbe sapere com'e' lei come tutor visto dall'ottica dello schiavo! :)

Geniale!!!! Stima.

Egr. Prof. Bagnai, Le rinnovo i miei più sentiti ringraziamenti per la sua meritoria opera di divulgazione del problema euro.

Un forse inutile GRAZIE per sabato e per tutto il resto.

Complimenti per il grandissimo evento. Di livello assoluto.

io cito il "prof" alla grande e non me ne vergogno :)

Ma soprattutto complimenti per la musica scelta nell'ora di intervallo, non avrebbero dovuto interrompere lo streaming.

Prof, ho fatto bene a non venire...al discorso di Panagiotis più il documentario dei 101dalmata sono scoppiato a piangere come un vitello...

Ha la mia immensa stima e ammirazione, prof.

Grazie prof, per quello che fai

Giornata epica all'Antonianum!

Prof. è stata una giornata piena e e per me emozionante.

Caro Professore un immenso grazie a te, ai relatori ai volontari che hanno reso possibile questa giornata di cultura europea. 

Ma come si fa... ogni volta mi sento in obbligo di testimoniare solo per ringraziarla di tutto quello che sta facendo.

Ho pianto, ieri. Tante, troppe le emozioni vissute. Ancora tmolta strada da percorrere, ancora insieme! Grazie, prof, per il suo lavoro. Un abbraccio.

Grazie. Che turbinio di riflessioni e di emozioni. Ne usciremo e sarà Liberazione.

Qualcuno, un giorno, dovrà comporre l'elogio adeguato di Alberto Bagnai, da Firenze, ma per avventura pure romano e pescarese (ma come fa un fiorentino per natura etnocentrico a cumulare in sé tante diversità?). Per la verità io il poeta giusto l'avrei: Pindaro. Nessuno meglio di lui potrebbe comporre un epinicio adeguato, per celebrare le tante vittorie di Alberto, tra le quali quella di ieri è forse una delle più significative per impegno, importanza, serietà e risultati.

Ho avuto il privilegio di esserci.

Prof questa conferenza e' stata forse quella di livello più elevato... finora (mai porre limiti al prof). Nessun grazie potrà mai essere sufficiente.

Ma la cosa più interessante che è emersa, dal punto di vista antropologico, è stato il riconoscimento, anche da parte dei politici presenti, della "potenza del pensiero". 

Grazie di tutto, all'Autore, relatori e a tutto il magnifico staff di A/S.

Quelli di sabato sono stati tra i 30 euro meglio spesi della mia vita.

Se una sola persona, colta e brillante, con un esiguo gruppo di sostenitori, è riusita ad organizzare "questo" e ad imporsi al sistema dei media main stream, la convinzione che il male domina il mondo è una sonora cazzata.

a Napoli??? corrooooooooooooooooooooooooooooo!

Los Calimeros e la sicurezza stradale

martedì 15 aprile 2014

Venerdì 18 APRILE 2014 a PERUGIA: ultimo incontro del ciclo “ECONOMIA E DIRITTI COSTITUZIONALI”

Chiunque,
- non convinto che l’origine dell’attuale crisi dipenda da sprechi, burocrazia, corruzione, evasione, Cina, ecc. – sempre esistiti anche quando l’Italia era la quinta potenza economica mondiale e tutto andava per il meglio,
- voglia capire cosa stia succedendo alle proprie finanze, sia interessato al futuro di figli e nipoti, voglia conoscere le soluzioni a questa situazione,
- sia intenzionato ad agire nell’interesse proprio e dell’Italia,
è invitato all’ultima riunione del ciclo “economia e diritti costituzionali” che si svolgerà venerdì 18 Aprile, alle ore 21, presso i locali della copisteria l’amanuense, nel quartiere di S. Lucia a Perugia, in via della tintoria 10.
In quella sede verrà dato ampio spazio al dibattito, durante il quale verranno affrontati tutti i vostri quesiti ed i vostri dubbi. Mi auguro che ciascuno di Voi porti amici e conoscenti con sufficiente spirito critico e capacità di pensiero autonomo.
Simone Boemio (ARS Umbria)

Scemi de guera o furbetti del partitino? (Non tutto "no-euro" è quel che brilla!)

La libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone aumenta la flessibilità dei salari verso il basso, nei paesi in cui questi sono più alti, e riduce la flessibilità dei salari verso l'alto dove sono più bassi.

Cominciamo con un enunciato autoevidente, così non ne parliamo più: il M5S non è per l'uscita dall'euro! Volete che lo scriva più grosso? Ecco...

Il M5S non è per l'uscita dall'euro!
Basta, non ne parliamo più. Il nostro tempo è prezioso e con i bimbiminkia ci parliamo quando abbiamo tempo.

Neppure la Lista Tsipras è per l'uscita dall'euro. Questo non serve scriverlo grosso: gli scarsi elettori non sono bimbiminkia, anzi sanno leggere, scrivere e far di conto molto bene. Soprattutto far di conto. Hanno numeri elettoralmente bassi e anagraficamente alti, per cui li possiamo trascurare. L'arteriosclerosi, e la contemplazione della cuccia calda nella quale conducono l'esistenza, grazie alle pensioncine retributive e ai lavori "politically correct" con cui non se la passano male, fanno di loro dei "moderati de sinistra". Arteriosclerosi e anagrafe risolveranno il problema.

Dobbiamo parlare, invece, di Fratelli d'Italia (FdI) e Lega Nord. Per cominciare un'osservazione. E' vero che la Meloni usa parole di fuoco contro l'euro, ma... ma... ma... ma... ma... se si va a leggere il loro programma ufficiale si trova questa perla:

"Vogliamo difendere la conquista di una moneta unica, ma vogliamo che sia la moneta dei popoli europei e non lo strumento di potere delle banche."

La domanda che dobbiamo porci è: cosa intendono la Meloni e Salvini quando dicono che bisogna uscire dall'euro? Intendono essi che bisogna abolire tutto il trattato di Maastricht (questa Europa è il trattato di Maastricht), o solo riformarlo, nel senso cioè di tornare sì ai cambi flessibili (e alle Banche Centrali Nazionali - BCN), lasciando però inalterato il principio della libera circolazione di capitali, merci, servizi e persone? Oppure, come sembra suggerire lo stralcio di programma riportato, essi sognano un'altra Europa, nella quale ci siano l'unione bancaria e, soprattutto, l'unione fiscale? In quest'ultimo caso, anche Lega e FdI altro non sarebbero che la fotocopia del M5S e di Tsipras, i quali sostengono la possibilità di convincere i contribuenti tedeschi a finanziare i deficit dei paesi periferici con le loro tasse. Scemi de guera o furbetti del partitino? Ai posteri l'ardua sentenza...

Torniamo alla differenza tra l'abolizione del trattato di Maastricht e il suo mantenimento, pur depurato della moneta unica con il ritorno alle valute nazionali. La differenza tra i due scenari è sostanziale. Nel trattato di Maastricht viene sancito il principio liberista secondo il quale gli Stati rinunciano a qualsiasi controllo sui movimenti di capitali, merci, servizi e persone entro i confini dell'Unione. Tale principio vale sia per gli Stati che hanno l'euro (18) che per quelli (10) che conservano, in deroga, le loro monete nazionali. Questi 28 Stati hanno, in ogni caso, 28 contabilità nazionali distinte, il che significa che ognuno di essi deve fare i conti con quanto produce la propria economia. Ora mettiamoci nei panni di un imprenditore e, per fissare le idee, supponiamo che si tratti di un operatore di telefonia il quale abbia, supponiamo, mille dipendenti in un call center a Milano, con un salario medio di 1200 netti euro al mese, che fanno 2000 euro lordi circa, all'incirca 25000 euro lordi l'anno.

Un operatore di telefonia è un signore che usa una concessione pubblica, deve rispettare delle regole e paga le tasse nel paese nel quale opera, salvo impicci e imbrogli contabili che gli consentano, ad esempio, di fissare la sede fiscale in un paese dell'Unione con aliquote più basse. Sebbene questo sia un caso abbastanza comune, tralasciamo di investigarlo e concentriamoci unicamente sul salario. Ebbene, se l'imprenditore in questione decidesse di delocalizzare in Serbia, dove gli stipendi medi sono di 400 euro netti al mese e forse meno, l'amico bello potrebbe risparmiare, facendo un calcolo a spanne, i due terzi del monte salari: i dipendenti gli costerebbero circa 8000 euro lordi l'anno cadauno! Il costo del lavoro per i mille dipendenti calerebbe da 25mln lordi l'anno a 8mln.

Lo può fare? CeRRRto che sì! Il trattato di Maastricht glielo consente, e lo Stato italiano, qualora tentasse di opporsi, incorrerebbe nelle sanzioni europee. Ci sarebbe da aggiungere che, poiché ogni Stato ha la sua contabilità nazionale, la delocalizzazione produce effetti anche sugli intrioti del fisco, con ovvie conseguenze per tutti. Gli "scemi de guera" sostengono che loro riusciranno a cambiare queste cose, e che presto avremo un'altra Europa, con un'unica contabilità nazionale (alias: unione fiscale), e pure con un'unione bancaria. Che poi, che gli costa dirlo? Sono "scemi de guera", possono pur dire quello che gli pare!

Sapete come argomentano alcune "anime belle" di mia conoscenza, ben al caldo e al sicuro con le loro pensioncine retributive, nonché timorosi che un radicale cambiamento possa far sì che le loro condizioni economiche possano finire con l'essere equiparate facendo la media tra le loro e quelle dei meno fortunati incappati nel retributivo? Sforzatevi un po'...

Avete indovinato (lo so che i lettori dell'Ego c'azzeccano)! Essi dicono: la libera circolazione farà sì scendere i nostri salari, ma anche aumentare quelli dei paesi più poveri, e alla fine alcuni saranno meno ricchi ma altri meno poveri. Piccola marginale osservazione: le loro pensioni no, ma i salari degli altri sì: che carini!

Solo che non funziona così

I lavoratori del call center di Milano perdono il lavoro, mentre 1000 serbi ne trovano uno retribuito a un terzo. Le "anime belle" dicono: a questo punto sui salari serbi dovrebbe farsi sentire una pressione al rialzo, perché la disoccupazione è scesa e, pertanto, i loro sindacati possono "osare", chiedendo un adeguamento della paga a 450 euro netti al mese. Ah si? E allora mettiamoci nei panni dell'imprenditore di cui sopra, al quale arriva la richiesta di aumento salariale dei sindacati serbi. L'amico si fa due conti: 50 euro netti in più al mese, diciamo 80 lordi, moltiplicati per 12 mesi per 1000 dipendenti fanno 960000 euro lordi l'anno di aumento del costo del lavoro. All'imprenditore basta riassumere in Italia 38 dipendenti a 2000 euro lordi al mese per essere alla pari, in termini di perdita, rispetto all'acconsentire ad un aumento del salario lordo serbo di 80 euro! Se poi, invece che riassumere in Italia, potesse addirittura delocalizzare una parte dei dipendenti in Polonia, avrebbe ancora più forza contrattuale. Ovvio che il nostro imprenditore presenta una controproposta in cui accetta sì l'aumento, ma al prezzo di una riduzione degli organici di 38 unità, come minimo. E forse di 100.

Che fanno i sindacati serbi, a quel punto? Insistono o si ritirano in buon ordine? E non abbiamo tenuto conto del fatto che l'aumento della disoccupazione in Italia, per effetto dei mille licenziamenti, spinge i salari al ribasso! In termini un po' più tecnici, possiamo dire che "La libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone aumenta la flessibilità dei salari verso il basso, nei paesi in cui questi sono più alti, e riduce la flessibilità dei salari verso l'alto dove sono più bassi".

L'alleanza tra finanza e grande industria

Il vantaggio per la grande industria (per la quale delocalizzare è più facile) derivante dal principio di mobilità di capitali, merci, servizi e persone, è stato affiancato da quello per la finanza, derivante dall'introduzione dell'euro. Questo ce lo ha spiegato, in modo eccellente, Alberto Bagnai con il suo blog Goofynomics: la moneta unica, in quanto garantisce i creditori dalle svalutazioni dei debitori, completa il quadro liberista disegnato dal trattato di Maastricht.

Oggi i settori più colpiti dalla crisi sono quelli del lavoro salariato e della piccola e piccolissima impresa, all'interno dei quali serpeggia la rivolta, per il momento indirizzata unicamente contro l'euro. Sui loro voti si sono gettati un partito che rischiava di scomparire (Lega) e una frazione minoritaria dell'ex-PDL. Le reali intenzioni di questi partiti sono ancora avvolte nella nebbia, ma è innegabile che la veemenza anti-euro di Salvini e Meloni favorisce, in questa fase, la comprensione a livello popolare dei meccanismi economici orientati allo sfruttamento di classe iscritti nel trattato di Maastricht, di cui l'euro è solo l'aspetto monetario.

Uscire dall'euro può dunque significare spezzare l'alleanza di interessi tra la finanza e la grande industria, aprendo spazi di manovra oggi preclusi. Resterebbe, tuttavia, il problema della completa libertà di movimento di capitali, merci, servizi e persone, di cui continuerebbe a beneficiare esclusivamente la grande industria, a discapito del lavoro salariato e della piccola media impresa.

Lo slogan "uscita da destra o da sinistra"

Qualcuno (Ipse) deride chi pone il problema dell'"uscita da sinistra", che implica non solo uscire dall'euro, ma anche ripudiare tutto il trattato di Maastricht. Ipse sostiene che l'importante è... finire, lasciando intendere che chi pone il problema nei suoi termini complessivi (ripudiare tutto il trattato di Maastricht) stia in realtà giocando di melina, volendo in cuor suo salvare l'euro. Ipse avrà le sue ragioni per sospettare ciò, ma almeno in un caso si sbaglia.

L'ARS (Associazione Riconquistare la Sovranità), di cui faccio parte, concorda sul fatto che, in ogni caso, anche solo uscire dall'euro è un fatto positivo, per non dire assolutamente necessario e indispensabile, ma non deride, e anzi si schiera al fianco, di chi pone, correttamente e onestamente, il problema nei suoi termini complessivi. Siamo consapevoli che questa posizione può nascondere una tattica temporeggiatrice, ma sappiamo distinguere tra chi lavora per il Re di Prussia e i veri rivoluzionari.

La Rivoluzione Italiana, per noi di ARS, non può fermarsi al semplice ritorno ai cambi flessibili e ad un assetto del commercio internazionale fondato su accordi tra gli Stati miranti al controllo degli squilibri, garantiti dal fatto che ogni singolo Stato, essendo padrone della sua moneta, avrebbe strumenti di dissuasione sufficienti a preservarlo da aggressioni commerciali. L'ARS vuole molto più di questo, che pure non sarebbe poco. Per ARS il punto cruciale è costituito dalla necessità di invertire l'attuale rapporto di subordinazione del lavoro al capitale, ponendo il lavoro al primo posto e asservendo il capitale alle esigenze del mondo del lavoro. Il che non significa, sia ciò ben chiaro ed evidente, sognare una società collettivizzata, nella quale la laboriosità, il merito, la creatività e l'intelligenza siano puniti ed espropriati. L'ARS è socialista e ha un programma socialista, ma non collettivista. Questo programma, già al vertice dell'ordinamento giuridico della Repubblica, è oggi sotto l'attacco delle forze liberiste, le SS del capitale, e ha un nome: la Costituzione repubblicana del 1948.

COSTITUZIONE

DELLA REPUBBLICA ITALIANA

IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO
Vista la deliberazione dell’Assemblea Costituente, che nella seduta del 22 dicembre 1947 ha approvato la Costituzione della Repubblica Italiana;
Vista la XVIII disposizione finale della Costituzione;

PROMULGA
la Costituzione della Repubblica Italiana nel seguente testo:

PRINCIPÎ FONDAMENTALI


Art. 1.
L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 5.
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principî ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.

Art. 6.
La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

Art. 7.
Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.

Art. 8.
Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. [p. 2]I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Art. 9.
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Art. 10.
L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.

Art. 11.
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Art. 12.
La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

PARTE I
DIRITTI E DOVERI DEI CITTADINI
TITOLO I
RAPPORTI CIVILI

Art. 13.
La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Art. 14.
Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

Art. 15.
La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.

Art. 16.
Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Art. 17.
I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.[p. 3]
Art. 18.
I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Art. 19.
Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Art. 20.
Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

Art. 21.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Art. 22.
Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.

Art. 23.
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Art. 24.
Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei proprî diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziarî.

Art. 25.
Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

Art. 26.
L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.

Art. 27.
La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrarî al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.[p. 4]
Art. 28.
I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

TITOLO II
RAPPORTI ETICO-SOCIALI

Art. 29.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

Art. 30.
È dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

Art. 31.
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Art. 32.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non perdisposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Art. 33.
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Art. 34.
La scuola è aperta a tutti.
L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

TITOLO III
RAPPORTI ECONOMICI

Art. 35.
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.[p. 5]
Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Art. 37.
La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Art. 38.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.

Art. 39.
L’organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme stabilite dalla legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Art. 40.
Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano.

Art. 41.
L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Art. 42.
La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Art. 43.
A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Art. 44.
Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti [p. 6]alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Art. 45.
La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato.

Art. 46.
Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

Art. 47.
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito.
Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

TITOLO IV
RAPPORTI POLITICI

Art. 48.
Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

Art. 49.
Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

Art. 50.
Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

Art. 51.
Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.
La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

Art. 52.
La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.
L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

Art. 53.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Art. 54.
Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.[p. 7]
PARTE II
ORDINAMENTO DELLA REPUBBLICA

TITOLO I
IL PARLAMENTO
SEZIONE I
Le Camere

Art. 55.

Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.

Art. 56.
La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto, in ragione di un deputato per ottantamila abitanti o per frazione superiore a quarantamila.
Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.

Art. 57.
Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale.
A ciascuna Regione è attribuito un senatore per duecentomila abitanti o per frazione superiore a centomila.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sei. La Valle d’Aosta ha un solo senatore.

Art. 58.
I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età.
Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno.

Art. 59.
È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

Art. 60.
La Camera dei deputati è eletta per cinque anni, il Senato della Repubblica per sei.
La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.

Art. 61.
Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.

Art. 62.
Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre.
Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti.
Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata di diritto anche l’altra.

Art. 63.
Ciascuna Camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l’Ufficio di presidenza.
Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l’Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati.

Art. 64.
Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.[p. 8]
I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.

Art. 65.
La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.

Art. 66.
Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

Art. 67.
Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

Art. 68.
I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura.
Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile.

Art. 69.
I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge.

Sezione II
La formazione delle leggi.

Art. 70.

La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

Art. 71.

L’iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita da legge costituzionale.
Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.

Art. 72.

Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l’approva articolo per articolo e con votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l’urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.

Art. 73.

Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei proprî componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.[p. 9]
Art. 74.
Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

Art. 75.
È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

Art. 76.
L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principî e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Art. 77.
Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d’urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessantagiorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

Art. 78.
Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari.

Art. 79.
L’amnistia e l’indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere.
Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione.

Art. 80.
Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.

Art. 81.
Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Art. 82.
Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.[p. 10]
TITOLO II
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Art. 83.
Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato.
L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

Art. 84.
Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni di età e goda dei diritti civili e politici.
L’ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L’assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge.

Art. 85.
Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.

Art. 86.
Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidentedella Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.

Art. 87.
Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere.
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l’autorizzazione delle Camere.
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Presiede il Consiglio superiore della magistratura.
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Art. 88.
Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato.

Art. 89.
Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.[p. 11]
Art. 90.
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.

Art. 91.
Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

TITOLO III
IL GOVERNO
Sezione I.
Il Consiglio dei Ministri.

Art. 92.
Il Governo della Repubblica è composto del presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

Art. 93.
Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

Art. 94.
Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia.
Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

Art. 95.
Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri.

Art. 96.
Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono posti in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni.
Sezione II.
La Pubblica Amministrazione.

Art. 97.
I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Art. 98.
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.
Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero.[p. 12]
Sezione III.
Gli organi ausiliari.

Art. 99.
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa.
È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge.
Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principî ed entro i limiti stabiliti dalla legge.

Art. 100.
Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione.
La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.
La legge assicura l’indipendenza dei due istituti e dei loro componenti di fronte al Governo.

TITOLO IV
LA MAGISTRATURA

Sezione I.
Ordinamento giurisdizionale.

Art. 101.
La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Art. 102.
La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziarî ordinarî sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia.

Art. 103.
Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.

Art. 104.
La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinarî tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinarî di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Art. 105.
Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento[p. 13]giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

Art. 106.
Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all’ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari d’università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d’esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Art. 107.
I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.

Art. 108.
Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.
La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia.

Art. 109.
L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Art. 110.
Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Sezione II.
Norme sulla giurisdizione.

Art. 111.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Art. 112.
Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.

Art. 113.
Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCIE, I COMUNI

Art. 114.
La Repubblica si riparte in Regioni, Provincie e Comuni.

Art. 115.
Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principî fissati nella Costituzione.[p. 14]
Art. 116.
Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino-Alto Adige, al Friuli-Venezia Giulia e alla Valle d’Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali.

Art. 117.
La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principî fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre Regioni:         Ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;
        Circoscrizioni comunali;
        Polizia locale urbana e rurale;
        Fiere e mercati;
        Beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;
        Istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;
        Musei e biblioteche di enti locali;
        Urbanistica;
        Turismo ed industria alberghiera;
        Tramvie e linee automobilistiche d’interesse regionale;
        Viabilità, acquedotti e lavori
pubblici di interesse regionale;
        Navigazione e porti lacuali;
        Acque minerali e termali;
        Cave e torbiere;
        Caccia;
        Pesca nelle acque interne;
        Agricoltura e foreste;
        Artigianato.
Altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.

Art. 118.
Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali.
Lo Stato può con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative.
La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici.

Art. 119.
Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Provincie dei Comuni.
Alle Regioni sono attribuiti tributi proprî e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.
Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.
La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica.

Art. 120.
La Regione non può istituire dazî d’importazione o esportazione o transito fra le Regioni.
Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni.
Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro.

Art. 121.
Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente.
Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere.
La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni.
Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; promulga le leggi ed i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale.

Art. 122.
Il sistema d’elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei [p. 15]consiglieri regionali sono stabiliti con legge della Repubblica.
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad un altro Consiglio regionale.
Il Consiglio elegge nel suo seno un presidente e un ufficio di presidenza per i proprî lavori.
I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Il Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal Consiglio regionale tra i suoi componenti.

Art. 123.
Ogni Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme relative all’organizzazione interna della Regione. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
Lo statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge della Repubblica.

Art. 124.
Un Commissario del Governo, residente nel capoluogo della Regione, sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione.

Art. 125.
Il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. La legge può in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale.
Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da leggi della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione.

Art. 126.
Il Consiglio regionale può essere sciolto, quando compia atti contrarî alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all’invito del Governo di sostituire la Giunta o il Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.
Può essere sciolto quando, per dimissioni o per impossibilità di formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare.
Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza nazionale.
Lo scioglimento è disposto con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.
Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all’ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio.

Art. 127.
Ogni legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata al Commissario che, salvo il caso di opposizione da parte del Governo, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.
La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto ed entra in vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione. Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale, e il Governo della Repubblica lo consente, la promulgazione e l’entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.
Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della Regione o contrasti con gli interessi nazionali o con quelli di altre Regioni, la rinvia al Consiglio regionale nel termine fissato per l’apposizione del visto.
Ove il Consiglio regionale l’approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza.

Art. 128.
Le Provincie e i Comuni sono enti autonomi nell’ambito dei principî fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.[p. 16]
Art. 129.
Le Provincie e i Comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionale.
Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento.

Art. 130.
Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali.
In casi determinati dalla legge può essere esercitato il controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.

Art. 131.
Sono costituite le seguenti Regioni:
Piemonte;
Valle d’Aosta;
Lombardia;
Trentino-Alto Adige;
Veneto;
Friuli-Venezia Giulia;
Liguria;
Emilia-Romagna;
Toscana;
Umbria;
Marche;
Lazio;
Abruzzi e Molise;
Campania;
Puglia;
Basilicata;
Calabria;
Sicilia;
Sardegna.

Art. 132.
Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Provincie e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra.

Art. 133.
Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.

TITOLO VI
GARANZIE COSTITUZIONALI

Sezione I.
La Corte costituzionale.

Art. 134.
La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica ed i Ministri, a norma della Costituzione.

Art. 135.
La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo del Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrativa.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinarie ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.
La Corte elegge il presidente tra i suoi componenti.
I giudici sono nominati per dodici anni, si rinnovano parzialmente secondo le norme [p. 17]stabilite dalla legge e non sono immediatamente rieleggibili.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento o d’un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica e contro i Ministri intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri eletti, all’inizio di ogni legislatura, dal Parlamento in seduta comune tra cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore.

Art. 136.
Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinchè, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali.

Art. 137.
Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indipendenza dei giudici della Corte.
Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.

Sezione II.
Revisione della Costituzione - Leggi costituzionali.

Art. 138.
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Art. 139.
La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.

DISPOSIZIONI
TRANSITORIE E FINALI
I.
Con l’entrata in vigore della Costituzione il Capo provvisorio dello Stato esercita le attribuzioni di Presidente della Repubblica e ne assume il titolo.

II.
Se alla data della elezione del Presidente della Repubblica non sono costituiti tutti i Consigli regionali, partecipano alla elezione soltanto i componenti delle due Camere.

III.
Per la prima composizione del Senato della Repubblica sono nominati senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i deputati dell’Assemblea Costituente che posseggono i requisiti di legge per essere senatori e che:
            sono stati presidenti del Consiglio dei Ministri o di Assemblee legislative;
            hanno fatto parte del disciolto Senato;
            hanno avuto almeno tre elezioni, compresa quella all’Assemblea Costituente;
            sono stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei deputati del 9 novembre 1926;
            hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque anni in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato.
Sono nominati altresí senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i membri del disciolto Senato che hanno fatto parte della Consulta Nazionale. [p. 18]Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della firma del decreto di nomina. L’accettazione della candidatura alle elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a senatore.

IV.
Per la prima elezione del Senato il Molise è considerato come Regione a sè stante, con il numero dei senatori che gli compete in base alla sua popolazione.

V.
La disposizione dell’articolo 80 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che importano oneri alle finanze o modificazioni di legge, ha effetto dalla data di convocazione delle Camere.

VI.
Entro cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei conti e dei tribunali militari.
Entro un anno dalla stessa data si provvede con legge al riordinamento del Tribunale supremo militare in relazione all’articolo 111.

VII.
Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull’ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell’ordinamento vigente.
Fino a quando non entri in funzione la Corte costituzionale, la decisione delle controversie indicate nell’articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione.
I giudici della Corte costituzionale nominati nella prima composizione della Corte stessa non sono soggetti alla parziale rinnovazione e durano in carica dodici anni.

VIII.
Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali sono indette entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione.
Leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della pubblica amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative fra gli enti locali, restano alle Provincie ed ai Comuni le funzioni che esercitano attualmente e le altre di cui le Regioni deleghino loro l’esercizio.
Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di funzionari e dipendenti dello Stato, anche delle amministrazioni centrali, che sia reso necessario dal nuovo ordinamento. Per la formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che in casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato e degli enti locali.

IX.
La Repubblica, entro tre anni dall’entrata in vigore della Costituzione, adegua le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni.

X.
Alla Regione del Friuli-Venezia Giulia, di cui all’articolo 116, si applicano provvisoriamente le norme generali del Titolo V della parte seconda, ferma restando la tutela delle minoranze linguistiche in conformità con l’articolo 6.

XI.
Fino a cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione si possono, con leggi costituzionali, formare altre Regioni, a modificazione dell’elenco di cui all’articolo 131, anche senza il concorso delle condizioni richieste dal primo comma dell’articolo 132, fermo restando tuttavia l’obbligo di sentire le popolazioni interessate.

XII.
È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.
XIII.
I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici, né cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale. [p. 19]I beni, esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.

XIV.
I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome.
L’Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge.
La legge regola la soppressione della Consulta araldica.

XV.
Con l’entrata in vigore della Costituzione si ha per convertito in legge il decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, sull’ordinamento provvisorio dello Stato.

XVI.
Entro un anno dall’entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione e al coordinamento con essa delle precedenti leggi costituzionali che non siano state finora esplicitamente o implicitamente abrogate.

XVII.
L’Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31gennaio 1948, sulla legge per la elezione del Senato della Repubblica, sugli statuti regionali speciali e sulla legge per la stampa.
Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l’Assemblea Costituente può essere convocata, quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza dagli articoli 2, primo e secondo comma, e 3, comma primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.
In tale periodo le Commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge, ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.
I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richiesta di risposta scritta.
L’Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o di almeno duecento deputati.

XVIII.
La presente Costituzione è promulgata dal Capo provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell’Assemblea Costituente, ed entra in vigore il 1° gennaio 1948.
Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante tutto l’anno 1948, affinché ogni cittadino possa prenderne cognizione.

La Costituzione, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica.
La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.
Data a Roma, addì 27 dicembre 1947.
CONTROFIRMANO:
Il Presidente dell’Assemblea Costituente
UMBERTO TERRACINI ]
Il Presidente del Consiglio dei Ministri
DE GASPERI ALCIDE ]
[Visto, il Guardasigilli:]