mercoledì 30 gennaio 2019

Perché non firmerò la petizione di P101

Mi è giunto questo invito da parte di P101:

«NO ALLO SPEZZATINO! DIFENDIAMO L’UNITÀ DELL’ITALIA!

Francia e Germania si uniscono col Trattato di Aquisgrana per sottomettere gli altri popoli europei.
Se il Governo GialloVerde seguirà le direttive di quello precedente, siglerà il 15 febbraio con Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, un accordo che concede loro la cosiddetta “Autonomia Differenziata”.
Non è federalismo ma “secessione dei ricchi”.
L'Italia sarà smembrata, con un Nord satellite della Germania ed un Mezzogiorno abbandonato a sé stesso.
In quanto cittadini rivolgiamo un’appello a Conte, Di Maio e Salvini: dite “NO” allo spezzatino del nostro Paese! 
Dimostrate che siete per un’Italia unita e sovrana!

Firma la petizione rivolta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a Luigi Di Maio e Matteo Salvini»

Dunque P101 propone di lanciare un appello a Conte, Di Maio e Salvini! Cioè a quello stesso governo che si prepara a discutere, al più tardi dal 15 febbraio prossimo, la cosiddetta "autonomia differenziata", ovvero la concessione a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna di una larga autonomia nel trattenere sul proprio territorio una quota consistente del prelievo fiscale. Un governo che si è già ripetutamente espresso, ai massimi livelli, a favore dell'idea di procedere verso la costruzione degli Stati Uniti d'Europa (USE). Pochi giorni fa il ministro Paolo Savona, non propriamente uno de passaggio, ospite del programma "Povera Patria" si è espresso così:



"Il problema si risolve creando l'unione politica, cioè creando uno Stato, che era l'idea di Ciampi, molto chiara, e anche di Carli, il più emotivo il più passionale su quest'idea era Ciampi che si ostinava a ripetere che l'Europa era zoppa; zoppa in che senso, che avevamo una moneta importante, che poi è diventata importante, è la seconda moneta mondiale...".

Ma, a dispetto di parole così chiare, P101 propone di lanciare un appello. Idea geniale! Chissà perché non ci ha pensato Stalin a lanciare un appello a Hitler dopo l'inizio dell'operazione Barbarossa! O il Vietnam del nord agli americani dopo i bombardamenti su Hanoi, o Saddam Hussein in occasione di Desert Storm, o il colonnello Gheddafi, o Assad...

Lanciare appelli al nemico che attacca, che sciocchezza! Perché se il PD è stato, ed è, il nemico dichiarato, altrettanto nemico della Patria - e ancor più pericoloso - è il governo gialloverde che marcia alla testa del corteo pseudo sovranista. Che sciocchezza chiedere a coloro che si sono appropriati con fraudolento furto terminologico di una bandiera, il sovranismo, per la quale tanti si sono spesi per anni, di recedere da un progetto che essi stessi hanno deciso di portare avanti, in perfetta continuità con l'azione del governo di centrosinistra del 2001 che approvò la riforma del titolo V della Costituzione.

Non firmerò questa petizione invereconda, ontologicamente vile e, spero di sbagliarmi, figlia di una concezione dell'agire politico fondata sull'ambiguità eletta a metodo. Serve forse aspettare che l'autonomia differenziata diventi legge dello Stato per capire che musica sta suonando il governo gialloverde? E' solo a cose fatte che si capisce quello che sta accadendo? Ma allora dove sta l'acume politico, dov'è la visione strategica per cui un gruppo ristretto di studiosi della politica riesce a capire in anticipo le mosse dell'avversario?

Beato me che non capisco un cazzo, disse uno che aveva capito tutto tanto tempo fa! E infatti adesso è senatore, mentre io zappo l'orto.

SIGNORAGGIO, "DIVORZIO" E DEBITO PUBBLICO: FACCIAMO CHIAREZZA UNA VOLTA PER TUTTE (di Thomas Fazi)

Thomas Fazi
Sta facendo molto discutere il servizio di Alessandro Giuli sulle origini del debito pubblico italiano andato in onda qualche giorno fa all’interno del nuovo programma di Rai 2, “Povera Patria”. Secondo i critici – tra cui luminari dell’economia come Riccardo Puglisi, Mario Seminerio e, ça va sans dire, l’immancabile Luigi Marattin -, le colpe del servizio sarebbe sostanzialmente tre: di aver “propagandato” sulla televisione pubblica la presunta madre di tutte le bufale economiche: il signoraggio (#ussignor!); di aver individuato nel cosiddetto “divorzio” del 1981 tra Banca d’Italia (BdI) e Tesoro la causa principale della successiva esplosione del debito pubblico italiano; e di aver insinuato – seppur indirettamente – che la soluzione al problema del debito pubblico sarebbe di tornare ad un regime simile a quello pre-divorzio, cioè di monetizzazione (più o meno parziale) del deficit/debito pubblico da parte della banca centrale.

n.d.r. Per rivedere la puntata di Povera Patria di venerdì 25 gennaio 2019 (finché resterà online) cliccate qui.

Tanto per cominciare, cosa dice il servizio? Esso sostiene che le cause del debito pubblico italiano sarebbero da sostanzialmente da rintracciarsi nel signoraggio, che viene descritto – in maniera a dir poco approssimativa – come «il guadagno del “signore” che stampa la nostra moneta, che si fa pagare il valore di quella moneta, da cui sottrae il costo per produrla». Il servizio sostiene che la storia del signoraggio in Italia si snoda in tre fasi: una prima fase in cui lo Stato italiano, «attraverso la banca centrale di sua proprietà stampa moneta e la presta a se stesso per offrire servizi e [finanziare le opere pubbliche]»; una seconda fase in cui – come conseguenza del divorzio – «la banca centrale diventa un istituto privato ma continua a stampare moneta prestandola allo Stato con tanto di interessi», facendo così lievitare il debito pubblico; e una terza fase in cui «la fine della lira, l’adozione dell’euro e la nascita della BCE completano l’espropriazione [della sovranità dell’Italia]».

Ora, per capire se il servizio sia veritiero nella sua ricostruzione, per quanto semplicistica, dei fatti o se si tratti invece di una «colossale bufala», come ha dichiarato Marattin, dobbiamo per prima cosa fare chiarezza su cosa sia il signoraggio. La prima cosa da notare – con buona pace di tutti gli anti-bufalari da salotto che si sono scandalizzati a sentir nominare la parola “signoraggio” sulla TV di Stato – è che il signoraggio esiste. E questo sarebbe già sufficiente per rimandare a settembre il 99 per cento degli anti-bufalari di cui sopra. (A chi nutrisse dei dubbi in merito suggerisco di visitare le pagine dedicate all’argomento sui siti della Banca d’Italia e della BCE).

Di cosa si tratta esattamente? Innanzitutto, va detto che esistono diverse definizioni del signoraggio in ambito accademico. Tuttavia, le due definizioni più comunemente accettate sono le seguenti. Una prima definizione di signoraggio è legata all’evoluzione della moneta di Stato e storicamente riguarda la differenza tra il costo di produzione della moneta e il suo valore nominale. Il fatto che il primo fosse notevolmente più basso del secondo investiva colui che batteva la moneta – lo Stato o, appunto, il signore – di un evidente potere – definito, non a caso, “potere di signoraggio” –, in quanto poteva creare, dal nulla o quasi, il proprio potere di acquisto. Questa forma di signoraggio è solitamente chiamata “signoraggio monetario”. Inoltre, quando un comune cittadino portava un pezzo d’oro alla zecca pubblica per farselo coniare – una prassi comune fino all’Ottocento –, lo Stato si faceva pagare questo “servizio” trattenendo una parte dell’oro portato. Questo era il cosiddetto “diritto di signoraggio”. Se un tempo il valore intrinseco della moneta era determinato dalla quantità di metallo prezioso contenuto nella moneta, con l’avvento delle banconote prime e della moneta elettronica poi il “costo di produzione” della moneta è sceso praticamente a zero. Per cui, più che la differenza tra costo di produzione e valore nominale della moneta, per signoraggio monetario oggi si intende, più semplicemente, il potere degli Stati che dispongono della sovranità monetaria di creare la propria moneta dal nulla e di aumentare così il proprio potere di acquisto.

Una seconda definizione di signoraggio descrive lo stesso non in termini del potere d’acquisto derivato dalla possibilità di creare moneta a costo zero (o quasi) ma in termini degli interessi maturati in base al prestito della suddetta moneta a terzi, da intendersi dunque primariamente come moneta-credito. Per semplicità possiamo chiamare questa forma di signoraggio “signoraggio da interessi”. Secondo la definizione che troviamo sul sito della BCE, tali interessi sono da intendersi come «[g]li interessi maturati dalla banca centrale sui finanziamenti concessi [alle banche commerciali] oppure i rendimenti da essa percepiti sulle attività acquisite», principalmente titoli di Stato. I primi, dunque, dipendono dai prestiti concessi dalla banca centrale alle banche commerciali, che pagano un interesse sulla liquidità presa in prestito dalla banca centrale; i secondi, perlopiù, dagli interessi maturati sui titoli di Stato acquistati dalla banca centrale, per esempio (ma non solo) attraverso i cosiddetti programmi di “quantitative easing”. Su questo punto c’è da dire che pressoché ovunque – ivi incluso nell’eurozona, sebbene in questo caso la realtà sia un po’ più complessa – i redditi da signoraggio maturati dalla banca centrale vengono poi rigirati ai rispettivi governi.

Riguardo al signoraggio da interessi, va sottolineato come esso non riguardi (più) solo gli Stati ma anche le stesse banche commerciali, che nel sistema attuale non intermediano i risparmi esistenti ma creano denaro (e depositi) dal nulla, esattamente come le banche centrali, che poi prestano agli operatori economici (famiglie, imprese e governi). Anzi, oggi – e su questo ci sarebbe molto da dire ma lo faremo in un’altra sede – la cosiddetta moneta bancaria rappresenta la stragrande maggioranza del denaro in circolazione nell’economia, secondo percentuali che nelle economie avanzate vanno dal 95 al 99 per cento del totale, come nel caso dell’eurozona. Sarebbe a dire che per ogni euro emesso dalla BCE sono in circolazione altri nove euro creati dal settore finanziario. Dunque va da sé che oggi anche le banche private godano di un diritto di signoraggio, per quanto il valore effettivo di quest’ultimo sia notoriamente difficile da calcolare, essendo dipendente da numerosi fattori: i tassi di interesse praticati dalla banca centrale, il tasso di inflazione, ecc. Tuttavia, c’è chi ci ha provato.

Sulla base di quanto detto, possiamo ritenere corretta la ricostruzione fornita dal servizio e soprattutto l’importanza assegnata al signoraggio nella crescita del debito pubblico italiano? In parte sì. È indubbio, infatti, che prima del divorzio lo Stato italiano facesse ampio uso del signoraggio – sia quello monetario che quello da interessi – per ridurre i propri costi di finanziamento. L’assetto istituzionale precedente al divorzio, infatti, prevedeva due canali tramite i quali il Tesoro poteva finanziarsi presso la Banca d’Italia: esso disponeva di un conto corrente presso la banca centrale, chiamato “conto corrente di tesoreria”, e aveva inoltre la possibilità di vendere i titoli di Stato che emetteva direttamente alla Banca d’Italia. Per quanto riguarda il primo canale, il Tesoro poteva attingere a uno “scoperto di conto” – un fido in pratica – sul proprio conto presso la BdI, fino al 14 per cento della propria spesa di bilancio. In altre parole, la banca centrale finanziava una parte della spesa del Tesoro attraverso la creazione di denaro dal nulla, che veniva poi accreditato sul conto del Tesoro. Il secondo canale consisteva nell’impegno della Banca d’Italia ad assorbire tutti i titoli di Stato non collocati presso il pubblico (investitori e famiglie) sul mercato primario, finanziando quindi gli ampi disavanzi del Tesoro con emissione di base monetaria. Questo, ovviamente, permetteva anche al Tesoro di fissare il tasso d’interesse sul mercato primario.

A prescindere dai dettagli tecnici, il punto centrale è che nell’era pre-divorzio il “debito” accumulato dal Tesoro nei confronti della banca centrale non costituiva assolutamente un debito reale verso essa. Nel caso del conto corrente di tesoreria, si trattava molto semplicemente di un debito che non doveva mai essere ripagato (se non per una scelta volontaria da parte del Tesoro stesso) e che dunque poteva crescere illimitatamente nel corso del tempo. Nel caso dei titoli di Stato acquistati dalla banca centrale, invece, nel momento in cui questi giungevano a maturazione, il Tesoro si limitava ad emettere altri titoli, per un ammontare maggiore di quelli in scadenza, che poi rivendeva sempre alla Banca d’Italia. E così, potenzialmente, all’infinito. Come se non bastasse, anche gli interessi pagati dal Tesoro alla Banca d’Italia venivano poi restituiti al Tesoro stesso (“signoraggio da interessi”) e quindi per quest’ultimo si trattava a tutti gli effetti di un debito a costo zero, equivalente al finanziamento di una parte del fabbisogno con moneta. Questo consentiva allo Stato di introdurre moneta nell’economia reale in base alle esigenze necessarie a promuovere la piena occupazione e a fornire i servizi pubblici essenziali, oltre a finanziare le funzioni pubbliche.

In quest’ottica, risulta evidente come il debito pubblico, in un regime di cooperazione tra banca centrale e Tesoro, non sia altro che un debito che un ramo dello Stato ha nei confronti di un altro ramo dello Stato: un debito, in altre parole, che lo Stato ha nei confronti di se stesso e dunque, a tutti gli effetti, fittizio. Come riconosceva un economista tutt’altro che radicale come Luigi Spaventa già nel 1984: «[L]o stock di base monetaria creata tramite il canale del Tesoro può essere considerato un debito solo convenzionalmente. Ciò si vede bene qualora si consolidi il Tesoro con la banca centrale: in questo caso manca un vero e proprio debito corrispondente alla base monetaria creata dalla Banca d’Italia per conto del Tesoro, e in ciò consiste l’essenza del potere del signoraggio».

Per buona parte del dopoguerra questa pratica fu considerata del tutto normale, ed è quello che ha permesso di mantenere basso il rapporto debito/PIL (senza considerare, come detto, che una buona percentuale di quel debito poteva considerarsi “fittizio”), anche a fronte di disavanzi primari (cioè al netto della spesa per interessi) piuttosto significativi, soprattutto negli anni Settanta. Fin qui, dunque, la descrizione del servizio sulla “prima fase del signoraggio” – quella pre-divorzio – risulta essere piuttosto aderente alla realtà.

Sulla descrizione del divorzio, invece, il servizio prende qualche cantonata. Tanto per cominciare, cosa fu il divorzio? Si trattò di una decisione (mai ratificata dal Parlamento) in cui, nel 1981, l’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e il governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi posero fine, perlomeno da un punto di vista formale, all’obbligo per la banca centrale di acquistare sul mercato primario i titoli invenduti. Da quel momento in poi, dunque, gli acquisti di titoli di Stato sul mercato primario da parte della Banca d’Italia cominciarono rapidamente a ridursi, aumentando la quantità di titoli che il governo doveva piazzare presso i privati a tassi di mercato; come disse Andreatta, «[d]a quel momento in avanti la vita dei ministri del Tesoro si era fatta più difficile e a ogni asta il loro operato era sottoposto al giudizio del mercato». Contestualmente, la Banca d’Italia alzò drasticamente i tassi di interesse. Il combinato disposto di questi due fattori – unito alla riduzione del tasso d’inflazione, per effetto della stretta monetaria della BdI, e al rallentamento del tasso di crescita – fecero schizzare verso l’alto i tassi di interesse reali (cioè al netto dell’inflazione) sui titoli Stato.

È importante notare che tutto ciò era funzionale alla partecipazione dell’Italia al Sistema monetario europeo (SME), l’accordo di cambi semifissi a cui l’Italia aveva aderito nel 1979, che imponeva al paese di adeguare i propri tassi di interesse ai tassi vigenti nei mercati europei (soprattutto quello tedeschi) e presupponeva la riduzione del gap inflazionistico tra l’Italia e gli altri paesi europei. A questo proposito, va sottolineato come l’alto tasso d’inflazione registrato dall’Italia negli anni Settanta non fosse una conseguenza della politica di monetizzazione del deficit/debito ma era dovuto principalmente a fattori esogeni, in primis lo shock petrolifero del 1973, ulteriormente inaspriti dal duro scontro distributivo in corso nel paese.

Ad ogni modo, è indubbio che una delle conseguenze principali del divorzio (e, indirettamente, dello SME) fu quella di far letteralmente esplodere il debito pubblico. Come riconosciuto dallo stesso Andreatta, «la riduzione del signoraggio monetario e i tassi di interesse positivi in termini reali si tradussero rapidamente in un nuovo grave problema per la politica economica, aumentando il fabbisogno del Tesoro e l’escalation della crescita del debito rispetto al prodotto nazionale». Basti pensare che nel corso degli anni Ottanta il rapporto debito/PIL dell’Italia passò dal 58,5 per cento del 1981 a poco meno del 100 per cento. E questo nonostante il fatto che il saldo primario dello Stato italiano (la differenza tra entrate e uscite al netto della spesa per interessi), che nell’anno del divorzio registrava un disavanzo del 5,8 per cento, nel corso degli anni Ottanta si sia progressivamente ridotto, fino a diventare positivo a inizio anni Novanta (rimanendo tale fino ai giorni nostri). In altre parole, il debito pubblico italiano è deflagrato proprio nel periodo durante il quale lo Stato italiano è diventato risparmiatore netto. Da ciò si evince quanto sia fallace la vulgata secondo cui l’aumento del debito sarebbe da imputare alla “spesa pubblica fuori controllo” dei ruggenti anni Ottanta; al contrario, la dinamica del debito è esclusivamente imputabile alla scelta, eminentemente politica, di far esplodere i tassi di interesse pur di rimanere nello SME.

A tal proposito, va sottolineato che, più che l’aumento del rapporto debito/PIL in sé, ad essere particolarmente grave era il fatto che ciò avveniva in un regime istituzionale di progressiva perdita della sovranità monetaria, per cui quello che prima era un debito largamente “fittizio” adesso diventava drammaticamente reale, data l’impossibilità da parte dello Stato, soprattutto a partire dai primi anni Novanta, di controllare i tassi di interesse e/o di monetizzare il debito con nuova moneta creata dal nulla; questo esponeva il paese al rischio reale di default, che in seguito (1992 e 2011) sarebbe poi stato usato per obbligare il paese a ulteriori “inevitabili” misure di rigore fiscale.

In questo senso, il servizio ha ragione a rinvenire nel divorzio la causa scatenante del successivo aumento del debito pubblico. D’altronde, è lo stesso autore del divorzio a riconoscerlo. Tuttavia, sostenere che il problema è che a partire dal 1981 la Banca d’Italia ha cominciato a «prestare [soldi] allo Stato con tanto di interessi» rappresenta una semplificazione al limite della mistificazione: anche prima la BdI prestava soldi allo Stato “con tanto di interessi”, solo che quegli interessi erano tenuti volutamente bassi (e comunque tornavano indietro allo Stato in virtù del signoraggio da interessi). Il vero problema è, piuttosto, la riduzione – dal 1981 in poi – del signoraggio monetario, sotto forma di monetizzazione della spesa e del debito. È, inoltre, del tutto falsa l’idea che nel 1981 la Banca d’Italia sia «diventata un istituto privato». Come stabilito dalla legge bancaria del 1936, la BdI era ed è tutt’ora un istituto di diritto pubblico. La cassazione lo ha ribadito il 21 luglio 2006, dove ha affermato che la Banca d’Italia «non è una società per azioni di diritto privato, bensì un istituto di diritto pubblico secondo». La proprietà può quindi essere di soggetti privati, ma la sua gestione ha un ruolo pubblicistico, come compiti e poteri.

È vero che tra gli azionisti della BdI oggi figurano diverse banche private ma questa è una conseguenza del fatto che diversi istituti di credito (all’epoca pubblici) che nel corso del tempo sono entrati nel suo capitale sono stati successivamente privatizzati (nei primi anni Novanta). È altrettanto vero che le banche in questione percepiscono una parte degli utili – e del reddito da signoraggio, come vedremo più giù – della Banca d’Italia, ma in misura del tutto trascurabile. Chi scrive ritiene, ovviamente, che sarebbe auspicabile che la banca centrale fosse interamente di proprietà dello Stato; ma il punto da cogliere è che la proprietà della BdI è un aspetto del tutto secondario rispetto al vero problema: l’alienazione alla BCE dell’emissione di moneta e della determinazione dei tassi di interesse.

E qui arriviamo alla “terza fase del signoraggio” descritta nel servizio: l’introduzione dell’euro. Che questo passaggio abbia sancito la definitiva espropriazione del potere di signoraggio monetario dello Stato italiano mi pare pacifico. Prima col divorzio e poi con la ratifica del Trattato di Maastricht – che rese effettiva la separazione tra Banca d’Italia e Tesoro, fino a quel momento mai concretizzatasi appieno, sancendo in un colpo solo sia l’abolizione del conto corrente di tesoreria (che era rimasto in vigore anche in seguito al divorzio), sia il divieto assoluto di intervento della banca centrale sul mercato primario dei titoli di Stato – si consumarono infatti due passaggi fondamentali di un processo decennale, che culminerà nell’introduzione della moneta unica, finalizzato a privare lo Stato italiano della sua sovranità monetaria e di conseguenza i cittadini della loro sovranità democratica – data l’impossibilità per questi di determinarne democraticamente gli indirizzi di politica economica in assenza di sovranità monetaria –, rendendo lo Stato di fatto dipendente dai mercati finanziari (e dalla “buona volontà” della BCE) per le sue necessità di fabbisogno pubblico, tanto nella determinazione del volume dello stesso quanto nel costo della porzione finanziata in disavanzo.

Un punto che va sottolineato è che, pur avendo rinunciato al suo potere di signoraggio monetario, la Banca d’Italia continua a ricevere una quota dei redditi da signoraggio maturati dalla BCE (redistribuiti alle varie banche centrali sulla base della loro partecipazione al capitale della BCE), una buona parte dei quali viene poi rigirata allo Stato italiano (mentre una piccola parte di essi viene destinata agli azionisti privati della banca stessa). Il problema, semmai, è che questo tende a produrre una dinamica perversa di redistribuzione di risorse dai paesi più deboli verso quelli più forti: i primi, infatti, tendono a pagare tassi di interesse più alti ma a detenere quote di capitale più basse dei secondi. Trattasi comunque di poca roba di fronte all’immenso costo economico e sociale derivante dalla perdita del signoraggio monetario.

Per concludere, possiamo dire che il servizio – al netto di qualche imprecisione e di qualche corbelleria – ha descritto una sostanziale verità: l’esplosione del debito pubblico italiano è in larga misura riconducibile alla perdita da parte dello Stato del potere di signoraggio monetario. Con buona pace di tutti i luminari dell’economia che hanno gridato allo scandalo.

Un discorso a parte meriterebbe l’idea secondo cui ritornare ad un regime di monetizzazione del deficit/debito – e più in generale di sovranità monetaria – rappresenterebbe una catastrofe, ma ce ne occuperemo in un’altra occasione.

martedì 29 gennaio 2019

Una gigantesca farsa mediatica

Devo spiegarvi perché non sono, non riesco ad essere, un sostenitore di Marco Mori, iscritto a CasaPound.

Io: su Benito Mussolini e il fascismo.
Sono un uomo di larghe vedute disposto a storicizzare ogni evento.
Ma!
Una cosa non posso perdonare a Benito Mussolini e al fascismo: l'aver sventrato i quartieri medievali di Roma per aprire la via dei Fori imperiali. Questo no!
Aver distrutto la Roma medievale è un delitto che non posso perdonare, a prescindere.

Ciò detto e premesso, Marco Mori, ahimè iscritto a CasaPound (i fascisti del terzo millennio) in questo video del 1 settembre 2018 dice cose vere. Soprattutto ci parla della gigantesca farsa mediatica in cui in troppi stanno cadendo. Ci vuole un fascista del III millennio per dirlo? Ma porca puttana.....

Antenne per il 5G

In questo post tratterò un argomento che sto svolgendo a scuola per il corso di telecomunicazioni, con un occhio particolare rivolto alle problematiche delle antenne per il 5G. L'equazione di riferimento per lo studio sarà quella di Friis:
Eq. 1







Per semplicità di esposizione non utilizzerò le grandezze tipicamente espresse in decibel ma i loro valori naturali. L'uso dei decibel, utile per i tecnici abituati all'uso di questa scala, consente di lavorare con numeri più piccoli (essendo una scala logaritmica) ma può risultare un ostacolo alla comprensione per chi non ha familiarità con essa.

L'equazione di Friis lega la potenza sull'antenna ricevente Pr alla potenza dell'antenna trasmittente Pt, ai guadagni di antenna rispettivamente dell'antenna trasmittente Gt e ricevente Gr, alla lunghezza d'onda   della radiazione trasmessa e alla distanza R tra le due antenne. Si ricorda che vale la relazione:



dove  è la frequenza in hertz del segnale trasmesso.

Il guadagno di un'antenna direzionale


Il guadagno di un'antenna direzionale (anisotropa) è il rapporto tra la potenza rilevata nella direzione privilegiata di trasmissione, e la potenza che sarebbe rilevata se l'antenna fosse perfettamente omnidirezionale (cioè isotropa). Questo rapporto nel caso dell'antenna più semplice, il dipolo, vale circa 1,64. Non è possibile realizzare costruttivamente un'antenna più omnidirezionale di un dipolo, in altre parole un'antenna perfettamente isotropa è un'astrazione, utile tuttavia per definire il guadagno di un'antenna reale.

Le antenne dei routers che abbiamo in casa sono dei dipoli, il cui diagramma di radiazione è del tipo in figura:

Fig. 1 - Tipico diagramma di radiazione a forma toroidale di un'antenna a dipolo; si nota l'omnidirezionalità orizzontale
Questo tipo di antenna sparge il segnale in direzione orizzontale, così da raggiungere tutte le posizioni sullo stesso piano, mentre non trasmette al piano superiore e inferiore. Ovviamente per realizzare ponti radio le antenne omnidirezionali non sono adatte, servono invece antenne direzionali. Il grado di direzionalità, o anisotropia, di un'antenna è espresso dal suo guadagno. In questa trattazione assumeremo che i guadagni dell'antenna trasmittente e ricevente siano uguali e pari a 20 (13 db).

Il rumore di fondo


La potenza in ricezione Pr deve essere sufficientemente maggiore della potenza del rumore di fondo Pn. Il rumore di fondo è dovuto all'agitazione termica degli elettroni nella materia. La potenza del rumore Pn può essere calcolata a partire dall'equazione:




dove k è la costante di Boltzman ( J / K) , T è la temperatura in gradi kelvin (si assume T=290 k) B è la larghezza di banda del canale di trasmissione (si assume B=400 Mhz) ed F la cifra di merito dell'elettronica dell'antenna ricevente (si assume F=2). Eseguendo i calcoli si ottiene:

 watt = 3,2 picowatt

Ovvero 3,2 millesimi di nanowatt o, se preferite, 3,2 millesimi di miliardesimi di watt. Assumiamo che la potenza del segnale ricevuto debba essere almeno 100 volte il rumore (20 db). Dunque nella formula di Friis (eq.1) abbiamo che:

 watt = 0,32 nanowatt


Se nella formula di Friis (eq.1) scegliamo per  il valore corrispondente a una frequenza di 39 Ghz (quella che sarà usata nelle reti 5G) otteniamo:

 m = 7,6 mm


Il calcolo della distanza tra due antenne 5G


possiamo ora risolvere la formula di Friis rispetto a R:



ricavando la distanza utile tra due antenne in funzione della potenza in trasmissione Pt. Per far ciò ho utilizzato un foglio di calcolo e i valori precedentemente adottati e calcolati per i diversi parametri. Il risultato è riportato nella tabella seguente:

Pt (mwatt) R(m)
50 156
100 221
150 271
200 313
250 350
300 383
350 414
400 443
450 469
500 495
550 519
600 542
650 564
700 586
750 606
800 626
850 645
900 664
950 682
1000 700
1050 717
1100 734
1150 751
1200 767
1250 782
1300 798
1350 813
1400 828
1450 843
1500 857


Si tenga presente che, nei nostri impianti wi-fi casalinghi, la potenza massima del segnale del router non deve eccedere i 50 mwatt.

Osservazioni


I calcoli effettuati non hanno la pretesa di essere precisi, dunque vi prego di considerarli alla stregua di valutazioni spannometriche, ma essi coincidono in termini di ordine di grandezza con quanto già sappiamo sul 5G, ovvero che per implementare questa tecnologia sarà necessario installare un numero enorme di antenne. I calcoli sono stati riportati perché è necessario, per affrontare le prevedibili discussioni sul tema, che il più ampio numero di cittadini cominci a familiarizzarsi con le problematiche di questa tecnologia. Ad esempio, la distanza tra il casello di Roma nord e la barriera sud di Milano è di 523 km, per cui ipotizzando di installare antenne della potenza di 150 mwatt alla distanza di circa 250 metri l'una dall'altra (si veda la tabella), il numero complessivo di esse sarebbe di circa 2.100. Poiché la rete autostradale italiana è di circa 7.000 km, per coprirla tutta con antenne da 200 mwatt sarebbero necessarie 28.000 antenne, ognuna con una potenza quattro volte maggiore dei router wi-fi che abbiamo in casa. Per coprire l'intera rete stradale italiana (837.000 km) ne servirebbero 3.348.000. E non abbiamo preso in considerazione la rete ferroviaria, i porti, le grandi città (smart cities) e quant'altro. Inoltre, nei calcoli effettuati, ci siamo limitati alle frequenze a 39 Ghz, ma la rete 5G è progettata per utilizzare frequenze fino a 100 Ghz, per la quali la distanza tra due antenne (a causa della dipendenza quadratica dalla lunghezza d'onda) sarebbe quattro volte inferiore.

Qualcuno potrebbe pensare, ingenuamente, che installare milioni di antenne sia un costo proibitivo, ma devo disilludervi. Chi coltiva questa speranza non sa come funziona l'industrializzazione di un dispositivo elettronico e non ha mai ragionato in termini di economie di scala. La realtà è che posizionare, ad esempio, 28.000 antenne sulla tratta Roma-Milano, costerebbe meno della sostituzione dei guardrail su una sola corsia, e mi sembra che nessuno si preoccupi del costo dei guardrail. Il punto è che l'elettronica è fatta di silicio, più qualche altro minerale lievemente più raro ma comunque sufficientemente disponibile in natura, per cui una volta che un dispositivo elettronico è stato progettato e la sua produzione industrializzata, il costo di una copia è equivalente a quello di una fotocopia cartacea.

Ho già scritto articoli sul 5G, e realizzato qualche video, stimolato a far ciò dall'amico Francesco Mazzuoli, il quale è in questo momento concentrato soprattutto sul problema dei possibili effetti sanitari. Da parte mia non intendo sottovalutarli, ma neanche affrontarli perché non ho sufficienti nozioni in materia, mentre sono estremamente preoccupato dall'invasività della tecnologia 5G sulla privacy di ognuno di noi. Per questa ragione nei prossimi post che tratteranno l'argomento mi occuperò soprattutto di questo aspetto, lasciando a chi è più esperto di me di questioni sanitarie legate all'esposizione ai campi elettromagnetici di occuparsene.

Non me ne vogliate, ma la forza del nostro popolo consiste anche in questo: che siamo in tanti ad avere competenze sufficienti per contrastare le cosiddette élites impegnate nella diffusione di fake news pseudoscientifiche in ogni campo in favore dei loro interessi, per cui è bene coordinarsi agendo ognuno dove è meglio preparato. Il mio campo non è quello sanitario.

Sulle élites


Per concludere vorrei parlarvi di un articolo segnalatomi oggi dall'amico Paolo Marino a firma di Alessandro Baricco:

E ora le élite si mettano in gioco

Come il mondo si è diviso e come l’era digitale ha amplificato la rabbia di chi non si sente parte del Game.

Vi invito a leggerlo sia perché è ben scritto, sia perché è un clamoroso esempio di come questi maggiordomi del grande potere finanziario-industriale (si chiama capitalismo) comincino ad essere preoccupati. Mi limito per ora a riportarvi il commento che ho inviato a Paolo Marino (che ringrazio per le numerose e interessanti segnalazioni):

Scrive bene Alessandruccio Bariccuccio, ma trovo i contenuti che veicola inaccettabili. La fine della distribuzione del reddito e del potere non è stato un errore in buona fede, ma un assalto selvaggio ai diritti di classi sociali all'interno delle quali, per sovrappiù, vive una frazione di popolazione più acculturata di loro, sia sul piano tecnico che umanistico. Solo che questa frazione non ha accesso al sistema di relazioni che permette di mettere a profitto il sapere. Il risultato è che questa frazione si è messa a scrivere sui social facendo dilagare le sue idee. Se le élites vogliono la pace, allora è con questo segmento sociale che devono confrontarsi, e anche abbassando parecchio la cresta.

E sono anche convinto che la ragione vera per cui la scuola pubblica è stata devastata negli ultimi decenni abbia a che fare proprio col problema che un popolo troppo acculturato è in grado di difendersi, sia dal punto di vista delle competenze tecniche che delle conoscenze umanistiche e storiche. Meglio, molto meglio per le cosiddette élites, nelle quali Alessandruccio è ben embedded, che nella scuola pubblica si faccia di tutto meno che studiare e selezionare la classe dirigente. Meglio, per le cosiddette élites, che si organizzino corsi sul gender e sul volemose bbene!

Link tecnico: Prestazioni di un collegamento 

giovedì 17 gennaio 2019

Il colpo di stato globale per l'indipendenza delle banche centrali dal potere politico


E' lungo e difficile lo so (n.d.r. l'intera playlist è qui - non l'ho ancora vista tutta). Però è anche necessario alzare lo sguardo dalle ridicole avventure del capitano per rendersi conto che quello che è accaduto dal 1980 in poi in Italia, e che abbiamo imparato a decodificare, è stato portato avanti in tutto il mondo. Magari, oltre a questo lungo video e al resto della playlist, può essere utile evocare un grande intellettuale come Ezra Pound, alla faccia dei fessi che sicuramente se ne scandalizzeranno. Anzi, consiglio di vedere prima il breve filmato su Ezra Pound e poi, quando avrete il tempo necessario, concentrarvi sul primo. Il quale, lo ripeto, è lungo e in molti passaggi difficile da seguire.


martedì 15 gennaio 2019

Quello che penso della situazione politica

Voglio dire quello che penso della situazione politica, sottolineando che è quello che penso io, non la verità. Non intendo convincere nessuno, non addurrò prove, semplicemente mi limiterò a raccontare come la vedo.

Tanto per cominciare io penso che il M5S non sia nato per l'iniziativa spontanea di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Un indizio, che non è una prova, si trova in questo video.


Ripeto: non è una prova, al massimo un indizio. Ma, anche se mi si dimostrasse che l'audio è taroccato, questo non cambierebbe la mia opinione. Come si forma un'opinione su fatti dei quali non v'è certezza? Ebbene, ciò avviene attraverso un processo mentale di integrazioni successive di percezioni, grandi e piccole, filtrate dai nostri pregiudizi. Questo processo mentale è solo in parte cosciente, in gran parte sfugge alla nostra vigilanza. Ma alla fine ci si ritrova con una certa idea, e da quella si deve partire. Orbene lo ribadisco, l'idea che mi sono fatto del M5S è che sia un'operazione eterodiretta ed esterodiretta, probabilmente da parte di ambienti angloamericani. Penso, inoltre, che il successo di questa psy-op sia andato ben oltre le più ottimistiche previsioni dei suoi ispiratori.

Il risultato è stato che le agenzie ispiratrici dell'operazione MoV=>M5S si sono ritrovate ad avere un potere di condizionamento, in Italia, che a un certo punto ha cominciato a preoccupare alcuni circoli nostrani. Perché è vero che siamo un paese occupato dalla fine della seconda guerra mondiale, ma non è che non ci siano ambienti e interessi i quali, sia pure in condizioni di libertà condizionata, lottano per difendere il loro potere e, se possibile, estenderlo. All'interno di questi ambienti del Potere autoctono - sto sempre parlando dell'idea che mi sono fatto - a un certo punto si è verificata una diversità di vedute tra quanti erano stati protagonisti e complici di un'adesione entusiasta e acritica al processo di integrazione europea, e altri che, invece, erano stati critici o almeno più cauti. Questi due schieramenti sono ben identificabili e coincidono, rispettivamente, con il PD guidato da Prodi e Veltroni e con l'alleanza che Silvio Berlusconi riuscì a costruire al tempo della sua discesa in campo tra il 1993 e il 1994.

In quella stagione della politica italiana la Lega, partito secessionista, si era dapprima alleato con Berlusconi per poi appoggiare il centrosinistra (al tempo dapprima PdS, poi DS) tornando infine con Berlusconi. L'equilibrio si è rotto quando, sotto l'incalzare della crisi dell'euro, Berlusconi è stato messo ai margini e la Lega è precipitata nei risultati elettorali. Ciò ha aperto la strada al ritorno in forze degli euro entusiasti i quali, però, in seguito al fallimento delle politiche di austerità, sono entrati in crisi. A quel punto l'avanzata del M5S sembrava inarrestabile, ragion per cui si è tentata la carta Renzi. Per come la interpreto io - come vedete lo ripeto continuamente - la figura di Matteo Renzi rappresentava il baricentro di un'inedita alleanza tra il PD e Berlusconi al fine di arginare il M5S, necessaria perché minacciava di consegnare tutto il potere nelle mani delle agenzie estere che lo avevano creato. Tuttavia l'operazione fallì, per cui i circoli del potere autoctono, ed eurocritici, si trovarono davanti a un bivio. La prima opzione, fondare un nuovo partito, venne quasi subito scartata, e si decise di puntare sulla Lega, ormai ridotta al lumicino, e su un nuovo promettente front-man: Matteo Salvini.

L'operazione "Lega di Salvini" poteva contare su alcuni punti forti:

  1. La possibilità di recuperare in parte, o completamente, il consenso elettorale perduto a causa dei noti scandali
  2. La possibilità di giocare la carta dell'immigrazione, in un periodo in cui si sapeva che ci sarebbe stata un'impennata degli sbarchi per le conseguenze della crisi in Africa del nord.
  3. La possibilità di intercettare la marea montante del sovranismo, appropriandosi sia del nome che delle tematiche di questo movimento semi spontaneo.

Un passaggio cruciale doveva essere, ed è stato, il momentaneo distacco di Salvini da Berlusconi, al fine di massimizzare la raccolta elettorale. Inoltre si è deciso di coinvolgere nell'operazione gli Eroi No€ (nel seguito En€) sia per intercettare e sfruttare elettoralmente l'enorme lavoro divulgativo e propagandistico che questo mondo riusciva a produrre, sia per stroncare sul nascere ogni possibilità che esso riuscisse ad organizzarsi politicamente con l'effetto di complicare il quadro e costituire una potenziale e incontrollabile minaccia per il futuro. A questa mossa il M5S è stato costretto a rispondere arruolando, a sua volta, alcuni En€. Non faccio nomi per minimizzare il rischio querele.

Poiché l'emarginazione e sterilizzazione della forza politica rappresentata dalla vasta mobilitazione eurocritica dal basso, veicolata dai social e da molti blog indipendenti, era interesse di tutti, abbiamo assistito nei mesi precedenti le elezioni del 4 marzo ad un'incredibile montatura mediatica, tesa a ricostruire uno schema di contrapposizione bipolare nel quale, incredibile a dirsi, sia la Lega che il M5S sono stati presentati agli italiani come forze sovraniste. Il combinato disposto di questa mistificazione, unitamente alla feroce campagna anti immigrati di Salvini e alla perenne narrazione grillina basata, come da tradizione, sulla denuncia della corruzione, con l'aggiunta del reddito di cittadinanza, hanno consentito a queste due forze politiche di realizzare l'exploit del 4 marzo.

Tuttavia il risultato è stato fin troppo favorevole al M5S, con il che le agenzie estere che lo controllano hanno visto ampliarsi a dismisura il loro potere di condizionamento. Ciò ha creato una lunga situazione di stallo, durante la quale si sono svolte frenetiche trattative per trovare una possibile composizione del nuovo quadro politico. Ne è emerso il governo gialloverde, con il PD e Berlusconi all'opposizione. Si tratta, con ogni evidenza, di una situazione instabile. L'interesse dei circoli del Potere autoctono, che hanno puntato su Salvini, è quello di riequilibrare il peso del M5S, in vista del prosieguo del conflitto tra i tre schieramenti che si confrontano in Italia: ciò che resta del vecchio centrosinistra, la Lega e Berlusconi, il M5S.

La Lega, in particolare, ha interesse a perseguire l'obiettivo di una secessione nascosta, che passa per l'autonomia fiscale delle regioni del nord. Ottenuto ciò, il progetto esplicitamente secessionista potrebbe anche essere riposto nel cassetto perché, a quel punto, l'unità d'Italia, senza i trasferimenti fiscali del nord alle regioni del sud, sarebbe un mero simulacro. Anzi, il rischio potrebbe essere, tra qualche anno, la nascita di pulsioni secessioniste al sud, il quale avrebbe tutto l'interesse a separarsi per porsi sotto l'ala protettiva degli angloamericani, riportando così in auge il tentativo secessionista della Sicilia nell'immediato dopoguerra. Questa soluzione potrebbe essere il punto di approdo di un accordo, forse già stipulato come piano B, tra il M5S e pezzi del centrosinistra, essendo coerente con la necessità di preservare gli interessi geopolitici degli angloamericani nel mediterraneo.

Quale che sia l'esito di questa complessa partita a scacchi che si gioca in Italia e in tutta Europa, che ha lo scopo di ridisegnare gli equilibri generali, resta ancora da comprendere appieno il ruolo giocato dagli En€. Le interpretazioni del loro sconcertante comportamento, che ha distrutto per molto tempo ogni possibilità di rinascita di un sentimento patriottico in Italia, sono sostanzialmente due. Alcuni sostengono che costoro si siano, tout-court, venduti per interesse personale; altri ritengono che la loro ambizione fosse quella - ai miei occhi risibile - di poter condizionare dall'interno le due formazioni politiche che li hanno inglobati: Lega e M5S. Non è esclusa, in realtà, la possibilità che si sia trattato di una combinazione lineare di entrambe le motivazioni. Quel che è certo, e ai miei occhi ciò è palese, è che la loro stagione nei termini di un'effettiva capacità di autonoma azione politica si è conclusa.

Lo scenario testé tratteggiato mi appare perfettamente coerente con gli interessi del grande capitale franco-tedesco perché consente di proseguire nel processo di unificazione europea con dentro l'Italia. Il nord, infatti, è, o si illude di essere, in grado di reggere i ritmi competitivi imposti dalla Germania, a patto di liberarsi del peso fiscale necessario al sostegno del sud. A sua volta il sud può diventare, se una parvenza di unità nazionale fosse conservata, l'analogo della Germania orientale, cioè un serbatoio di forza lavoro a basso costo, disponibile ad emigrare al nord e facilmente integrabile; oppure, in alternativa, essere lasciato a sé stesso e diventare un protettorato angloamericano, con una parvenza di sovranità ancora più limitata di quella che abbiamo avuto dalla sconfitta in guerra ad oggi.

Tuttavia questo progetto richiede, per essere attuato, che l'influenza del M5S sia limitata, ovvero che il suo peso elettorale scenda almeno sotto il 25% in favore di un guadagno della Lega. Se ciò non avvenisse, il piano delle élites autoctone incontrerebbe gravissime difficoltà, col rischio di perdere anche il nord e favorendo così il vero obiettivo degli angloamericani, per altro già all'attacco in Francia con i Gilet Gialli - altro movimento, per come la vedo io, molto simile a una di quelle rivoluzioni colorate che sono la loro specialità. Tale obiettivo consiste nel ridimensionamento della Germania, e prevede la trasformazione dell'Unione Europea dal punto di vista del ruolo e dei compiti della BCE.

Uno degli En€ più noti, finito non si capisce bene perché nella Lega di Salvini, da un po' di tempo scribacchia poco. Forse si è accorto che il suo vero posto, se proprio voleva entrare nel grande gioco, era nel M5S, non con Salvini. Ma tutto può accadere, anche un cambio di casacca. Dipende...

Per quanto mi riguarda è tutto, vi ho esposto la mia visione della situazione. Essa è sicuramente sbagliata, o forse no, o lo è solo in parte, ma che importa?

Yes, there were times, I'm sure you knew
When I bit off more than I could chew
But through it all, when there was doubt
I ate it up and spit it out
I faced it all and I stood tall
And did it my way

sabato 12 gennaio 2019

Le cavie di Matera

L'appello di Burioni, prontamente sottoscritto dal signor Beppe Grillo, potrebbe essere una mossa preventiva per rivendicare alla scienza ufficiale, e solo a questa, il diritto di esprimere pareri sul tema dei danni da esposizione ai campi elettromagnetici.


Post correlato: Project Soli(tudine) - L'ego della rete 4 gennaio 2019

Le grandi aziende di tlc al lavoro per il bene di Bari e Matera
Luigi Di Maio: "Un nuovo boom economico potrebbe rinascere: negli anni '60 avemmo le autostrade, ora dobbiamo lavorare alla creazione delle autostrade digitali... quello che vogliamo realizzare per l'Italia passa da una visione dei prossimi 10 anni... il lavoro è la più grande sfida del nostro tempo... L'Italia deve essere in prima linea in questa fase di trasformazione, facendo del nostro Paese una smart nation".

Le autostrade digitali di cui parla Di Maio sono la rete 5G.

"Oggi le società delle tlc hanno ancora il problema di come coprire l'ultimo miglio che divide le abitazioni o le aziende dagli armadietti grigi, che sono in strada. Quando questo ultimo miglio viene coperto con un cavo del vecchio rame, la speditezza della connessione peggiora. Grazie a queste frequenze da 2,7 giga, a breve sarà possibile coprire l'ultimo miglio via etere, senza più cavi, con una soluzione wi-fi." (Repubblica 2-10-2018)

Le aste per l'assegnazione delle frequenze si sono svolte ad ottobre 2018 con un incasso per lo Stato, nei prossimi quattro anni, di 6,55 mld. E' una cifra enorme, quasi una finanziaria, il che fa capire che la diffusione del 5G avverrà a qualunque costo e con grande velocità, così da permettere alle società di tlc di cominciare a rientrare dall'investimento il più presto possibile. Ciò a dispetto dei timori sui pericoli delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza che, a breve, inonderanno il territorio. Tra i siti già oggetto di sperimentazione, nei quali vi sarà un'ulteriore accelerazione, figurano Bari e Matera, quest'ultima designata capitale europea della cultura 2019. Ma forse sarebbe più vicino alla realtà dire capitale europea della sperimentazione 5G 2019.

Sarà per questo che i padroni del signor Beppe Grillo gli hanno ordinato di sottoscrivere il patto proposto da Burioni?

«Tutte le forze politiche italiane si impegnano a governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoscienziati che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi terapeutici validati dall’evidenza scientifica e medica.»

La rete 5G pone due ordini di problemi, il primo legato all'inimmaginabile (per i non addetti ai lavori) potenzialità di controllo su ogni comportamento umano, il secondo ai rischi per la salute e per l'ambiente. L'appello di Burioni, prontamente sottoscritto dal signor Beppe Grillo, potrebbe essere una mossa preventiva per rivendicare alla scienza ufficiale, e solo a questa, il diritto di esprimere pareri sul tema. Gli interessi economici, come pure le ricadute in termini di potenziale controllo granulare sulle azioni di ogni cittadino, costituiscono ragioni più che sufficienti per temere un'evoluzione del quadro normativo nella direzione di criminalizzare e mettere a tacere ogni voce di dissenso.

"To drive an all-inclusive digital transformation in the country, it is high time we changed the narrative from creating smart cities to making a smart nation, says a top Cisco India executive."

Sarà bene far sapere che, visitando Matera, i turisti si esporranno come cavie al primo grande esperimento italiano con la tecnologia 5G. Altro che sassi di Matera, saranno le cavie di Matera! Qualcosa che sta già accadendo, da qualche anno, agli stessi abitanti. Viene da chiedersi perché proprio Matera e non un'altra città, magari del nord. Forse perché gli esperimenti più invasivi è meglio farli con i bifolchi meridionali che, in cambio di qualche progetto finanziato che dia lavoro ai pochi giovani rimasti, sono più disposti a nascondere la testa sotto la sabbia?

venerdì 11 gennaio 2019

Intervista a Luciano Barra Carroccio


Luciano Barra Carroccio, turacciolo per gli amici, è il cugino gemello di Luciano Barra Caracciolo, dal quale si distingue per una profonda diversità di vedute sull'UE, la nota montagna di sterco che nessuno è mai riuscito a scalare. Dopo la misteriosa scomparsa dell'eponimo Luciano Barra Caracciolo, una vicenda che richiama alla mente quella del meno noto economista Federico Caffè, si è fatto avanti il cugino gemello. Questi è costretto, in ogni intervista, a smentire gli stolidi giornalisti che gli chiedono conto, insistentemente e fastidiosamente, delle posizioni di suo cugino gemello, col quale ovviamente Luciano Barra Carroccio non ha nulla a che fare.  

Anch'io sono, in verità, il cugino gemello di Fiorenzo Fraioli, il noto teorico del #movimentodarbasso e del fraiolismo metodologico, passato alla storia per essersi volontariamente autotumulato in quel di Castro dei Volsci.

Il video proposto è di grande importanza perché dimostra, sia pure solo in audio, che Luciano Barra Carroccio non è un baccello ma un essere umano in grado di articolare suoni intellegibili e dotati di semantica, smentendo così una teoria cospirazionista proposta da un attivista della darknet, tal Frank Mazzuoli, secondo il quale sarebbe in corso un'invasione di ultracorpi che starebbero prendendo le sembianze dei più noti esponenti oppositori della nota montagna di sterco. Secondo il Mazzuoli, chiaramente un individuo disturbato al quale i droni della BCE stanno dando la caccia, l'attacco alieno ha interessato molti altri soggetti, da Girillo a Illo passando per Borioni e tanti altri.

Nulla di tutto ciò è vero, si tratta invece di un fenomeno assolutamente comune e riscontrato da Lascienza che interessa i gruppi sociali a riproduzione endogamica storicamente confinati in spazi ristretti, ad esempio i Parioli, Trevi nell'Umbria o Castro dei Volsci. In questi spazi sociali ristretti non solo si trovano replicati moltissimi cognomi, ma gli individui tendono ad avere tratti somatici straordinariamente somiglianti, venendo così considerati cugini gemelli. Non la pensa così il disturbato Frank Mazzuoli secondo gli studi del quale, chiaramente smentiti dalle evidenze lascientifiche, ci sarebbe una consistente anomalia statistica nella frequenza di questi casi, che egli riconduce a un'immaginaria invasione degli ultracorpi

Terrapiattisti, arrendetevi all'evidenza!

«Tutte le forze politiche italiane si impegnano a governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoscienziati che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi terapeutici validati dall’evidenza scientifica e medica.» (proposta Burioni-Silvestri)

Patto trasversale per la neoscienza


«Tutte le facoltà di economia italiane si impegnano ad adottare piani di studio e prassi di insegnamento in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudoeconomisti che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra i risparmiatori nei confronti di soluzioni validate dall’evidenza scientifica ed economica.» (proposta Illo-Giavazzi)

«Tutte le correnti della magistratura italiana si impegnano ad attenersi a criteri di ermeneutica in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudogiuristi che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi legislativi validati dall’evidenza scientifica e storica.» (proposta Turacciolo)

«Tutte le redazioni giornalistiche italiane si impegnano a selezionare e proporre le notizie in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudogiornalisti che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi informativi validati dall’evidenza professionale e deontologica.» (proposta Fontana-Calabresi)

«Tutti i vescovi si impegnano a governare la Chiesa in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudocristiani che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di presidi religiosi validati dall’evidenza della rivelazione.» (proposta Francesco)

«Tutti i sovran(ar)i d'Europa si impegnano a governare e legiferare in modo tale da fermare l’operato di quegli pseudocittadini che con affermazioni non-dimostrate ed allarmiste creano paure ingiustificate tra la popolazione nei confronti di consolidate prassi democratiche validate dall’evidenza della storia.» (proposta Junker-Merkel)

Da nociclopedia:

La neolingua esse un lingua velocitamente e contentemente ocoparlata da tutti uomi e donni bispluspensabuonevoli. I bisplusbuoni compagni di Miniver di Socing neopensanti creato neolingua per bisplusbenparlare e fare pluriparole neopensate.

Fuori di Oceania molti archepensanti farano psicoreati e parlano disamoralmente di uomi di Oceania e dirono che Oceania esse sbuona e pensano di malefare contro partito e contro gf. Loro dicono che nonpersone di Oceania avitate per gf malparlato, ma mai nessuno detto gf è sbuono perché bisplusevidente esse svero e da uomo bisplusmalpensante e quindi miniver mai nessuno avitato.

Sapiare Neolingua esse facile e plusveloce, tutti ocoparlano velocitamente in spluri anni. Miniver scritto Noncipagina per impararvela più velocitamente.

In archelingua pluriparole essava:

«Io penso che il grande fratello sia meraviglioso e degno della più grande stima»

Questa pluriparola esse bisplusmalpensata perché sutilemente faciuta di parole.

In neolingua esse:

«gf esse bisplusbisbuono»

MORENO PASQUINELLI (P101) ad AGORÀ (Rai 3 - 11 gennaio 2019 - ore 9:00)

AnZiosamente attendiamo...

Prima vedere cammello, poi pagare.  Ne riparliamo dopo, okkey?


Potete visionare la registrazione della puntata qui, dal 42'.

Brevemente: Moreno Pasquinelli se l'è cavata egregiamente. Gli auguro buona fortuna nella sua nuova avventura politica a supporto dei gialloverdi. Soprattutto, gli auguro ogni bene qualora decida di partecipare al sondaggione europeo di fine maggio, in occasione del quale non ci sarà il mio voto.

giovedì 10 gennaio 2019

Abbiamo ancora il comune senso della realtà?

Si vabbè tutto sta cambiando, le vecchie categorie razionali e psicologiche non funonziano più, e qua e là, quello che volete. Ma io confido che, al fondo del fondo, laddove giunge talvolta un raggio di luna nelle notti di plenilunio, un pizzico di buon senso sia rimasto in vita. Per questo copio&incollo questo post.

La merda nel ventilatore, ovvero la vera storia del Movimento 5 stelle




(Franco Marino) - Un mio collega del mondo dell'informatica (quello da cui provengo) mi ha chiesto, divertito, di parlare della truffa del Movimento 5 Stelle, di Grillo. Con ben tre faccine ridenti accanto al suo messaggio, erano evidenti i toni ironici, avendo entrambi avuto a che fare con quello che è il VERO motore del Movimento 5 Stelle, ovvero la buonanima di Casaleggio.
Infatti di tutta la storia che sta dietro al Movimento, si racconta sempre la favola e non la storia vera.
La favola la conosciamo.
Un bel giorno un comico genovese molto famoso e accreditato come voce dell'antisistema e della controinformazione si guarda allo specchio e con un ragionamento assai poco genovese si dice: "Perché devo passare il resto della mia vita a godermi i denari accumulati come comico? Voglio cambiare questa società! Facciamo un movimento".
Un comico idealista!
Così durante uno dei suoi spettacoli incontra (ma per caso eh? Tutto spontaneamente!) un guru esperto di comunicazione, Gianroberto Casaleggio il quale gli propone di aprire un blog e di curare la sua immagine virtuale.
Poiché si rendono conto che la forza comunicativa di Grillo associata a quella organizzativa di Casaleggio possono creare una gran cosa, ecco il Movimento 5 Stelle.
Fin qui siamo alla favola.
Poi c'è la realtà che è ovviamente diversa.
Il grande sistema finanziario/mediatico/politico internazionale aveva già adocchiato Grillo nei primi anni Novanta tant'è che il comico sarà, ed è accertato, uno degli invitati al convegno che si svolge nel transatlantico Britannia.
In questo incontro, i potentati della finanza internazionale, dopo aver attraverso la CIA con Tangentopoli decapitato la classe politica italiana, costringeranno i governi venturi nostrani a dare il via alle privatizzazioni industriali, ovviamente allo scopo di arricchire ancora di più chi tiene in mano il debito pubblico, ossia le grandi banche multinazionali.
Assieme a Grillo erano presenti Mario Draghi, Mario Monti, Emma Bonino, Giuliano Amato, vari esponenti della famiglia Agnelli, il presidente della Banca Warburg, Herman van der Wyck, il presidente dell’Ina, Lorenzo Pallesi, Jeremy Seddon, direttore esecutivo della Barclays de Zoete Wedd, il direttore generale della Confindustria, Innocenzo Cipolletta e decine di altri manager ed economisti internazionali, invitati dalla Regina Elisabetta in persona.
Mentana era al porto di Civitavecchia con la troupe del TG5, intervistò per qualche minuto Beppe Grillo che era sbarcato dal tender del panfilo Britannia, Grillo al microfono che l'inviata impugnava disse che a bordo del Britannia erano state discusse cose molto interessanti.
Negli anni a venire, Grillo terrà al calduccio la sua immagine proponendosi come uomo cacciato dal sistema, come uomo contro etc. e conquistandosi un largo consenso underground attraverso la solita strategia di condurre battaglie magari anche nobili in linea di principio alle quali tuttavia si danno risposte sbagliate che i poteri forti smentiranno, facendoci la figura di quelli che vengono a salvarci dalle cialtronerie di chi lotta contro il sistema.
E già si sente la morale di fondo della favola: "Il sistema sarà anche brutto così com'è, ma è l'unico possibile".
Casaleggio, invece, chi era?
Un giovane manager a quei tempi amministratore delegato di un'azienda che si chiamava Webegg ed era in orbita Telecom.
Questa azienda, a noi che ci occupiamo di informatica, era nota per tutta una serie di cose.
- Non pagava bene e non regolarmente né fornitori né dipendenti (tra cui il mio collega di cui vi parlavo in apertura)
- Era infognata di debiti e al tempo stesso manteneva un elevatissimo tenore di vita: aveva la squadra di calcio, organizzava convention straricche con personaggi dello spettacolo.
- Si caratterizzava per una comunicativa presso dipendenti e clienti che non era dissimile dalla manipolazione in stile Scientology che difatti dall'azienda si è trasferita al Movimento.
Al momento dell'addio di Casaleggio alla webegg, cacciato a pedate da Tronchetti Provera (il che spiega i quintali di livore di Grillo contro quest'ultimo nei suoi show) l'azienda si ritrova con ben 30 milioni di euro di buco di bilancio e un crollo del fatturato.
Niente male.
Non basta.
Quando noi parliamo della Casaleggio Associati, parliamo sempre di Casaleggio e commettiamo un errore.
Perché Casaleggio non era il più importante dei soci.
Il vero socio, quello potente, con i legami che contano, che fanno la differenza era Enrico Sassoon, il quale lasciò (ufficialmente) la Casaleggio Associati non appena nei blog indipendenti iniziò ad emergere la sua storia personale, tanto che chiunque sul blog di Grillo osasse chiedere chiarimenti, anche civilmente, veniva bannato. E' capitato a me e ad altri.
Questo Sassoon, c'è da dire, ha un curriculum di tutto rispetto: tre lauree, di cui una in economia alla Bocconi, è imparentato con i Rothschild, una potentissima famiglia che possiede agganci nei settori bancari e mediatici di tutto il mondo e la stessa famiglia Sassoon è una famiglia di primo ordine della finanza internazionale.
Fin qui nulla di male, non è certo un torto o una colpa avere parenti importanti.
Gli è tuttavia che il nostro non si limita ad avere un nobile lignaggio ma ha anche la straordinaria capacità, forse agevolata dal suo pedigree, di riuscire ad entrare nei posti di potere.
Dapprima l'Ufficio Studi della Pirelli, ai tempo considerato un importante salotto economico con agganci nella politica.
Ma non basta
Enrico Sassoon riesce a divenire Presidente della Camera americana del commercio in Italia, una potente lobby ove si intrecciano gli interessi di banche e multinazionali e che al suo interno vede realtà come JP Morgan, Finmeccanica, Intesa San Paolo, Standard & Poor's, SISAL, FIAT, Microsoft, Italcementi e molto altro.
Tutti questi gruppi hanno recitato la loro parte nella grave crisi che stiamo vivendo.
Naturalmente, quello di cui vi parlo è tutto documentato, nessun complottismo.
Ora.
Sappiamo che Sassoon siede al tavolo assieme a personaggi di questo tipo che sono contemporaneamente componenti dell'Aspen Institute Italia, un think tank creato dal gruppo Bilderberg di cui, finalmente, si sta iniziando a parlare, una potentissima lobby formata da tutte le elite della finanza occidentale.
Ci sono tutti. Monti, Tremonti, Draghi, Amato. E moltissimi giornalisti, tra cui ad esempio Lilli Gruber.
E' credibile che Casaleggio crei un partito antisistema quando il suo socio in affari è una figura così potente? E' credibile che Grillo non sappia che l'ingegnere della sua macchina da guerra abbia rapporti di affari così stretti con uno degli uomini più potenti della finanza internazionale?
Perché nessuno dei giornali ne ha parlato? La risposta è semplicissima.
Il Movimento 5 Stelle CONVIENE AL SISTEMA. E' FIGLIO DEL SISTEMA STESSO
La grande palla di spacciare il Movimento 5 Stelle come un qualcosa di nato spontaneamente sui meetup, ad opera di gente incazzata, piena di civismo va vista per ciò che è, una palla.
Trattasi, invece, di un progetto ben preciso, creato appositamente per impedire che il crescente malcontento all'interno dei paesi provati dalla crisi, esondasse dal controllo dell'alleanza atlantica e finisse nelle mani di altre realtà o interne al paese o promosse da altri paesi (la Russia?).
Lo stesso Grillo si lascia scappare più volte che "Se non ci fossimo noi, ci sarebbe Alba Dorata". Ha ragione lui.
Il Movimento 5 Stelle ha l'obiettivo, raccogliendo il malcontento, di scongiurare la nascita dei tanto deprecati nazionalismi, attraverso la creazione di una casa ove convergano tutti gli incazzati finiti vittime del sistema, i quali non hanno in realtà niente in comune, tranne quello di essere incazzati.
Chi continua ad appassionarsi alla querelle Raggi innocente o colpevole, è completamente fuori strada.
Come è fuori strada chi, per dare contro il Movimento 5 Stelle, si affida agli sberleffi sull'incapacità della sindaca come lo è chi, per difenderla, la definisce il baluardo contro il sistema.
Movimento 5 Stelle e PD (ma anche alcuni pezzi di centrodestra) sono perfettamente speculari l'uno all'altro.
Sono i due partiti a cui è affidato il compito di svendere l'Italia agli stranieri, da una parte con un partito che deve eseguire fisicamente il compito e dall'altra con un movimento di opposizione che, solo a chiacchiere, si oppone ma poi nella sostanza dei fatti, nelle cose davvero decisive, quelle che cambiano le sorti, esprime col voto le stesse cose del partito di governo.
Laddove il PD continua a ripianare i buchi delle banche con i soldi degli italiani (che è sicuramente una malattia grave), il Movimento 5 Stelle tuona affinché le banche vengano lasciate fallire (la cura peggiore della malattia che ammazza il paziente) con l'obiettivo di svendere le banche a basso costo ad entità straniere.
Se si volesse davvero distruggere il Movimento 5 Stelle, invece di soffermarsi sulle difficoltà di amministrare Roma di una povera crista messa lì e presentata come salvatrice della patria (quando era evidente a tutti che avrebbe incontrato grossi problemi) oppure cianciare di derive autoritarie di Grillo o di pericolo fascista, basterebbe raccontare la storia di Casaleggio e Sassoon.
Dei fallimenti del primo e degli agganci del secondo.
Solo che in quel caso, oltre a crollare il Movimento 5 Stelle, crollerebbero anche Partito Democratico, ampi pezzi di Forza Italia (quelli che hanno tradito Berlusconi) della Lega, di Fratelli d'Italia, insomma tutta la partitocrazia italiana che si fonda sugli agganci con tali realtà finanziarie.
E gli italiani capirebbero la truffa di cui sono vittime dal 1945 ad oggi.
Quando si dice, mettere la merda nel ventilatore