sabato 31 gennaio 2015

δίλημμα

Post populista

I greci sono tormentati da un dilemma (δίλημμα, proposizione doppia): è meglio vivere da straccioni per ripagare i creditori, o è meglio vivere da straccioni perché nessuno ti fa più credito?

Ma potrebbe anche essere un trilemma, perché c'è la possibilità che i greci si chiedano: visto che dobbiamo vivere da straccioni, perché non ve ne andate tutti fuori dalle palle? Ovviamente il governo dovrebbe aprire le caserme e distribuire fucili e munizioni a tutti i cittadini, perché è noto che la prima disavventura di ogni rivoluzione nazionale è quella di doversi difendere militarmente.

Accadde alla Russia (come? Dite che non era una rivoluzione nazionale? No? Ah davvero?), accadde alla Cina (come? Dite che non era una rivoluzione nazionale? No? Ah davvero?), accadde alla Francia (dai, quella era una rivoluzione nazionale! O no?), accadde agli Stati Uniti (dai, quella era una rivoluzione nazionale! O no?)... e potrei continuare, ma lasciamo perdere. Tanto chi doveva/poteva capire ha già capito, per tutti gli altri c'è bischer card.

Vorrei fare una domanda ai rivoluZZionari da operetta che straparlano di internaZZionalismo: mi sapete citare, cari belli de mamma, un solo caso in cui almeno due popoli si siano accordati per fare insieme una bella rivoluZZione? Avete tempo per rispondere, io qua sto.

Allora, riassumiamo: la rivoluzione la fai da solo (tu popolo); la fai quando non hai alternative; appena la fai ti devi difendere militarmente. Chiaro? Serve il disegnino? Eccolo!

Graffito di propaganda antinazista, fotografato ad Atene nel 2013

La versione di Yanis

Questo non è un post populista.

Durante il convegno organizzato da “EuNews” e dal suo think tank “OnEUro” (a Firenze il 22 novembre 2014) Yanis Varoufakis, ministro delle finanze greco, ha rilasciato questa intervista a Daniele Della Bona e Matteo Bernabè:


Il testo dell'intervista è disponibile qui.

In my honest opinion il nocciolo dell'intesta è in questa affermazione: «Una cosa è dire che non avrebbe mai dovuto essere fatta (l'eurozona - n.d.r.), un’altra è dire che dovremmo smantellarla. Ciò a causa della “dipendenza dal percorso” come si dice in economia. Se tu cammini nella stessa direzione, in una certa direzione e provi a invertire la direzione, il percorso alle tue spalle non c’è più e tu cadi da un dirupo.».

Yanis propone di "cambiare verso" all'Europa senza necessariamente rivedere i trattati, ma sfruttandone i margini interpretativi. Inutile dire che si tratta di un artificio formale, essendo quella di Yanis una proposta squisitamente politica. Ciò emerge, in modo evidente, nel prosieguo del suo discorso (grassetto e colore aggiunti): «Quindi, dovremmo provare a sistemare le cose se possiamo: possiamo farlo attraverso una federazione, tutte le idee su un’unione politica sono così antidemocratiche e letteralmente così dittatoriali e autoritarie che non vogliamo percorrerle. Quindi la questione è: c’è qualcosa che possiamo fare all’interno dei confini di un accordo di questo tipo che può distendere questa crisi?». 

Qui la parola veramente importante è "federazione", contrapposta a "unione politica", giudicata così problematica da generare idee "così antidemocratiche e letteralmente così dittatoriali e autoritarie che non vogliamo percorrerle". Ora attenzione: Yanis afferma che prima si deve addivenire ad un accordo che vada nella direzione di abbandonare la chimera dell'unione politica per ripiegare su quella, meno vincolante, di federazione, e che solo dopo,  "all’interno dei confini di un accordo di questo tipo", diventerebbe possibile domandarsi cosa fare.

E' vero che Yanis ha fatto queste affermazioni prima che Syriza vincesse le elezioni, ma i primi provvedimenti del nuovo governo greco mi inducono a ritenere che possano essere considerate ancora valide. Ciò significa che Tsipras non si appresta solo a trattare una semplice riduzione/dilazione del debito greco, ma vuole condurre un gioco molto più ambizioso, il cui esito sia l'abbandono del progetto di unione politica e l'assunzione di una prospettiva federalista. Ovvero, detto in termini divulgativi, questo matrimonio non s'adda fare ma possiamo continuare ad essere fidanzati. Questo significherebbe una riduzione drastica dei poteri della Commissione sugli Stati, e la riconquista, da parte di questi ultimi, di ampi spazi di manovra. Sarebbe la fine dell'esorbitante potere del clan germanico sul resto d'Europa.

Non solo! Yanis chiarisce che, nell'ambito del nuovo assetto federativo, i trattati dovranno essere interpretati in modo più flessibile. Ad esempio suggerisce (grassetto aggiunto): «Secondo punto riguardante il debito pubblico: la BCE non può monetizzarlo – se potesse monetizzarlo, in un altro mondo, con trattati diversi, sarebbe una bella cosa e potrebbe farlo domani. Qui si tratta di una cosa che può essere fatta all’interno del Trattato di Maastricht, io credo che si possa fare. Il Trattato di Maastricht e il capitolo sulla BCE proibisce alla BCE di “stampare moneta” per comprare titoli ma non le proibisce di prendere in prestito moneta, quindi la BCE potrebbe emettere titoli propri e utilizzare gli introiti per onorare la parte di debito in eccesso secondo i parametri di Maastricht di ogni stato membro dell’Eurozona.».

Non è un caso allora che il premier Renzi, chiaramente riferendosi alle posizioni tedesche, abbia dichiarato "Dovranno scendere a compromessi e quei compromessi rafforzeranno anche la nostra linea". La linea che vedo delinearsi, anche alla luce delle vicende quirinalizie che hanno visto l'affievolirsi della fronda interna al PD e una sostanziale accondiscendenza di Forza Italia, è quella di una netta battuta d'arresto nel processo di unione politica fondata sul mercato unico, in favore di un ritorno, sia pure graduale e mascherato alle opinioni pubbliche (per quanto possibile nell'era di Internet), al mercato comune. Un assetto che non escluderà concessioni alle richieste USA di ulteriori passi in avanti su temi come il TTIP e la creazione di un'area di libero scambio euro-atlantica, ma che restituirà spazi di manovra agli Stati nazionali. 

Non si tratta, evidentemente, di una linea che i movimenti sovranisti potranno accettare con grande entusiasmo, ma è comunque una via d'uscita dal vicolo cieco nel quale siamo finiti. La Grecia, la piccola Grecia, e la negletta sinistra che ha appoggiato la linea di Tsipras (anche quella italiana? Ne dubito, ma vedremo) stanno, nei fatti, proponendo una via d'suscita onorevole alle classi dominanti euriste. La responsabilità di accettare questo compromesso, oppure di respingerlo, è nelle mani degli euristi. Dio abbia pietà di loro, e di tutti noi, se la giocata di Syriza verrà rifiutata.

venerdì 30 gennaio 2015

"Prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi"

Comincio dunque a fare il "populista".

Dal Vangelo secondo Luca 12,49-53:

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera".

Si tratta di uno dei passaggi più controversi del Nuovo Testamento. Sapete, quella collezione di libretti nei quali si narrano le avventure di un anarchico di Galilea da cui ebbe origine il cristianesimo. Hai voglia a girarci intorno, quel sovversivo non poteva essere più chiaro: Lui era venuto per portare la divisione, altro che pace!

La "pace" erano i romani a portarla (Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant), gli imperialisti di allora (per altro non così stupidi da non fare ampie concessioni ai popoli vinti1). Quella di Gesù non era la pax solitudinis, ma il fuoco del conflitto, che Egli si doleva non fosse già acceso. Non un invito alla violenza, ma l'esaltazione del conflitto come condizione necessaria e ineludibile per il cambiamento.

Nulla può infatti cambiare senza che si formi una divisione, il segnale che un equilibrio si è rotto e che diventa necessario prender parte, schierarsi. Questa è esattamente la situazione in cui si trova oggi non solo l'Italia, ma tutta l'Europa. E forse "tutto il mondo".

L'equilibrio che si è rotto è il compromesso sociale raggiunto in Italia, e in tutta Europa, dopo la seconda guerra mondiale, grazie al quale essa ha prosperato, in misura maggiore o minore a seconda dei paesi e dei ceti sociali, ma ha tuttavia prosperato. Conosciamo la ragione per cui quel compromesso è saltato, e chi ha agito a tal fine: la sconfitta dell'URSS, che ha spinto il Capitale a cercare un nuovo equilibrio più favorevole ai suoi interessi. Enorme fu l'abbaglio in cui molti caddero, giacché si parlò di "fine della storia" proprio quando questa si rimetteva in movimento dopo un trentennio di calma, tesa ma sostanziale.

C'è una frase che mi ha sempre colpito, che è contenuta nell'intervista rilasciata al Sole24ore da Beniamino Andreatta: "Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come 'congiura aperta' tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle più confortevoli abitudini del passato."

E dunque, "prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi", la "congiura aperta" raggiunse il suo scopo. Un colpo di mano che segnò, in sincrono con quanto avveniva nel resto del mondo sviluppato, l'inizio della corsa alla globalizzazione. Dapprima le modifiche alle normative che regolavano la circolazione dei capitali; poi gli enormi investimenti, finanziati con risorse pubbliche, necessari alla costruzione delle infrastrutture su cui si sarebbe appoggiata la globalizzazione; realizzate le quali, queste vennero prontamente privatizzate per limitare, come ci hanno raccontato, la crescita dei debiti pubblici. Non è strano che si facciano enormi investimenti pubblici per realizzare infrastrutture delle quali ci si libera proprio quando dovrebbero cominciare a produrre redditi? Per di più in una situazione in cui, grazie alla sovranità monetaria, gli Stati erano in possesso degli strumenti per tenere sotto controllo deficit e debito?

Ma il bello doveva ancora venire. Già, perché grazie alle reti e alle infrastrutture realizzate con le tasse dei lavoratori (e poi privatizzate) a questi si è cominciato a dire che, ahimè, adesso erano in competizione con mercati del lavoro lontani, e dunque dovevano essere più produttivi. Cioè accettare di guadagnare di meno, con meno diritti e minor potere contrattuale.

Tutto ciò, e altro ancora, è accaduto "prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi". Dire che questa "coalizione degli interessi contrari" sia stata deplorevolmente lenta nel reagire è un eufemismo: in Italia ci sono voluti trent'anni, dal 1981 al 2011 (con l'arrivo del triste hidalgo Mario Monti) perché si cominciassero a scorgere i primi timidi segnali. Propongo di stendere un sudario sulle manifestazioni di giubilo con cui gli inutili idioti nostrani accolsero l'arrivo dell'uomo in loden e la caduta di Berlusconi, e di tornare all'anarchico di Galilea e alla sua missione di mettere i  i figli contro i padri e la nuora contro la suocera. Gesù ci ricorda la necessità che si accenda quel fuoco sulla terra, senza il quale nulla può cambiare. Sono parole dure, forse terribili, ma è possibile pensare diversamente? E' possibile illudersi che coloro che ci spingono verso il precipizio possano, come per incanto, ravvedersi e, afferrandoci all'ultimo momento, portarci in salvo? E che tutto ciò accada non perché la ribellione li induce a più miti pretese, ma perché esiste una mitologica "razionalità economica" che, alla fine, prenderà il sopravvento frenando gli istinti predatori di questi lupi? Io credo di no.

Non v'è che una strada: che la coalizione degli interessi contrari si organizzi! Dobbiamo tornare a intendere l'impegno politico non come sforzo concorde al fine di ottimizzare il funzionamento di un sistema che, pur imperfetto, abbiamo quasi tutti interesse a conservare, mentre solo i più tenaci e ideologizzati vogliono abbatterlo, e adottare un atteggiamento diverso, quello della lotta. Questo significa, in primo luogo, che non dobbiamo fidarci di fallaci menzogne (non possiamo farlo), che dobbiamo organizzarci politicamente (non possiamo non farlo), e infine che dobbiamo rappresentarci i nostri avversari per quello che veramente sono: nemici del popolo e della democrazia. In una parola, nemici dell'umanità.

E anche, last but not least, dopo aver imparato a distinguere i veri dai falsi alleati, scendere a patti onorevoli con i primi e odiare i secondi ancor più dei nostri nemici.

Sono stato abbastanza populista? Niente paura, ce n'est qu'un debut...

Nota 1: Osservo e ricordo che il cristianesimo rimase un fatto marginale nei primi due secoli dell'impero romano, e che cominciò ad affermarsi a partire dal III secolo, allorché la crisi politica cominciò a produrre crescenti e intollerabili ingiustizie di classe. Resto convinto per altro, checché ne pensi Pasquinelli, che quella dell'impero romano fu soprattutto una crisi politica!

Oltre l'euro - Giuseppe Guarino

mercoledì 28 gennaio 2015

Arruolatevi!

I want you for
Brigate Sovraniste per la Costituzione
Le Brigate Sovraniste per la Costituzione (BSC) sono un gruppo operativo, costituito da aderenti a tutte le settanntasettesettesovraniste, la cui mission è quella di dare visibilità a tutte le settantasettesettesovraniste.

Noi combattiamo una guerra culturale e mediatica contro la disinformazione globalista, in particolar modo eurista.

Abbiamo bisogno di attivisti disposti a spendersi operativamente, che siano allo stesso tempo partigiani e imparziali. Partigiani perché sovranisti, imparziali perché, nel campo sovranista, l'impegno deve essere improntato alla più assoluta imparzialità.

Invitiamo tutti coloro, già militanti o attivisti nel campo sovranista, che abbiano il desiderio e la capacità di intervenire nella battaglia culturale e mediatica attraverso la realizzazione di video, interviste, resoconti, materiali divulgativi, organizzazione di convegni e quant'altro possa risultare utile, a mettersi in contatto con noi.

Non vi chiediamo di rinunciare alla militanza in quella tra le settantasettesettesovraniste di cui fate parte, bensì di impegnare una parte del vostro tempo e delle vostre energie per una battaglia comune.

Ognuna delle settantasettesettesovraniste continuerà ad essere da voi sostenuta, anche in polemica con le restanti settantaseisettesovraniste, ma serve uno sforzo comune su un impegno comune.

In attesa di riscontri, vogliate gradire et cetera et cetera.

martedì 27 gennaio 2015

Se voi foste l'élite che governa l'euro...

... cosa fareste per tenere insieme la baracca? Da qualche giorno mi arrovello intorno a questa domanda e, qualche giorno fa, a questo proposito ho dato una risposta a Fil. A distanza di qualche giorno quella lettura mi convince un po' meno, mentre un'altra si è affacciata alla mia mente. Ve la propongo, ricordandovi come sempre che sono solo una persona che si fa (e fa) delle domande, e non uno da cui attendersi risposte. Per questo ci sono i grandi penZatori.

Qual è oggi il principale problema dell'eurozona? A me sembra che la risposta non possa che essere una: l'egemonia di un paese, la Germania, che non vuole saperne di adottare una strategia cooperativa. E dunque, cosa dovrebbe fare una élite realmente interessata alla sopravvivenza del progetto euro? Semplice: costringere la Germania ad adottare un comportamento cooperativo.

Come? Anche qui, se si accetta la premessa (l'esistenza di una élite realmente interessata alla sopravvivenza dell'euro, e non partigiana di questi o quegli interessi nazionali), la risposta è semplice: combattere l'esorbitante privilegio di cui gode la Germania, e del quale essa fa un uso a proprio esclusivo vantaggio ma deleterio per gli equilibri della zona euro. Sto parlando del fatto che la Germania, ormai da diversi anni e grazie all'effetto paura, drena liquidità a tassi di interessi bassissimi attraverso l'emissione dei propri bund, per poi reinvestire nell'acquisto di titoli della periferia, incamerando interessi molto maggiori lucrando sulla differenza. Mi domando, allora, se il QE di Mario Draghi possa essere una mossa con l'obiettivo di limitare questo esorbitante privilegio. Mi confortano, in questa interpretazione, due dati: 1) la ferma e immediata opposizione di esponenti tedeschi alla mossa di Draghi e 2) la scelta della BCE di escludere dal QE i titoli di Grecia, Portogallo e Cipro.

Il combinato disposto del QE e della scelta di escludere l'acquisto di titoli di questi tre paesi, soprattutto la Grecia, può infatti avere l'effetto di mettere la Germania di fronte al seguente duplice problema: 1) non poter più lucrare alti interessi sull'acquisto di titoli di stato della periferia, poiché per effetto del QE questi diminuiranno; 2) il rischio di consistenti perdite sui titoli della periferia, già nel patrimonio di istituti finanziari tedeschi, per effetto delle scelte di ristrutturazione del debito cui i paesi esclusi dal QE (per il momento soprattutto la Grecia) saranno costretti. Vista in quest'ottica, la vittoria di Tsipras può essere interpretata come la vittoria del candidato occulto di Mario Draghi.

A scanso di equivoci vorrei chiarire che questa chiave di lettura non intende suggerire un'ipotesi complottista, cioè che dietro la vittoria di Syriza ci sia la mano delle élites euriste! Al contrario, credo che sia stata la vittoria di Tsipras a suggerire la mossa di Draghi; soprattutto l'inaspettata entità dell'intervento di Quantitative Easing che, dal mezzo miliardo inizialmente ipotizzato, e arrivato a una cifra più che doppia. Il senso della manovra mi sembra dunque quello di un messaggio ai vertici della Bundesbank, il cui tenore dovrebbe essere, più o meno, il seguente: cari alemanni, o vi decidete a dare il vostro contributo alla reflazione europea, oppure noi (cioè la BCE, cioè l'élite che è interessata soprattutto alla sopravvivenza del progetto eurista, di cui la moneta unica è un pilastro irrinunciabile) vi spranghiamo; sia riducendo il vostro esorbitante privilegio (lucrare sugli alti tassi di interesse della periferia utilizzando la liquidità che affluisce in Germania per effetto della paura), sia costringendo i paesi di cui siete creditori (oggi la Grecia) a fare default perché l'acquisto dei loro titoli non è previsto nel QE.

Che volemo fa?


In che modo gli alemanni possono contribuire alla reflazione europea? Nel solo modo possibile: alzando i salari in Germania. In fondo, si tratta della solita vecchia scelta che, da decenni, le classi dirigenti tedesche devono affrontare: o fare della Germania un paese europeo, persino  in posizione di leadership, ma con ciò accettando gli oneri che questo ruolo comporta, oppure farsi da parte.

In definitiva la mossa di Draghi mette le classi dirigenti tedesche davanti ad un'alternativa che prevede, per esse, solo soluzioni in perdita: aprire i cordoni della borsa e pagare meglio i loro lavoratori (reflazionando così l'intera eurozona), oppure subire il costo del default greco. Tanto per cominciare.

Vi dico come la vedo


Se i tedeschi non fossero tedeschi, la prima scelta sarebbe ovvia. Ma hanno il difetto di essere tedeschi, e dunque faranno fallire la Grecia. La colpa (o il merito) della fine dell'euro, però, non sarà della Grecia, ma della Germania.

SAPEVATELO!

sabato 24 gennaio 2015

Svalutatione o rivalutatione?


Piccolo incidente durante l'incontro "Oltre l'euro" organizzato dalla Sinistra contro l'euro. Il delegato austriaco parla delle scelte politiche della classe dirigente tedesca ma... ohibò! cosa avrà voluto dire? Che le élites tedesche sono state lungimiranti perché hanno puntato ad una svalutazione del marco...? O no, non ci si è capiti, lo volevano rivalutare? E trikkete trakkete, la morale della favola è che non ci si capisce nemmeno in un convegno politico internazionale organizzato da militanti politici a tempo pieno!
Come potranno mai capirsi l'idraulico polacco, il fornaio francese, il commerciante italiano, il tassista spagnolo, il vinaio portoghese, il barbiere greco e la meldracca tedesca? Per forza di cose... il prezzo non sarà giusto.

E mentre il renzi-sellinume-piddinume nostrano mena il can per l'aia, teniamo a mente la fosca e terribile dichiarazione dei nazisti di Alba Dorata: "Vincerà Syriza, fallirà e arriveremo noi".

venerdì 23 gennaio 2015

Il tridente sovranista

Sabato e domenica 24/25 gennaio 2015: incontro internazionale organizzato dalla Sinistra contro l'euro - Roma, Centro congressi via Cavour.

Sarò presente, con altri amici delle Brigate Sovraniste per la Costituzione, per la registrazione integrale dell'evento.

Per l'occasione si celebrerà anche la cerimonia di passaggio delle consegne al nuovo Grande Vecchio, che sarà Simone Boemio, al quale rivolgo i più fervidi auguri e incoraggiamenti per il duro compito che lo attende: essere il detentore, per i prossimi tre mesi, del Potere Inutile.

In concomitanza con l'incontro di domani, il socio e prossimo Grande Vecchio Simone Boemio è riuscito a completare il montaggio del primo video relativo all'incontro di Firenze del 6/12/2014 tra le forze sovraniste. C'è voluto un po' di tempo perché Simone ha attraversato un periodo di intensi impegni personali (un trasloco) e ha altresì dovuto apprendere l'uso degli strumenti di montaggio. Ecco a voi l'intervento di Moreno Pasquinelli:


Sentito Pasquinelli? No? Fatelo, perché ne vale la pena. 

Consentitemi ora di spendere due parole sull'incontro di domani. Lo faccio in video, perché oggi mi va così.

giovedì 22 gennaio 2015

A domanda di Fil, così rispondo...

Com'è andata a finire...

Padrone che batte servo
Ricordate il post di qualche giorno fa in cui denunciavo il fatto che, nella mia scuola, un migliaio di persone fossero costrette al freddo nonostante una convenzione (regolarmente onorata) tra il CONSIP e l'azienda che aveva vinto il bando per il riscaldamento prevedesse una temperatura di 20°C?

Adesso fa caldo!

Naturalmente è stato necessario che gli studenti scioperassero e manifestassero.

Cosa dimostra questa vicenda?

Semplice!
Facile!
Ovvio!
Elementare!
Scontato!
Banale!
Sincopato!

Chi non si difende se lo prende nel culo, e deve pure pulirlo (non il culo... l'attrezzo).

D'altra parte, signori miei, ogni tanto bisogna pure ricordarselo il dato fondamentale:

La differenza tra il servo e il padrone è che quest'ultimo preferisce morire piuttosto che vivere da servo.

C'è altro da aggiungere?

Non credo.

Ognuno tragga le sue conclusioni.

lunedì 19 gennaio 2015

Programmazione orientata agli oggetti (oop) - lezioni 01 e 02

#Datosikesikkome io sono, fui e sarò un ingegniere, cioè un filosofastro della prassi, ogni tanto mi torna la voglia di occuparmi delle cose che so fare, più o meno bene. Lo so, oh! come lo so, che i pochi che seguono questo blog vengono qui per leggere di euro e UE, ma sapete che vi dico? La cosa si sta facendo un po' noiosa e dunque occorre divagare. In coda ai video trovate una disquisizione più articolata del concetto.





Divaga$$ioni & cattivi penZierini


Per primi ci arrivano i semplici. Direte voi: a cosa? A capire che quella tal cosa non avrebbe funzionato. 

Oddio, prima dei semplici ci stanno i nemici, di sempre e a prescindere, di quella tal cosa, ma questi non contano. 

Dopo i semplici ci arrivano i veri grandi intellettuali, ammesso che chi ha deciso di fare quella tal cosa non abbia provveduto a farli fuori tutti. Tanto sono pochi e non ci vuole molto.

Poi, molto poi, arrivano i generosi. Magari non capiscono perché quella tal cosa sia sbagliata, ma non appena ne scorgono le conseguenze negative, soprattutto in termini di ciò che è giusto e ingiusto, i generosi scendono in campo. E lavorano, lavorano, lavorano. E fanno convegni, e organizzano incontri. E fondano movimenti...

Qualche volta ci riescono pure. Ma tanto è inutile, perché i movimenti dei generosi non quagliano mai e non si sa perché. O forse sì?

Dopo i generosi arrivano gli intelligenti. Ah gli intelligenti! Loro hanno studiato! Loro sanno! Loro ci possono aiutare!

Non si sa perché ciò accada, ma dopo un po' gli intelligenti cominciano a  fa' gli strani. Accusano i generosi di non averci capito una mazza e questi, che oltre che generosi sono anche un po' fessi (mai quanto i semplici, che ci erano arrivati per primi a capire che quella tal cosa era 'na sòla) si fanno maltrattare e mettere all'angolo.

Conquistato il campo, gli intelligenti vanno da quelli che quella tal cosa l'avevano pensata. Dice: perché? Ma perché lo chiedete? Ma che per caso siete della razza dei semplici che non capiscono un cazzo? Cioè a dire siete degli stupidi? E daje!

Finisce così:
  1. I semplici, dopo il kataclisma, fanno la scelta che tutti disprezzano ma salvano il mondo dal giudizio universale. Qual è? Chiedetelo a loro dopo il kataclisma.
  2. I generosi vengono dimenticati.
  3. Gli intelligenti finiscono in parte sulla forca e in parte al governo.
E gli stupidi? Ma che ce frega degli stupidi?

Post scriptum: ho filosofastrato, dunque non accetterò commenti ragionevoli. Filosofatrate anche voi e sarete salvi.

sabato 17 gennaio 2015

Il piddino di famiglia

L'altra sera discussione con un piddino di famiglia. Un uomo colto, che ci ha spiegato dettagli curiosi e interessanti dell'Odissea di Omero, mica un piddino di strada! Poi, inevitabilmente, siamo finiti a parlare di euro. Lo stesso, che fino a poco prima aveva parlato con calma e serenità, e senza tema di essere interrotto perché la sua autorità e competenza sull'argomento erano chiaramente riconosciute, non appena si è cominciato a parlare di vili quattrini si è come trasformato.

Una passione! Un accanimento! Soprattutto una creatività nello sfornare esempi particolari e, fatto che mi ha mooooooolto fatto arrabbiare, un talento nell'inventare dati da lasciare sbalorditi! Quando ha detto, ad esempio (e in modo del tutto scollegato dal filo del discorso) che l'inflazione argentina è del 50% mi sono incazzato come una iena e, complici il tasso alcolico e il mio leggendario buon carattere, ho cominciato a gridargli contro che non tolleravo che in una discussione seria si inventassero di sana pianta i dati.

Il giorno dopo ho sentito Claudio, il quale mi ha riferito che il buon piddino di famiglia aveva trovato dei link (spediti a Claudio per email) nei quali si parla di un'inflazione argentina al 40%. Non so perché il piddino di famiglia non abbia osato inviare l'email anche a me... o forse sì. Io credo che si sia ormai instaurata una vera e propria competizione, in cui risulterà vincitore colui che riuscirà a convincere il buon Claudio della bontà delle sue tesi. E dunque il piddino di famiglia ha mandato a Claudio i suoi link, ma non a me, per timore ch'io potessi contro argomentare con vivace brio. Ma Claudio, equanime e amante della libertà di pensiero (mica come me che vorrei limitare il cosiddetto "diritto di satira"!) me l'ha girata.

Il piddino di famiglia avrà googlato qualcosa del tipo "inflazione argentina", ordinando poi i risultati in base all'ovvio criterio piddinico di considerare più accreditate le "fonti" che gli danno ragione. E infatti in cima all'elenco figurava proprio un articolo che parlava di un'inflazione argentina al 40%! Non proprio il 50%, ma il 40%, come a voler dire "visto? non ero poi così lontano dalla verità".

Ora io chiedo anticipatamente perdono al mio carissimo amico Claudio, ma sono costretto a massacrargli il fratello. Con una precisazione: parlerò di ciò che è, non di ciò che sarà, potrà un giorno mai accadere, avverrà mai per volere dell'altissimo o colpa dell'omini tutti. Discuterò cioè se sia vero che l'inflazione argentina sia del 40% (manco al 50%), e non di altro. Ciò perché l'Argentina farà la sua strada che io non posso prevedere, mentre il punto è un altro: non si possono tirare in ballo, in una discussione, dati falsi o farlocchi!

Il piddino di famiglia ha citato dati farlocchi. Mi limito al primo link (Argentina, il disastro continua: l'inflazione vola al 40%, e il difficile potrebbe dover ancora arrivare - Giovanni De Mizio 12.10.2014) nel quale leggiamo:

"Secondo gli ultimi dati relativi all'inflazione nella città di Buenos Aires, il costo della vita è aumentato del 2,2% su base mensile, che si traduce in un aumento di ben il 40% su base annua. L'anno scorso il tasso era poco più della metà, intorno al 25%."

Poiché il piddino di famiglia conosce, per sua stessa ammissione, la differenza tra interesse semplice e composto, sono certo che potrà ben comprendere le mie argomentazioni a sostegno della tesi che l'articolo citato (ma lo stesso vale per gli altri nella sue email) altro non è che una mastodontica distorsione dei fatti reali.

Cominciamo con l'osservare che il dato sull'inflazione mensile registrato a Buenos Aires (~3.000.000 di abitanti) NON è indicativo dell'inflazione di tutto il paese (~40.000.000 di abitanti).

Ma poi, in quale mese? Il sospetto che si sia preso l'ultimo dato disponibile (per altro nemmeno il peggiore dell'anno) è corroborato dalla conclusione: "il costo della vita è aumentato del 2,2% su base mensile, che si traduce in un aumento di ben il 40% su base annua". E infatti:


In arancione i dati "indipendenti" e in azzurrino i dati ufficiali. Se andate qui, potete verificare come, nel marzo del 2014, si sia verificato un picco di inflazione rilevato (con valori diversi) sia dalla statistica ufficiale che da quella indipendente. Un secondo picco si è verificato nell'ottobre 2014, subito seguito da una brusca caduta. L'articolista ha preso il dato di ottobre e ne ha ricavato, bontà sua, un dato tendenziale del 40% su base annua. E il piddino di famiglia ha abboccato.

Ma  come lo ha fatto questo calcolo, l'articolista? Ovvio che non ha moltiplicato 2,2% per 12, perché il risultato sarebbe stato 26,4%, e non 40%! Che poi il 26,4% non sarebbe poco, sia chiaro, ma siccome in un altro articolo dell'anno precedente la stessa testata aveva parlato di un'inflazione al 25%, nasce il sospetto che ciò non bastava per dimostrare l'inarrestabile marcia verso il disastro dell'Argentina! Serviva un numero maggiore, ed ecco che, magicamente, da un'inflazione mensile del 2,2% a Buenos Aires si tira fuori il titolone "che si traduce in un aumento di ben il 40% su base annua", sottointeso in tutta l'Argentina. Secondo me il De Mizio ha preso il dato di marzo (~6%), lo ha sommato a quello di ottobre (~2,2%), ha fatto la media e, precauzionalmente, ha applicato uno sconto per poi moltiplicare per dodici. Oppure avrà fatto la media, moltiplicato per dodici e poi applicato lo sconto? Misteri della matematica piddina...

Come si passa dal tasso di inflazione mensile a quello annuale? Un metodo lievemente più preciso che non moltiplicare per dodici un dato mensile consiste nell'applicare la formula dell'interesse composto, che il piddino di famiglia conosce per sua stessa ammissione. Senza farla troppo lunga (se qualcuno scassa la minGhia lo dimostro nei commenti) se si vuole estrapolare a dodici mesi un dato mensile (ad esempio il 2,2%) si calcola il valore di 1,022^12. E quanto fa?

Fa 1,298, cioè un'inflazione annua del 29,8%. Famo er 30% e nun ne parlamo più.

Il 30% di inflazione non è uno scherzo, ma non è il 50%. Che poi, se si riflette sul fatto che si è spalmato un dato, quello di un mese a Buenos Aires, su tutto il paese e che si sono fatti i conti alla cazzo di cane... allora forse la miglior cosa da fare è andare a guardare i dati veri, quelli delle banche dati internazionali, eventualmente confrontandoli con i calcoli alternativi di istituzioni un minimo credibili.

Giusto piddino di famiglia? E i dati ufficiali e alternativi che dicono? Raccontano un'altra storia, nella quale c'è sì un problema di inflazione, ma non il 50% tirato fuori dal piddino di famiglia, né il 40% del giornale primo citato nella lista, e neppure il 30% ricavato generalizzando in modo aritmeticamente corretto (almeno!) a tutta l'Argentina un singolo dato mensile nella città di Buenos Aires!

La verità è che, come spesso accade, i dati statistici possono essere stirati un po', ma fino a un certo punto. Qui, come vi ho già segnalato, trovate un confronto tra i dati ufficiali del gobierno argentino e quelli calcolati da un'istituzione indipendente credibile. La differenza c'è (scrivono: "Argentina series show a significant departure from official numbers. Our 2013 annual inflation rate is ~23%; official figures account for ~11%."), non è trascurabile e si devono comprendere le ragioni tecniche e politiche di questa differenza. Ma da qui a sparare numeri a caso letti sulla stampa scandalistica economica ce ne corre.

Come mai, se io sparo una cazzata, mettiamo putacaso sull'Odissea, il piddino colto me lo fa notare costringendomi ad abbassare la cresta, mentre il piddino colto che spara la qualunque (es. inflazione argentina al 50%!) per di più a sproposito non paga pegno? Come mai? Come mai? Forse perché, crede lui, andrà sempre in culo all'ortolano e questa illusione lo rende lievemente superficiale?

Staremo a vedere, caro piddino di famiglia! Qualcosa mi dice che presto imparerai a tacere di ciò di cui non puoi parlare...


giovedì 15 gennaio 2015

Riscaldamenti privatizzati

Al rientro dalle vacanze di Natale la scuola era freddissima. Mugugni, cappotti stretti fino al collo, e pazienza. Ci viene detto che è la conseguenza del lungo spegnimento dell'impianto di riscaldamento e conseguente raffreddamento dei locali.

Passano i giorni ma la situazione non migliora. Siamo investiti da una perturbazione meteo abbastanza fredda, ma non eccezionale, che si somma agli effetti del periodo di chiusura. I termosifoni, in numero e dimensioni insufficienti, sono mantenuti ad una temperatura poco più che tiepida e spenti alle 11 del mattino. I ragazzi cominciano a protestare ma gli viene risposto che responsabile del riscaldamento è l'amministrazione provinciale, e dunque che la dirigenza scolastica altro non può fare che segnalare la circostanza e attendere che vengano presi provvedimenti.

Poi (finalmente) scatta lo sciopero spontaneo degli studenti. L'adesione, il primo giorno, è pressoché completa, meno il secondo. Domani pare che vi sarà un terzo giorno di mobilitazione, questa volta con una manifestazione davanti alla sede della Provincia.

Ma neppure la Provincia potrà far niente. In realtà quella del riscaldamento delle scuole è una competenza che non è più effettivamente in capo a questo organo amministrativo, essendo stata di fatto trasformata in un contratto di natura mista, pubblico-privato, i cui contraenti sono il CONSIP e l'azienda privata che si è aggiudicata l'appalto. Secondo quanto ci riferisce il nostro agente all'Avana, tra le condizioni contrattuali vi sarebbe l'obbligo di mantenimento di una temperatura di 20°C negli ambienti della scuola, mentre quella misurata da alcuni studenti risulta essere di 11°C. La differenza, i cui disagi sono sopportati da un migliaio di persone tra studenti, docenti e personale amministrativo e ausiliario, implica un ovvio ed evidente plus guadagno da parte dell'azienda titolare del contratto.

Credo che, dopo aver manifestato davanti agli uffici della Provincia, gli studenti e le loro famiglie, nonché i lavoratori tutti, dovrebbero prendere in esame la possibilità di una denuncia alla Procura della Repubblica per inadempienza contrattuale.

lunedì 12 gennaio 2015

"Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? No. Non possiamo lasciarvelo fare. Vi combatteremo"

Questo non è un post per anime belle. Per quelli, per intenderci, che si pongono il problema della libertà di pensiero e del diritto alla satira. Qui non si parlerà di come dovrebbe andare il mondo, ma di così come va, piaccia o no. Oggi parliamo di forza. La Forza sia con voi.

Partiamo da questa foto, tratta da qui. In un video Amedy Coulibaly, uno degli attentatori di Parigi, dichiara: "Voi attaccate il Califfato, voi attaccate lo Stato Islamico, e noi attacchiamo voi... Tutto quello che facciamo è legittimo. Non potete attaccarci e pretendere che non rispondiamo. Voi e le vostre coalizioni sganciate bombe sui civili e sui combattenti ogni giorno. Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? No. Non possiamo lasciarvelo fare. Vi combatteremo".

Avrei potuto evidenziare la frase "Voi e le vostre coalizioni sganciate bombe sui civili e sui combattenti ogni giorno", ma ho preferito quest'altra: "Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? No. Non possiamo lasciarvelo fare. Vi combatteremo". Nella prima viene richiamato un dato morale (voi - occidentali - siete cattivi); nella seconda un principio di indipendenza e un'istanza di uguaglianza: "Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? No. Non possiamo lasciarvelo fare.". Il finale è un programma: "Vi combatteremo".

Si dà il caso che mentre alle televisioned minds si continua a parlare di libertà di espressione, diritto alla satira e tutto il caravanserraglio della paccottiglia propagandistica euro atlantica, colà dove si puote ciò che si vuole (almeno fino a qualche tempo fa) la questione venga affrontata su ben altre basi. Sapete fare la seguente sottrazione: 1683-1529? Sono le due date che separano il primo dall'ultimo tentativo della sublime porta di conquistare Vienna. Fa 154 anni. Per almeno 154 anni l'occidente è stato una possibile terra di conquista per l'Islam. Che poi, per i diversamente scolarizzati, vale forse la pena ricordare che, già qualche secolo prima, se l'occidente non era terra di conquista ciò era perché non aveva senso spendere energie per conquistare il nulla. Non ci credete? E allora perché il futuro glorioso e trionfante "Occidente" avrebbe permesso che la seconda Roma, alias Costantinopoli, cadesse sotto la dominazione ottomana nel 1454? Stiamo parlando della capitale della cristianità ortodossa! Mica di un porticciuolo turistico!

Né è inutile ricordare, ai diversamente scolarizzati, che ancora alla fine del 1700 l'impero ottomano figurava tra le grandi potenze dell'epoca, alla pari con la Francia, la Spagna, l'Inghilterra, e che gli Stati Uniti avevano appena conquistato l'indipendenza. E la CranTe Cermania? All'epoca non pervenuta.

Chiaro di cosa stiamo parlando? Vi entra in testa, lettori abituali (come pure a voi, esagitati nord-atlantici di passaggio) che l'Islam non è una cosuccia nata l'altro ieri, ovvero, come credono molti, poco più di un'accozzaglia di barbari incolti che noi dovremmo civilizzare?

Vi è chiaro perché quello che ha detto Amedy Coulibaly deve essere preso molto sul serio? E, aggiungo io, con il dovuto rispetto che si deve a una forza millenaria che sta risvegliandosi?

Non è che i più giovani tra voi si ritroveranno, sbarcando un giorno in un aeroporto dello Stato islamico, a passare sotto un'immagine olografica di Amedy Coulibaly e a leggere...

Siete voi che decidete quello che succede sulla Terra? No. Non possiamo lasciarvelo fare. Vi combatteremo

domenica 11 gennaio 2015

I commenti democratici uniti...

Visto che gli Stati Uniti d'Europa (specie se democratici) sono una favoletta, propongo di unire almeno i commenti a due post sui quali si sta sviluppando un'interessante discussione:

Invito pertanto tutti a inserire i prossimi commenti ai suddetti post in questo. Sarà più semplice per tutti seguire una discussione che è interessante e attuale.

Vi ringrazio tutti.

Addendum:


Questa è "satira"! Non le porcherie di Charlie Hebdo.

sabato 10 gennaio 2015

Je suis Renzo Tramaglino

Renzo Tramaglino
Milioni di persone si sono mobilitate in difesa del diritto di satira. Non è meraviglioso che, nell'epoca della distruzione dei diritti del lavoro e della dignità sociale di interi popoli, la gente scenda in strada per manifestare in difesa del diritto di satira? Vi è, in tutto ciò, un elemento positivo, ma solo nella misura in cui coloro che manifestano in difesa del diritto di esistere di un giornale come Charlie Hebdo, credono di difendere un diritto generale: la libertà di espressione del proprio pensiero. E' però necessario smascherare un equivoco, determinato dalla confusione tra il concetto di satira e quello di oltraggio. A mio parere, e cercherò di dimostrarlo, Charlie Hebdo non è un giornale satirico, bensì un giornale oltraggioso.

Ora, al fine di individuare il confine tra la satira e l'oltraggio, è del tutto inutile concentrare l'attenzione sul livello di volgarità e licenziosità di un testo (o una vignetta). Si può avere, infatti, un testo (o una vignetta) estremamente licenzioso e volgare senza che vi sia oltraggio; al contrario, l'oltraggio può rinvenirsi anche nelle parole più formalmente corrette. Ciò che delimita il confine tra satira e oltraggio è altro, ed ha a che fare con la gerarchia dei poteri. La satira, per essere tale, deve sempre partire dal basso ed essere diretta contro l'alto. Strano che questo particolare non venga colto dai tanti che strepitano sulla fine della dicotomia destra-sinistra che, a dir loro, sarebbe oggi sostituita dalla contrapposizione alto-basso!

Non può esservi satira quando questa, partendo dall'alto, cioè da una postazione di potere e influenza superiore, prende di mira chi, nella gerarchia del potere, è in posizione di debolezza. Il povero che ridicolizza il potente fa satira; il potente che fa altrettanto con il debole commette oltraggio.

Ebbene, nella cosiddetta guerra di civiltà tra il mondo "libero" dell'occidente e l'Islam, non può esservi dubbio alcuno sulle rispettive posizioni nella gerarchia del potere. Difendere il diritto di satira, dunque, non può che significare difendere il diritto di chi è in posizione di debolezza di ridicolizzare chi detiene la forza e il potere, giammai il contrario! Ovvero quel che fa il rivoltante giornalaccio il cui nome oggi tutti scrivono sulle proprie magliette! Tutti costoro non si rendono conto del fatto che stanno difendendo il diritto di Don Rodrigo di deridere Renzo Tramaglino.

Non so perché, ma a me vengono in mente tutti quegli stupidi che ballavano in piazza per festeggiare l'arrivo di Monti.

Mutatis mutandinis

L'un des calimeros est Charlie, l'autre non.

giovedì 8 gennaio 2015

NOI e il Divino Governatore

Il Divino Governatore accenna all'ipotesi di un QE comprensivo di acquisto di Titoli di Stato e subito il popolo della borsa festeggia. Accade così che i pensionati e i possessori di piccoli tesoretti turbati dalle cattive notizie (ma hanno il loro tornaconto nella deflazione) si ritrovino a gioire con la maggioranza dei silenziosi idioti reazionari, ma tanto politically correct, da cui questo nostro paese è infestato.

Oddio, che il Divino Governatore possa farlo, l'agognato QE comprensivo di acquisto di Titoli di Stato, è dubbio; che possa farlo presto ancor di più, visto che dovrebbe essere modificato l'articolo 123 del TFUE! Ma tant'è, perché seppellire la speranza?

Magari, con la scusa di modificare quell'articolo 123 del TFUE brutto brutto cattivaccio pussa via, se ne potrebbero combinare delle belle...

E infatti, prima che la notizia del QE con acquisto di titoli di Stato dilagasse nell'aere tra squilli di tromba e ali di cherubini, il Divino Governatore, appena una settimana fa, scriveva un editoriale (leggetelo: qui il link alla traduzione curata da vocidallestero.it), che si concludeva con la seguente frasetta:

"In definitiva, la convergenza economica fra paesi non può essere solo un criterio per l’adesione all’unione monetaria o una condizione da rispettare per un arco di tempo limitato. Deve essere invece una condizione da soddisfare sempre. E per questa ragione, per completare l’unione monetaria dovremo in ultima analisi rafforzare ulteriormente la nostra unione politica: stabilire i diritti e doveri dell’unione in un nuovo ordine istituzionale". [grassetti aggiunti - n.d.r.]
NOI

La battaglia di Algeri

Link correlato: La battaglia di Algeri

martedì 6 gennaio 2015

La rivoluzione sarà dandy


L'albatro

[traduzione dal francese all'italiano a cura di: Marcello Comitini]

Souvent, pour s’amuser, les hommes d’équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.

A peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l’azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d’eux.

Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu’il est comique et laid!
L’un agace son bec avec un brûle-gueule,
L’autre mime, en boitant, l’infirme qui volait!

Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l’archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.

Traduzione (a cura di: Marcello Comitini):

L'Albatro

Spesso per divertirsi, gli uomini d’equipaggio
catturano degli albatri, grandi uccelli dei mari
che seguono indolenti compagni di viaggio,
lo scorrere della nave sugli abissi terribili.

Non appena deposti dai marinai sulle plance,
questi principi dell’aria, maldestri e vergognosi
lasciano cadere le grandi ali bianche
come remi trascinati pietosamente ai fianchi.

Com’è goffo e molle il viaggiatore alato,
Lui, così elegante, com’è comico e brutto!
Uno con la pipa gli stuzzica il becco
l’altro mima zoppicando l’infelice che volava!

Al principe delle nuvole è simile il Poeta
che vive nella tempesta e non si cura dell’arciere;
esiliato sulla terra tra badanai di cacciatori
le sue ali di gigante gl’impediscono di andare.

Urka subdivulgatore! Perché la rivoluzione sarà dandy?


Ma voi credete che un dandy sia un olezzante bipede depilato? Se è così vi sbagliate di grosso. Un dandy, il vero dandy originale, nasce come asceta, in totale ripulsa della nuova società borghese. Alla quale oppone la sola arma veramente efficace: la bellezza. Ma una bellezza ascetica, non quella mercificata e assoggettata alle logiche mercantili che viene proposta dai nuovi padroni, i borghesi.

Cosa voglio dire? Semplice: la rottura fra gli ideali democratici e gli interessi reali della borghesia trionfante avvenne subito... 

Barricate dei cittadini parigini nel 1848
Da wikipedia: «Le forze politiche eterogenee che avevano abbattuto la monarchia si scontrano sul campo delle riforme sociali: il governo conservatore uscito dalle elezioni del 23 aprile 1848 non intende soddisfare le richieste degli operai parigini, che insorgono il 23 giugno 1848, ma la loro rivoluzione è repressa nel sangue dal generale Cavaignac. Il governo, confermando la sua natura anti-operaia, abolisce i laboratori nazionali, innalza l'orario di lavoro e vieta il diritto di sciopero e di associazione

Nota a margine: Sta fresco il massone democratico Gioele Magaldi a raccontarci la storiellina di una massoneria buona e una cattiva! La rivoluzione del 1948 in Francia (ma sarebbe più corretto dire "a Parigi"). fu sconfitta dalla prima globalizzazione, di cui i boulevards costruiti da Napoleone III sono un emblema ottocentesco (per capire si deve guardare il video).

Il dandy Baudelaire, che pure era di idee reazionarie, salì sulle barricate al fianco del popolo. Egli si oppose alla borghesia trionfante non perché fosse un uomo d'ordine, ma perché non riusciva a sopportare la bruttezza dei suoi luridi interessi reali. La coscienza infelice della borghesia è dunque figlia dell'amore per la Bellezza.

La Bellezza è la massima aspirazione di ognuno di noi! Ammettiamolo! Ammettetelo! Nessuna rivoluzione, per quanto "buona" possa essere, ha la minima possibilità di successo se non è anche "bella". Anzi, è più importante che "appaia" "bella", prima ancora di essere "buona". Lo sanno bene coloro che hanno alimentato la controffensiva liberista delle ultime decadi. Questa ci è stata falsamente rappresentata come "bella", prima ancora che come "buona", e noi l'abbiamo accettata. Lo abbiamo fatto perché ciò che appare "bello" ci seduce, facendoci dimenticare ciò che è "buono". E mal ce ne incorse.

Voi vi chiederete: ma cche tte sei fumato? Non lo so...

lunedì 5 gennaio 2015

L'urlo del piddino


Alcuni miei amici "piddini" mi chiamano "scienziato", quasi (anzi: niente "quasi") a deridermi! Uno di loro è aTTirriDDura un peZZetto grosso al Messaggero... penZa mo' te...

Ragazzi, qua nel vorticoso transitorio che ci aspetta sarà dura... ma state tranquilli, questo è il nostro momento. Dopo, quando le acque si saranno calmate, le masse fecali solide di forma cilindrica torneranno a galla. Divertiamoci adesso a percularli, questi diversamente umani...

Dilettante allo sbaraglio (#DAR)

Vabbè, ce provo pure io. Negli ultimi due giorni sul sito dell'innominabile sono apparsi due interessanti articoli nei quali, utilizzando il database BIS (Bank for Internazional Settlements), sia un lettore laureato in fisica che (successivamente) Illo di pirsona pirsonalmente, hanno prodotto dei grafici che illustrano molto bene il processo di rientro dai crediti tra banche del centro e della periferia europea.

Sono andato a sbirciare per vedere come sia organizzata l'interfaccia di consultazione del database e l'ho trovata abbastanza amichevole. Ho pensato che possa essere di qualche utilità illustrarne brevemente il funzionamento per cui, dopo essermi esercitato ricavando quattro serie di dati relativi alle esposizioni lorde dei sistemi bancari di Germania, Francia, Italia e Spagna, cioè le quattro maggiori economie dell'eurozona, ho realizzato un breve video che espone il funzionamento dell'interfaccia. Successivamente, partendo dai dati estratti, ho sommato i risultati trimestre per trimestre, ottenendo una singola colonna. A partire da quest'ultima ho ricavato i numeri indice (con base=100 nel 1° trimestre del 1999) relativi all'indebitamento complessivo dei sistemi bancari dei paesi scelti (Germania, Francia, Italia e Spagna), producendo questo grafico.


Nel video qui sotto vi mostro come ho utilizzato il database BIS. A seguire alcune personali considerazioni sui dati.


Considerazioni personali


Come è ormai universalmente noto, ma solo oltre i confini di Piddinia, l'ingresso nell'euro ha generato un clima di fiducia che ha favorito la crescita dei prestiti bancari all'interno dell'eurozona. La ragione è semplice: la moneta unica azzerava il rischio di cambio, ovvero il rischio che una somma X prestata a un'istituzione finanziaria privata estera venisse restituita in valuta svalutata. Questa "rassicurante" circostanza ha reso i mercati finanziari esteri, per ogni istituzione finanziaria dei paesi dell'eurozona, meno rischiosi, e dunque ha favorito comportamenti poco prudenti che hanno generato squilibri eccessivi. Questi si sono ripercossi sulle singole contabilità nazionali, a dimostrazione del fatto che siamo europei a parole ma nazionalisti quando si tratta di quattrini. Oggi l'Europa è attraversata da una linea invisibile (ma insuperabile) che divide i paesi nelle cui contabilità nazionali (private) si sono accumulati debiti, da quelli che sono a credito.

Tutto questo è ben noto, e non vale la pena che mi dilunghi quando c'è chi lo spiega meglio di me. Nel mio piccolo vorrei però focalizzare l'attenzione non sugli squilibri tra creditori e debitori, bensì sulla crescita complessiva delle esposizioni lorde delle banche europee. Per farlo ho scelto le quattro più grandi economie dell'eurozona (Germania, Francia, Italia e Spagna, due delle quali sono creditrici e due debitrici).

Ho utilizzato i numeri indice, dopo aver sommato (primo grafico) i dati per tutti e quattro i paesi scelti. Posta pari a 100 l'esposizione lorda dei loro sistemi bancari nel gennaio 1999, si vede chiaramente come questa salga costantemente a partire dall'avvento dell'euro, mantenendo più o meno lo stesso trend di crescita fino al 1° trimestre 2008. A quel punto il totale delle liabilities del quartetto in osservazione (nel seguito: banda dei quattro) era cresciuto del 241% rispetto al primo trimestre 1999.

Nello stesso periodo (qui i dati) il rapporto debito/PIL della Spagna scendeva dal 62,4% al 36,3%; quello dell'Italia scendeva dal 113,1% al 103,3%; quello della Francia saliva dal 58,9% al 65,2%; quello della Germania saliva dal 61,3% al 65,2%.

Osservando l'andamento delle liabilities, la domanda che mi sono immediatamente posto è: perché queste sono cresciute in maniera così abnorme nel giro di soli 18 mesi (dal 3° trimestre del 2006 al 1° trimestre del 2008), passando da un valore indice di 239 a un valore indice di 341? Per quel poco che so di economia, la propensione al credito dovrebbe dipendere dalla fiducia, o no? E come mai la fiducia delle istituzioni finanziarie della banda dei quattro (Gr, Fr, It, Sp) è cresciuta anche dopo l'esplosione della bolla dei subprime negli USA nell'estate 2007? Le possibili spiegazioni sono, a mio avviso, due:
  1. Errori clamorosi dei responsabili della BCE
  2. Un GomBloDDo
O forse entrambe. Quel che è certo è che l'aumento delle liabilities è stato posto in capo, in ultima analisi, agli Stati nazionali, attraverso la crescita dei depositi TARGET2. Vale a dire: le istituzioni finanziarie della banda dei quattro hanno continuato a prestare, ma cautelandosi chiedendo alla BCE di farsi garante. Si è scelto, insomma, di guadagnare tempo nella speranza che la crisi di panico originatasi negli USA si attenuasse. Come è finita lo sappiamo.

Con il manifestarsi della crisi, a partire dal 1° trimestre del 2008 (si veda il grafico), le liabilities della banda dei quattro sono diminuite. L'andamento è segnato da una prima rapida discesa (1° trimestre 2008 - 1° trimestre 2009), seguita da una relativa stabilizzazione (fino al 2° trimestre 2011). Da quel momento inizia un'ulteriore ripida discesa (fino al 2° trimestre 2012), cui ha fatto seguito una nuova relativa stabilizzazione, che è la fase odierna. E' interessante notare come la seconda forte discesa delle liabilities coincida con l'arrivo di Mario Draghi alla guida del board della BCE (16 maggio 2011), nonché con l'esplosione dei saldi TARGET2.

Per capire meglio ho prodotto una versione più completa del grafico:


La linea rossa indica il numero indice del dato aggregato della banda dei quattro. Le altre i numeri indice dei singoli componenti. Questo grafico ci dice subito una cosa importante: mentre per la Spagna l'indice resta stabile dopo la brusca caduta del 2008-2009, per gli altri tre paesi nel 2011 vi è una seconda rapidissima discesa. Per altro non della stessa misura per tutti: la caduta più brusca si ha per l'Italia, seguita dalla Germania e dalla Francia che si equivalgono. Si noti pure che, nel caso dell'Italia, la prima brusca discesa è shiftata temporalmente rispetto agli altri tre paesi.

In sintesi, si sono avute due fasi di rientro dalle esposizioni lorde, seguite da due fasi di relativa stabilità, l'ultima delle quali è quella che stiamo vivendo. L'impressione che ne ricavo è un'analogia con il guidatore di un'automobile che, avendone perso il controllo, tenta di rimettersi in carreggiata agendo a tratti sul freno, onde evitare una sbandata catastrofica. Rispetto al massimo raggiunto dall'indice, l'esposizione complessiva della banda dei quattro è oggi maggiore del 150% rispetto al 1999, dopo il massimo del 241% raggiunto nel 1° trimestre 2008. Si è dunque più o meno a metà strada per il rientro, almeno dal punto di vista dei banchieri.

Nel frattempo la partita politica si dipana. L'esito dipenderà, in fin dei conti, da due fattori:
  1. La capacità di sopportazione del popolo lavoratore
  2. La capacità delle forze politiche che si oppongono all'UE di organizzarsi
E siccome le rivolte non sono prevedibili (altrimenti non sarebbero rivolte) resta da lavorare sul piano politico. Ad esempio sondando cum grano salis le reali intenzioni di quanti si stanno riposizionando, in primis il M5S e pezzi del PD (forse). Il rischio maggiore essendo, come sempre in politica, quello di cadere vittime di inganni.

Post scriptum: se vi è piaciuto ditelo ai vostri amici, se non vi è piaciuto fatevi li pikki vostri.

domenica 4 gennaio 2015

E' 'na testa de pikkio! Però...


* fatta salva la bizzarra tesi per cui gli USA sono un debitore e dunque ci conviene allearci con loro (poi tutto po' esse, sor'Albè! Puro Stalin fece li patti co'r nazista.)

giovedì 1 gennaio 2015

L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro

L'incontro tra alcune forze sovraniste e l'on. Luca Frusone del m5s, organizzato dalle Brigate Sovraniste per la Costituzione (qui tutti i video), è stato molto interessante e, a tratti, intenso. Sebbene il termine "intenso" non sia, forse, il modo più preciso di descrivere la bagarre scatenatasi verso la fine di una fase del dibattito, in cui si è discusso di occupazione, salario di cittadinanza e reddito minimo garantito.

I video di riferimento sono il IX e seguenti, fino al XIII (i più topici sono proprio il IX e il XIII).

I fatti stilizzati


Prendendo la parola ho chiesto all'on. Frusone chiarimenti sulla base valoriale del m5s. Frusone (giustamente) non capisce dove voglio andare a parare, ragion per cui al minuto 3'38'' lo interrompo citandogli il primo capoverso del primo articolo della Costituzione italiana ("L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro."). Ne nasce una discussione nella quale interviene anche un giovane amico, Fabrizio e, successivamente, Moreno Pasquinelli. In sintesi (come lo stesso Fabrizio sottolinea), io sostengo la tesi secondo cui il primo articolo della Costituzione deve essere inteso come un principio di politica economica (Keynesianism is Statism!). Questa lettura non veniva condivisa da Frusone e Pasquinelli, entrambi i quali si lanciavano (video dal X al XII) in una discussione sugli aspetti positivi e l'opportunità di forme di sussidio al reddito, nonché su altre questioni.

Dopo una mezz'oretta l'amico Fabrizio, che nel frattempo era uscito a discutere con alcuni dei presenti, rientrando in stato di evidente agitazione interveniva nel dibattito chiedendo a Pasquinelli chiarimenti sul significato dell'espressione "uscita da sinistra". Ne seguiva una fase concitata, causata anche dalla mia brusca richiesta all'amico Fabrizio di non eccedere nella pretesa di accentrare il dibattito su temi da lui stesso proposti e che gli stanno più a cuore. Una modo di fare, questo, che purtroppo caratterizza troppo spesso il suo modo di confrontarsi in pubblico, che io conosco bene; e che in questa circostanza, forse sbagliando, ho inteso reprimere con decisione.

Purtroppo Fabrizio, quando si scalda, tende veramente ad esagerare e, anche in questa circostanza, non si è smentito. Tutti noi che lo conosciamo alla fine lo perdoniamo, proprio perché sappiamo distinguere le sue vere opinioni, e soprattutto i suoi sentimenti, dalle bordate polemiche che gli fuoriescono dalle viscere quando si arrabbia.

In questo post voglio esaminare il punto di vista di Fabrizio (e mio) nella polemica che ci ha visto opposti a Frusone e Pasquinelli, al netto dei suoi eccessi verbali (tipo le grida "voi comunisti" et similia), alle quali non intendo dare, per amicizia e per le ragioni già esposte, un peso eccessivo.

Il primo articolo della Costituzione italiana è un principio di politica economica


Una delle obiezioni di Pasquinelli è stata che "non tutti sono in condizioni di lavorare", unitamente al richiamo al noto slogan “Ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”. Non so se sia stato proprio questo il passaggio che ha fatto saltare la mosca al naso di Fabrizio, ma rende bene la natura della contrapposizione ingeneratasi. Né gli argomenti addotti da Frusone sono stati, a mio avviso, più soddisfacenti per me e Fabrizio, sebbene fossero di natura diversa, meno ispirata sul piano morale. 

Ora è ovvio che chi non è in condizioni di lavorare debba ricevere un sussidio dalla collettività, cioè dallo Stato, per cui il punto non è questo. Il punto è un altro, ed ha a che fare con l'obiettivo istituzionale che è possibile assumere, da parte di chi oggi fa politica, come orizzonte del possibile; e non come orizzonte utopico, legittimamente coltivabile da chiunque ma che non è opportuno utilizzare nell'ambito di un confronto basato (si spera) sulla concretezza. Pasquinelli ha tutto il diritto di sognare l'ultima fase della società comunista, tuttavia, da buon politico, dovrebbe sapere che i sogni aiutano a vivere ma la vita non è un sogno.

Questo significa che se, nella fase attuale, egli vuole costruire alleanze, non può proporre uno slogan adatto tutt'al più per l'ultima fase della società comunista; così come non può sottovalutare il fatto che le proposte di reddito di cittadinanza e reddito minimo garantito evocano le soluzioni immaginate da Von Hayek nella sua visione estrema di un sistema sociale nel quale le pulsioni alla rivolta vengono sopite attraverso l'elemosina. Ciò in quanto uno Stato che si limiti a trasferire reddito ai cittadini più poveri attraverso un prelievo fiscale dalle risorse dei cittadini più ricchi non adempirebbe alla sua funzione democratica! Sarebbe, né più e né meno, uno Stato elemosiniere. 

Per queste ragioni ho sostenuto che al reddito, a ogni forma di reddito  in capo a un cittadino in età e condizioni lavorative, deve corrispondere un lavoro (fa eccezione il caso degli inabili al lavoro, i quali dovrebbero ricevere ben più che sussidi). Ma, obietta Frusone, un certo studio di una tal società prevede che, nei prossimi decenni, il 40% delle attuali mansioni lavorative sarà scomparso. E allora, caro Frusone, cosa vuoi dedurre da ciò? Intanto potrei segnalarti che buona parte dell'attuale disoccupazione cesserebbe immediatamente se si tornasse ai carichi di lavoro di qualche decennio fa. Io, per esempio, con uno stipendio che in termini reali è lo stesso di quando iniziai a lavorare, oggi lavoro il 40% in più. Ma non voglio fare discorsi un tanto al chilo, per cui lasciamo stare.

La verità è che l'affermazione "il lavoro sta scomparendo" sottende una visione della società nella quale il lavoro ha valore solo ed esclusivamente in quanto produce un profitto privato. Cioè a dire che Caio lavora se e solo se c'è un Tizio che, dandogli lavoro, ne estrae un profitto. E ovviamente in una tale società c'è posto, oltre che per un numero decrescente di addetti a una produzione sempre più meccanizzata, solo per gli inservienti dei padroni, mentre la gran parte deve essere tenuta tranquilla e ai margini da benevole elargizioni e divertimenti di massa. Al contrario, il primo articolo della Costituzione afferma che il lavoro ha valore in quanto tutti, dicasi tutti, hanno il diritto, se lo desiderano, di partecipare alla vita economica, in quanto soggetti attivi e protagonisti della produzione e dello scambio, e che lo Stato deve promuovere le condizioni affinché ciò si realizzi.

Il che implica, qualora non fosse chiaro, che anche la scelta di cosa produrre, e come produrlo, deve essere sottratto, nella misura in cui ciò è necessario, all'esclusiva determinazione delle forze di mercato. L'entità dell'intervento statale può essere minore o maggiore, in funzione degli equilibri che storicamente si determinano tra gli interessi privatistici e quelli collettivi, ma il principio non deve mai, giammai, altrimenti detto arci-ultra-giammai, essere dimenticato! L'alternativa essendo tra le vuote chiacchiere sull'ultima fase della società comunista o i deliri alla Von Hayek.

Io credo che l'amico Fabrizio (che ho sentito telefonicamente dopo l'incontro) si sia adirato, eccedendo poi verbalmente, perché si è ritrovato, lui giovane laureato che ha perso il lavoro e non ne trova uno nuovo che non sia ultra precarizzato, proprio perché ha colto, nel dibattito tra Frusone e Pasquinelli, i termini di questa improduttiva e inconsistente alternativa, ammantata dall'una e dall'altra parte di visioni fumose. 

L'Italia è piena di giovani come Fabrizio, che hanno bisogno prima di tutto di proposte chiare sul piano della concretezza, essendo il ricorrere alle utopie il modo peggiore di combattere l'attuale distopia sociale. A mio parere la Costituzione italiana del 1948, proprio perché non è perfetta e dunque non è un'utopia, è una valida guida per orientarci nelle attuali temperie. 

Dedicato a Moreno Pasquinelli


Caro Moreno, tu mi sei simpatico in una misura che trascende la condivisione delle idee. Mi sei simpatico perché la passione che metti nelle cose che fai ti rende, ai miei occhi, simile a un mistico. Vuoi fare la rivoluzione, e sogni che questa possa avvenire nella forma di una sollevazione che tu intendi, coregime se sbalio, come presa di coscienza di gran parte dei ceti sociali dei propri reali interessi, in conseguenza del fallimento dell'attuale assetto capitalistico. Non so se hai ragione o meno, non importa. Il fatto, però, è che una cosa sono le visioni, che non raramente (la storia insegna) possono avverarsi; altro è condurre trattative con le altre forze politiche. Chi ha capacità visionarie, infatti, corre il rischio di essere troppo ottimista concentrandosi sugli aspetti positivi delle controparti, immaginando che questi finiranno, nello svolgersi degli eventi, con il prevalere. Questo, a mio parere, è esattamente l'errore che fai con il m5s.

Detto in altre parole, se io fossi un capo di governo sceglierei per te un ruolo da ministro del lavoro, ma non ti nominerei ministro degli esteri. Così come, e ne hai avuto contezza in più occasioni, il ruolo di "moderatore" non è il più adatto per il mio carattere: io dovrei fare il ministro della propaganda. [Addendum: ma non vorrei mai farlo]

Questo non significa che non si debba dialogare con singoli attivisti del m5s, ma solo nella prospettiva di una riduzione del consenso per questo partito che si verificherà non appena le questioni veramente importanti saranno sul tappeto, e in molti comprenderanno la sua natura intrinsecamente euroliberista. A quel punto, avendo dialogato con essi, sarà possibile per noi sovranisti attrarre nella nostra orbita una parte degli attivisti e del consenso elettorale. Tuttavia mi sembra che tu, al fine di perseguire questa strategia, talvolta tenda a sottostimare la gravità di alcune loro posizioni. Ebbene, al netto della condivisione dell'idea che lo Stato (se preferisci: la collettività) debba svolgere funzioni di sussidio al reddito per gli inabili, trovo che tu stia esagerando in ottimismo. Naturalmente tu potrai obiettare che su molte questioni importantissime le posizioni del m5s sono condivisibili (dalle battaglie referendarie contro il nucleare e per l'acqua pubblica alle più recenti prese di posizione per l'uscita dall'euro), ma io, che sono ciociaro e quindi diffidente come un contadino, non sono convinto.

Sai, spesso mi sono sbagliato sulle persone (spero non sia il tuo caso) ma sulle questioni politiche sono molto più pessimista. Vedremo chi ha ragione.