sabato 28 febbraio 2015

mercoledì 25 febbraio 2015

Uscita immediata dall'eurozona

Ahò, me l'hanno chiesto! E io li accontento...

Il mainstream e Stefano Fassina

Si vis pacem para bellum*

L'Unione Europea è come la mafia, una volta che sei entrato è difficile uscirne.

2008 2014
Pil nominale 343 246
Debito/Pil 113% 174%
Debito 387,59 428,04

La tabella mostra i dati delle finanze pubbliche greche a fine 2008 e a fine 2014. In sei anni il Pil nominale si è ridotto del 28% (con una diminuzione assoluta di 97 mld), il rapporto debito/Pil è cresciuto del 54% (con un incremento di 61 punti assoluti) e il debito complessivo è cresciuto del 10% (con un incremento assoluto di 40 mld). I dati sono tratti dal database del Fondo Monetario Internazionale.

Un disastro. 

Nello stesso periodo il current account (bilancia dei pagamenti) partendo da un deficit di oltre 50 mld/anno (-15% in percentuale sul Pil) arriva a segnare un leggero surplus.

Un successo.

Un dettaglio sul quale riflettere è la piccola crescita del debito pubblico in valore assoluto, di soli 40 mld (con un incremento del 10%), nonostante la Grecia paghi, sui crediti ottenuti negli ultimi anni, tassi di interesse a due cifre. Non credo di essere lontano dal vero se affermo che l'incremento assoluto del debito pubblico greco sia da imputare in gran parte allo spread, cioè a un meccanismo di intervento che ha premiato la speculazione internazionale. Sarebbe bastata una garanzia della BCE sui prestiti concessi alla Grecia negli ultimi sei anni e, molto probabilmente, il debito assoluto sarebbe rimasto costante, o sarebbe addirittura diminuito. Se si fosse agito così (ad esempio con degli elleno-bonds) si sarebbe almeno raggiunto l'obiettivo del riequilibrio del current account a spese del Pil assoluto (il metodo Monti applicato alla Grecia - n.d.r.) senza far crescere quest'ultimo, di modo che l'aumento del rapporto debito/Pil fosse da imputare solo alla diminuzione del denominatore.

Questa è l'Unione Europea, un sistema nel quale chi è in difficoltà nei suoi conti (del settore privato) con l'estero (il current account) non solo deve fare politiche di austerità finalizzate alla compressione dei redditi, onde riequilibrare il current account principalmente per via di una diminuzione delle importazioni, ma gli viene imposto di pagare pegno ai prestatori internazionali per la sua perdita di "credibilità". Contemporaneamente chi è in surplus di current account è credibile, e paga tassi di interesse addirittura negativi. In sintesi: chi vince viene aiutato, chi perde penalizzato.

La logica di fondo del sistema è quella per cui i deficit statali devono essere finanziati ricorrendo ai mercati privati, lasciando a questi ultimi il potere di determinare i tassi di interesse; i quali saranno bassi per i forti e alti per i deboli. La moneta unica, inoltre, offre la garanzia che gli Stati non possono monetizzare i loro debiti perché la BCE è "indipendente". Cioè rappresenta gli interessi dei capitali internazionali sempre a caccia di alti rendimenti con il minimo dei rischi, e non quelli della gran massa dei cittadini.

Tutto il sistema è stato costruito facendo ricorso in modo sistematico alla menzogna, all'infiltrazione dei partiti politici dei paesi acquiescenti, in definitiva alla sovversione delle costituzioni democratiche affermatesi nel dopo guerra. Un metodo mafioso.

Ora c'è qualcuno che, dall'alto di una credibilità certamente ben meritata ma altrettanto abusata, va sostenendo la tesi secondo cui si può uscire da questa trappola in modo concordato. Si tratta di un'opinione, e come tale va rispettata, ma non posso esimermi dal sostenerne una opposta: non si esce da un sistema mafioso trattando, bensì preparandosi alla guerra. Attenzione! Non ho detto "facendo la guerra", ma "preparandosi alla guerra".

* "Si vis pacem para bellum" è il celeberrimo motto latino a corredo della stampa che celebra l'incontro avvenuto a Pietroburgo nel 1898 tra lo zar Nicola II e il presidente francese Faure. L'alleanza tra le due potenze, cercata dai russi per attirare capitali da Parigi e dai francesi in funzione antitedesca, non evitò (ammesso che questo fosse lo scopo) il conflitto mondiale ma contribuì a ritardarlo di 16 anniQuesta frase, che compariva sul portone d'ingresso della fabbrica Deutsche Waffen und Munitionsfabrik (DWM), passò a identificare i proiettili da essa prodotti col nome di "Parabellum".

lunedì 23 febbraio 2015

Ergastulum

L'ergastulum era la prigione privata in cui i padroni rinchiudevano gli schiavi indisciplinati destinati ai lavori più pesanti (da qui il termine italiano ergastolo).



La Storia dell'umanità è segnata dal marchio della schiavitù. Si diventava schiavi per mano del nemico esterno, come pure dell'avversario di classe interno. Sembra che i contemporanei se ne siano dimenticati! Chissà perché, si vive come se alcune fondamentali e decisive conquiste siano un dato ormai acquisito, impossibile da mettere in discussione; almeno da noi, nel ricco "occidente". Ebbene, ricordo a tutti che si diventa schiavi anche per mano dell'avversario di classe interno. Ciò è tanto più facile quanto più si sonnecchia in un apparente benessere o in una pigra accettazione della precarietà: abbiamo già fatto il primo errore, ora stiamo facendo il secondo.

Links correlati:

domenica 22 febbraio 2015

Sangue Impuro

Un video di sub-digulgazione populista e sovranista:


E mentre io, nella quiete del mio studio, mi divertivo a realizzare il video qua sopra, il dott. Luca Ricolfi si decideva finalmente a dire la verità: «Lo squilibrio fondamentale, quello che ha innescato la cri si del 2007-2008, non è tanto l’eccessivo indebitamento di alcuni stati, ma è l’accumularsi sistematico di forti disavanzi della bilancia dei pagamenti in alcune economie (tipicamente in Grecia, Portogallo e Spagna) e di altrettanto enormi avanzi in altri (tipicamente in Germania). In condizioni normali (senza una moneta comune) squilibri di questo tipo si correggono automaticamente con la svalutazione della divisa dei paesi deboli, la cui produttività ristagna o cresce troppo lentamente, e con la rivalutazione della divisa dei paesi forti, la cui produttività corre troppo in fretta... (continua)» 

Bene! Ricordo che fu l'amico Mario C. a prestarmi un suo libro, al termine di una serata in cui gli avevo fatto due palle così con l'euro e l'UE. E adesso che Ricolfi dice quello che io ti urlavo nelle orecchie, come la mettiamo caro Mario C.? A noi, il tuo Ricolfi piace ricordarlo così:


sabato 21 febbraio 2015

Lo stato delle cose

Poiché la mia cultura, in particolare politica, è quella dell'uomo medio con qualche lettura alle spalle e nulla di più, è certo che queste mie riflessioni sono già state fatte, come pure che si tratta di un sacco di panzane. Nell'uno come nell'altro caso mi riprometto di non dare importanza alla cosa e di procedere comunque. Questo è solo il mio diario personale.


Nel quadro in figura ho inteso rappresentare sinotticamente quelle che sono, a mio avviso, le posizioni sull'euro e l'Unione Europea di alcuni tra i soggetti più importanti sulla scena, sia singoli individui che gruppi politici o associazioni, e addirittura un grande paese europeo.

Il I quadrante è quello degli euristi-unionisti, più o meno favorevoli sia all'euro che all'UE. Il II quadrante è quello degli euroscettici, contrari all'euro ma favorevoli all'UE. Il III quadrante è quello dei sovranisti, contrari sia all'euro che all'UE. Il IV quadrante appare vuoto.

L'assenza di icone nel quarto quadrante salta subito all'occhio, ed indica che non trovo posizioni che siano, allo stesso tempo, favorevoli all'euro ma contrarie all'Unione Europea, sebbene questo sia il lo stato reale delle cose. Abbiamo infatti una moneta unica ma non uno Stato europeo.

Per spiegare la circostanza per cui il IV quadrante è vuoto abbiamo, a mio avviso, questa alternativa: 1) esso in realtà non è vuoto, ma è occupato dagli ordoliberisti (ipotesi complottista); cioè da una cupola che manovra ogni cosa dall'alto; 2) esso è vuoto perché rappresenta la tendenza oggettiva degli eventi, a prescindere dalla volontà esplicita degli attori sulla scena. In tal caso il termine "ordoliberisti" (con il quale mi assumo la responsabilità di definire gli indefiniti agenti di tale tendenza oggettiva) non starebbe ad indicare forze reali che operano teleologicamente, ma al più i "passeggeri di I classe" di un treno della Storia che viaggia nella direzione da essi auspicata.

La seconda ipotesi è quella che mi appare più convincente. Se l'ordoliberismo è una tendenza oggettiva, ciò significa che esso è in pieno sviluppo non perché vi siano cupole di qualsiasi natura che operano attivamente e, soprattutto, efficacemente, per il suo affermarsi, quanto perché le condizioni odierne della struttura sociale, economica e geo-politica lo favoriscono. In tal caso è necessario interrogarsi su questo aspetto della questione, proponendo eventualmente una spiegazione.

Credo che la marcia dell'ordoliberismo sia una conseguenza della sconfitta di classe del mondo del lavoro. La classe vincitrice, ovvero la grande borghesia finanziaria e il complesso militare-industriale, ha conquistato il predominio assoluto ma, come spesso accade quando una vittoria è così schiacciante da annichilire il nemico, si è divisa al suo interno. Non, come potrebbe essere istintivo pensare, lungo la linea mediana tra i due mondi, bensì secondo un reticolo di fratturazioni che definiscono una pluralità di potentati ognuno riferibile, con pesi variabili, alle due suddette sottoclassi. Ne deriva una situazione di caos crescente, che non è corretto interpretare come intenzionalmente perseguito. Al contrario, le numerose situazioni di conflitto tra i potentati generano caos che diventa, a sua volta, alimento dei successivi scontri.

Una riprova di ciò possiamo ricavarla da un esame degli schieramenti nei diversi conflitti che si susseguono ormai da quasi tre decenni. E' impossibile leggerli come manifestazioni locali di un conflitto bipolare che si svolge su un livello più alto, come accadeva ai tempi della guerra fredda. Di conseguenza le alleanze sono variabili; addirittura accade che in due distinti ma contemporanei scenari gli stessi protagonisti si trovino talora alleati talaltra avversari.

L'unico e solo interesse comune, condiviso da tutte le parti in lotta, sembra essere la volontà di agire potendo dispiegare in pieno la propria autonomia, e per far ciò abbisognano della scomparsa dell'ultimo ostacolo rimasto sul loro cammino: lo Stato nazionale. Questo è stato, nel corso della sua esistenza, soprattutto il luogo della mediazione e della composizione dei conflitti all'interno delle classi aristocratiche; ma ha svolto, all'occasione, lo stesso ruolo quando il conflitto principale è diventato quello tra le classi dominanti e le masse che, in misura crescente, diventavano protagoniste della Storia.

Se questo è lo stato delle cose, è chiaro che l'urgenza massima è quella di arrestare la spirale del caos, la cui fonte originaria è rintracciabile nella sconfitta rovinosa subita del mondo del lavoro. Questa sconfitta ha comportato uno squilibrio dei rapporti di forza e un netto arretramento della democrazia effettiva, di cui la costruzione europea e l'euro sono stati, contemporaneamente, causa e conseguenza; come sempre accade quando un processo sociale e politico si dipana nel corso del tempo. Ora una lettura che viene proposta, come spiegazione di questa doppia costruzione, è che il grande capitale finanziario e militar-industriale europeo abbia inteso procurarsi uno spazio, seppur non democratico, per dirimere le sue questioni interne, facendosi esso stesso "Stato", ma io sono profondamente convinto che si tratti di una decifrazione sbagliata. Più coerentemente con i dati fattuali, preferisco interpretare la costruzione europea e l'euro come l'apprestarsi di un campo da gioco nel cui perimetro regolare, sulla base dei soli rapporti di forza, i conti in sospeso. Il problema è che il campo da gioco siamo noi, lavoratori e cittadini tutti.

Se quello che ho descritto è lo stato reale delle cose, ed io penso che sia così, prima ancora di cominciare qualsiasi ragionamento dobbiamo porci una domanda fondamentale: siamo noi convinti che tale stato reale delle cose debba essere combattuto con la massima determinazione perché costituisce un arretramento grave, e gravido di conseguenze, per quella che chiamiamo "Umanità"? Siamo cioè persuasi che non siamo assistendo solo a un rivolgimento che, pur modificando gli equilibri generali del potere, tuttavia non mette in discussione conquiste fondamentali della civiltà? In particolare della tanto decantata civiltà occidentale, descritta come levatrice della democrazia! Se la risposta a questa domanda è affermativa, ciò significa che opporsi allo stato reale delle cose, cioè a quella che ho definito "tendenza oggettiva", non è solo un diritto, ma anzi è un dovere.

Ma se nel IV quadrante non c'è nessuno che stia esercitando un'effettiva ed efficace azione teleologica, allora cambiare lo stato reale delle cose, cioè la tendenza oggettiva, è compito di tutti quelli che stanno nel I, II e III quadrante! E' un nostro compito, di tutti noi: amici e avversari, alleati e nemici; sottrarsi al quale significherebbe rinunciare ad esercitare il privilegio che, esso solo, ci rende umani: il libero arbitrio.

L'azione di contrasto ad uno stato reale delle cose che pone in pericolo le conquiste della civiltà non può che essere estesa ad ogni ambito dell'esistenza; in particolare dovrà necessariamente radicarsi sia in ambito nazionalista che internazionalista. Quello che serve, in estrema sintesi, è il riconoscimento di uno stato di eccezione che impone di fissare alcuni valori di fondo inderogabili. La cui condivisione non significa alleanza tra diversi, ma l'apprestarsi di un campo da gioco alternativo e  antagonista di quello nel quale contano solo i rapporti di forza.

Sono profondamente convinto che imporre all'avversario il proprio campo di gioco significa ipotecare la vittoria; o almeno mitigare, e di molto, le conseguenze di un'eventuale sconfitta.

Caro pensionato eurista

Un post della serie "populismo bonario ma verace"


Caro amico in pensione,

ti scrivo per cercare di spiegarti perché resto convinto che quello che credi a proposito dell'euro sia completamente sbagliato, oltre ad essere profondamente ingiusto. Di quest'ultimo aspetto potresti anche non tener conto, se non fosse che ti sei anche messo contro i tuoi interessi.

Ti senti tranquillo perché, dopo tanti anni di lavoro, hai una buona pensione, e pensi che una bassa inflazione ti convenga dal momento che ne preserva il valore. Hai sessantacinque anni, dunque una speranza di vita di circa venti. La pensione dovrà bastarti per tutto questo tempo, e ne avrai più bisogno proprio verso la fine. Anche perché i tuoi figli difficilmente potranno aiutarti, con i loro stipendi precari e continuamente spinti verso il basso. Ma tu speri che la crisi passerà, e quando sarà passata la tua pensione avrà conservato il suo valore. A quel punto, immagini, anche i tuoi figli torneranno a guadagnare, e potrai vivere serenamente. In fondo, dici a te stesso, anche tu da giovane hai dovuto penare. Dimentichi che i tuoi figli sono già uomini fatti, hanno figli piccoli e lavori precari quando tu, da un pezzo, ti eri sistemato.

Ma immaginiamo che la crisi passi e torni la crescita. Non tornerà allora l'inflazione? Non troppa, pensi, se la crescita sarà sana. Già, la crescita sana. Cos'è, per te, una crescita sana? So che immagini una situazione in cui la produzione di beni e servizi aumenterà, con la conseguenza che ci sarà più da spartire. Va bene, ammettiamo che quel giorno arrivi, ma converrai con me che, affinché più beni e servizi possano essere prodotti, questi dovranno essere venduti. A chi? Ah certo! A quelli, come te, che avranno i soldi. Ad esempio, quando tra qualche anno ti servirà una badante, contribuirai al mezzo stipendio di una donna che ti accudirà. Ma a parte le spese necessarie, affinché ci sia una vera ripresa, questo dovresti capirlo, i prezzi dei beni dovranno diventare più appetibili. O no? Se così non fosse la ripresa potrebbe iniziare da subito, e così non è. Dunque, affinché ci sia la ripresa, è indispensabile che i prezzi scendano. Cioè vuoi la deflazione. Tu pensi davvero che la deflazione porterà, un giorno, alla crescita, e anzi che ne sia il presupposto inevitabile.

Ma la deflazione comporterà che i profitti delle aziende scenderanno, quindi dovranno comprimere i costi, riducendo i salari o aumentando i carichi di lavoro, così da rendere più produttivi i lavoratori. Di sicuro non assumeranno, o assumeranno poco. A meno che... a meno che il governo... tu pensi sotto sotto... non giochi d'anticipo accelerando la discesa dei salari, come ammetti si voglia fare con questo job's act che in pubblico ha la tua deprecazione. Ma solo in pubblico.

Lo capisci che diminuendo i salari diminuiscono anche gli introiti fiscali? Sì che lo capisci. Ma io ti chiedo: perché eviti di pensare ad una conseguenza cui, fastidiosamente, la tua mente non riesce a fare a meno di pensare? La tua pensione dipende dalle entrate fiscali. Sarà possibile che la tua pensione resti uguale? Come dici? Che ciò è addirittura è indispensabile, perché il ritorno della convenienza a comprare dipende proprio dal fatto che ci saranno compratori, ad esempio tu con la tua pensione intonsa. E' questo che pensi? Sicuro che sì. Dunque, a un certo punto si tornerà a comprare. Bravo.

Ora rifletti: il giorno che si tornerà a comprare, con la tua pensione intonsa e il salario dei tuoi figli decurtato, sommando il tuo e i loro redditi avrete complessivamente più o meno di oggi? Vedo che sai far di conto: ne avrete di meno. E chi si sarà preso la differenza?

Vorrei ora spiegarti quello che accadrebbe se, per ipotesi, il tempo della convenienza ad acquistare fosse già oggi. Tu, ad esempio, potresti riflettere e decidere di assumere una giovane donna che legga al tuo posto; o forse, chissà, potresti andare anche tu in quella casa che sai. Credo converrai con me che questa crescita dell'economia farebbe alzare un po' i prezzi. Ci sarebbe un po' meno disoccupazione, ma aumenterebbero un po' i prezzi, lo sai. Come sai che questo è un mondo competitivo. Anche i prodotti delle nostre aziende costerebbero un po' di più, e non è escluso che la ditta dove lavora tuo figlio debba uscire dal mercato a causa di una concorrente estera che pratica prezzi più bassi. Ci sarebbe, insomma, una sola alternativa: o produrre di più agli stessi costi, oppure andare fuori mercato. Tradotto: o tuo figlio accetta un salario ancora più basso, oppure perde il lavoro perché l'azienda chiude. Ancora una volta ti domando: vedi un miglioramento?

Cosa si deve fare? mi chiedi ogni volta che arriviamo a questo punto; al che io replico che si deve uscire dall'euro, come minimo e subito.

Mi sembra di vederti, nel momento in cui sarai arrivato a questo punto della lettura. Nei tuoi occhi si accenderà una luce di stupore, non privo di una sorta di commiserazione per la mia condizione psichica. Vuoi farmi capire subito qual è la tua opinione: ho detto un' enormità.

Caro amico, non voglio raccontarti una favola; non voglio, perché non posso farlo senza assumermi una responsabilità troppo grande. Dovrai decidere tu, ogni volta che sarai costretto a farlo. Le opportunità non ti mancheranno. Ti prego, tuttavia, di ricordare sempre che non si può stare a lungo in una situazione nella quale il massimo risultato possibile consiste nel fatto che le cose non peggiorano. Rifletti su questa constatazione: dal mondo in cui si migliorava sempre e, quando andava male, ci si fermava, siamo finiti nel mondo dove si peggiora sempre e, quando va bene, ci si ferma. Qualcosa deve essere fatto, qualche scelta ci sarà.

Per me si deve uscire dall'euro, come minimo e subito. Uscendo dall'euro una ripresa economica, con il suo inevitabile seguito di aumento dei prezzi, non si tradurrebbe in un immediata perdita di concorrenza dei prodotti dell'azienda di tuo figlio, perché la moneta nazionale si svaluterebbe nella misura sufficiente a compensare l'aumento stesso. Ci sarebbe, cioè, un ritardo di trasmissione tra l'aumento dei prezzi interni e quello reale per gli acquirenti esteri. Sai, non è una cosa da poco. Lo so che ti hanno raccontato che ciò che provoca l'aumento dei prezzi sono le diseconomie interne, le inefficienze, e in questo c'è del vero, ma queste cause provocano effetti in di lungo periodo.

Invece la svalutazione della moneta nazionale consente di guadagnare tempo quando c'è una crisi temporanea; viceversa, non mette un cappio al collo al paese se e quando questo accenna a riprendersi. Ne segue che mettersi un cappio al collo non aiuta a risolvere le inefficienze strutturali: è un cappio al collo e basta. Se ce ne liberiamo, allora possiamo provare a riprenderci, altrimenti il cappio resta e, bene che vada, la situazione non peggiora. Ora le cose non vanno affatto bene e la situazione continua a peggiorare. Il che avrà delle conseguenze, anche per te.

So che sei un ciclista. Cosa fai quando la tua pedalata diventa difficile perché sei stanco e attraversi un momento difficile? Azioni la leva del cambio, vero? Ovvio che, se non ti sei allenato a sufficienza, alla fine sarai staccato, ma pensa se non potessi farlo! Dovresti continuare ad usare un cambio sbagliato perdendo immediatamente terreno anche se, con un piccolo gesto, potresti recuperare. Ma non puoi farlo, perché ti sei imposto un vincolo. Ecco, noi siamo in questa situazione. Ora ti chiedo: cosa dovrebbero fare i tuoi compagni per consentirti di restare nel gruppo anche con il cambio bloccato? Ti dovrebbero aspettare? Io credo che ti inviterebbero ad azionare la leva del cambio, perché sono intelligenti e sanno che non hanno nulla da guadagnare se perdi terreno. Ma accadrebbe lo stesso se, invece, ci guadagnassero?

Ecco, noi abbiamo accettato di partecipare ad una gara, altamente competitiva, nella quale il cambio è fissato sulle esigenze del corridore più forte. Se ti lamenti ti senti rispondere che la colpa è tua, che non ti alleni abbastanza. Allenati di più, ti dicono, passa in testa e sarai tu a fissare il cambio per tutti. Questa è la logica che abbiamo accettato. E ti illudi che a pagare non sarai anche tu.

Invece pagherai, perché la tua pensione verrà decurtata. Per la semplice ragione che ti viene dai versamenti di quelli che lavorano, i quali guadagnano sempre di meno perché questo è l'unico modo per far tornare il tempo della convenienza ad acquistare. Inoltre sono sempre di meno. Il cambio sbagliato ci ha indotto in recessione, e adesso siamo staccati dal gruppo. Te lo ripeto: dobbiamo uscire dall'euro, subito.

Non che questa sia la soluzione definitiva. E' ovvio che, nel lungo periodo, se diventiamo sempre più inefficienti saremo anche più poveri, ma avremmo il tempo di provare a migliorare. Oppure potremmo accontentarci, non pretendere di essere ciò che non possiamo, o non vogliamo essere perché ci costerebbe troppo sforzo. Chi ha detto che devi uscire per forza con quel gruppo di giovani ciclisti esaltati (e diciamolo: anche un po' dopati) invece che con gli amici della tua età?

Vuoi pensare solo ai tuoi interessi? Sai, potresti un giorno scoprire che tutti ti hanno imitato, proprio quando sarai più debole e bisognoso degli altri. Pensaci: non puoi vivere in sicurezza quando gli altri sono insicuri e precari, così come non puoi vivere in pace quando intorno a te c'è una guerra.

Un caro saluto. Il tuo amico Fior.

giovedì 19 febbraio 2015

Emmanuel Macron: osare agire conquistare!

Emmanuel Macron
«Emmanuel Macron, né le 21 décembre 1977 à Amiens, est un banquier d'affaires, haut fonctionnaire et homme politique français. Inspecteur des Finances, il a été banquier d'affaires chez Rothschild & Cie avant d'être nommé secrétaire général adjoint de la présidence de la République auprès de François Hollande de mai 2012 à juin 2014. Depuis le 26 août 2014, il est ministre de l'Économie, de l'Industrie et du Numérique dans le gouvernement Manuel Valls II.»

Traduzione per i retrogradi nazionalborbonici italiani:

«Emmanuel Macron, nato il 21 dicembre 1977 ad Amiens, è un banchiere d'affari, un alto funzionario e uomo politico francese. Ispettore delle finanze, è stato banchiere d'affari presso la casa Rothschild & Cie prima di essere nominato segretario generale aggiunto alla Presidenza della Repubblica guidata da François Hollande dal maggio del 2012al giugno 2014. Dal 26 agosto 2014 è ministro dell'economia, dell'industria e dell'infrastruttura digitale nel secondo governo di Manuel Valls.»

Per capire il "tipetto" basta ascoltare questo suo intervento in occasione del 69° Congresso dell''Ordine degli esperti contabili a Lione, giovedì 9 ottobre 2014 (ricordate di attivare i sottotitoli in francese).

Per venire incontro ai retrogradi nazionalborbonici italiani (fortunatamente in via di civilizzazione grazie alla dedizione di migliaia di formatori olandesi) ho estratto una parte del video commentandolo con il linguaggio dei segni di noi retrogradi nazionalborbonici italiani.

Cosa siete disposti a scommettere sul fatto che questo tipo diventerà primo ministro in Francia? Il rottamatore d'oltralpe, pure socialista... osare agire conquistare!


Nota: gli olandesi ancora se la passano abbastanza bene, ragion per cui possono continuare a vivere(?) in modo consumistico nel paese dei balocchi e della gnocca, che il capitalismo globale offre ai popoli, apparentemente aggratisse, per rimbambirli. Anche noi italiani eravamo così scemi, teppisti e rincoglioniti fino a dieci anni fa. Come sempre, le difficoltà cambiano le persone e i popoli, a volte in meglio, altre in peggio, per cui le cose stanno cambiando. Io un'idea sul da farsi ce l'avrei: rinunciamo ai balocchi, teniamoci la gnocca e ribelliamoci. Sono un nazionalborbonico.

martedì 17 febbraio 2015

Informazione per (fare) la guerra


Negli ultimi giorni ho notato una cosa strana, ovvero che mentre la stampa italiana, sia cartacea che online, e l'informazione radiotelevisiva sembrano ossessionate dalle vicende libiche, almeno sui giornali online esteri questa notizia sta avendo molta minore enfasi. Ho voluto realizzare questo video per documentare la circostanza. Le immagini dei giornali online italiani ed esteri che vi compaiono sono state catturate intorno alle 18,30 di martedì 17 febbraio 2015.

Non posso fare a meno di domandarmi se questa asimmetria sia dovuta tutta e solo al fatto che la Libia è vicinissima alle coste italiane, oppure se, per ragioni inerenti i nostri interessi strategici e geopolitici, la nuova avventura libica sia già nei piani della classe dirigente italiana che, enfatizzando le notizie provenienti da quel quadrante, sta già preparando l'opinione pubblica a un nostro intervento.


Che questa volta tocchi a noi, in quanto Stato sottomesso alle logiche dell'Impero del Caos, mi sembra assai probabile, vista la geografia. Credo che dobbiamo stare molto bene in guardia: elettore avvisato mezzo salvato. Prima o poi si dovrà tornare al voto...

Addendum


Per vostra comodità vi passo il mio elenco dei link ai giornali online italiani ed esteri.


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  • lunedì 16 febbraio 2015

    Un anno fa (8 febbraio 2014) a Frosinone

    Link correlato: Il Mak P100 delle elezioni europee (08-02-2014)

    Uh! E' passato un anno! Forse si può cominciare a valutare chi l'aveva vista giusta e chi no, che dite? Ci incontrammo con quelli che volevano "cambiare l'Europa", ed è giusto domandarsi: l'Europa è cambiata? Do atto a Gianfranco Schietroma (ma anche qui) di aver avuto il coraggio di rappresentare le sue idee, lui che è un importante politico della città di Frosinone, esponente di primo piano dei socialisti, ma è pur vero che il tempo è passato e l'Europa non accenna a cambiare. E' di oggi la notizia di una tensione crescente nelle trattative tra Tsipras e l'eurogruppo (Eurogruppo, la Grecia boccia la bozza. «Proposte assurde e inaccettabili»), che nulla lascia presagire di buono.

    Cosa vogliono fare i socialisti? E i piddini buoni alla Mirabella (ma anche...)? E Memmo Marzi è sempre "poco informato"? E L'amico Maurizio Federico... se lo ricorda che lui è un compagno, e in quanto tale ha l'obbligo di partire dai dati reali e di fatto, anteponendoli ai fogni? In ogni caso lo ringrazio di cuore per avermi chiamato "compagno Fiorenzo".

    Benny Taormina? Non pervenuto (all'epoca... ché oggi sta a diventa' un piddoTalebano). Segnalo, inoltre, i contributi di Massimiliano Mancini e Mario Torta. Mitica la conclusione del grande Giggino Neglia!

    sabato 14 febbraio 2015

    Il lotitismo, stadio finale del liberismo

    Link correlati:


    Quando qualcuno mi ha chiesto "hai sentito Lotito?" ho risposto "Lotito chi?". Mi è stata spiegata la faccenda, non ho commentato ma... ho cominciato a rimuginarci sopra. Poi ho letto qualche articolo.

    Speravo di trovare qualcuno che ricordasse, che so, che il calcio è uno sport, ragion per cui se una piccola squadra di provincia riesce a salire ai massimi livelli ciò dovrebbe essere motivo di soddisfazione. Sarebbe la prova che nello sport c'è qualcosa di pulito, di altro rispetto al denaro e al potere. E invece niente! Io, sulla merdaccia mediatica1 che ci ammorba, sia online che su carta, non ho trovato nulla del genere. E voi? Se qualcuno potesse segnalarmi un articolo, almeno uno, nel quale si fanno riflessioni di tal fatta, avrebbe la mia riconoscenza. 

    Vorrei aggiungere un dettaglio. Vivo a Frosinone, città nella quale mi sono distinto, in anni ancora recenti, per essermi battuto contro i project-financing. Tra questi ve n'era uno che riguardava lo stadio del Frosinone calcio, il Matusa, che una cordata guidata da due imprenditori, uno dei quali è l'attuale presidente del Frosinone calcio Maurizio Stirpe, proponeva di spostare in un'altra area chiedendo in cambio il permesso a costruire alcuni palazzacci sul terreno così recuperato. Contro quel progetto si sollevò mezza città, e non se ne fece nulla, sebbene ultimamente si parli della possibilità che sia la stessa amministrazione comunale di Frosinone a finanziare il progetto per la realizzazione di un nuovo stadio. L'area del Matusa dovrebbe così restare libera da ulteriori progetti di urbanizzazione ed essere destinata alla fruizione pubblica. Non ho informazioni di prima mano su questa ipotesi, sebbene molti di coloro con i quali si portò avanti la battaglia contro i project-financing si siano già espressi contro questa ipotesi. Vedremo.

    Per il momento mi limito a prendere atto del fatto che l'altro imprenditore della succitata coppia, alias Arnaldo Zeppieri da Veroli, sembra assente in questa nuova vicenda, e ciò mi tranquillizza. Il motivo è presto detto: mentre Arnaldo Zeppieri è un costruttore, e dunque interessato a cogliere opportunità in campo urbanistico, la situazione di Maurizio Stirpe è completamente diversa. Maurizio Stirpe è cresciuto con una dieta a base di imprenditoria e passione calcistica, somministrategli entrambe dal padre Benito, e non ha rilevanti interessi in quell'ambito. Se in Arnaldo Zeppieri si poteva ragionevolmente supporre un interesse economico nel successo sportivo del Frosinone calcio, ciò è francamente molto più difficile nel caso di Maurizio Stirpe. Siamo insomma davanti al classico caso di un imprenditore che, forte del suo successo imprenditoriale, si spende per una passione, quella calcistica, che pur avendo anche risvolti sociali, e dunque politici, non è tuttavia vissuta esclusivamente come un calesse per raggiungere altri obiettivi.

    Questa circostanza rende le parole di Lotito (questo tipo che nemmeno sapevo esistesse) particolarmente odiose. Ma pone lo stesso Maurizio Stirpe davanti a una contraddizione. Questi, che si è distinto nel corso della sua vita per la capacità di internazionalizzare la propria attività economica, si trova oggi a dover prendere atto di un livello di spregiudicatezza e immoralità ai sensi dell'etica sportiva che è tuttavia coerente e conforme ai valori del libero mercato: se il Frosinone, o altre squadre distintesi per meriti sportivi, andranno in serie A, gli incassi per diritti televisivi diminuiranno! E non sono bruscolini!

    Maurizio Stirpe, Presidente del Frosinone calcio
    La vicenda, con il suo strascico di polemiche con lo stesso Maurizio Stirpe, nonché con il sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani (Il Carpi: "Lotito? Offensivo". Il sindaco di Frosinone: "Toglietegli la scorta") assume dunque una valenza universale poiché pone una domanda semplice e, al contempo, estremamente seria: fino a dove può spingersi l'ideologia liberista, che tutto pretende di misurare con un unico metro, la convenienza economica? C'è spazio per le scelte diseconomiche di un imprenditore come Maurizio Stirpe, e dei tanti come lui che coltivano una passione umana come quella per il calcio, oppure tutto, ma proprio tutto deve obbedire alla sola logica dell'interesse?

    Detto in termini brutali e banali: nel sistema liberista, almeno i vincenti (e Maurizio Stirpe certamente lo è) sono liberi di coltivare spazi di libertà? Oppure il liberismo è un'ideologia che finirà con il divorare i suoi stessi artefici, rendendoci tutti, vincenti e perdenti, suoi schiavi?

    Mettiamola così: vedere il Frosinone e il Carpi in serie A potrebbe rassicurarmi sul fatto che il liberismo non è ancora giunto al suo stadio finale: il lotitismo.

    E consentitemi di chiedervi: se non proprio contro il liberismo, siete almeno pronti a combattere il lotitismo?

    Nota 1: La merdaccia mediatica! Mi piace questa espressione! Credo che la userò ancora.

    venerdì 13 febbraio 2015

    A ruota libera (Los Calimeros)


    Links correlati:

    ....nota nella notte tra il 12 e il 13 febbraio 2015: ahò, mo' vado a dormi'. Domani completo il post con un po' de peperoncino. Il video sarà disponibile a partire dalle ore 7,30 del 13 febbraio 2015. Augh!

    Tardo pomeriggio del 13 febbraio...


    Link correlato: Il Borghiland

    Avevo promesso un po' di peperoncino, ed eccomi qua. Vorrei dire qualcosa a proposito della lunga intervista di Matteo Salvini a Il Foglio nella quale egli fissa alcuni "pilastrini" in vista di un possibile accordo con Berlusconi. Ci sono molte cose condivisibili in quello che dichiara Salvini, altre un po' meno. Una di queste, che proprio non mi va giù, è la proposta di introdurre la flat tax, ovvero eliminare la progressività dell'irpef in favore di un'aliquota unica, che Salvini ipotizza al 15%.


    Nella figura il risultato di una simulazione in excel che ho realizzato e che potete scaricare qui. Il grafico mostra il valore dell'imposta irpef al variare del reddito imponibile (senza tener conto di eventuali detrazioni) nell'ipotesi delle aliquote progressive attuali e di una sola aliquota al 15%.

    Non è mia intenzione avventurarmi in un'analisi di come cambierebbe il gettito fiscale, e quindi della fattibilità della proposta. Il mio intento è, invece, quello di evidenziare l'impatto delle due forme di tassazione in funzione del reddito imponibile, così da valutarlo dal lato della giustizia fiscale. Ebbene, da questo punto di vista il grafico rappresenta una distorsione impressionante di tale principio. La tabella seguente permette di calcolare la differenza con più precisione.

                 Reddito     Irpef progressiva                      Flat
    € 0 € 0 € 0
    € 1.000 € 230 € 150
    € 2.000 € 460 € 300
    € 3.000 € 690 € 450
    € 4.000 € 920 € 600
    € 5.000 € 1.150 € 750
    € 6.000 € 1.380 € 900
    € 7.000 € 1.610 € 1.050
    € 8.000 € 1.840 € 1.200
    € 9.000 € 2.070 € 1.350
    € 10.000 € 2.300 € 1.500
    € 11.000 € 2.530 € 1.650
    € 12.000 € 2.760 € 1.800
    € 13.000 € 2.990 € 1.950
    € 14.000 € 3.220 € 2.100
    € 15.000 € 3.450 € 2.250
    € 16.000 € 3.720 € 2.400
    € 17.000 € 3.990 € 2.550
    € 18.000 € 4.260 € 2.700
    € 19.000 € 4.530 € 2.850
    € 20.000 € 4.800 € 3.000
    € 21.000 € 5.070 € 3.150
    € 22.000 € 5.340 € 3.300
    € 23.000 € 5.610 € 3.450
    € 24.000 € 5.880 € 3.600
    € 25.000 € 6.150 € 3.750
    € 26.000 € 6.420 € 3.900
    € 27.000 € 6.690 € 4.050
    € 28.000 € 6.960 € 4.200
    € 29.000 € 7.340 € 4.350
    € 30.000 € 7.720 € 4.500
    € 31.000 € 8.100 € 4.650
    € 32.000 € 8.480 € 4.800
    € 33.000 € 8.860 € 4.950
    € 34.000 € 9.240 € 5.100
    € 35.000 € 9.620 € 5.250
    € 36.000 € 10.000 € 5.400
    € 37.000 € 10.380 € 5.550
    € 38.000 € 10.760 € 5.700
    € 39.000 € 11.140 € 5.850
    € 40.000 € 11.520 € 6.000
    € 41.000 € 11.900 € 6.150
    € 42.000 € 12.280 € 6.300
    € 43.000 € 12.660 € 6.450
    € 44.000 € 13.040 € 6.600
    € 45.000 € 13.420 € 6.750
    € 46.000 € 13.800 € 6.900
    € 47.000 € 14.180 € 7.050
    € 48.000 € 14.560 € 7.200
    € 49.000 € 14.940 € 7.350
    € 50.000 € 15.320 € 7.500
    € 51.000 € 15.700 € 7.650
    € 52.000 € 16.080 € 7.800
    € 53.000 € 16.460 € 7.950
    € 54.000 € 16.840 € 8.100
    € 55.000 € 17.220 € 8.250
    € 56.000 € 17.630 € 8.400
    € 57.000 € 18.040 € 8.550
    € 58.000 € 18.450 € 8.700
    € 59.000 € 18.860 € 8.850
    € 60.000 € 19.270 € 9.000
    € 61.000 € 19.680 € 9.150
    € 62.000 € 20.090 € 9.300
    € 63.000 € 20.500 € 9.450
    € 64.000 € 20.910 € 9.600
    € 65.000 € 21.320 € 9.750
    € 66.000 € 21.730 € 9.900
    € 67.000 € 22.140 € 10.050
    € 68.000 € 22.550 € 10.200
    € 69.000 € 22.960 € 10.350
    € 70.000 € 23.370 € 10.500
    € 71.000 € 23.780 € 10.650
    € 72.000 € 24.190 € 10.800
    € 73.000 € 24.600 € 10.950
    € 74.000 € 25.010 € 11.100
    € 75.000 € 25.420 € 11.250
    € 76.000 € 25.850 € 11.400
    € 77.000 € 26.280 € 11.550
    € 78.000 € 26.710 € 11.700
    € 79.000 € 27.140 € 11.850
    € 80.000 € 27.570 € 12.000
    € 81.000 € 28.000 € 12.150
    € 82.000 € 28.430 € 12.300
    € 83.000 € 28.860 € 12.450
    € 84.000 € 29.290 € 12.600
    € 85.000 € 29.720 € 12.750
    € 86.000 € 30.150 € 12.900
    € 87.000 € 30.580 € 13.050
    € 88.000 € 31.010 € 13.200
    € 89.000 € 31.440 € 13.350
    € 90.000 € 31.870 € 13.500
    € 91.000 € 32.300 € 13.650
    € 92.000 € 32.730 € 13.800
    € 93.000 € 33.160 € 13.950
    € 94.000 € 33.590 € 14.100
    € 95.000 € 34.020 € 14.250
    € 96.000 € 34.450 € 14.400
    € 97.000 € 34.880 € 14.550
    € 98.000 € 35.310 € 14.700
    € 99.000 € 35.740 € 14.850
    € 100.000 € 36.170 € 15.000
    € 101.000 € 36.600 € 15.150
    € 102.000 € 37.030 € 15.300
    € 103.000 € 37.460 € 15.450
    € 104.000 € 37.890 € 15.600
    € 105.000 € 38.320 € 15.750
    € 106.000 € 38.750 € 15.900
    € 107.000 € 39.180 € 16.050
    € 108.000 € 39.610 € 16.200
    € 109.000 € 40.040 € 16.350
    € 110.000 € 40.470 € 16.500
    € 111.000 € 40.900 € 16.650
    € 112.000 € 41.330 € 16.800
    € 113.000 € 41.760 € 16.950
    € 114.000 € 42.190 € 17.100
    € 115.000 € 42.620 € 17.250
    € 116.000 € 43.050 € 17.400
    € 117.000 € 43.480 € 17.550
    € 118.000 € 43.910 € 17.700
    € 119.000 € 44.340 € 17.850
    € 120.000 € 44.770 € 18.000
    € 121.000 € 45.200 € 18.150
    € 122.000 € 45.630 € 18.300
    € 123.000 € 46.060 € 18.450
    € 124.000 € 46.490 € 18.600
    € 125.000 € 46.920 € 18.750
    € 126.000 € 47.350 € 18.900
    € 127.000 € 47.780 € 19.050
    € 128.000 € 48.210 € 19.200
    € 129.000 € 48.640 € 19.350
    € 130.000 € 49.070 € 19.500
    € 131.000 € 49.500 € 19.650
    € 132.000 € 49.930 € 19.800
    € 133.000 € 50.360 € 19.950
    € 134.000 € 50.790 € 20.100
    € 135.000 € 51.220 € 20.250
    € 136.000 € 51.650 € 20.400
    € 137.000 € 52.080 € 20.550
    € 138.000 € 52.510 € 20.700
    € 139.000 € 52.940 € 20.850
    € 140.000 € 53.370 € 21.000
    € 141.000 € 53.800 € 21.150
    € 142.000 € 54.230 € 21.300
    € 143.000 € 54.660 € 21.450
    € 144.000 € 55.090 € 21.600
    € 145.000 € 55.520 € 21.750
    € 146.000 € 55.950 € 21.900
    € 147.000 € 56.380 € 22.050
    € 148.000 € 56.810 € 22.200
    € 149.000 € 57.240 € 22.350
    € 150.000 € 57.670 € 22.500
    € 151.000 € 58.100 € 22.650
    € 152.000 € 58.530 € 22.800
    € 153.000 € 58.960 € 22.950
    € 154.000 € 59.390 € 23.100
    € 155.000 € 59.820 € 23.250
    € 156.000 € 60.250 € 23.400
    € 157.000 € 60.680 € 23.550
    € 158.000 € 61.110 € 23.700
    € 159.000 € 61.540 € 23.850
    € 160.000 € 61.970 € 24.000
    € 161.000 € 62.400 € 24.150
    € 162.000 € 62.830 € 24.300
    € 163.000 € 63.260 € 24.450
    € 164.000 € 63.690 € 24.600
    € 165.000 € 64.120 € 24.750
    € 166.000 € 64.550 € 24.900
    € 167.000 € 64.980 € 25.050
    € 168.000 € 65.410 € 25.200
    € 169.000 € 65.840 € 25.350
    € 170.000 € 66.270 € 25.500
    € 171.000 € 66.700 € 25.650
    € 172.000 € 67.130 € 25.800
    € 173.000 € 67.560 € 25.950
    € 174.000 € 67.990 € 26.100
    € 175.000 € 68.420 € 26.250
    € 176.000 € 68.850 € 26.400
    € 177.000 € 69.280 € 26.550
    € 178.000 € 69.710 € 26.700
    € 179.000 € 70.140 € 26.850
    € 180.000 € 70.570 € 27.000
    € 181.000 € 71.000 € 27.150
    € 182.000 € 71.430 € 27.300
    € 183.000 € 71.860 € 27.450
    € 184.000 € 72.290 € 27.600
    € 185.000 € 72.720 € 27.750
    € 186.000 € 73.150 € 27.900
    € 187.000 € 73.580 € 28.050
    € 188.000 € 74.010 € 28.200
    € 189.000 € 74.440 € 28.350
    € 190.000 € 74.870 € 28.500
    € 191.000 € 75.300 € 28.650
    € 192.000 € 75.730 € 28.800
    € 193.000 € 76.160 € 28.950
    € 194.000 € 76.590 € 29.100
    € 195.000 € 77.020 € 29.250
    € 196.000 € 77.450 € 29.400
    € 197.000 € 77.880 € 29.550
    € 198.000 € 78.310 € 29.700
    € 199.000 € 78.740 € 29.850
    € 200.000 € 79.170 € 30.000
    € 201.000 € 79.600 € 30.150
    € 202.000 € 80.030 € 30.300
    € 203.000 € 80.460 € 30.450
    € 204.000 € 80.890 € 30.600
    € 205.000 € 81.320 € 30.750
    € 206.000 € 81.750 € 30.900
    € 207.000 € 82.180 € 31.050
    € 208.000 € 82.610 € 31.200
    € 209.000 € 83.040 € 31.350
    € 210.000 € 83.470 € 31.500
    € 211.000 € 83.900 € 31.650
    € 212.000 € 84.330 € 31.800
    € 213.000 € 84.760 € 31.950
    € 214.000 € 85.190 € 32.100
    € 215.000 € 85.620 € 32.250
    € 216.000 € 86.050 € 32.400
    € 217.000 € 86.480 € 32.550
    € 218.000 € 86.910 € 32.700
    € 219.000 € 87.340 € 32.850
    € 220.000 € 87.770 € 33.000
    € 221.000 € 88.200 € 33.150
    € 222.000 € 88.630 € 33.300
    € 223.000 € 89.060 € 33.450
    € 224.000 € 89.490 € 33.600
    € 225.000 € 89.920 € 33.750
    € 226.000 € 90.350 € 33.900
    € 227.000 € 90.780 € 34.050
    € 228.000 € 91.210 € 34.200
    € 229.000 € 91.640 € 34.350
    € 230.000 € 92.070 € 34.500
    € 231.000 € 92.500 € 34.650
    € 232.000 € 92.930 € 34.800
    € 233.000 € 93.360 € 34.950
    € 234.000 € 93.790 € 35.100
    € 235.000 € 94.220 € 35.250
    € 236.000 € 94.650 € 35.400
    € 237.000 € 95.080 € 35.550
    € 238.000 € 95.510 € 35.700
    € 239.000 € 95.940 € 35.850
    € 240.000 € 96.370 € 36.000
    € 241.000 € 96.800 € 36.150
    € 242.000 € 97.230 € 36.300
    € 243.000 € 97.660 € 36.450
    € 244.000 € 98.090 € 36.600
    € 245.000 € 98.520 € 36.750
    € 246.000 € 98.950 € 36.900
    € 247.000 € 99.380 € 37.050
    € 248.000 € 99.810 € 37.200
    € 249.000 € 100.240 € 37.350
    € 250.000 € 100.670 € 37.500
    € 251.000 € 101.100 € 37.650
    € 252.000 € 101.530 € 37.800
    € 253.000 € 101.960 € 37.950
    € 254.000 € 102.390 € 38.100
    € 255.000 € 102.820 € 38.250
    € 256.000 € 103.250 € 38.400
    € 257.000 € 103.680 € 38.550
    € 258.000 € 104.110 € 38.700
    € 259.000 € 104.540 € 38.850
    € 260.000 € 104.970 € 39.000
    € 261.000 € 105.400 € 39.150
    € 262.000 € 105.830 € 39.300
    € 263.000 € 106.260 € 39.450
    € 264.000 € 106.690 € 39.600
    € 265.000 € 107.120 € 39.750
    € 266.000 € 107.550 € 39.900
    € 267.000 € 107.980 € 40.050
    € 268.000 € 108.410 € 40.200
    € 269.000 € 108.840 € 40.350
    € 270.000 € 109.270 € 40.500
    € 271.000 € 109.700 € 40.650
    € 272.000 € 110.130 € 40.800
    € 273.000 € 110.560 € 40.950
    € 274.000 € 110.990 € 41.100
    € 275.000 € 111.420 € 41.250
    € 276.000 € 111.850 € 41.400
    € 277.000 € 112.280 € 41.550
    € 278.000 € 112.710 € 41.700
    € 279.000 € 113.140 € 41.850
    € 280.000 € 113.570 € 42.000
    € 281.000 € 114.000 € 42.150
    € 282.000 € 114.430 € 42.300
    € 283.000 € 114.860 € 42.450
    € 284.000 € 115.290 € 42.600
    € 285.000 € 115.720 € 42.750
    € 286.000 € 116.150 € 42.900
    € 287.000 € 116.580 € 43.050
    € 288.000 € 117.010 € 43.200
    € 289.000 € 117.440 € 43.350
    € 290.000 € 117.870 € 43.500
    € 291.000 € 118.300 € 43.650
    € 292.000 € 118.730 € 43.800
    € 293.000 € 119.160 € 43.950
    € 294.000 € 119.590 € 44.100
    € 295.000 € 120.020 € 44.250
    € 296.000 € 120.450 € 44.400
    € 297.000 € 120.880 € 44.550
    € 298.000 € 121.310 € 44.700
    € 299.000 € 121.740 € 44.850
    € 300.000 € 122.170 € 45.000

    Ad esempio, per un reddito di 30.000 euro il risparmio per il contribuente, tra imposta progressiva e flat, è di 3.220 (ovvero 7.720-4.500) euro; per un reddito di 100.000 euro diventa di 21.170 (ovvero 36.170-15.000).

    Ora vi invito a riflettere sul fatto che moltissimi redditi alti altro non sono che i compensi erogati da amministrazioni pubbliche, e dunque sono una partita di giro. Questi lauti compensi sono stati fissati in modo da tener conto di una tassazione progressiva, più elevata di una flat, ragion per cui si porrebbe immediatamente il problema di una loro ricalibrazione al ribasso. In mancanza della quale avremmo un aumento del reddito effettivo dei funzionari pubblici a spese di altri contribuenti.

    Quanto detto vale ovviamente anche per i dipendenti del settore privato, in modo particolarmente grave per quanti di essi percepiscono trattamenti pensionistici i quali gravano sui conti dell'INPS, che è un istituto pubblico. Per quale ragione, a fronte di un improvviso taglio dell'irpef particolarmente sensibile per i trattamenti più alti, questi assegni non dovrebbero essere ricalcolati?

    Queste considerazioni sono, a mio avviso, ancor più valide nel caso il gettito complessivo rimanesse invariato, oppure, come sostengono alcuni, aumentasse per effetto del recupero dell'elusione. Insomma, la flat tax non può essere applicata ai redditi da salario dipendente allo stesso modo con cui verrebbe applicata ad altri tipi di reddito (redditi di lavoro autonomo, fondiari, di capitale, di impresa  etc.), perché nel primo caso il recupero dell'elusione sarebbe pari a zero, mentre si introdurrebbe un forte elemento distorsivo sul piano della giustizia sociale.

    Non serve ricordare che chi si dichiara "de sinistra" non può accettare una tal cosa. Ma, se la flat tax venisse applicata ai soli redditi non di lavoro dipendente, si introdurrebbe un'altra distorsione, quella per cui attività economiche diverse, che producono gli stessi redditi, sarebbero sottoposte a regimi fiscali di peso diverso. E anche questa è una cosa che uno "de sinistra" non può assolutamente mandar giù.

    Una cosa, invece, mi piace della proposta di Salvini, ed è proprio il fatto che mi divertirò a osservare tanti pollastri che si dichiarano "de sinistra", ma hanno lauti stipendi e/o pensioni da lavoro dipendente, mettere in atto le più improbabili strategie onde giustificare spostamenti progressivi verso gli affarucci-ucci-ucci loro. Tanto la flat tax non si farà mai, e noi sappiamo bene cos'è: una furbata propagandistica suggerita al Salvini dalla volpe che ha nel pollaio...