venerdì 31 maggio 2019

I Lannister (federalisti) e gli Stark (confederalisti) si alleano contro la minaccia dei morti?

Come i Lannister (federalisti) e gli Stark (confederalisti aka sovranari), al termine della VII serie del Trono di spade sembrano trovare un momento di concordia davanti alla minaccia dei morti, allo stesso modo nella seduta parlamentare del 29 maggio scorso federalisti e confederalisti sembrano essersi accordati su un provvedimento di grande importanza, sia pratica che simbolica, per opporsi alla minaccia dei morti - aka la commissione europea. Vi piace l'analogia? Tenete presente che la Madre dei Draghi, Daenerys Targaryen, con la sua aviazione rappresenta gli USA, ma speriamo che il finale della nostra storia sia meno sanguinoso e distruttivo di quello che abbiamo visto nella fiction più spettacolare di sempre.



Vedremo come andrà a finire, ma un fatto è certo: la Mozione 1-00013 presentata da BALDELLI Simone (FI) Giovedì 12 luglio 2018 e modificata Martedì 28 maggio 2019, seduta n. 179, è stata approvata all'unanimità.

La mozione riguarda l'annoso problema dei debiti della P.A. risaliti a 56 mld di euro dopo il loro parziale abbattimento nella precedente legislatura, allorché era stato approvato un provvedimento che consentiva, una tantum, la compensazione dei debiti tributari delle aziende fornitrici della P.A. con i loro crediti commerciali verso la stessa. La mozione approvata il 29 maggio 2019 all'unanimità non solo rende questo meccanismo strutturale, ma prevede che esso possa essere efficace anche rispetto ai tributi futuri delle aziende fornitrici attraverso il pagamento dei loro crediti commerciali per mezzo di minibot emessi dal Tesoro.

Occorre però segnalare che, a stretto giro di posta è arrivato questo comunicato del MEF (Ministero Economia e Finanze) retto da Tria che getta acqua sul fuoco:

«Comunicato Stampa N° 106 del 31/05/2019
Il MEF precisa che non c’è nessuna necessità né sono allo studio misure di finanziamento di alcun tipo, tanto meno emissioni di titoli di Stato di piccolo taglio, per far fronte a presunti ritardi dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni italiane.
I tempi di pagamento della PA sono in costante miglioramento. 
Nel 2018 sono state pagate circa 20 milioni di fatture con in media 1 giorno di anticipo rispetto ai tempi di legge. 
Risultanti incoraggianti: solo due anni fa i giorni di ritardo erano 16. Sono dati medi ma indicano uno sforzo notevole, sia pure con ovvie differenze sia per comparti sia per aree territoriali.
Alla luce di questi fatti, appaiono ingiustificate le preoccupazioni e le critiche, evidentemente espresse sulla base di elementi che non tengono conto dei dati aggiornati pubblicati dal MEF. Invitiamo quindi a consultare il sito.
 Precisazione del MEF: Non necessari finanziamenti speciali per i pagamenti PA che sono in costante miglioramento (PDF, 164.95 KB )»

p.s. scommetto che siete curiosi di sapere quale sia la corrispondenza completa tra i personaggi della serie HBO e i protagonisti della più spettacolare serie di cazzate nella storia d'Europa. Abbiate pazienza, sarete accontentati; per il momento posso solo anticiparvi che un personaggio reale, nominato maestro del conio presso il Concilio Ristretto dei Sette Regni seppur proveniente da un casato semi-sconosciuto, è Petyr Baelish, aka Ditocorto.



Addendum ultimora


AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHSHSHGSGSGSHSHAAGAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAGAHAGAGAHAHAHAG! Cercei s'è rimagnata tutto:


Contrari ai ‘minibot’ strumento sbagliato che crea nuovo debito

Il Partito Democratico presenterà un ordine del giorno urgente al dl Crescita per escludere l’impiego di strumenti come i cosiddetti ‘minibot’

Biddendum ultimissimora


Federalisti vs. Confederalisti

Quelli che si proclamano "sovranisti" con immondo furto semantico altro non sono che i confederalisti, portatori di un'idea di unione europea diversa da quella dei federalisti (vedi La politica caleidoscopica) che tuttavia prevede ulteriori cessioni di sovranità. L'ultima riprova ce la offre questo articolo del Secolo d'Italia:

Fratelli d’Italia al lavoro per la nuova bandiera dell’Europa. Al posto delle stelle i simboli delle nazioni

nel quale possiamo leggere: "La nostra è un’idea di Europa molto diversa da quella di Juncker e Moscovici. È una confederazione di nazioni libere e sovrane, gli Stati Uniti d’Europa, che collaborano sulle grandi questioni internazionali e di geopolitica ma che difendono gli interessi nazionali e non si fanno imporre da Bruxelles le dimensioni delle reti dei pescatori".

La moneta unica, ovviamente, non si tocca, ma è probabile che tra le soluzioni proposte vi saranno, oltre alle dimensioni delle reti dei pescatori e alla curvatura delle zucchine, ipotesi di monete parallele, fiscali, minibot, circuiti blockchain e qualsiasi altra diavoleria potranno inventarsi, tutti strumenti monetari destinati al mercato interno che lasceranno all'euro il ruolo esclusivo di moneta atta ad estinguere le obbligazioni internazionali, cioè regolare il commercio estero. Una doppia circolazione, in cui al popolo si daranno le monetine di zinco e rame, mentre il grande capitale continuerà ad effettuare transazioni in oro, pardon in euro.

Sul fronte opposto troviamo i federalisti, che hanno governato incontrastati l'Italia fino al 4 marzo 2018 ma ancora padroni degli snodi istituzionali più importanti, tra cui la Banca d'Italia e il Quirinale.


Purtroppo un gran numero di allocchi, anche del campo che si rifà alla Costituzione del 1948, sono caduti nelle trappole tese dai confederalisti finendo col votare Lega o FdI (oltre a FI). A facilitare l'inganno le roboanti dichiarazioni di Salvini di qualche anno fa - Basta Euro - ma anche l'appoggio alle mobilitazioni contro la politica vaccinale imposta dai governi a guida federalista, appoggio immediatamente ritirato non appena giunti al governo.

Sul fronte opposto, come già detto, ci sono i federalisti, oggi in difficoltà soprattutto a causa dello scenario internazionale (Brexit e Trump) che tuttavia non demordono. Entrambi gli schieramenti, pur combattendosi, sono assolutamente solidali nel combattere il vero sovranismo, quello costituzionale, socialista, democratico e patriottico. Ad esempio i federalisti, che controllano gran parte dei media e dei giornali, nonché la cultura attraverso un vasto e ramificato sistema che comprende le grandi case editrici, i premi letterari, il cinema, le produzioni televisive, si sono ben guardati dall'intervenire quando gli svergognati leghisti di Salvini si sono auto proclamati "sovranisti", e anzi hanno attivamente contribuito all'inganno semantico. Qualcosa di simile è avvenuto con un altro termine, "populismo", che alcuni di noi hanno adottato per auto definirsi. A mio modesto parere sbagliando. Il risultato di ciò è che stiamo tornando verso un sistema bipolare, col centrodestra schierato su posizioni confederaliste e il centrosinistra su quelle federaliste. Se preferite una descrizione più immaginifica, possiamo dire che i federalisti sono la casa Lannister e i confederalisti casa Stark. Ovvio che, come in ogni guerra che si rispetti, ci sono cambi di alleanze, tradimenti (oh quanti!) momenti di grande confusione, ma il dato di fondo rimane quello di un confronto tutto interno alle classi dominanti - liberali nella realtà, o classe aristocratica nell'esempio immaginifico - mentre il popolo lavoratore muore e fa la fame. E soprattutto non ha una bandiera nella quale riconoscersi, al massimo una fratellanza senza vessilli che si riunisce nei boschi, destinata alla fine ad essere subalterna alla fazione vincitrice.

Ovviamente è stato un errore gravissimo non difendere coi denti la relazione significante-significato della nostra parola simbolo "sovranismo", ma ormai il danno è fatto. Resta che, senza una bandiera, non si può fare la guerra, e nemmeno la politica, né può bastare definirci con una lunga sequela di termini, come ormai siamo costretti a fare: sovranisti costituzionali democratici patriottici e chi più ne ha più ne metta

Il primo compito che noi veri sovranisti abbiamo è quello di ristabilire una corretta relazione tra significante e significato; come non so, né spetta a me indicarlo. Il secondo è quello di accettare uno spiacevole dato di fatto, ovvero che la nostra è, e resterà ancora a lungo, una battaglia di minoranza, e dunque che è necessario porsi obiettivi immediati e di medio termine che siano coerenti con questa constatazione, il primo dei quali è quello di cominciare ad esistere. Poi si vedrà.

mercoledì 29 maggio 2019

La politica caleidoscopica

Link consigliato: Europeismo (Treccani)

Il più rudimentale caleidoscopio è formato da un semplice tubo di cartone rivestito internamente di almeno due specchi. Ad ogni rotazione sembra che tutto cambi, tuttavia sappiamo che dietro le innumerevoli forme è all'opera una struttura invariante.
Qualcosa di analogo accade ad ogni tornata elettorale: a forme diverse non corrisponde alcun cambiamento della struttura sottostante, che resta invariata. A meno di cambiare caleidoscopio. Pertanto chi vuole occuparsi di politica non può sottrarsi al difficile compito di indagare la struttura invariante sottostante, se non vuole farsi ingannare e credere che i cambiamenti siano reali quando invece non lo sono.

Nella politica italiana il caleidoscopio è stato sostituito nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Da allora viviamo in una struttura che è completamente dominata dall'ideologia liberale che vede il capitale e il mercato agire come due specchi che riflettono e frammentano l'immagine dei corpi sociali in continuo movimento. In questo gioco di riflessi si tende a porre in ombra il ruolo della borghesia italiana (la burghesia compradora y vendedora) che, al pari delle borghesie degli altri Stati europei, dopo la lunga stagione del funzionalismo conclusasi nel 1986 all'atto della firma dell'Atto Unico europeo è divisa sul processo di unificazione. L'approccio funzionalistico prevedeva che, "per superare le resistenze nazionali, occorra scegliere la via dello sviluppo graduale della cooperazione internazionale in settori o funzioni limitati, ma via via più importanti dell'attività statale, in modo da realizzare uno svuotamento progressivo e quasi indolore delle sovranità nazionali".

Il colpo di Stato di tangentopoli fu il primo atto politico in cui si concretizzò in Italia l'abbandono del metodo funzionalista dopo l'improvvisa sterzata del 1984 con la ratifica del TUE (Trattato dell'Unione Europea) e nel 1986 con la ratifica dell'Atto Unico, in seguito al quale prese il via la rapida stagione delle privatizzazioni bancarie. Concluse queste nel 1990, in contemporanea con l'implosione dell'Unione Sovietica, il sistema politico della prima repubblica venne azzerato. La borghesia italiana si divise immediatamente in due fazioni, una di ispirazione federalista, guidata dagli ex-comunisti, che scommise sulla rapida conclusione del percorso di unificazione su base federale, l'altra di orientamento confederalista la cui "opzione fondamentale è un'unione europea fondata su meccanismi di mera cooperazione intergovernativa, che lascino intatta la sovranità statale assoluta, ma permettano ai governi nazionali di raggiungere decisioni concordate in alcune materie riconosciute di comune interesse". L'irruzione di Berlusconi sulla scena politica frenò le ambizioni dei federalisti (che egli chiamava "comunisti") i quali riuscirono in parte a riprendersi grazie al voltafaccia della Lega Nord di Bossi.

Ne seguirono anni in cui le due fazioni si combatterono a lungo, col non splendido risultato per cui l'Italia finì per aderire al progetto federalista senza tuttavia che la sua divisa classe borghese prendesse pienamente coscienza dei rischi che tale scelta comportava. Questa divisione interna alla borghesia, vera protagonista nel suo complesso dell'avventura europeista vista la completa perdita di peso delle forze socialiste, è all'origine della circostanza per cui essa non seppe elaborare una strategia coerente, divisa com'era da una feroce e miope lotta civile interna tra berlusconiani e anti berlusconiani. Allo scoppio della crisi nel 2008 la situazione oltrepassò la soglia del ridicolo. Il governo Prodi di ispirazione federalista e, ricordiamolo, sostenuto anche da Rifondazione Comunista, circostanza che ci aiuta a inquadrare molti tentennamenti odierni della sinistra radicale, fu sfiduciato al senato e si andò a nuove elezioni che i federalisti erano sicuri di vincere. Finì che vinse Berlusconi, e mi piace ricordarvelo con questa mitica scena:



Conseguenza di quella vicenda è stata l'incrudirsi della lotta civile interna alla borghesia italiana, proprio nel momento in cui sarebbe stata necessaria la massima concordia. Nel frattempo si era affacciata una nuova forza politica, il MOV di Beppe Grillo, con le sembianze di un movimento dal basso; in realtà una creatura artificiale progettata da Gianroberto Casaleggio su indicazione di agenzie estere, probabilmente riconducibili ad ambienti angloamericani in coordinazione con settori dello Stato italiano di sicura fede atlantica. Si veda, in proposito, questo pregevole articolo di Rosanna Spadini (Polvere di stelle).

Non è facile districarsi negli avvenimenti successivi ma, se teniamo fermo lo sguardo sul processo di unificazione europea e sul fatto che lo scontro tra federalisti e confederalisti, sia in Italia che in tutta Europa, stava raggiungendo il suo acme, possiamo sperare di trovare un filo conduttore. Gli Stati Uniti, tradizionalmente più favorevoli ad un approccio di tipo funzionalista, con l'arrivo di Obama alla presidenza (2009-2017) avevano cambiato approccio tattico, rafforzando così l'azione dei federalisti. Ebbe inizio un quinquennio convulso in cui abbiamo visto di tutto: la caduta di Berlusconi, l'attacco alla Libia, le primavere arabe, l'arrivo di Monti, il golpe in Ukraina, la guerra di Siria, l'ondata migratoria, la nascita di crescenti tensioni commerciali degli USA con la Germania prima e la Cina in tempi più recenti, l'elezione di Trump, quella di Macron, la rinascita in Italia  della Lega di Salvini, il referendum sulla brexit, il successo travolgente del M5S alle elezioni del 2018 seguito dalla nascita del governo giallo-verde e, infine, il capovolgimento dei rapporti di forza tra i due partiti di coalizione nel sondaggione europeo.

Chiunque si illuda, in questo marasma, di trovare una chiave interpretativa unica, è destinato a perdersi. L'unico modo è quello di seguire una singola vicenda considerando tutto ciò che accade intorno ad essa come fattori che la influenzano. Quello che a me interessa, senza per questo sostenere che sia la cosa più importante, è ciò che accade alla mia patria, oggi alla mercè delle convulsioni della sua classe dominante, la burghesia compradora y vendedora. All'interno di questa classe egemone, e delle sue articolazioni politiche, si è verificato, già con le elezioni politiche del 2018, un ribaltamento degli equilibri, con l'eclissi dell'opzione federalista (PD e sinistre) e il prevalere di quella confederalista (Lega e centro destra più in generale). Il sondaggione europeo ha sancito l'ulteriore rafforzamento della Lega, la parziale ripresa del PD+sinistre, e un arretramento del M5S. Quest'ultima circostanza può essere letta in molti modi, uno dei quali è quello di una momentanea e volontaria ritirata tattica decisa negli ambienti che hanno creato il M5S, al fine di dare più forza alla Lega, cioè all'approccio confederale all'unificazione europea.

Ora, poiché siamo nel campo delle illazioni, ma ciò nonostante ho indicato una possibile chiave interpretativa, è necessario fornire un criterio per la sua falsificazione, altrimenti Popper si arrabbia. Ebbene il criterio "falsificante" non può che essere il comportamento del M5S davanti al protagonismo della Lega. Se il M5S si opporrà all'egemonia della Lega, certificata dal sondaggione, facendo leva sui numeri che ha in parlamento e cercando altre maggioranze, allora questa chiave interpretativa si dimostrerà inadeguata. Al contrario, se cederà alle richieste della Lega lasciando che Salvini porti avanti il suo progetto di una conferenza europea sul debito, cioè a dire una discussione che certifichi la sconfitta della linea federalista in favore di un approccio confederale, allora la chiave interpretativa proposta ne risulterà rafforzata.

Un elemento ulteriore che mi induce a pensare che il partito federalista in Italia abbia subito una batosta è l'insuccesso elettorale della lista +Europa di Bonino, da sempre una federalista radicale. Ovviamente nessuno pensi che il prevalere odierno delle forze favorevoli a un approccio all'unificazione europea di tipo confederale possa significare in alcun modo una vittoria del sovranismo, a dispetto del noto furto semantico che questa posizione politica ha subito ad opera di un avversario di forza preponderante: la burghesia compradora y vendedora di rito confederalista.

In questa fase il vero sovranismo, cioè l'opzione socialista, patriottica e costituzionale, è totalmente ininfluente, schiacciato com'è dallo scontro mortale tra due pensieri politici oggi più forti sebbene acerrimi nemici l'uno dell'altro, forse giunti alla resa dei conti finale dopo una lotta durata per almeno settanta anni. In questo momento la partita nazionale è tutta interna alla burghesia compradora y vendedora, che infatti ha fatto campagna acquisti in ogni dove. Quanto a noi veri sovranisti, forse dovremo chiamarci "la fratellanza senza vessilli".


martedì 28 maggio 2019

Teoria endogena vs. teoria esogena dell'austerità

Salvini al Muro del pianto a Gerusalemme

Gustatevi questa serie di twit:

@ericdor_econo Replying to @borghi_claudio

a) Dear Mr @borghi_claudio, we agree that the ECB needs to be a lender of last resort for the governments of the euro area in the case of a liquidity crisis on the bond markets.

b) The absence of such a mission for the ECB in the treaty is a flaw of EMU, and Draghi implicitly admitted it since he only managed to save the euro in 2012 by launching the principle of OMT despite German opposition.

c) but what you suggest is a partial structural funding of the sovereign debt of the euro area countries by the ECB. Germany will always be reluctant to accept such a policy, fearing that governments would abandon any fiscal discipline and excessively use it.

d) indeed, everywhere, all past experiences of excessive permanent  monetary funding of budget deficits lead to a debasing of the value of  the currency.

e) now, to reset the euro area, to lower the effective debt level of the  member countries, an exceptional conversion of part of their debt into  perpetual bonds bought by the ECB could be a solution. Thereafter ECB  funding would be limited to stress periods.

f) It would be a once and for all way to lower the debt level of #Italy  and other heavily indebted nations, that could be easier to sell to  other countries like Germany, since afterwards fiscal discipline would  still be required.

g) The QE experience showed that it is possible to exceptionally  increase the balance sheet of the ECB by a large amount without  triggering hyperinflation or increasing expected inflation.
h) the key point would be that future permanent monetary funding of  budget deficits would still be prohibited, preserving the confidence in  price stability.

Traduco per comodità.

a) Caro signor @borghi_claudio, siamo d'accordo sul fatto che la BCE debba essere un prestatore di ultima istanza per i governi della zona euro in caso di crisi di liquidità sui mercati obbligazionari.

b) L'assenza di una simile missione per la BCE nel trattato è un difetto dell'UEM e Draghi lo ha implicitamente ammesso dal momento che è riuscito a salvare l'euro solo nel 2012 lanciando il principio dell'OMT nonostante l'opposizione tedesca.

c) ma ciò che lei suggerisce è un parziale finanziamento strutturale del debito sovrano dei paesi dell'area dell'euro da parte della BCE. La Germania sarà sempre riluttante ad accettare tale politica, temendo che i governi abbandonino qualsiasi disciplina fiscale e la usino eccessivamente.

d) in effetti, ovunque, tutte le esperienze passate di eccessivo finanziamento monetario permanente dei deficit di bilancio portano ad una svalutazione del valore della valuta.

e) ora, per ripristinare l'area dell'euro, per ridurre il livello di indebitamento effettivo dei paesi membri, una conversione eccezionale di parte del proprio debito in obbligazioni perpetue acquistate dalla BCE potrebbe essere una soluzione. Successivamente i finanziamenti della BCE sarebbero limitati ai periodi di stress.

f) Sarebbe un modo una volta per tutte di abbassare il livello del debito di #Italy e di altre nazioni fortemente indebitate, che potrebbe essere più facile da vendere ad altri paesi come la Germania, poiché in seguito la disciplina fiscale sarebbe ancora richiesta.

g) L'esperienza di QE ha dimostrato che è possibile aumentare in modo eccezionale il bilancio della BCE di una grande quantità senza innescare un'iperinflazione o aumentare l'inflazione attesa.

h) il punto chiave sarebbe che il futuro finanziamento monetario permanente dei disavanzi di bilancio sarebbe ancora vietato, preservando la fiducia nella stabilità dei prezzi.

Teoria endogena vs. teoria esogena dell'austerità


Una teoria deve spiegare i fatti e, possibilmente, avere capacità previsionali. Quando entrambe queste qualità sono assenti la teoria non funziona. La teoria di cui sto parlando è quella secondo cui l'austerità viene imposta ai paesi con poca disciplina di bilancio dalla Commissione Europea: la chiamerò Teoria esogena dell'austerità. Ho già accennato a ciò nel post precedente (Cambiando l'ordine dei fattori il risultato cambia?) osservando che non sembra esservi una correlazione tra la solidità dei conti dei paesi dell'eurozona e il livello di austerità che viene loro imposto. La teoria che propongo, in alternativa, è quella che chiamerò Teoria endogena dell'austerità.

Se non è la Commissione europea a imporre il grado di austerità (Teoria esogena dell'austerità) allora non possono che essere i singoli governi a farlo, i quali utilizzano la Commissione come schermo per scansare l'impopolarità che deriverebbe dalle misure richieste alla Commissione e imposte al paese (Teoria endogena dell'austerità).

Il twit riportato in apertura del post è un ottimo spunto per argomentare a favore della Teoria endogena dell'austerità. L'autore scrive: "per ripristinare l'area dell'euro, per ridurre il livello di indebitamento effettivo dei paesi membri, una conversione eccezionale di parte del proprio debito in obbligazioni perpetue acquistate dalla BCE potrebbe essere una soluzione. Successivamente i finanziamenti della BCE sarebbero limitati ai periodi di stress.".

Vi faccio notare che questo è esattamente quello che sarebbe stato logico fare all'atto della nascita dell'euro nel 1999.  Vi riporto un grafico dei debiti pubblici in percentuale sul pil dal 1999 ad oggi:



Prescindendo dal Lussemburgo, che non fa ovviamente testo, si andava dal 44,1% della Finlandia al 114,4% del Belgio. Noi eravamo al 109,7% (oggi al 132,2%). Tra i grandi paesi eravamo quello col rapporto più alto, così come lo siamo oggi, sebbene il nostro rapporto debito/pil sia cresciuto meno, rispetto al valore di partenza, di altri grandi paesi a noi raffrontabili, con la sola eccezione della Germania.

Possiamo in definitiva affermare senza tema di essere smentiti che, relativamente alla dinamica del debito pubblico, e a maggior ragione di quella del debito complessivo, siamo il paese dell'eurozona che presenta il miglior grado di stabilità.

Ora, il livello di indebitamento pubblico di ogni paese dell'eurozona nel 1999 dipendeva dalla sua storia passata, soprattutto e sostanzialmente dal suo modello economico in vigore prima dell'adozione dell'euro. Se si fosse applicata per ogni paese la ricetta di "una conversione eccezionale di parte del proprio debito in obbligazioni perpetue acquistate dalla BCE" all'atto dell'adesione, cosa assolutamente ovvia e che oggi comincia ad essere avanzata, allora il parametro del 60% sul rapporto debito/pil avrebbe avuto un senso. Precisiamo: sarebbe rimasto un criterio incostituzionale, ma almeno avrebbe avuto un senso econometrico. Inoltre la stessa credibilità dei restanti parametri se ne sarebbe avvantaggiata.

Eppure ciò non venne fatto, col risultato che solo il parametro sul deficit al 3% continuò a godere di una certa credibilità, relativa e decrescente viste le numerose infrazioni poste in essere proprio dai paesi con economia più forte, in primis la Germania, mentre il requisito del rapporto debito/pil al 60% fu praticamente ignorato per un decennio. Salvo resuscitarlo improvvisamente, e assegnargli un'importanza insensata, proprio nel momento peggiore della crisi, e anzi proprio per renderla più cruda. Non solo, questo pretesto venne utilizzato per giustificare la diversità di trattamento tra paesi, concedendo maggiore flessibilità a quelli nei quali la crisi era esplosa prima e con crudezza maggiore, ma negandola all'Italia. Coi risultati che tutti conosciamo.

Secondo la Teoria esogena dell'austerità sarebbe stata la Commissione a decidere in tal senso, ma la circostanza appare ben poco fondata. Perché infliggere proprio all'Italia, il paese con i conti più in ordine e con la migliore dinamica economica dal punto di vista dei conti pubblici, un paese industrializzato, terza economia d'Europa, seconda potenza industriale, con un sistema bancario solido, contributore netto dell'UE, una politica così devastante? Davvero vogliamo credere che sia stata la Commissione, e che i nostri governi (liberali) non avevano la forza di opporsi? Consentitemi di dubitarne.

Ecco allora che entra in gioco la Teoria endogena dell'austerità, secondo la quale non la Commissione bensì i governi (liberali) italiani hanno chiesto, e ottenuto, le politiche di feroce austerità, in omaggio al principio secondo cui: "nei momenti di crisi più acuta, progressi più sensibili". Verso cosa? Io dico: verso l'appropriazione indebita delle proprietà e dei redditi dei cittadini!



Sempre Monti ebbe a dichiarare che:
  • le istituzioni europee hanno accettato l’onere dell’impopolarità, essendo al riparo dal processo elettorale
  • ci sono “valori che saranno meglio tutelati, se affidati a qualcuno che può permetterselo trovandosi al riparo dal processo elettorale
  • E’ chiaro che il potere politico, ma anche il senso di appartenenza dei cittadini a una collettività nazionale possono essere pronti a queste cessioni (ndr: di sovranità) solo quando il costo politico e psicologico del non farle diventa superiore al costo del farle perché c’è una crisi in atto, visibile, conclamata. […] Abbiamo bisogno delle crisi per fare passi avanti
Serve altro per arrivare alla conclusione che la Teoria endogena dell'austerità è ben più fondata di quella esogena? Il che significa che il nemico non sta a Bruxelles, ma in Italia, ed è la burghesia compradora y vendedora! Questa classe sociale, la più rapace e ottusa tra le sue consorelle in tutto il mondo Germania a parte, ha oggi un nuovo partito sul quale fare affidamento, dopo che quelli che ha utilizzato finora si sono alquanto logorati e abbisognano di un periodo all'opposizione per rigenerarsi, e questo nuovo partito è la Lega di Salvini: che io preferisco chiamare esplicitamente Partito della Confindustria. Non che gli altri non lo siano, ma il nuovo "prodotto politico" è oggi il più efficace, e l'unico che possa contrastare il M5S, anch'esso un partito liberale ma con referenti esteri, al quale dunque è necessario tarpare un po' le ali, magari previo accordo consensuale in cambio di una rinnovata fedeltà atlantica e qualche sceneggiata in kippah.

E adesso accomodiamoci sul divano per goderci l'eroico duello di Salvini con la Commissione cattiva che sarà indubitabilmente piegata dal nostro eroe. Nel frattempo flat-tax, autonomia differenziata, dismissioni del settore pubblico, stretta sul servizio sanitario nazionale... e dulcis in fundo: immigrazione regolamentata che daje a ride.

lunedì 27 maggio 2019

Cambiando l'ordine dei fattori il risultato cambia?


Link: risultati elettorali europee 2019

La democrazia demagogica


La prima riflessione sul risultato del sondaggione è che il voto ideologico si è ridotto ai minimi termini. Quando, nel giro di un anno, un partito (la Lega) passa da  5.698.687 voti a 9.152.471, e un altro (il m5s) da 10.732.066 a 4.552.222, allora è del tutto evidente che il corpo elettorale non si esprime più in base a convinzioni di natura ideologica e che tali oscillazioni sono spiegabili solo e soltanto nei termini della potenza demagogica dei messaggi veicolati. Ho già argomentato in tal senso in questo video:



Nella democrazia demagogica, non più ideologica, gli spostamenti di grandi masse di voti sono determinati dall'azione delle forze economiche e dei circoli politici egemoni che a queste fanno riferimento, anche con la possibilità di accordi pre-elettorali tesi a predeterminarli ad insaputa degli elettori. In altri termini, nella democrazia demagogica si può addirittura votare in elitari parlamentini nascosti e, all'esito del confronto, organizzare la comunicazione politica per le elezioni popolari in modo tale da rispecchiare le decisioni colà assunte. In alternativa, quando gli accordi elitari non sono raggiunti, il voto popolare viene usato come terreno di confronto e di misura del peso delle rispettive posizioni.

Non posso affermare con certezza se queste elezioni europee abbiano seguito l'una o l'altra modalità, sebbene qualche elemento per sospettare un accordo pre-elettorale, teso a determinarne il risultato per il tramite di un'opportuna manipolazione della comunicazione di stampo demagogico, non manchi. L'esempio che mi viene subito in mente è quello della Sea Watch, che il 19 maggio scorso ha forzato il divieto di attracco regalando a Salvini una straordinaria opportunità di riaffermare il suo ruolo di unico argine contro l'immigrazione. Possibile che coloro che gestiscono le ONG non si siano resi conto che, così agendo, stavano aiutando - e non poco - proprio il loro nemico dichiarato? Consentitemi di dubitarne.

Ebbene, se quanto affermo corrisponde al vero, cosa di cui sono ormai convinto, allora è assolutamente necessario fare ogni possibile sforzo per identificare le forze economiche e gli interessi politici e geopolitici che sono i veri attori protagonisti della democrazia demagogica. Operazione non facile, ma da cui, alla luce del suddetto assunto, è impossibile prescindere.

I veri protagonisti della democrazia demagogica sono sia interni che esterni alla nazione, e questo vale in particolare per un paese come l'Italia. Con la scomparsa delle grandi organizzazioni ideologiche, cioè i partiti di massa e i sindacati, questi ultimi ormai cooptati da Confindustria, credo si possa affermare, sebbene al costo di una semplificazione abbastanza brutale, che gli attori in campo siano la già citata Confindustria e l'impero anglo-americano. La prima, in attesa che il vecchio e spompato cavallo piddino sia nuovamente spendibile, ha puntato sulla Lega, i secondi sul m5s. Berlusconi, che di Confindustria rappresenta una componente autonoma, è ormai ininfluente. In base a questa ermeneutica possiamo affermare che l'equilibrio tra i due campi è stato rovesciato dal risultato delle europee e, sebbene quest'ultimo non abbia effetti immediati e diretti sugli equilibri numerici parlamentari, non se ne potrà non tener conto nel medio termine.

La due fazioni venivano indicate, fino a qualche tempo fa, come "partito tedesco" e "partito americano", ma credo che queste definizioni siano inappropriate, soprattutto la prima; la giusta denominazione essendo "partito della confindustria".

Il partito della confindustria


Tutta la comunicazione politica odierna è orientata nel senso di persuadere gli elettori del fatto che vi sia un'oligarchia europea che obbliga l'Italia a mettere in pratica politiche di austerità economica, minacciando il nostro paese di terribili ritorsioni in caso di inadempienza. Il simbolo di questa modalità comunicativa è lo spread, in un primo tempo rappresentato come reazione automatica dei mitici mercati, più recentemente come strumento a disposizione della BCE per forzare la volontà dei governi. C'è però una terza interpretazione, della quale mi sono fatto persuaso, ed è che le imposizioni dell'oligarchia europea all'Italia altro non siano che le richieste del partito della confindustria, che utilizza le istituzioni europee come alibi al fine di tenere nascosto il suo ruolo. Questa operazione mimetica è stata particolarmente utile ed efficace per tenere buono l'elettorato piddino che, originando da quello comunista e socialista della prima repubblica, avrebbe mal digerito una esplicita discesa in campo del partito della confindustria, contro il quale essi stessi, e ancor più i loro padri, si erano battuti a lungo.

La narrazione secondo cui l'Italia sarebbe ostaggio dei poteri oligarchici di Bruxelles è durata a lungo, a dispetto di una mole enorme di dati economici che la smentiscono. Già nel 2012 apprendemmo che, in base al Fiscal Sustanaibility Report pubblicato dalla Commissione europea, la sostenibilità dei conti pubblici italiani era di gran lunga la più alta in tutta Europa! All'epoca soffrivamo invece di un problema di squilibrio della bilancia commerciale, la cui correzione è stata effettuata, sebbene del tutto a carico delle classi lavoratrici, dal governo Monti, col risultato che oggi la nostra posizione netta sull'estero è positiva, la bilancia commerciale anche, e il debito pubblico stabile. Si aggiunga a ciò che siamo un paese, caso unico in Europa, che da oltre due decenni presenta un saldo primario in attivo, e che il nostro tanto sbandierato debito pubblico è cresciuto, dall'entrata nell'euro, meno di quanto sia avvenuto in Francia e Spagna.

Ma allora perché i cosiddetti mitici poteri oligarchici infieriscono sull'Italia? Perché lo fanno se i nostri conti pubblici e del settore privato sono quelli più in ordine, forse addirittura più della Germania come sostengono alcuni? E soprattutto: vi pare credibile che un paese, inserito in una struttura intergovernativa per il tramite di trattati internazionali dai quali si può per definizione recedere, possa subire diktat senza che la sua struttura di potere interno reagisca?

L'unica spiegazione è che non si tratta di diktat ma dei suoi desiderata, circostanza che nasconde celandosi dietro la narrazione farlocca dell'Europa cattiva ordoliberista a guida germanica. Una Germania che sarà pure un gigante economico, ma resta un nano politico, una condizione cui l'inattuato trattato di Aquisgrana non porrà rimedio.

La corretta lettura del sondaggio elettorale chiamato "elezioni europee" è dunque, a mio parere, l'affermazione esplicita del ruolo politico del partito della confindustria, prologo dell'assalto finale che prevede la caduta di questo governo e la sua sostituzione con uno di centrodestra dopo elezioni anticipate da tenersi nella prossima primavera. In vista di questo obiettivo, se questa analisi è corretta, sarà necessario da un lato continuare a premere sul m5s al fine di modificare l'agenda del governo nella direzione di privilegiare le proposte della Lega, in primis l'approvazione della flat-tax e l'autonomia differenziata, dall'altro incassare qualche risultato in Europa. Cosa non difficile se, in base a quanto esposto, il vero compito della Commissione Europea non è quello di imporre i suoi diktat in base a valutazioni di natura tecnico-contabile, ma quello di passacarte per nome e per conto dei governi nazionali che aderiscono alla gestione intergovernativa denominata Unione Europea.

L'interesse specifico del partito della confindustria è quello di riprendersi del tutto quello che ha perduto durante la prima repubblica, soprattutto a partire dall'inizio degli anni sessanta quando, con l'esperienza dei governi di centrosinistra, si provvide a nazionalizzare l'energia elettrica, le telecomunicazioni, la sanità e molto altro ancora, oltre a ratificare lo statuto dei lavoratori.

Il partito angloamericano


Non possiamo non chiederci quale sarà il destino del partito angloamericano, il m5s. Io credo che la designazione di Di Maio quale capo politico del movimento, insieme alla scomparsa di Grillo e al lungo viaggio di Di Battista, stiano ad indicare un sostanziale consenso al piano di restituire il controllo dell'Italia ai suoi poteri nazionali confindustriali, sia pure con la riserva di mantenere un ruolo di condizionamento della nostra politica mantenendo un certo peso all'opposizione. Una sorta di ritirata tattica, dopo aver adempiuto al compito per il quale questo movimento è stato creato: quello di impedire che rinascessero, negli anni della demolizione definitiva delle conquiste sociali della prima repubblica, nonché del ruolo geopolitico di potenza regionale mediterranea parzialmente autonoma dagli USA, istanze politiche di natura genuinamente socialista e costituzionale. In definitiva il quadro politico interno e geopolitico vede, per l'Italia, un ritorno agli anni 50, vittima dello sfruttamento intensivo della sua classe industriale e supinamente sottomessa alla guida geopolitica degli Stati Uniti.

Gli USE


Si faranno davvero gli USE? La mia risposta è che si faranno ma anche no. Per costruire un vero stato europeo è necessaria, mi dispiace ma devo proprio ricordarvelo, una guerra più o meno importante con gli Stati Uniti. Ve l'immaginate la nascita degli Stati Uniti d'America senza la guerra con l'Inghilterra? Piuttosto improbabile direi, e però una finzione di USE è possibile che venga posta in essere, con l'ovvia funzione di mascherare ancora di più agli elettori il fatto che le politiche antisociali interne in ogni paese sono e saranno sempre volute dai potentati economici che li controllano, attraverso l'alibi "sono gli USE che ce lo chiedono".

Sarà sviluppato un patriottismo europeo ben alimentato attraverso i sofisticati strumenti di manipolazione del consenso che sono alla base della democrazia demagogica, anche facendo ricorso ai sempre più straordinari e pervasivi mezzi che la tecnologia digitale mette a disposizione del potere, attraverso un monitoraggio costante di ogni nostro comportamento e spostamento. Oltre al 5G, la cui portata eversiva dei residui ordinamenti democratici è compresa solo da una esigua minoranza, avranno un ruolo importante le tecniche di manipolazione genetica, la medicina, e chissà quali altre diavolerie.

Il "recinto dei pari", l'unico luogo dove possa esistere la democrazia sostanziale, è destinato a ridursi sempre di più, e l'esito sconvolgente di queste elezioni europee, con i suoi incredibili spostamenti di voti, è un chiaro segnale della direzione verso cui siamo ormai incamminati.

domenica 26 maggio 2019

Il sondaggione


Eccoci al 26 maggio. Il blog è stato fermo per dieci giorni, che non hanno sconvolto il mondo. In questo periodo ho realizzato alcuni video, caricati su YT e divulgati tramite FB e TW, che ripubblico in questo post di riapertura.

p.s. A proposito, state partecipando al sondaggione utile a meglio calibrare i messaggi demagogici da propinarvi?














mercoledì 15 maggio 2019

il Blog si ferma fino al 26 maggio

Ho deciso di prendermi una pausa fino alle elezioni per il casting della nota montagna di sterco. L'unico risultato che guarderò sarà la percentuale di astenuti, che spero sarà altissima. Non pubblicherò nemmeno i commenti. Viva l'Italia libera e sovrana.


Addendum:

Il 26 Maggio vota Antani, per un'Europa dei pippoli!

martedì 14 maggio 2019

Sulla bufala sovranara del cambio lira-euro

Ricordo a tutti che, per me, i sovranari sono i liberali travestiti da critici dell'euro e dell'UE (che  è una montagna di sterco da smaltire). Una delle bufale che questa gente ha propalato, mentre si spacciavano per sovranisti con la complicità dei media che ci hanno rubato questa parola, al fine di praticare la solita arte della confusione semantica in cui il potere liberale è altamente specializzato, è quella del cambio lira-euro. Ben esemplificata da questa immagine:


In realtà questa è una doppia bufala, perché non è vero che il cambio marco-euro sia stato alla pari.

Come ognuno può verificare questo venne fissato a 1 Euro = 1,95583 Marchi.

Detto ciò, resta vero che molta gente è convinta del fatto che l'entrata nell'euro col cambio a 1936,27 lire = 1 euro sia stato un enorme furto, perché questo sarebbe dovuto essere almeno 1500 lire = 1 euro.

Allora chiariamo questa cosa. Per semplificare, supponiamo che alla data dell'entrata nell'euro il cambio fosse 2000 lire = 1 euro, così i calcoli sono più immediati.

Immaginiamo due amici, Antonio e Mario. Antonio ha prestato a Mario 1 milione di lire. Quando si entra nell'euro il rapporto debito/credito viene convertito a 500 euro.

Chi ci avrebbe guadagnato se, invece che a 2000, il cambio fosse stato fissato a 1000 lire = 1 euro? In tal caso, il rapporto di debito sarebbe stato riconvertito a 1000 euro, per la gioia del creditore Antonio e la disperazione del debitore Mario.

Ci siamo capiti?

Ora domandatevi: questo genere di argomentazioni farlocche sono circolate tra noi veri sovranisti, oppure tra i sovranari che oggi votano per la Lega e sognano un nuovo governo di centrodestra?

Io ricordo un certo Silvio Berlusconi che nel 2006 dichiarò a "Porta a Porta", in uno di suoi interminabili interventi del suo forsennato tour-de-force televisivo "Fosse dipeso da me, avrei contrattato un rapporto di un euro a 1500 lire!"

Ettecredo! Berlusconi mica è un debitore, è un creditore! Come le banche, come i possessori di grandi capitali. Sono invece debitori, oltre allo Stato (ma così non dovrebbe essere) le imprese. Tanto è vero che, dagli ambienti manifatturieri, veniva la richiesta di entrare nell'euro a 2200 lire = 1 euro.

Non fatevi imbrogliare dai nemici liberali, vi prego, non prestate fede alle loro menzogne, non credete alle narrazioni farlocche.

Tanto vi dovevo.

lunedì 13 maggio 2019

Bazzecole, quisquilie, pinzellacchere

Per l'occidente


La storia della civiltà occidentale coincide il larga parte con quella della democrazia; una lunga storia, conflittuale, talvolta tragica, ma in nessun altro luogo del mondo, e in particolare in Europa, la democrazia è riuscita ad affermarsi per lunghi periodi, sia pure intervallati da altri in cui si è invece imposto il principio oligarchico. Ciò è avvenuto per tante ragioni, in primo luogo il fatto che in questo lembo occidentale del continente euroasiatico si sono incrociate per millenni innumerevoli migrazioni spontanee, da non confondersi quindi con le moderne tratte degli schiavi, che hanno dato vita all'incredibile diversità linguistica, culturale ed etnica che lo caratterizza.

Questa diversità ha prodotto una condizione di continuo conflitto tra le culture e le organizzazioni statuali che, nel corso del tempo, si sono succedute, generando continua instabilità. Ebbene, la democrazia ha potuto attecchire proprio grazie all'instabilità, perché il continuo alternarsi di civiltà ha generato un ambiente concorrenziale che le ha costrette a ricercare assetti sociali sempre più efficienti, fino a scoprire che quello che assicura la maggior forza è proprio la democrazia. Non un solo modello di democrazia, anzi molteplici, di forma diversa, ma comunque tutti caratterizzati dalla necessità di non concentrare eccessivamente il potere perché, quando ciò accadeva, la forza politica e militare decadeva, ed altri popoli prendevano il sopravvento.

Questa è l'Europa, un piccolo continente nel quale, grazie alla forza del metodo democratico, le forze sociali sono state mobilitate in massimo grado, fino a consentire ai paesi che lo abitano di sviluppare conoscenze filosofiche, scientifiche e tecniche tali da renderli protagonisti assoluti della storia del mondo. Quello che sto cercando di dirvi è che la democrazia non è un'irenica condizione di pace universale ma, al contrario, aspro e continuo conflitto sociale e tra nazioni. L'irenica pace, che inevitabilmente conduce alla decadenza, è possibile solo quando c'è un impero.

Orbene, questo imperium nessuno dei popoli di questo continente è mai riuscito a costruirlo e a conservarlo a lungo a spese degli altri, e ciò proprio per l'estrema bellicosità delle tribù che, nei millenni, si sono stanziate in questo luogo del mondo. Nemmeno i romani (i più bravi di tutti, diGiamolo) ci sono riusciti, non i franchi, gli inglesi, gli spagnoli, gli svedesi, nessuno mai. Ma oggi c'è un nuovo pericolo perché il tentativo, questa volta, non viene portato avanti da un singolo popolo bensì da una classe cosmopolita che ha ramificazioni ed esponenti in ogni nazione. Chiamo quella italiana "burghesia compradora y vendedora", ma è del tutto ovvio che ci sono burghesie compradore y vendedore in ogni paese.

Questa classe sociale, cosmopolita e sovranazionale, deriva il suo potere dal fatto di condividere un interesse comune, che consiste nel difendere il privilegio di monopolizzare la creazione, circolazione e distruzione di un bene ormai indispensabile: la moneta. Si badi bene, il potere della moneta non dipende dal suo possesso, ma dal fatto di avere il diritto legale di crearla, stabilirne i flussi di circolazione e distruggerla quando è necessario, il tutto senza dover rendere conto di ciò a nessuno. Il principio alla base di questo immenso potere è l'indipendenza della banca centrale, che nell'Unione Europea è la BCE.

Questa classe sociale cosmopolita e sovranazionale, attraverso le sue articolazioni nelle singole nazioni, ha sferrato un attacco senza precedenti con l'obiettivo di riuscire nell'impresa che, pur nel corso di innumerevoli conflitti, non è riuscita a nessun popolo europeo: dominare politicamente tutto il continente sottoponendolo a un imperium sovranazionale. Lo fa promettendo la pace, in realtà assassinando la democrazia!

Si tratta di un progetto teleologico, studiato a tavolino, tuttavia talmente pieno di difetti che non solo non sta recando la prosperità promessa, ma addirittura rischia di produrre una degenerazione dei rapporti, tra i paesi e le classi sociali oggetto del tentativo egemonico, tale da scatenare un conflitto globale di proporzioni molto maggiori di quelli causati dai singoli Stati nello sforzo prevalere l'uno sull'altro. Il pericolo all'orizzonte è quello di assistere all'assassinio della democrazia e allo scoppio di una guerra disastrosa. Sarebbe la fine della complessa, poliforme, conflittuale - e dunque democratica - civiltà europea. Tuttavia, accecata dal desiderio di impadronirsi del potere assoluto, la classe cosmopolita europea rifiuta di riconoscere l'evidente fallimento del suo progetto e anzi propone, come cura, dosi maggiori della stessa venefica medicina.

Per proseguire, questa classe ha capito di dover assassinare definitivamente la democrazia, non bastando all'evidenza l'averla già tramortita. Ecco dunque che essa alza il pugnale, puntando alla gola, ma non osa ancora sferrare il colpo. Ciò che la frena è un'estrema consapevolezza della posta in gioco e del rischio di scatenare l'inferno. Essi sanno bene che l'energia dei popoli europei è ancora grande, tale che se anche una minima parte si svegliasse dal torpore verrebbero travolti all'istante.

Per queste ragioni, per salvare l'occidente dalla rovina, è necessario battersi per la democrazia, cioè per il diritto dei popoli europei, e delle loro classi sociali, di continuare a sviluppare questa particolare forma di civilizzazione, che è l'Europa, attraverso il conflitto come è sempre stato e come è inevitabile che sia, rifiutando le false promesse di una pax europea che altro non può essere che cimiteriale.

Ogni lettura che interpreta quanto sta accadendo come il tentativo dell'asse franco-tedesco di imporre il suo dominio è sbagliata, e inoltre suscita reazioni di stampo nazionalistico - anti francesi e anti tedesche - infondate e in stridente contraddizione con un progetto di annichilimento degli Stati nazionali già arrivato alla soglia di guardia. Per sovrappiù, una lettura in chiave nazionalistica anti francese e anti tedesca rischia di avvantaggiare quelle forze reazionarie presenti in ogni paese che, essendo meno svantaggiate dal progetto unionista, accarezzano l'idea di favorirlo pur assoggettandosi alla classe cosmopolita sovranazionale nel ruolo di vassalli. Sono invece la classi popolari, ben più svantaggiate e che non possono quindi sperare in uno scambio minimamente vantaggioso, che devono costruire in ogni paese la forza politica necessaria a disarticolare il progetto europoide.

Ci aspettano anni difficili, ma anche molto interessanti: vedremo se la forza dei popoli europei si è definitivamente estinta, oppure se essi sono ancora capaci di lottare per la libertà.

venerdì 10 maggio 2019

L'uscita per l'entrata

Ci porteranno negli U.S.E. quelli che volevano portarci fuori dall'euro

E' incredibile l'ottundimento di molti che pure tanto si sono spesi negli anni passati per l'uscita (almeno) dall'euro. Passi che non si voglia capire che anche la sola partecipazione alle elezioni cosiddette europee del prossimo 26 maggio costituisce un riconoscimento implicito della sconcia entità liberale denominata Unione Europea, ma che addirittura si invochi la necessità di votare per i due partiti di governo che, sia a parole che nei fatti, confermano cotidie l'intenzione di procedere verso i cosiddetti U.S.E. lascia sconcertati.



E' incredibile come quelli che si sono pasciuti per anni di grafici e poste tecnici, e quindi dovrebbero aver maturato convincimenti razionali sull'irriformabilità della sconcia entità denominata Unione Europea, oggi abbiano dimenticato tutto e si sono schierati a sostegno del governo giallo-verde. I cui esponenti, giova ricordarlo, a fronte dei roboanti proclami prima delle elezioni del 4 marzo 2018, non hanno nemmeno messo in discussione il pareggio di bilancio in Costituzione, col risultato che anche quest'anno avremo un surplus primario di 35 mld di euro. Costoro si dividono in due schiere, quelli che tifano per Salvini e quelli che parteggiano per i 5 stelle, ma condividono una narrazione politica secondo la quale questo governo sarebbe un argine contro le i poteri oligarchici europei.

Ho provato a fare una ricerca per vedere di quali forze armate dispongano questi potentissimi poteri oligarchici europei, quante divisioni, quanti carri armati, aerei, portaerei, ma non è venuto fuori nulla. A quanto pare le uniche forze armate sono quelle degli Stati sovrani, in particolare la Francia che è l'unico paese che potrebbe impensierirci qualora si arrivasse alle mani, visto che dell'Inghilterra, almeno per quanto riguarda un'eventuale italexit, non dovremmo preoccuparci.

Poi ci ho riflettuto un po' e mi sono ricordato che anche l'Italia ha delle forze armate, e che forse sono queste quelle che dovremmo temere di più, se fossero controllate dalla burghesia compradora y vendedora nacional. Stanno così le cose?

D'altra parte come spiegare l'improvviso dietro front di Lega e 5 stelle, se non ipotizzando che, giunti al governo, si sono visti recapitare una testa di cavallo? L'alternativa, oddio oddio, sarebbe una sola: che fin dall'inizio questi due partiti abbiano mentito al fine di cavalcare, e poi disinnescare, la minaccia sovranista. Ma non ci voglio credere non ci voglio credere non ci voglio credere non ci voglio credere non ci voglio credere ...

Si distinguono, nella lettura dei fatti che pone al centro l'incredibile potenza dei poteri oligarchici europei, gli appartenenti a una gloriosa frazione del campo sovranista, universalmente noti come marxisti dell'Illinois, i quali già all'indomani del voto del 4 marzo teorizzarono un cambio di fase da essi definito populismo. Come dire: signori abbiamo scherzato.

Oltre ai succitati, tra i singoli, oltre ai dioscuri Bagnai&LBC di cui abbiamo parlato a iosa, si distingue ultimamente Antonio Maria Rinaldi, candidato nella Lega alle elezioni cosiddette europee e autore di un'ultima fatica letteraria dal titolo "L'Europa che vogliamo". Il buon Rinaldi vuole andare in Europa a testa alta, e ovviamente l'oro è degli italiani.

Quello che accomuna i marxisti dell'Illinois, i dioscuri, il buon Rinaldi e tutti quelli che gli vanno dietro è una singolare dimenticanza: fino a poco più di un anno fa dicevano cose completamente opposte. Cosa volete, c'è stato il mitico cambio di fase, adesso la situazione è diversa.

Ma torniamo ai marxisti dell'Illinois, poiché dei singoli poco ci cale se non augurare loro le più magnifiche sorti e progressive. Pare che, secondo la lettura dei marxisti dell'Illinois, il m5s abbia un fondamento sano dovuto a una sorta di connessione sentimentale col popolo sofferente, da qui il concetto di "populismo", di cui vi offro un esempio convincente:


Ma come, anni e anni a perculare i poveri piddini con dotte argomentazioni, e poi si arriva alle bottigliette di plastica? Forse perché è meglio parlare di questo e mettere la sordina al taglio del numero di parlamentari?



Che pena! Finirà che quando ci sarà il referendum confermativo dovrò votare insieme ai vituperati piddini. Anzi, comincio a credere che tutti questi falsoni ci faranno rimpiangere i piddini, e perfino Berlusconi.

Come si spiega tutto ciò?


Urge una spiegazione, una chiave di lettura, altrimenti si rischia di stare qui a smadonnare senza capire un accidenti. La mia chiave di lettura, che espongo esplicitamente da qualche tempo, è che in Italia chi comanda davvero non si trova né in Parlamento né tra le forze politiche. Ho chiamato questa entità, che detiene il vero Potere, "burghesia compradora y vendedora", ma in realtà essa è l'apparato liberale, sia ideologico che operativo, che da sempre domina incontrastato in questo paese, con una parziale ritirata durata il tempo della prima Repubblica. Un apparato che si è appropriato del risorgimento, ha fatto la guerra a Giolitti per entrare nella prima guerra mondiale, ha scelto Benito Mussolini e il fascismo come soluzione alla crisi del primo dopoguerra, ed è tornato in auge dopo il colpo di stato di tangentopoli che fu l'esito finale di un'accorta e intelligente operazione pluridecennale di scardinamento della legalità costituzionale, operata a suon di bombe, servizi deviati e collusioni con la malavita.

A differenza di Pasolini non posso affermare "IO SO", perché non ho le prove di quanto affermo, ho solo la mia modesta intelligenza. Questo apparato è il vero nemico, non i poteri oligarchici europei che nulla potrebbero senza il consenso di questa entità, la burghesia compradora y vendedora, la cui eterna vocazione consiste nell'infiltrare, sedurre, comprare ogni opposizione che sorga dal basso, per piegarla ai suoi vili interessi. Abbiamo il nemico in casa, è inutile cercarlo a Bruxelles: lì ci sono solo i suoi complici.

Volete sapere come funziona il gioco? E' banale. Tanti anni fa un amico ingegnere che lavorava in Sicilia mi raccontò di essere rimasto coinvolto, in qualità di tecnico, in un processo su un appalto nel quale la mafia aveva grossi interessi. Un giorno venne a trovarlo a Roma un signore molto cortese che gli prospettò la possibilità di avere molti altri incarichi, ma che prima si doveva risolvere una certa questione. Il mio amico, che non era un eroe ma nemmeno uno scemo, prese una doppia decisione: fece una relazione accomodante e si dimenticò della Sicilia. E questa è la mafia. Avete idea del potere che ha l'entità liberale? Credete davvero che abbia paura di quattro straccioni che si nascondono sotto terra in una masseria di campagna? Eppure ci sfracassano i coglioni con questa storia delle mafieeeee!!!! nevvero?

Ecco perché l'unica via d'uscita è un vasto movimento dal basso, e non la fiducia in qualche leader o in qualche piccolo gruppetto che non vede l'ora di arrivare, tutti vulnerabili alle seduzioni, alle minacce, ai ricatti della grande mafia liberale. Ci vuole pazienza, bisogna lavorare sotto traccia per decenni, non mettersi troppo in evidenza, accettare di essere piccoli, augurarsi che ci siano tante iniziative, costruire organizzazioni ognuna con tanti capi che cambiano spesso, non fidarsi di nessuno, espellere chiunque al primo sospetto. Pensate che i vietnamiti abbiano sconfitto gli americani adorando qualche leader carismatico? Ce ne era uno, è vero, il generale Giap, ma ben al sicuro in Vietnam del nord, mentre quelli che combattevano al sud erano una miriade, e nessuno era un vate.

Dobbiamo diffidare dei leader, perché sono ricattabili e troppo deboli per resistere alle lusinghe e alle minacce dell'entità liberale. Quelli che abbiamo avuto nel decennio appena trascorso potete considerarli tutti andati, ormai risucchiati dalla piovra liberale. Non dobbiamo detestarli, ma anzi compatirli. Soprattutto, per molti anni ancora, non dobbiamo avere leader, è troppo presto.

Basta dunque con la gara a chi conta di più, basta coi narcisismi, sia ben chiaro che la lotta, per chi vuole farla davvero e non per i coglioni frou-frou, è sangue, merda, ininfluenza e solitudine per più di qualche generazione. Noi non lottiamo per cambiare il presente, questo è impossibile, né per i nostri figli, troppo poco tempo. Noi dobbiamo lottare come i primi cristiani, come i primi socialisti, dirò addirittura come i primi liberali in lotta contro le aristocrazie; dirò ancora: come gli ebrei, come gli armeni, come i curdi, come hanno fatto i vietnamiti e stanno facendo gli afgani; solo se lotteremo così, senza pensare a noi stessi ma solo all'idea, avremo qualche possibilità di salvare il popolo italiano dalla sua dissoluzione nell'indistinta moltitudine globale che la mafia liberale ha in progetto di realizzare, a partire dalla costruzione della sconcia entità europoide.

Stiamo forse combattendo per qualche decimale di deficit? Chi la pensa così che vada con Salvini, coi 5 stelle, o resti piddino. Qualsiasi soluzione costoro ci prospetteranno, altro non sarà che l'uscita per entrare in qualcosa di peggio. L'uscita per l'entrata, appunto.

giovedì 9 maggio 2019

La burghesia compradora y vendedora è democratica al suo interno

C'è un periodo della nostra storia recente che è come passato sotto silenzio, quello intercorso tra le elezioni politiche del 4 marzo 2019 e l'insediamento del governo gialloverde. Cosa sappiamo, di quelle trattative, che vada oltre la brodaglia informativa che ci è stata somministrata? Quali forze reali l'hanno condotta? In quali sedi? Che compromesso è stato raggiunto? Sono tutte domande alle quali non abbiamo risposte certe, questo sarà un compito degli storici del futuro, ma possiamo provare a fare un ragionamento deduttivo.

Come in ogni ragionamento deduttivo abbiamo bisogno di qualche assioma di partenza, il primo dei quali è che la burghesia compradora y vendedora che ha in pugno il paese pratica, al suo interno, la sola democrazia che esista, che è quella tra pari - come ho più volte sostenuto. Questo assioma, dal quale intendo partire e che ovviamente non mi preoccupo di dimostrare (essendo un assioma) porta, già da solo, a un'analisi del tutto opposta a quella secondo la quale (per citare i fini analisti dell'Illinois):

«I poteri forti (economici, finanziari e bancari, nonché quelli istituzionali) vogliono far sì che il 26 maggio sia la loro vendetta dopo la batosta del 4 marzo 2018. Per la precisione stanno trasformando le elezioni in un referendum pro o contro l’inviso “governo populista”, pro o contro l’Unione europea.»

Quello che io penso, invece, è che dopo il 4 marzo, nei lunghi mesi di trattative, il back-office della burghesia compradora y vendedora si sia riunito più volte per stabilire la linea che le diverse forze politiche in parlamento avrebbero dovuto (e devono) in qualità di front-office, rappresentare al pubblico. Penso che, negli incontri del back-office, si sia discussa anche la possibilità di un'azione molto decisa nei confronti dell'Unione Europea, ma che questa linea sia stata messa da parte. Come conseguenza, rapidamente tutto il front-office si è adeguato, a dimostrazione che la burghesia compradora y vendedora pratica, ovviamente solo al suo interno, la vera democrazia, per di più nella forma di un centralismo democratico borghese, il quale prevede e impone che la minoranza si taccia e non ostacoli l'azione di governo della maggioranza emersa nel back-office (il parlamentino segreto della burghesia compradora y vendedora).

Altro che lo scontro in atto teorizzato dai fini analisti dell'Illinois! La burghesia compradora y vendedora è ben salda nel suo potere, non è in uno stato di guerra civile, tant'è può concedersi il lusso di praticare al suo interno la democrazia (che è sempre tra pari). Noi sovranisti, reduci dalla grande quanto inconcludente mobilitazione contro l'Unione Europea dell'ultimo decennio, abbiamo il privilegio di poter ben intendere alcuni indizi minori, non per questo meno rivelatori. Non è forse vero che Paolo Savona (promoveatur ut amoveatur) è stato estromesso dal governo? Non è forse vero che, attualmente, il ruolo e il peso di alcuni tra i più noti critici (a dir poco) dell'euro e dell'UE sono pesantemente ridimensionati? Il povero Borghi si sottrae a stento alle randellate polemiche sui social, ma solo grazie alla geniale invenzione del tuttosubitismo, che però funziona ogni giorno di meno; Alberto Bagnai si vede poco, dice perché sta studiando tanto tanto tanto, ma è un fatto che, nel tempo che dedica alla politica, lo si incontra in località di provincia, tra Albenga Lamezia Terme e Veroli; Luciano Barra Caracciolo è letteralmente scomparso dai radar e ancora non si sa nulla del suo ruolo nel governo; poi c'è Antonio Maria Rinaldi, ancora in sala d'attesa.

Tutto ciò non vi suggerisce la spiegazione più ovvia, ovvero che la burghesia compradora y vendedora, dopo aver rastrellato voti su tutto lo spettro delle posizioni politiche, anche quelle sovraniste grazie all'ingaggio dei sunnominati e di altri meno noti, ha democraticamente deciso nel suo back-office che la linea resta quella di una ulteriore cessione di sovranità all'Unione Europea? Il back-office decide, il front-office esegue.

Ma tutto questo i fini analisti dell'Illinois non riescono proprio ad immaginarlo, per loro il mondo è sempre diviso a metà: da una parte i cattivi, dall'altra i non troppo cattivi, coi quali i buoni non possono non stare assieme. E allora vai con l'appello:

«LA POSIZIONE DELLA SINISTRA PATRIOTTICA - Stando così le cose, malgrado non troveremo sulla scheda alcuna lista della sinistra patriottica, e dato che dietro alle sorti del governo giallo-verde la vera posta in palio è se l’Italia manterrà o si lascerà sfuggire gli scampoli di sovranità nazionale, sarebbe un gravissimo errore assumere una posizione astensionista. Essa equivarrebbe ad una sostanziale collusione con il nemico principale, che resta il variopinto e dominante blocco euro-liberista. Una sconfitta nelle urne del governo giallo-verde (ed in particolare un serio arretramento dei Cinque Stelle) sarebbe quindi un disastro non solo per il popolo lavoratore ma per le stesse sorti della causa sovranista. Questo disastro va scongiurato. I patrioti con la testa sulle spalle il 26 maggio si recheranno dunque alle urne, votando per i candidati no euro presenti nelle liste del M5s. A chi invece intende votare per la destra leghista diciamo: non limitatevi ad esprimere un voto di lista ma date la preferenza ai candidati sovranisti che in questi anni si sono battuti non solo contro l’euro ma in difesa della Costituzione del 1948.»

Devo dirvi una cosa: sono soprattutto contento per Alberto Bagnai, che da tempo mi onora bannandomi dalla sua socialsfera, il quale è stato così abile da ritrovarsi in una posizione chiaramente win-win. Infatti, se si andrà verso gli USE o qualcosa del genere, avrà comunque risolto il problema del pendolarismo Roma-Pescara, una cosa che con gli anni sarebbe diventata sempre più faticosa. Però, se un giorno la burghesia compradora y vendedora decidesse di averne abbastanza dell'UE, allora sarebbe ripescato alla grande. Certo, difficile che riesca ad arrivare ai vertici, nei veri centri di comando, è pur sempre soltanto un operativo.

Che destino diverso dal mio, che invece sono in una posizione lose-lose! Continuando così le cose sono destinato a diventare come uno di quei giapponesi che combattevano nella giungla quaranta anni dopo la fine della guerra; se invece dovessero cambiare, speranza che da buon "giapponese" non mi abbandona, mi dovrò sorbire a Capodanno i sermoncini di Illo, a social riuniti e in qualità di sommo esponente del (nuovo?) front-office.

E se invece arrivasse la mitica sollevazione, per la cui gestazione è necessario gettarsi nella lotta anche sacrificando la purezza ideologica, della quale in Illinois si resta in messianica attesa? Non è forse vero che "su una base insignificante di realtà l'immaginazione fila e tesse nuovi disegni"?



Sia quel che sia, non andrò a votare per eleggere i rappresentanti dei cittadini d'Europa (sic!) e chi lo farà perderà la mia considerazione. Il solo strumento che noi sovranisti abbiamo consiste nel rifiuto netto e assoluto di prendere parte agli sconci riti, falsamente democratici, di questa dittatura liberale sovranazionale, denominata Unione Europea, nella quale l'indegna burghesia compradora y vendedora ci ha trascinato per distruggere la democrazia costituzionale. Presto lo capirete in molti, col tempo sarà chiaro a tutti perché nulla dura in eterno: l'Unione Europea sarà distrutta e la burghesia compradora y vendedora espropriata del suo potere. Anche se sarà dura, perché la libertà costa cara. Sempre.

mercoledì 8 maggio 2019

Cinquanta sfumature di europeismo

Qualche tempo fa chiamai un amico per invitarlo a prendere parte alla formazione di un piccolo gruppo di sovranisti costituzionali, col fine di continuare ad esercitare, nel nostro piccolo, una qualche forma di azione per la riconquista della sovranità del nostro paese. Mi sentii rispondere che noi eravamo su posizioni troppo estremiste e che, per questa ragione, ci stavamo rinchiudendo in una setta mentre lui, al contrario, voleva fare politica. Credo che questo piccolo avvenimento ben rappresenti il clima nel quale stiamo vivendo, dopo gli anni in cui il tema della riconquista della sovranità nazionale sembrava potesse affermarsi.

Il fatto è che si è capito benissimo che al popolo non è assolutamente permesso di esprimersi sull'adesione all'Unione Europea, e anzi che contro ogni tentativo di far nascere un'opposizione politica che faccia propria questa fondamentale battaglia di democrazia saranno dispiegati tutti i mezzi possibili. In altri termini ci è stato fatto capire che, chi insisterà, si condannerà come minimo alla sopravvivenza in una microscopica nicchia. Il mio amico, dunque, aveva ragione: per fare politica, oggi in Italia, non si devono assumere posizioni anti Unione Europea.

Se non nell'unica forma possibile e consentita - perché funzionale agli interessi della burghesia compradora y vendedora - della militanza (a scelta) in un partito dichiaratamente fascista o comunista, cioè CasaPound o il Partito Comunista Italiano di Marco Rizzo. Meglio in CasaPound, ovviamente, ma se proprio non si vuole stare coi fascisti, allora un minimo di agibilità politica può essere concessa ai comunisti. Poi basta.

Con il che il cerchio è chiuso. Gli anti unionisti possono essere fascisti o comunisti, tutti gli altri devono essere inqualchemodoeuropeisti. Sempre con l'opzione, se e quando opportuno, di scatenare qualche bagarre tra opposti estremismi, quanto basta per sproloquiare sul mediastream di ritorno degli anni di piombo.

E allora esaminiamo le sfumature di europeismo per tutti i gusti che l'offerta politica, saldamente pilotata dalla burghesia compradora y vendedora, ha apparecchiato per gli elettori (i cittadini europei - daje a ride).

La sfumatura leghista:

"L'euro è sbagliato e destinato a finire", "vanno cambiati i trattati. Chiaro che il sistema a moneta unica finirà: vogliamo arrivare preparati al momento".

La sfumatura pentastellata:

"L’euro? Ora non è più il momento di uscire".

La sfumatura melonica:

"Contro la finanza speculativa e le distorsioni dell’euro", "La Germania ci ha guadagnato, l’Italia ci ha perso", "Basta austerità".

La sfumatura forzitaliota:

"Più poteri al Parlamento Europeo", "Semplificazione procedure per accedere ai fondi UE", "Riforma della BCE e armonizzazione fiscale".

La sfumatura piddina:

"Per una nuova Europa. Verde, giusta, democratica"

La sfumatura boniniama:

"Verso gli Stati Uniti d'Europa", "Un paese che dia fiducia ai cittadini", "Guardare al futuro senza paura".

Poi dicono che non c'è democrazia...


Ma se persino ai terrapiattisti è lasciata libertà d'espressione! Non sapete che, proprio in questi giorni, si terrà a Palermo un convegno sulla terra piatta? Al quale, ne sono certissimo, in nome del pluralismo saranno presenti giornaloni e testate televisive. Dunque, se in Italia c'è tanta democrazia e libertà di espressione, di ciò dobbiamo ringraziare l'Europa, perché fuori dall'Europa ci sono i nazionalismi violenti e beceri, i fascismi, il pericolo della dittatura comunista, la calvizie precoce di massa e l'alluce valgo epidemico!

Chi vuole fare politica si tenga dunque ben alla larga dai circoletti estremisti, dalle sette autoreferenziali, perché la politica si fa dialogando - lo sanno anche i bambini - e non rinchiudendosi in piccole sette dove ci si dà ragione a vicenda e magari poi ci si divide in micro sette sempre più ininfluenti. Venghino allora signori, salga a bordo chi (https://www.youtube.com/watch?v=phkTnFbF6Yg), pur nella diversità delle opinioni, vuole restare fermamente ancorato ai valori della civiltà, che prevede sempre e comunque il dialogo nella diversità.

E tutti insieme voi canterete....

martedì 7 maggio 2019

Nel sistema liberale i parlamenti sono assemblee di condominio di inquilini

Immaginate un'assemblea di condominio in cui nessuno dei partecipanti sia un proprietario ma sono tutti inquilini che pagano un affitto: ebbene, questa è la condizione di un Parlamento in uno Stato in cui tutto sia stato privatizzato. L'emissione monetaria, l'acqua, i trasporti, l'energia, le telecomunicazioni, le banche un tempo possedute dallo Stato, il demanio, le grandi infrastrutture, insomma ogni cosa che abbia un valore proprietario reale è nelle mani di grandi gruppi privati, nazionali o esteri, o con partecipazioni incrociate tra capitali nazionali ed esteri; ammesso che, in queste condizioni, abbia più senso parlare di "capitali nazionali"!

Questo è, oggi, il Parlamento della Repubblica italiana, un organo solo formalmente investito delle somme decisioni ma, in realtà, svuotato di potere effettivo. Chi comanda sono i consigli di amministrazione dei grandi Trust che hanno partecipato al banchetto delle privatizzazioni dopo il golpe incostituzionale di mani pulite del 1992; un banchetto nel quale si sono distinte soprattutto le cosiddette sinistre, nella veste di raccoglitrici di ossi e avanzi lasciati cadere dalla tavola imbandita, senza per questo trascurare il contributo delle cosiddette destre. La lotta politica, dopo il 1992, essendosi ridotta alla semplice quanto accanita competizione per accaparrarsi la maggior quantità possibile di tali ossi e avanzi.

Le cose vanno ancor peggio nel parlamento cosiddetto europeo. Infatti, mentre nel Parlamento della Repubblica italiana gli eletti hanno, almeno formalmente, il potere di decidere su questioni equivalenti alla temperatura delle luci led da installare nelle scale condominiali, in quello cosiddetto europeo non si può decidere nemmeno la curvatura delle zucchine.

La domanda che è assolutamente necessario porsi è questa: qualche Stato estero ha costretto l'Italia, con la forza, ad aderire all'Unione Europea? Ciò non risulta, col che non possiamo che concludere che questa è stata una decisione della nostra burghesia compradora y vendedora, dopo il successo del colpo di Stato di mani pulite. Questa, durante la stagione delle privatizzazioni, si è impossessata di gran parte del patrimonio pubblico italiano finché, ormai satolla, non riuscendo più a ingozzarsi, ha chiamato in soccorso le sue consorelle estere. Ricordate la battaglia per la golden share in cui si distinse Bertinotti? A conti fatti, questa è servita per dare il tempo alla burghesia compradora y vendedora nostrana di accaparrarsi tutto quel che poteva, poi si sono aperte le porte ai compari esteri già da tempo invitati.

Il premio per l'invito a questo indegno banchetto è stata la riconoscenza, per cui ogni desiderio della burghesia compradora y vendedora italiana viene oggi soddisfatto dai commensali di quel banchetto. Serve aumentare le tasse per devastare la domanda interna e abbattere il costo del lavoro? Tranquilli, che lo chiede l'Europa! Mica la burghesia compradora y vendedora! Abolire lo Statuto dei lavoratori? Ce lo chiede l'Europa! Insomma, la burghesia compradora y vendedora è fuori dal mirino perché la colpa, tutta la colpa, è dell'Europa cattiva a guida tedesca. Non mancano le varianti: è colpa dell'America, no della perfida Albione, ma la Francia allora? Il risultato di questo impazzimento collettivo è stato il rinascere di un nazionalismo economico farlocco e ridicolo, del quale ha approfittato, a mani basse, la Lega salviniana, previo arruolamento nelle sue fila di quanti non vedevano l'ora di ricevere la cartolina di precetto. Un gioco talmente chiaro quanto incompreso che qualcuno, addirittura, può vantarsene dicendo di sé stesso "sono un soldato, dunque obbedisco".

Dicevamo del cosiddetto parlamento europeo, quello che non può decidere nemmeno la curvatura delle zucchine. Alle imminenti elezioni per questo cosiddetto parlamento, in realtà un pollaio nel quale tenere all'ingrasso i raccoglitori di ossi e avanzi che non entrano in quelli nazionali, partecipano anche due formazioni italiane, CasaPound e il Partito Comunista Italiano guidato da Marco Rizzo (quest'ultimo da me improvvidamente votato alle ultime politiche) le quali, avendo l'opportunità di distinguersi dalle forze politiche che, in anni passati, hanno strillato ai quattro venti "Basta euro" per poi diventare europeiste, hanno scelto di concorrere. Chissà perché, e soprattutto come, pensano che i loro "Basta euro" possano diventare, grazie a questa scelta scellerata, più credibili! Forse perché pensano che, ormai, the mission was accomplished?

Meritano che questo piccolo blog di paese gli dedichi un po' di attenzione. Estote parati.

domenica 5 maggio 2019

Romanzetto fantasmagorico (Cap.1 prologo)


IL QUIRINALE

Quando ripenso agli anni della guerra civile, è passato tanto tempo che il ricordo di quegli avvenimenti non mi suscita più angoscia, non posso fare a meno di provare, ogni volta, un senso di meraviglia per il modo in cui il mio paese si condusse alla rovina. C’era stata la vittoria dell'Alleanza, una sorpresa, ed erano iniziate le trattative per il nuovo governo, pur tra polemiche e tatticismi all’interno del gruppo dei vincitori. Ricordo che anche la crisi economica sembrava superata, e in qualche modo il Cavaliere, Vanlisi e Amidio avrebbero trovato la via di un accordo, per cui, benché rattristato per la sconfitta della piccola frazione in cui militavo, non immaginavo certo che, di lì a poco, la mia vita, e quella di milioni di Italiani, sarebbe stata sconvolta da avvenimenti tragici e assolutamente imprevedibili. In realtà, osservandoli in prospettiva, dall’alto di questa prigione dorata dove, quasi certamente, concluderò la mia esistenza, come sembrano confermare le attenzioni di tutti gli organi di informazione, e la quantità di messaggi augurali per il mio novantesimo compleanno, la spaventosa crisi sociale e politica che ci travolse tutti era nell’aria. Mi sono chiesto, sia durante gli avvenimenti di quel decennio, sia dopo, quando la sanguinosa battaglia di Mantova ebbe posto fine alla guerra civile, quale sia stato il fatto, o la circostanza, che determinò la rottura dell’equilibrio. Molti si sono affannati nel cercare spiegazioni economiche, sociali, politiche, ma esse non mi hanno mai convinto. Pochi giorni fa, ricevendo Alfonso Barreca, capo dell’opposizione in Messico, abbiamo ripreso l’argomento, ed egli sostenne che senza l’assassinio di Vanlisi l'Alleanza non sarebbe mai caduta nelle mani di Padovani, con quel che ne seguì. Barreca è un politico, ed è normale che, ai suoi occhi, siano i fatti politici a determinare gli avvenimenti, ma questo non spiega perché un fatto come la morte di un leader politico possa scatenare l’ondata di violenza omicida che insanguinò per molti giorni il paese. In fondo, altri assassini politici non avevano avuto conseguenze così gravi, basti pensare all’attentato a Togliatti, o all’omicidio di Matteotti, o alla morte di Carrero Blanco, se non si vuole restare al caso di politici dell’opposizione. Certo, l’avvento di Padovani alla guida dell'Alleanza fu un fatto determinante, fu sua l’iniziativa di agire fuori della legalità. Non ci accorgemmo subito della sua follia, quell’uomo sembrava, al contrario, molto sicuro di se, dotato di un carattere orientato alla ponderazione e alla mediazione. Forse, fu anche grazie alla considerazione che seppe guadagnarsi che, quando lanciò l’accusa di tradimento nei confronti dei suoi alleati, poté risultare così convincente.
Il giorno che spararono a Vanlisi ero in vacanza. Facevo l’insegnante, precario, per cui nel mese di Settembre non avevo impegni. Avevo preso una camera in affitto a Cagliari, per poter essere vicino a Agathe, la giovane donna che sarebbe stata la causa della mia adesione al partito della Rivoluzione, ma allora non potevo immaginare che una moretta conosciuta in barca fosse anche un membro inconsapevole di un’associazione new-age, i seguaci di Rigel, alla cui ombra si muoveva un gruppo terroristico.  Cosa posso dire, che non abbia già detto, in proposito? Questa circostanza sembra destinata a gettare un dubbio odioso sulla lealtà delle mie scelte, insostituibile strumento per campagne diffamatorie e insinuazioni da parte di quanti, e cominciano ad essere molti, si lanciano in analisi revisionistiche per inconfessati scopi politici. Agathe era una giovane molto graziosa, dalla conversazione affascinante, anche se i suoi argomenti, e soprattutto le sue convinzioni, potevano lasciare perplessi. Che dire dell’idea, che avevano tutti in quel gruppo, che il vero governo della terra fosse nelle mani degli extraterrestri, vere potenze spirituali dell’universo, con funzioni di guida per le razze meno sviluppate? La sola ragione per cui continuai a vederla, pur non condividendo affatto i suoi convincimenti, era che mi piaceva pazzamente, e inoltre era molto giovane. Non corrisponde al vero, lo smentisco nel modo più categorico, e continuerò ad agire nei confronti di quanti affermano il contrario, che anche io facessi parte dell’organizzazione. D’altra parte, condivido la meraviglia di quanti scoprono che il capo della nazione, il Presidente, l’uomo che ha guidato la resistenza nei giorni bui della sconfitta e del tradimento, possa essersi trovato ospite nella stessa villa da cui partì il commando che uccise Vanlisi, ospite del gran maestro della fratellanza universale Rigeliana, Edo Padovani, il quale così commentò la notizia del telegiornale: “La sua anima si è ricongiunta allo spirito cosmico, ora vive nella luce..”
Agathe mi aveva parlato della villa, nella quale lei e gli altri della Rigel avevano intenzione di festeggiare l’equinozio d’autunno, e mi aveva invitato a trascorrere un periodo ospite della setta. Avevo tuttavia rinunciato all’ospitalità, per godere di maggiore libertà, e avevo preso alloggio in una pensione appena fuori Cagliari, anche se, in realtà, finii con il passare lì quasi tutto il mio tempo, anche le notti.
Giunsi a Cagliari il 13 Settembre, subito dopo gli esami di riparazione, a bordo della motonave Salerno, con moto, casco e sacco a pelo, oltre a un minimo di bagaglio. Sono sempre stato un viaggiatore con pochi bagagli, perché riuscivo sempre a procurarmi, in qualche modo, le cose che tralasciavo di portare con me. In quell’occasione potevo contare sull’organizzazione di Agathe, che invece, quando si muoveva, aveva bisogno di un TIR. D’altra parte questa caratteristica, che indubbiamente è sintomo di un atteggiamento un po’ parassitario nei confronti degli altri, mi sarebbe tornata utilissima negli anni della latitanza, quando divenni il ricercato numero uno del regime di Edo Padovani, il Federliberismo, che durò al potere per 8 lunghi anni, riducendo l’Italia al livello di un paese sudamericano, nel quale tutto era permesso, ai federliberisti naturalmente. In particolare ai membri della MILFED, il famigerato corpo istituito da Padovani, sulle ceneri del vecchio servizio d’ordine dell'Alleanza, dopo la resa dei conti con Perniso alla convenzione di Milano. La morte di Perniso, avvenuta due mesi dopo in un finto incidente d’auto, segnò il punto di svolta decisivo della politica dell'Alleanza. Liquidata, sia politicamente che fisicamente, la vecchia guardia, Padovani poté dare inizio al suo regime personale, che sarebbe durato fino al mattino del 13 Giugno 2034.
E’ strano come la mia vicenda personale si sia inserita in questa immane tragedia in seguito ad una serie di avvenimenti casuali, a partire dall’incontro con Agathe sull’aliscafo per Ponza. Se quel giorno non avessi sofferto il mal di mare, molto probabilmente sarei finito anche io, come migliaia di Italiani, in un campo di concentramento, o sarei rimasto ucciso nel corso delle numerose campagne di normalizzazione organizzate da Padovani. Era il 26 Giugno, e avevo deciso di trascorrere una breve vacanza in campeggio, nei pressi di Sperlonga, ospite di amici. Quella mattina avevo preso la moto per andare a prendere il giornale, e senza una ragione apparente, invece di salire su in paese, avevo imboccato la Flacca in direzione di Formia, dove giunsi in tempo per la partenza dell’aliscafo. La vidi per caso, poiché la brusca frenata di un’auto mi indusse a voltarmi. Era una moretta dall’aspetto luminoso. Rimasi talmente colpito che feci una cosa che pochissime altre volte ho fatto nella mia vita, le corsi dietro, con la mente suggestionata dall’emozione che la  vista di quella sconosciuta aveva suscitato nel mio animo. Parcheggiata la moto nel piazzale, mi precipitai sulle sue tracce, in tempo per vederla entrare nella biglietteria del porto, cosa che prontamente feci anch’io. Fu così che mi ritrovai, poco dopo, sull’aliscafo per Ponza, senza alcuna ragione sensata per recarmici, con gli occhi fissi sulla sua seducente persona. Con il cuore impazzito riuscii a sedermi di fronte a lei, senza poterle staccare gli occhi di dosso, al punto che, mi confessò in seguito, le ero sembrato pazzo, e in quel momento lo ero, mentre un senso di vuoto e insensatezza si impadroniva del mio animo. Deve essere stato l’insieme di molti fattori, mi ero appena svegliato, ero digiuno, faceva un po’ freddo e il mare era mosso, avevo gli occhi fissi sulla punta del suo naso come quando si legge un libro in autobus e si fissa la pagina ignari di tutto il resto, fatto è che, d’un tratto, lo stomaco si ribellò, tentando di vomitare il nulla che conteneva, e poi svenni. Seppi così che il paradiso si chiamava Agathe, perché rinvenni con la testa poggiata sulle sue ginocchia, mentre decine di facce sconosciute si tendevano verso di me. Passai il resto della giornata con lei, me ne innamorai, continuai a vederla nei giorni seguenti, tutti i giorni su e giù tra Formia e Ponza, qualche volta rimanendo a dormire clandestinamente su una spiaggetta, ma non riuscii ad ottenere nulla. Non posso dire che divenni la sua marionetta, ma certamente così apparivo agli altri. D’altra parte, non le ero indifferente, visto che veniva a prendermi al porto, passavamo la giornata insieme, ci ascoltavamo con attenzione reciproca, eppure ogni volta che cercavo di baciarla mi sfuggiva con allegria. Non riuscivo a capire il motivo di questo comportamento, anche perché sentivo, con l’istinto, che il suo cuore non mi respingeva, ma c’era qualcosa che si frapponeva tra noi due, qualcosa di reale, come scoprii in seguito, un uomo, con il quale ero destinato a scontrarmi molto presto, Edo Padovani.
Quando giunsi a Cagliari ero ancora innamorato di lei, nonostante fossero passati più di due mesi dall’ultima volta che l’avevo vista, e nonostante una nuova ragazza, la dolce Ingrid, bella e mondana. Ero dunque molto più tranquillo rispetto a due mesi prima, eppure, quando avevo letto il messaggio che mi informava del suo arrivo in Sardegna, senza alcuna esitazione, e approfittando del fatto che Ingrid si trovava a Milano per uno stage, avevo preso la moto ed ero partito. Mi ero aspettato di trovarla sul molo, ma rimasi deluso nelle mie aspettative. Dopo aver atteso per una mezz’ora, mi risolsi a muovermi in direzione della pensione dove avevo prenotato. Scaricai i bagagli, presi accordi con la proprietaria, e uscii per fare un giro di perlustrazione. Ero già stato diverse volte a Cagliari, per il servizio militare, e molti anni dopo, quando mi ero fidanzato con Miranda, una sarda completamente pazza, che avevo creduto di amare finché non avevo conosciuto sua sorella. Con la moto, la fida Gilda compagna di tante avventure, mi diressi verso il Poetto, in cerca di un bar dove sedermi a sorseggiare una birra. Si erano fatte le 11 del mattino, la spiaggia cominciava a riempirsi di bagnanti, ma un vento fastidioso mi dissuase dal tentare un bagno di fine stagione. Mi sedetti invece vicino a un Juke-box, misi su un vecchio brano dei Police, accesi la sigaretta di prammatica e assaporai l’attimo fuggente. Non avevo fretta di telefonare a Agathe, preferivo invece fantasticare su quello che sarebbe successo. Mi sentivo in una posizione di forza, potevo giocare con l’amore avendo a disposizione la via per un’onorevole ritirata. Non sapevo che, in quello stesso istante, un’auto con a bordo Terenzi, il fanatico seguace di Padovani, stava lasciando la villa per l’aereoporto. Sarebbe atterrato a Linate, destinazione finale Pontida, due giorni dopo.
Presi un giornale abbandonato su un tavolo, titolava su 4 colonne “La Costituzione non si tocca!”. Ero disgustato, ogni giorno di più, dallo spettacolo della politica in un paese che andava a rotoli, nel quale il liberismo si stava affermando più come assenza di governo che come progetto politico, e gli eletti dal popolo non si preoccupavano di fare leggi per regolamentare il mercato, guidare l’economia. Il modo, in fondo, mi importava poco; da qualche parte nel cervello covavo l’idea, blasfema per uno come me, che forse un po’ di liberismo sarebbe stato salutare per tutti. Aspettavo di vedere cosa sarebbero riusciti a fare quei tre che avevano vinto. Ero un ingenuo, non sapevo nulla di politica, mi illudevo ancora che l'Alleanza fosse qualcosa di diverso da un’accozzaglia di avventurieri, preoccupati solo di conquistare potere, potere e ancora potere. Oggi si fanno studi sulla figura di Vanlisi, santificato solo perché assassinato da Terenzi durante un comizio a Pontida, ma io credo che anche lui fosse della stessa pasta degli altri. In fondo, cos’altro era se non un ex figurante televisivo abituato a vivere di politica? Il potere gli stava dando alla testa. Quanto a Mangai, questi aveva venduto la sua intelligenza a un desiderio insano di rivincita, secondo una logica tutta interna al suo piccolo mondo di economisti marginalizzati. Eppure, l’ex figurante televisivo e l'economista marginalizzato avevano tolto il coperchio a una pentola, da cui sarebbero usciti personaggi come Padovani, l’ineffabile gran maestro di una setta esoterica che credeva negli extraterrestri.

Nessuno, credo, è mai sfuggito alla fantasia che esistano una o più sette segrete che governano gli affari del mondo, e che la storia che si studia a scuola sia solo la manifestazione apparente di scelte prese altrove. Si tratta di un’idea infantile, ma contiene un fondo di verità. E’ sufficiente, per ristabilire le debite proporzioni, sostituire alla parola governare l’espressione tentare di governare, e subito ci si avvicina molto di più alla realtà. Quanto possa essere grande l’influenza coordinata di un numero esiguo di individui, purché organizzati, e di grande livello mentale, non può essere compreso da una mente moderna, abituata a considerare la storia come la risultante delle scelte caoticamente coordinate di miliardi di individui. Queste sette esistono, anche se la loro potenza non è grande come vogliono far credere, e le loro origini, seppur lontanissime nel tempo, non sono senza soluzione di continuità con il presente. Molte volte, nel corso della storia, di esse non è rimasto che una flebile presenza, talmente labile da non riuscire ad influenzare nemmeno gli avvenimenti degli sperduti villaggi dove i maestri trovavano rifugio. In altre occasioni, invece, la loro potenza si è eretta ad arbitra del mondo, e quelle che sembravano convulsioni disordinate erano, al contrario, avvenimenti fermamente controllati e guidati verso un fine. Tutto questo, ed altro ancora, ho imparato da Edo Padovani, ultimo maestro della setta dei Rigeliani, sacerdote insigne di una delle due sole religioni dell’uomo, quella del potere. L’altra è quella del piacere, la mia....a quei tempi.