venerdì 24 dicembre 2021

Sospensione del blog

Avviso coloro che mi seguono che questo blog è stato sostituito con il sito

ecodellarete.it 

pertanto non sarà più aggiornato ma resterà online per consultazione, come già accade per il canale youtube ecodellarete

Resta attivo il canale video su Rumble.

domenica 12 dicembre 2021

Diario bulgaro 49 - Papa Song

venerdì 10 dicembre 2021

Diario bulgaro 48 - La chiave di lettura è politica

 Link correlato: L'infodemia da coronavirus (3 febbraio 2020)

giovedì 9 dicembre 2021

Diario bulgaro 47 - Il caso Torella e la grande alleanza elettorale

martedì 7 dicembre 2021

Diario bulgaro 46 - Solo e pensoso


Wife of Dr Andreas Noack (German) Reports His Murder 4 Days After Nov. 23 Video on Nano-razors of Graphene Hydroxide

domenica 5 dicembre 2021

In ricordo di Claudio Martino

 Ricordo correlato: Venere in pelliccia (Los Calimeros 9 APRILE 2014)

sabato 4 dicembre 2021

Diario bulgaro 45 - Grafene



venerdì 3 dicembre 2021

Diario bulgaro 44 - Summa pandemica


Nel link quello che dovrebbe essere un documento ufficiale relativo alle sperimentazioni dei farmaci impropriamente detti vaccini. Si prega di confermarne o smentirne l'autenticità. A pagina 7 del report si legge che vi sono stati 1.223 decessi su 42.086 segnalazioni. Una rapida consultazione del database sulla farmacovigilanza europea (in basso le istruzioni di navigazione) il cui risultato è sintetizzato nel riquadro a destra della figura sottostante, ci consente di calcolare il numero di segnalazioni complessive al 20 novembre 2021: 1.181.121.

Una semplice proporzione ci conduce al calcolo del numero di decessi da inoculazione (per i quattro farmaci più usati in Europa) che si sono presumibilmente verificati fino al 20 novembre: 34.322. 

Restiamo in attesa delle osservazioni di Burioni, Bassetti, Galli, Crisanti, Zangrillo etc. etc. 

Approfitto della bella giornata per andare in spiaggia ad accumulare vitamina D3. Più tardi grigliatina di pesce e video. 

ISTRUZIONI DI NAVIGAZIONE sul sito della farmacovigilanza europea: si scelga "Segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci per sostanza". Quando si apre la nuova pagina, selezionate la lettera "C". A questo punto cercate nella lista la parola "Covid". Buona visione.

giovedì 2 dicembre 2021

Diario bulgaro 43 - Attacco alla Bulgaria

martedì 30 novembre 2021

Il contesto

Brani tratti dalla serie Utopia di Dennis Kelly (2013) - link per download

Diario bulgaro 42 - Zero tituli

domenica 28 novembre 2021

Diario bulgaro 41 - Non finirà a tarallucci e vino

Diario bulgaro 40 - La variante oMacron

venerdì 26 novembre 2021

Un sottile nastro rosso da cui spuntavano punte d'acciaio

 Tratto da Movimento SìAmo - video


La battaglia di Balaklava

giovedì 25 novembre 2021

Diario bulgaro 39 - Mammina ti vuole bene

 Link correlato: La Verità è ccom’è la cacarella [ecodellarete.net 17-11-2012]

domenica 21 novembre 2021

Diario bulgaro 37 - Il turista

venerdì 19 novembre 2021

Diario bulgaro 36 - Il Pangolino e il Pipistrello

 Link: Carlo Maria Viganò: "Contro il golpe globale è tempo di organizzare una coalizione internazionale"


giovedì 18 novembre 2021

Diario bulgaro 35 - Scenari

martedì 16 novembre 2021

Diario bulgaro 34 - Le manifestazioni antagoniste

 “Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d'Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi”. Questa la celebre dichiarazione del tenente Argo Secondari, pluridecorato della prima guerra mondiale, all’assemblea degli “Arditi del Popolo” del 27 giugno 1921.

domenica 14 novembre 2021

Diario bulgaro 32 bis - Sono devastato

venerdì 12 novembre 2021

Diario bulgaro 32 - Sulla scuola

Diario bulgaro 31 - Il covid è un test di intelligenza

mercoledì 10 novembre 2021

Diario bulgaro 30 - Una virgola sul mare

martedì 9 novembre 2021

Diario bulgaro 29 - Bagliori di guerra civile

sabato 6 novembre 2021

Diario bulgaro 28 - La terza dose

mercoledì 3 novembre 2021

Diario bulgaro 27 - Il Grande Puffo

lunedì 1 novembre 2021

Diario bulgaro 26 - Attacco al Marocco

domenica 31 ottobre 2021

Diario bulgaro 25 - Quindici piccioni con una favola

venerdì 29 ottobre 2021

Diario bulgaro 24 - Un vaccino per negri

mercoledì 27 ottobre 2021

Diario bulgaro 23 - Che Dio ci aiuti e ognuno per tutti

 Link: Rai Report del 25 ottobre 2021 (da 20':25'') su AstraZeneca

lunedì 25 ottobre 2021

Diario bulgaro 22 - Le cliniche per prendere il covid

sabato 23 ottobre 2021

Diario bulgaro 21 - Fantasia complottista

venerdì 22 ottobre 2021

Diario bulgaro 20 - Quelli che non ci stanno

giovedì 21 ottobre 2021

Diario bulgaro 19 - La situazione in Bulgaria

lunedì 18 ottobre 2021

Diario bulgaro 18 - Il fascismo si impone con la violenza ma è nella natura degli italiani

domenica 17 ottobre 2021

Diario bulgaro 17 - Libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta

 Link: Diario bulgaro 14 - La piccola borghesia da t(r)astiera

sabato 16 ottobre 2021

Cartabellotta

venerdì 15 ottobre 2021

Diario bulgaro 15 - Dalla Bulgaria è tutto

Stanno sempre a parlare di fascismo, che delusione per loro vedere che nessuno difende il fascismo! Però ci riprovano, ci riprovano, ci riprovano...Non gli entra in testa che c'è gente che non vuole farsi iniettare il siero dei miracoli, e basta. Proprio non gli entra nella testa.

giovedì 14 ottobre 2021

Diario bulgaro 14 - La piccola borghesia da t(r)astiera

mercoledì 13 ottobre 2021

Diario bulgaro 13 - L'obbligo vaccinale in un solo paese

martedì 12 ottobre 2021

Diario bulgaro 12 - Sullo scioglimento di Forza Nuova per ricostituzione del disciolto partito fascista

Desidero aggiungere una precisazione. Nel video a un certo punto definisco Israele uno Stato razzista sostenendo che solo un ebreo possa avere la cittadinanza, MA QUESTO NON CORRISPONDE AL VERO perché in Israele molti non ebrei sono cittadini e partecipano alla vita politica. Non si tragga da questa precisazione l'idea opposta, ovvero che io sia un estimatore di Israele. La verità dei fatti è che non conosco a sufficienza la situazione di quel paese, e in quel paese, per esprimere un'opinione consolidata, e l'unica cosa che posso affermare con certezza è che la brutalità del conflitto israelo-palestinese allargato mi ha sempre turbato profondamente. Ci tengo a fare questa precisazione perché, come sanno tutti quelli che mi seguono, mi sforzo sempre di tenere distinti i fatti dalle mie personali opinioni. Grazie dell'attenzione.


lunedì 11 ottobre 2021

Diario bulgaro 11 - Elucubrazioni di un anziano prof

 Link suggerito: Rimodellamento sociale - egodellarete 21 marzo 2020

domenica 10 ottobre 2021

Diario bulgaro 10 - Discorso sul metodo democratico

Link correlato: Si, credo proprio che sia il caso di cominciare a chiedere il QI invece del Green Pass...


sabato 9 ottobre 2021

Diario bulgaro 9 - Il momento Polanyi del populismo

venerdì 8 ottobre 2021

Diario bulgaro 8 - L'impero romano sul mar Nero

giovedì 7 ottobre 2021

Diario bulgaro 7 - Sciopero dei no-vax

mercoledì 6 ottobre 2021

Diario bulgaro 6 - L'agenda 2030

martedì 5 ottobre 2021

Diario bulgaro 5 - In amore e in guerra

mercoledì 22 settembre 2021

Si può fare!

 

La deputata della Lega Francesca Donato è uscita dal suo partito dopo aver definito "infamie", il 16 settembre scorso, le posizioni assunte dalla Lega in merito all'estensione sui luoghi di lavoro del green pass. In un tweet di risposta le avevo rappresentato la necessità di una scelta forte, cosa che è effettivamente avvenuta. Non posso che rallegrarmi di ciò e spronarla a dar seguito alla sua decisione con azioni politiche conseguenti.

Scegliere, decidere, costruire compromessi, è questa l'essenza della politica. Non si può restare troppo a lungo nell'ambiguità quando il compromesso è impossibile, e certamente l'appoggio della Lega al governo in questa circostanza traccia una linea di demarcazione, perché nessuna sintesi è più possibile tra le posizioni sostenute in passato e il voto espresso in aula. Francesca Donato ha suonato il De Profundis per la famosa "strategia", ovvero l'artifizio retorico per mezzo del quale Borghi e Bagnai sono riusciti, per tre lunghi anni, a tenere avvinti gli elettori no euro, più in generale anti sistema, che non poco hanno contribuito al successo di Salvini.

Francesca Donato ha rotto gli indugi e adesso la palla è nel cortile di Borghi e Bagnai. 

Se è vero, forse, che gli elettori che hanno premiato la Lega per le sue posizioni no euro non sono la maggioranza, è tuttavia certo che ne costituiscono una parte importante e vivace, che ha contribuito non poco alla costruzione del consenso raccolto nel 2018. Molti, che hanno seguito Salvini specie al centro-sud, si sono sentiti rassicurati dal fatto che questi era sorretto da una narrativa, forte e strutturata, alimentata da una nutrita pattuglia di attivisti di buona qualità che hanno prodotto, per anni, materiali largamente rilanciati dalla macchina propagandistica del partito. Quel mondo ha mal digerito l'arretramento dalle posizioni no euro, ma era rimasto sostanzialmente fedele alla linea, o almeno non belligerante, accettando la teoria della strategia enunciata da Borghi, ovvero l'idea che la complessità dell'azione politica concreta richieda realismo e compromessi. 

La crisi è precipitata quando la Lega ha piegato la testa in occasione dell'estensione del green pass, perché questo provvedimento è stato vissuto come un vero tradimento dei principi del liberalismo politico ai quali la pattuglia di attivisti no euro confluiti nel partito non intende rinunciare. Mentre l'accantonamento delle istanze socialisteggianti, che pure avevano caratterizzato il movimento no euro degli inizi, era stato digerito sia pure al prezzo di importanti defezioni, su questo punto i mal di pancia sono cresciuti nel tempo. Le prese di distanza si sono moltiplicate, le critiche sui social sono divenute più corrosive, le richieste a Borghi e Bagnai di uscire per iscriversi al gruppo misto si sono moltiplicate, ma ancora mancava l'evento scatenante in grado di dimostrare che sì, si può fare! Uscire dalla Lega, dopo il pronunciamento di Francesca Donato, è possibile!

Le prossime settimane si annunciano interessanti perché altri esponenti e attivisti no euro della lega potrebbero seguirne l'esempio. Si intravede la possibilità di raccogliere parte di quanto seminato negli anni passati per costruire una proposta politica che sia capace di salvare dall'oblio, e quindi dal ridicolo, anni e anni di impegno appassionato di migliaia di sostenitori traditi dalla deludente strategia di Borghi e Bagnai. Questi ultimi sono con le spalle al muro, dovranno decidersi, o forse hanno solo bisogno di nuovi ordini. Non è detto, però, che pur seguendo l'esempio di Francesca Donato gli sia riconosciuto, senza colpo ferire, il ruolo di guida che riuscirono a conquistare, meglio usurpare, con la falsa promessa di portare la Lega su posizioni no euro, in quanto, la realtà è sotto gli occhi di tutti, è avvenuto esattamente il contrario. Se questo progetto dovesse prendere forma, è molto probabile che non sarebbero i Borghi e i Bagnai, e nemmeno i Rinaldi e tanti altri che dovessero seguire l'esempio di Francesca Donato, ad assumerne la direzione politica. 

sabato 7 agosto 2021

Manifestazione contro il lasciapassare sanitario a Frosinone

Ho partecipato da esterno alla manifestazione contro il lasciapassare sanitario organizzata a Frosinone dal gruppo "No green pass Frosinone" i cui organizzatori, tra gli altri, sono Marco Ferrara, Danilo Berardi, Paolo Martini, Lorena Calicchia, Mario Rubino. Nel video il mio intervento. Passerò la registrazione integrale della manifestazione agli organizzatori, affinché possano farne il miglior uso.

Il dibattito monco

Links:

Dal profilo tw di L'Étranger - https://twitter.com/laetranger/status/1423654527295705089

Non ingannatevi: non pensiate che Borghi sia un poveraccio.
Il poveraccio è Bagnai, che ha un'evidente superiorità culturale rispetto a Borghi e per questo si pavoneggiava e gonfiava il petto ma alla fine è stato irretito proprio facendo leva sul suo narcisismo.
Borghi ha avuto un ben preciso ruolo. E una missione. La missione di Borghi è stata portata quasi a compimento. Lo sarà se riuscirà a resistere nella sua imbarazzante e inconcludente posizione (dentro una Lega tornata a gettare la maschera) fino alla vigilia delle elezioni 2023.
A quel punto, la missione di Borghi sarà stata compiuta.
La missione di Borghi (e dei "case officer" che lo hanno di volta in volta diretto, istruito ed equipaggiato) era una e una sola: impedire che risorgesse una consapevolezza politica e una vera opposizione nella galassia socialista.
Facendo leva sul narcisismo (il punto debole, probabilmente studiato da profilers professionisti) del più pericoloso divulgatore e aggregatore d'area NO€ di allora - Bagnai - il Borghi ha disinnescato il tutto con poche semplici (a dirsi, ma delicate) mosse.
1) Bisognava intanto SUBITO rinforzare negli imbecilli "di sinistra" lo stereotipo idiota dell'Antieuro come battaglia "di destra"; meglio: "fascistah!". E salta fuori lui dalle colonne de Il Giornale a fare da "gemello" di destra forzaitaliota di Bagnai e lo convince a cooperare;
2) Il Bagnai dei primi tempi (2011-2014) che stava demolendo l'edificio dei manipolatori prodiani e andreattini de "L'Ulivo" ("l'Euro è di sinistra." per intenderci!) a colpi di teoria economica c.d. "eterodossa" della MIGLIORE scuola economica italiana (quella che aveva riconciliato la migliore parte di Marx e Keynes via Kaldor, Kalecki e Sraffa) di matrice nettamente "socialista", comincia a "correggersi" e mettere sempre più latte nel caffé, per ottenere tutti i benefici che l'improvviso "socio" milanese de destra, spuntato dal nulla, e con evidenti entrature (editorialista a Il Giornale, con contatti con ex Presidente Confindustria tedesca - Manifesto europeo di solidarietà)
3) Borghi, un signor nessuno fino a soli 3 anni prima e sedicente forzaitaliota (quelli della "rivoluzione liberale!", si badi bene...) entra IMPROVVISAMENTE nella Lega dell'allora acerbo attoruncolo da talk-show Salvini (ex conduttore radiofonico a Radio Padania) e ci entra dalla porta principale - senza gavetta né niente in un partito che si definisce "leninista" - come candidato Presidente della Regione Toscana. Da quel momento la sua influenza sul Bagnai (che viene diviso e allontanato da tutti gli intellettuali socialisti con cui fino a quel momento era cominciato dibattito fecondo a sinistra sull'UE e euro) diventa sempre più forte e deleteria.
4) A quel punto è avvenuto un graduale turnover dell'area dei lettori del blog di Bagnai: da persone di area marxista, socialista, post-keynesiana con una notevole capacità critica e avanzata consapevolezza politica (rispetto al medio cojone "de sinistra" o "antifascista" si è passati sempre più - gradualmente - al sopravvento di tifosi e vomitevoli personaggi semianalfabeti "de destra" - addirittura convinti thatcheriani - diventati la platea di trastatori-tipo del duo.
In questa fase il Bagnai ancora si ostinava a resistere e negava di essere diventato "leghista" (addirittura minacciando querele a chi lo etichettava come tale) mentre l'opera di seduzione andava avanti.
La base del consenso bagnaiano (nel frattempo associato indissolubilmente, come Cip&Ciop, a Borghi) doveva essere definitivamente sbilanciata sul semialfabetismo di destra (e sottratta alla c.d. "sinistra critica") mentre il pifferaio veniva sedotto fino ad essere cotto a puntino
5) Ed ecco che arriva il momento in cui il dotto e frustrato Bagnai ("Io, EGO, così colto e arguto, sono finito professorino associato di provincia?") viene tentato con la candidatura "da indipendente" nella Lega che fino ad al giorno prima puzzava! Un'offerta che il Bagnai non poteva proprio rifiutare!
Nel frattempo sempre più mascheroni de destra (Capezzone, Mariagiovanna, Porro etc.) blandivano i Cip&Ciop e rafforzavano la curva di tifosi destrorsi e ignoranti come le capre (molti ancora oggi convinti che Padoa Schioppa fosse "gommunistah!")
6) E, infine, tutto quello che sappiamo di questi 3 anni di infami tradimenti dei 5 Stalle e di "governo" del rischio opposizioni anti-liberali, attraverso le "manovre" di Palazzo e le pagliacciate della Lega di lotta e di governo. Siamo arrivati fino all'indicibile: Cip&Cip che appoggiano la dittatura a partito unico di Draghi che decide pure se i plebei entrano sulle carrozze dei treni e con quale lascia-passare!
La Lega sparirà o (più probabilmente) tornerà la merda per ignorantoni nordisti e liberisti (senza nemmeno una piena consapevolezza di esserlo, in molti casi) che è in fondo è SEMPRE stata. Al 4%.
Nel frattempo sono stati PERDUTI almeno 10 anni per costituire quel Partito Socialista di Unità Patriottica e Democratica (marcatamente antiliberale e anti-fascista nel senso AUTENTICO di questo termine, non le pagliacciate di Eco, Murgia e Saviano) che servirebbe e che, solo con questo profilo, potrà ridarci un minimo di autonomia e dignità.

giovedì 5 agosto 2021

Vampiria

 Links:

A proposito del terzo link, trovate scritto (Le Scienze, non Pizza&Fichi del Ciociaristan meridionale!): «Lo studio dell’interazione delle nanoparticelle con le cellule è di fondamentale importanza in biologia e nelle scienze biomediche, poiché le nanoparticelle possono essere “internalizzate” e interagire con le strutture intracellulari, modificando la normale fisiologia e indurre per esempio a una morte “programmata” le cellule tumorali.»

Domando: solo le cellule tumorali?

giovedì 29 luglio 2021

Sentenza metafisica


Sull'alleanza tra il Trono e l'Altare

Un anno fa, il 14 luglio 2020, girai questo video dal titolo "Religione e Politica". In esso parlavo dell'uso politico delle religioni, di tutte le religioni, e della necessità di istituire riti collettivi di partecipazione. La maggioranza degli esseri umani non solo accetta di buon grado l'alleanza del Trono con l'Altare, ma se ne sente protetta, mentre una minoranza resta indifferente, al più adeguandosi alle ritualità richieste finché queste non sono troppo invasive. Il Potere si organizza così lungo un asse fondamentale - il pilastro centrale della costruzione - con la base ancorata al terreno (la forza militare) e la cima protesa verso il cielo (la spiritualità innata dell'animo umano). Intorno ad esso sorgono altri pilastri, si agganciano travi, costruendosi nel tempo una struttura reticolare, con una sua dinamica nello spazio geografico e nel tempo storico, che chiamiamo civilizzazione. Sorgono istituzioni, come il sistema giuridico e quello economico, che pur sembrandoci autonomi non sono altro, in realtà, che organizzazioni che esercitano il potere in delega, per conto del principio della forza o della spiritualità. Questa circostanza è più evidente nelle civiltà meno complesse, laddove, ad esempio, le norme giuridiche sono diretta emanazione del potere militare o del ceto sacerdotale-sciamanico; questi in qualche occasione, sebbene il più delle volte per brevi periodi, possono addirittura coincidere nelle figure del "Re-sacerdote" o del "Sacerdote-re".

Il principio della forza militare e quello della ragione sciamanica agiscono così come una specie di doppia elica del DNA che contiene tutte le Inform-Azioni necessarie alla crescita del corpo sociale, al punto che i tessuti di cui questo è formato possono diventare così estesi e imponenti da trarre in inganno l'osservatore superficiale, che può convincersi, osservando la complessità del mondo moderno, che il vero potere risieda, ad esempio, nel sistema economico o, più recentemente, in quello finanziario, oppure nella cultura assurta a livelli di enorme importanza grazie all'ibridazione con il sistema dei media. La naturale conseguenza di questo errato modo di vedere la realtà è il sorgere di convincimenti per cui basterebbe cambiare i rapporti di produzione, oppure limitare il ruolo del sistema finanziario, per ottenere cambiamenti fondamentali. Non che azioni del genere siano prive di effetto, ma esse possono solo intaccare o modificare i tessuti sociali che sono il frutto dell'Inform-Azione contenuta nel binomio "forza-spiritualità", e il cui compito in ultima analisi è quello di proteggerlo. Una vera rivoluzione, e non un semplice cambiamento per quanto imponente, è invece possibile solo quando il binomio forza-spiritualità viene modificato in almeno una delle sue componenti.

Ciò può avvenire in due modi: quando il progresso tecnico, o altro accidente, modifica i rapporti di forza militare, oppure quando una nuova idea-visione si affaccia e si impone; ancor di più quando ciò accade contemporaneamente.

In ogni caso il binomio forza-spiritualità, se preferite l'alleanza tra il trono e l'altare, deve continuare a sussistere perché, quando questo legame si spezza, non vi è nessuna rivoluzione né evoluzione ma, semplicemente, l'estinzione di una civiltà, il Caos. Evento già accaduto molte volte nella storia. Possiamo dunque affermare che siamo in presenza di una vera rivoluzione quando assistiamo ad una ristrutturazione profonda dell'alleanza tra il trono e l'altare per una delle ragioni su esposte, capace poi di informare di sé il resto del corpo sociale. I segnali, per non dire le prove, che ciò stia avvenendo sono ormai imponenti, e a noi tocca forse vivere in uno di quei momenti storici in cui tutto cambia in profondità, con il rischio che l'edificio della civiltà possa crollare perché qualcosa va storto.

E' importante capire che la durata nel tempo delle trasformazioni sociali, conseguenti a un cambio di struttura del binomio forza-spiritualità, è molto maggiore di quella necessaria affinché tale modifica si verifichi; in altre parole, il tempo che stiamo vivendo potrebbe non essere, già ora, quello del cambiamento del DNA sociale contenuto nel binomio forza-spiritualità, forse già avvenuto nei decenni scorsi, bensì quello delle trasformazioni che ne sono conseguenza. Se malauguratamente ciò fosse vero, allora l'affermazione "nulla sarà come prima" esprimerebbe una profonda verità, ovvero che la Rivoluzione c'è già stata e noi siamo solo spettatori e vittime delle sue conseguenze. Poiché noi viviamo nel nostro presente storico, di questo non possiamo essere consapevoli, e siamo costretti ad agire senza sapere se siamo già stati sconfitti oppure se possiamo cambiare il corso degli eventi.

Quello che certamente è già cambiato è lo spirito del tempo, sia nei rapporti di forza potenziali che nella visione del mondo e di sé dell'Uomo stesso. Per quest'ultimo aspetto, ad esempio, non possiamo non riconoscere una profonda e radicale diversità dell'Uomo moderno rispetto all'antico dal punto di vista della sua postura rispetto a "tutte le cose che ci sono nel mondo". Se l'Uomo antico si sentiva prigioniero di un mondo reale limitato, del quale tuttavia Egli era al centro e oltre il quale c'era la Trascendenza, l'Uomo moderno ha aguzzato la vista verso l'infinitamente grande e l'infinitamente piccolo, percependosi così come collocato in un punto indefinito tra gli infiniti possibili, e certamente non più al centro, anche perché il centro semplicemente non esiste più. Non più prigioniero di un mondo oltre il quale vi è la Trascendenza, ma smarrito in una realtà fluida che è sì possibile esplorare, ma solo localmente e senza nessuna speranza di percorrerla tutta, mentre lo spazio della Trascendenza si è diluito fino al punto di rendere impossibile definirne il luogo come "altro da ciò che è qui ed ora". Ecco dunque che il paradigma di fondo di tutte le religioni antiche non c'è più, e la necessità di ripensarle è una necessità ineludibile perché, se è cambiata la visione dell'Uomo, non per questo Egli è diverso da ciò che, nell'intimo, è sempre stato: un essere che ha bisogno di definirsi per potersi determinare. Sul piano politico questo è un fatto di estrema importanza perché il nuovo o i nuovi paradigmi religiosi, se e quando riuscissero a soddisfare, anche in parte, queste esigenze, sarebbero un fondamentale strumento di potere. Tuttavia questa non è un'operazione che possa sempre essere fatta a tavolino, nemmeno dalle cosiddette élites, bensì spesso un processo collettivo imprevedibile nei suoi esiti. Quello che le élites possono tentare di fare, e stanno facendo, è imporre un nuovo paradigma fondato sulla scienza - lo chiameremo scientismo, che è proprio la forza che, sviluppatasi a partire dal rinascimento, ha distrutto il vecchio. Ma lo scientismo è privo della caratteristica unica e insostituibile di una vera religione, che è la capacità di offrire spiegazioni ultime, perché il suo segno distintivo è quello dell'illimitatezza, del progresso infinito senza meta; qualsiasi religione, invece, pone un limite, oltre il quale c'è la trascendenza. 

Vi sono infine alcuni che sostengono che una nuova forma di religiosità si sarebbe già diffusa tra le élites, una religiosità di natura satanica, capace sì di offrire un orizzonte di trascendenza ma solo ad uso e consumo di una minoranza di eletti, per i quali il resto dell'umanità sarebbe composto di esseri inferiori dediti al soddisfacimento di esigenze materiali. E' qui che entrerebbe in gioco l'altro polo del binomio, la forza, che in conseguenza dei cambiamenti tecnologici è, in questa fase storica, quasi esclusivo appannaggio di una minoranza. Qualora le cose stessero così, e l'alleanza tra il Trono e l'Altare si fosse ricostituita su questa base, le conseguenze per la stragrande maggioranza di noi sarebbero tragiche. Ma anche in tal caso non tutto sarebbe perduto perché avremmo ancora un'arma potentissima, il Caos. Se è vero che gli eventi cui stiamo assistendo sono il riflesso di qualcosa che è già cambiato nel binomio forza-spiritualità, non è detto che da ciò consegua necessariamente un nuovo ordine mondiale, distopico e disumano, perché in questa enorme massa di individui, noi, che saremmo degli esseri inferiori, non ci sono solo le pecore ma anche tante bestie feroci, in particolare tanti lupi. Noi potremmo decidere che il Caos sia il male minore, e anzi che certamente lo è. Se così fosse, anche le élites attuali perirebbero. 

Da Gianfranco Mascia (1994) a Giuseppe De Donno (2021)

 Links:

giovedì 15 luglio 2021

Un uomo solo al comando

Dovrete scegliere tra la vita e la libertà, se sceglierete la vita non avrete la libertà e perderete la vita.

venerdì 9 luglio 2021

Che Aifa!

Questo report di Aifa riporta nella tabella a pag. 25 un confronto statistico che è formalmente corretto ma fuorviante sul piano della comunicazione. Non essendo un paper scientifico ma, appunto, un report ad uso e consumo dell'opinione pubblica, ammantare un calcolo statistico banale di fronzoli inutili è un pessimo servizio alla necessità di chiarezza. Hanno dimostrato, in sostanza, che (ad esempio) 172 decessi da vaccino entro una settimana dalla somministrazione non incidono in maniera rilevante sulla media dei morti settimanali per tutte le cause. Per questo il titolo è "CHE AIFA!"

Link correlati:

  • Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19 (5 - 27/12/2020 - 26/05/2021)
  • Coronavirus Cases

  • lunedì 28 giugno 2021

    AIDA - ascoltiamo l'opera diretta da Riccardo Muti se i nostri calciatori si inginocchieranno

    Intervista a Riccardo Muti

    Riccardo Muti: «Mi sono stancato della vita. I direttori gesticolano
    e studiano poco»
    Il grande musicista alla vigilia degli 80 anni: «Ai miei funerali voglio silenzio, se qualcuno applaude tornerò a disturbarlo la notte». Su Abbado: «C’era reciproca ammirazione». Pavarotti? «Venne a sue spese dagli Usa a cantare per dei tossicodipendenti. Non me lo dimenticherò». Smartphone? «Non ce l'ho, non lo voglio».
    Maestro Muti, qual è il suo primo ricordo?
    «La guerra: mio padre in divisa da ufficiale medico. Poi, nel 1946, una gita in carrozza a Castel del Monte. Partimmo da Molfetta, viaggiammo tutta la notte. All’alba il cocchiere Nicola aprì la tendina, e apparve quella corona di pietra. Rimasi stupefatto. Da allora sono ossessionato da Federico II, ho la casa piena di libri su di lui. Ho anche comprato un pezzetto di terra lì vicino, con qualche piccolo trullo, che chiamano casedde, dove a maggio tra gli ulivi fioriscono le orchidee selvatiche. Spero di passare in contemplazione del castello questi ultimi anni che mi restano».
    Lei ne compie ottanta tra un mese.
    «E mi sono stancato della vita».
    Perché dice questo?
    «Perché è un mondo in cui non mi riconosco più. E siccome non posso pretendere che il mondo si adatti a me, preferisco togliermi di mezzo. Come nel Falstaff: “Tutto declina”».
    Insisto: perché dice questo?
    «Perché ho avuto la fortuna di crescere negli anni 50, di frequentare il liceo di Molfetta dove aveva studiato Salvemini, con professori non severi; severissimi. Ricordo un’interrogazione di latino alle medie. L’insegnante mi chiese: “Pluit aqua”; che caso è aqua? Anziché ablativo, risposi: nominativo. Mi afferrò per le orecchie e mi scosse come la corda di una campana. Grazie a quel professore, non ho più sbagliato una citazione in latino. Oggi lo arresterebbero».
    Rimpiange le punizioni corporali?
    «Certo che no. Rimpiango la serietà. Lo spirito con cui Federico II fece scolpire sulla porta di Capua, sotto il busto di Pier delle Vigne e di Taddeo da Sessa, il motto: “Intrent securi qui quaerunt vivere puri”; entrino sicuri coloro che intendono vivere onestamente. Questa è la politica dell’immigrazione e dell’integrazione che servirebbe».
    Non riconosce più neanche il suo mestiere?
    «Purtroppo no. La direzione d’orchestra è spesso diventata una professione di comodo. Sovente i giovani arrivano a dirigere senza studi lunghi e seri. Affrontano opere monumentali all’inizio dell’attività, basandosi sull’efficienza del gesto, talora della gesticolazione».
    Gesticolazione?
    «Toscanini diceva che le braccia sono l’estensione della mente. Oggi molti direttori d’orchestra usano il podio per gesticolazioni eccessive, da show, cercando di colpire un pubblico più incline a ciò che vede e meno a ciò che sente».
    Chi? Faccia i nomi.
    «No».
    I nomi.
    «Non voglio polemiche personali: farei il gioco dei promotori di se stessi. Il mio maestro, Antonino Votto, diceva che il direttore doveva aver respirato la polvere del palcoscenico. Invece le orchestre, i cori, i cantanti lamentano una mancanza sempre più evidente di informazioni musicali e drammaturgiche da parte dei direttori. Non si fanno neppure più prove serie».
    Neanche le prove?
    «Le prove di sala, con il direttore al pianoforte che prepara la compagnia di canto, diminuiscono sempre più, in favore di settimane e settimane di prove date spesso a registi ignari di musica, che non soltanto non sanno leggere una partitura, ma sempre più sovente inventano storie che vanno contro il discorso musicale. Nel carteggio con Kandinsky, Schoenberg sottolinea che, se la regia e la scenografia disturbano la musica, sono sbagliate. E certo Schoenberg non era un reazionario».
    Forse lei sì.
    «Non credo. Sono il direttore che ha fatto più produzioni, nove dagli anni 70, insieme con Ronconi, che certo non era un reazionario, soprattutto a quell’epoca. Sono ancora sotto l’influenza di Strehler, che non soltanto conosceva la musica ed era in grado di leggere una partitura, ma perseguiva il Bello: non come fatto estetico, come necessità della vera arte. Le mie produzioni con Strehler —Le Nozze di Figaro, il Don Giovanni, il Falstaff— mi hanno accompagnato e mi accompagneranno per tutta la vita e mi hanno insegnato molto. Ecco perché talvolta, forse esagerando, dico che sono stanco della vita. Penso di non appartenere più a un mondo che sta capovolgendo del tutto quei principi di cultura, di etica nell’arte con cui sono cresciuto e che i miei insegnanti al liceo e al conservatorio mi hanno comunicato».
    Ha qualche rimpianto?
    «Sì. Proprio adesso che ho finito di dirigere Aidain forma di concerto all’Arena, il mio rimpianto è non aver potuto fare Aida con Strehler, com’era nei nostri piani».
    Come sarebbe stata?
    «Senza elefanti. Giorgio credeva in un’Aida dove il trionfo fosse solo nella musica, non in quel faraonismo che ha caratterizzato le produzioni di Aida dovunque nel mondo, fino a diventare il simbolo stesso di Aida, nuocendo alla vera essenza dell’opera. Che è costruita su una delle partiture più raffinate e delicate di Verdi. E questo non vale solo per Aida».
    Cosa intende dire?
    «Non vorrei essere l’uccello del malaugurio; ma il costo esorbitante di scenografie e costumi, accanto alla scarsa competenza e autorevolezza dei direttori d’orchestra che — con le dovute eccezioni — lasciano i cantanti senza guida, mi preoccupano sul futuro dell’opera. L’Italia è piena di teatri del ’700 e dell’800 ancora chiusi. L’ho detto a Franceschini: riapriteli, dateli ai giovani. Formate nuove orchestre: ci sono Regioni che non ne hanno. Aiutate le centinaia di bande che languiscono, ridotte al silenzio da un anno e mezzo, con il disastro economico delle famiglie. Dobbiamo fare molte cose, se vogliamo che il nostro patrimonio operistico, il più eseguito al mondo, non sia considerato occasione di piacevole intrattenimento ma fonte di educazione e cultura, come le opere di Mozart, Wagner, Strauss. Verdi non è zum-pa-pa!».
    Com’erano davvero i suoi rapporti con Abbado?
    «Tra noi c’è stata sempre ammirazione reciproca. Hanno voluto montare una rivalità tipo Callas-Tebaldi o Coppi-Bartali: tutto falso. Quando sono andato al conservatorio di Milano, Abbado era già in carriera: abbiamo avuto rare occasioni di incontrarci, ma sempre cordiali».
    E con Pavarotti?
    «Ho cominciato a lavorare con lui nel 1969, con i Puritani alla Rai di Roma. Poi abbiamo avuto momenti di frizione...».
    Per quale motivo?
    «Fatti tecnici. Incomprensioni musicali. Tramutate in una grande amicizia. Devo a Pavarotti una delle più belle, se non la più bella voce della seconda metà del Novecento. Lui mi ha regalato cose meravigliose: un Pagliacci registrato in disco a Filadelfia, un Requiem di Verdi alla Scala, e soprattutto il Don Carlo scaligero, dove Pavarotti in particolare nel finale dà una lezione di tecnica vocale, di fraseggio perfetto, davvero di grande ispirazione. Sulle parole “ma lassù ci vedremo in un mondo migliore” riconosco la sua generosità. Diversi anni prima che morisse, mia moglie e io lo invitammo a Forlì a un concerto di beneficienza per una comunità di tossicodipendenti. Pavarotti venne apposta dall’America. Non volle una lira, si pagò lui il biglietto aereo. Lo accompagnai per tutta la serata al pianoforte, di fronte a settemila persone. Un gesto che non potrò mai dimenticare».
    Qual è l’ultimo ricordo che ha di lui?
    «La salma nel Duomo di Modena, la piazza che risuona del famoso “Vincerò...”. Io avrei preferito che fosse messo il finale del Don Carlo. Non solo per il significato delle parole, ma anche per la lezione di canto, per la sottolineatura di un aspetto della vocalità di Pavarotti non trionfalistica ma intima e delicata».
    Lei pensa che davvero ci vedremo in un mondo migliore?
    «Non lo so. Certo non nei Campi Elisi. Spero ci sia tanta luce; mi basta che non ci sia la metempsicosi. Non ho voglia di rinascere, tanto meno ragno o topo, ma neanche leone. Una vita è più che sufficiente».
    Crede in Dio?
    «Ho avuto una formazione cattolica. Ho ammirato molto papa Ratzinger, anche come magnifico musicista. Non credo nei santini di Gesù biondo. Dentro di noi c’è un’energia cosmica che ci sopravvive, perché è divina. Ricordo la morte di mia madre Gilda: ebbi netta la sensazione che il suo corpo diventasse pesante come marmo, mentre si liberava un flusso, l’energia vitale. Sento che l’universo è attraversato da raggi sonori che arrivano fino a noi; ed è la ragione per cui abbiamo la musica. I raggi sonori che hanno attraversato Mozart sono infiniti».
    Chi ha dato la migliore definizione della musica?
    «Dante. Paradiso, canto XIV: “E come giga e arpa, in tempra tesa/ di molte corde, fa dolce tintinno/ a tal da cui la nota non è intesa,/ così da’ lumi che lì m’apparinno/ s’accogliea per la croce una melode/ che mi rapiva, sanza intender l’inno”. La musica è rapimento, non comprensione. Critici musicali, tutti a casa! Non c’è niente da comprendere. Come diceva Mozart, la musica più profonda è quella che è tra le note o dietro le note».
    Come ha passato il lockdown?
    «A studiare. La Missa Solemnis di Beethoven. La mia prima partitura è del 1970. Ci lavoro da più di mezzo secolo, ma non ho mai osato dirigerla. Lo farò ad agosto a Salisburgo. È la Cappella Sistina della musica: la sola idea di accostarla mi ha sempre dato grande timore. Ci sono dettagli di importanza enorme. Al Miserere nobis Beethoven premette un “O”, che presuppone un interlocutore. Beethoven ha sentito che l’invocazione era rivolta a Qualcuno. Pare un dettaglio, ma apre un mondo. Significa che un Essere superiore esiste».
    Quindi non è stato un brutto lockdown.
    «A parte lo studio, è stato orribile. La disumanizzazione si è fatta ancora più profonda. La mancanza di rapporti umani è terrificante. Entri al ristorante e vedi al tavolo cinque persone tutte chine sul loro smartphone... Io non lo posseggo e non lo voglio. Me ne hanno dovuto dare uno, per entrare in Giappone, ma non sono riuscito ad accenderlo. La tv avrebbe dovuto approfittare del lockdown per fare trasmissioni educative. Invece, a parte qualche bel documentario, siamo stati invasi da virologi, da sedicenti “scienziati”. Per me scienziato era Guglielmo Marconi!».
    Non ama i talk-show?
    «Riesco a seguire un contrappunto in otto parti musicali che si intersecano una con l’altra, ma non riesco a capire due persone che si parlano una sull’altra. Creano disarmonia, cacofonia; mentre otto linee musicali una diversa dall’altra devono concorrere al raggiungimento dell’armonia. La banalità della tv e della Rete, questo divertimento superficiale, la mancanza di colloquio mi preoccupano molto per la formazione dei giovani».
    Lei è di destra o di sinistra?
    «Né l’uno né l’altro. Sono tra quelli che tentano di dare indicazioni utili. A Firenze negli anni 70 ero amico di molti comunisti, tra cui Paolo Barile, il costituzionalista; ma siccome usavo spesso parole come “patria” e mi piaceva eseguire l’inno di Mameli, qualcuno sentì odore di idee di destra. Io sono nato uomo libero e tale rimango. Sono cresciuto con dettami salveminiani, socialista non bolscevico. Non mi sono mai affiliato a una congrega».
    C’è un eccesso di politicamente corretto anche nella musica?
    «Con il Metoo, Da Ponte e Mozart finirebbero in galera. Definiscono Bach, Beethoven, Schubert “musica colonialista”: come si fa? Schubert poi era una persona dolcissima... C’è un movimento secondo cui, nel preparare una stagione musicale, dovrebbe esserci un equilibrio tra uomini, donne, colori di pelle diversi, transgender, in modo che tutte le questioni sociali, etniche, genetiche siano rappresentate. Lo trovo molto strano. La scelta va fatta in base al valore e al talento. Senza discriminazioni, in un senso o nell’altro. Posso parlare perché la maggior parte dei “Composers-in-Residence” che abbiamo ospitato in questi dieci anni a Chicago sono donne».
    È vero che da bambino pensavano che lei non avesse talento?
    «Papà mi regalò a Natale un violino. Piansi; volevo un fucile con il tappo. Dopo due mesi di vani tentativi di leggere i solfeggi, papà disse: “Il piccolo Riccardo non è portato per la musica”. Mamma concluse: “Proviamo ancora un mese”. D’un tratto imparai a solfeggiare. Ma l’incontro decisivo fu con Nino Rota».
    Il compositore dei film di Fellini.
    «Diedi con lui a Bari l’esame del quinto corso di pianoforte da privatista: mi diede 10 e lode in tutte le prove. Così decisi di iscrivermi al conservatorio. La mattina andavo al liceo, il pomeriggio prendevo la corriera per Bari».
    Per essere stanco della vita, lei è sempre in giro.
    «Credo nei viaggi dell’amicizia e della pace. Non lavori per il successo, la quantità di applausi e articoli; lo fai perché capisci che la nostra professione è una missione. Ho diretto il primo concerto a Sarajevo dopo i bombardamenti, il Va’ pensiero a New York nel buco lasciato dalle Torri Gemelle abbattute. Una sera ho diretto a Erevan, in Armenia, e la sera dopo a Istanbul. Ricordo a Nairobi un coro di bambini meraviglioso: avevano studiato il Va’ pensiero con una pronuncia assolutamente perfetta, mi commuovo ancora se ci penso. Ma a volte mi sembra di parlare ai sordi. Muti che parla ai sordi... Avvilente. Non è mancanza di volontà; è ignoranza atavica. E dire che le radici della musica mondiale sono in Italia: Palestrina, Monteverdi, Frescobaldi, Luca Marenzio, Scarlatti...».
    Ha paura della morte?
    «No. Da ragazzo andavamo la sera al cimitero a vedere i fuochi fatui. Ho conosciuto l’ultima prefica, Giustina: raccontava i pregi del morto, disteso sul letto nell’unica stanza della casa, la porta aperta sulla strada, alle pareti la foto del fratello bersagliere e dello zio ardito… Un mondo semplice e fantastico, che mi manca moltissimo. Per questo le dico che appartengo a un’altra epoca. Oggi il mondo va così veloce, travolge tutto, anche queste cose semplici, che sono di una profonda umanità...».
    Quindi non teme la fine?
    «Non in sé. Mi dispiace lasciare gli affetti. Mia moglie, i miei figli Francesco, Chiara e Domenico, i nipoti. E gli animali».
    Quali animali?
    «Il cane Cooper, un maltese. In campagna abbiamo colombe, conigli, galline, galli, e due asini sardi, Gaetano e Lampo: intelligentissimi. Si affezionano, ti guardano interrogativi con i loro occhi rosa... E noi diamo del cane e dell’asino come se fossero insulti».
    Come vorrebbe i suoi funerali?
    «Scherzosamente dico che lascerò l’indicazione di brani musicali da eseguire in chiesa attraverso incisioni, rigorosamente dirette da me».
    Perché?
    «Non perché le ritenga le migliori; voglio che si ricordino come dirigevo Mozart, Schubert, Brahms. Se non sono io, me ne accorgo subito, e c’è la probabilità che si apra la bara... (Muti sorride). C’è una cosa però su cui sono serissimo».
    Quale?
    «Ai miei funerali non voglio applausi. Sono cresciuto in un mondo in cui ai funerali c’era un silenzio terrificante. Ognuno era chiuso nel suo vero o falso dolore. Per i più abbienti c’era la banda che eseguiva lo Stabat Mater di Rossini o marce funebri molfettesi, famose in Puglia. I primi applausi li ricordo ai funerali di Totò e della Magnani, ma erano riconoscimenti alla loro capacità di interpretare l’anima di Napoli, di Roma, della nazione. Quando sarà il mio turno, vorrei che ci fosse il silenzio assoluto. Se qualcuno applaude, giuro che torno a disturbarlo di notte, nei momenti più intimi».