domenica 31 gennaio 2021

Mortalità generale 2020 - dati Istat (non consolidati)

Abbiamo i dati della mortalità generale dell'Istat per tutto il 2020, sebbene quelli di dicembre non siano ancora consolidati. E' però possibile trarre qualche conclusione.


A questa tabella, fornita dall'Istat, ho aggiunto le ultime due colonne a destra, che riportano la media della mortalità generale 2015-2019 e la variazione del 2020 su tale media. Ho poi ricavato, sempre dalla tabella Istat, le variazioni percentuali della mortalità generale per ogni anno rispetto al precedente:


Dall'esame di entrambe possiamo trarre le seguenti conclusioni:
  1. Vi è stato, nel 2020, un effettivo aumento della mortalità generale rispetto alla media 2015-2019 del 12,7%
  2. Tale aumento è determinato soprattutto dalle regioni del nord che, da sole, espongono un aumento del 21,5%
  3. Le variazioni del centro e del sud, pur presenti, non sono tuttavia diverse da quelle, anno su anno, del periodo 2015-2019
Sulla base dei dati Istat mi prendo la responsabilità di affermare che nelle regioni del centro e del sud l'impatto del covid-19 non si distingue in modo sostanziale da un'influenza più severa del solito. Il dato del nord, invece, ci segnala un problema sanitario reale, tuttavia fortemente condizionato dall'anomalia verificatasi in Val Seriana. Su questa anomalia occorrerà indagare, per individuare responsabilità penali di natura colposa o intenzionale, come lascia sospettare la vicenda del primario di Montichiari Carlo Mosca agli arresti per duplice omicidio volontario

Tutti i dati, inoltre, devono essere valutati tenendo conto della frazione di aumento della mortalità generale imputabile alla fortissima contrazione delle prestazioni del SSN, in gran parte mobilitato per fronteggiare l'emergenza covid-19, che ha sicuramente contribuito in parte al suo aumento. 

Il tutto deve essere confrontato con lo stato di prostrazione economica, sociale, psichica in cui versa la Nazione, che appare del tutto sproporzionato rispetto ai dati ufficiali di cui finalmente disponiamo. Si tenga infine conto del fatto che l'Italia ha detenuto per un certo periodo di tempo lo status di nazione più colpita al mondo, peraltro restando sempre tra le prime dieci posizioni.

Non c'è molto altro da aggiungere: solo chi non vuole può non vedere, e si tratta purtroppo della maggioranza della popolazione. Dunque, ognuno indossi quante mascherine vuole, e Dio per tutti.

mercoledì 27 gennaio 2021

mercoledì 20 gennaio 2021

Terrore a mezzo Stampa

 Articolo correlato: Aritmetica amorale del covid e fattore K (egodellarete 19 gennaio 2021)

Aritmetica amorale del covid e fattore K

Disclaimer: i ragionamenti esposti in questo articolo potrebbero suscitare l'indignazione di coloro che non sono in grado di capire che lo scopo di un'analisi numerica è quello di inquadrare correttamente le dimensioni di un fenomeno, al fine di valutare l'efficacia e proporzionalità dei provvedimenti intrapresi per gestirlo.

E' giunto il momento di tirare qualche somma sulla cosiddetta pandemia covid-19. Lo facciamo usando i dati ufficiali così come riportati sulla pagina di Epicentro dal titolo Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all'infezione da SARS-CoV-2 in Italia, aggiornata al 16 dicembre 2020. Si tratta di dati che hanno il crisma dell'ufficialità, e che al momento non intendiamo contestare. L'eventuale insorgere, in futuro, di elementi tali da suggerire una pesante manipolazione di questi dati, dovrebbe essere segnalata alle autorità competenti, se ancora ci saranno.

Prima di procedere ci preme sottolineare il fatto che l'Italia, tra i grandi paesi, è stato il più colpito. Ciò è facilmente verificabile da una breve ricerca in rete, ma crediamo utile segnalarvi i numeri riportati dal sito https://www.worldometers.info/coronavirus/, tra i più utilizzati dai giornali online e cartacei. Questo è lo screenshot dei dati ordinati per decessi/mln di abitanti attribuiti al covid-19, aggiornato al 17 gennaio 2021 (tabella 1):


Considerando che San Marino è in Italia, e che il Belgio e la Slovenia sono piccoli paesi, l'assunto secondo cui l'Italia è il paese più colpito al mondo approssima molto bene la realtà, anche in considerazione del fatto che lo stesso governo belga ha dichiarato ufficialmente che l'alto numero di decessi attribuiti al covid-19 in quel paese dipende da criteri di registrazione diversi dagli altri, e particolarmente inclusivi. Nulla possiamo dire della Slovenia, al momento.

Dalla premessa consegue che, se si riesce a mettere in discussione le statistiche riguardanti l'Italia, paese di fatto più colpito al mondo, allora a maggior ragione gli allarmi che sono stati riportati dall'informazione mainstream e riguardanti paesi esteri, devono essere considerati fortemente esagerati.

Il primo numero che dobbiamo tenere a mente è la popolazione italiana, per il quale assumeremo il dato riportato da wikipedia e aggiornato al 31 dicembre 2019: 60,234,639 abitanti.

Epicentro riporta questa tabella, aggiornata al 16 dicembre 2020, con i dati ufficiali di mortalità per attribuzione covid-19 (tabella 2):

Ho riportato questi dati in Excel per effettuare alcune semplici elaborazioni. Come vedete il totale dei decessi in Italia, con attribuzione di causa covid-19, è di 63,562 vittime, per ogni età e genere. Facendo il rapporto tra il totale dei decessi e la popolazione al 31 dicembre 2019 otteniamo un rapporto numerico significativo che chiameremo K.

K=63,562/60,234,639=0.001055423

Il fattore K in percentuale fa circa lo 0,11%. Tuttavia è più comodo usare il valore di K come numero puro. Infatti, moltiplicando K per il numero di abitanti di una città, o regione, o provincia, si ottiene il numero di decessi come se quella città, o regione, o provincia, avesse avuto esattamente la mortalità media calcolata su tutta l'Italia. Questo valore medio risulterà inferiore a quello reale nelle zone dove si sono avuti picchi di mortalità, e superiore a quelle dove il morbo ha colpito di meno. E' un numero medio, indicativo, utile per esporre e far comprendere la reale dimensione del fenomeno ha chi ha poca sensibilità ai dati numerici, cioè la maggior parte degli italiani

Un esempio a caso: Frosinone


A titolo di esempio consideriamo la città di Frosinone che, secondo quanto riportato da wikipedia, ha 44,569 abitanti. Moltiplicando K per questo numero si ottiene il numero di morti nel 2020 come se Frosinone si posizionasse esattamente nella media. Questo agevola la comprensione, e ci risparmia il lavoro di ricerca dei dati ufficiali su Frosinone. Effettuando la moltiplicazione si ottiene:

N_Frosinone=K*44,569=47 decessi/anno (come se Frosinone fosse nella media nazionale)

Potrebbero essere in realtà 40 oppure 60, ma teniamo il numero 47. Dunque, se consideriamo Frosinone nella media della mortalità per attribuzione di causa covid-19, da marzo a dicembre 2020 ci sarebbero stati 47 decessi. I dati riportati da Epicentro coprono un periodo di quasi 10 mesi, il che significa una media di quasi 5 decessi al mese con attribuzione di causa di morte covid-19, a Frosinone. Questo solo dato dovrebbe far riflettere i cittadini di Frosinone, ma non è tutto.

E' infatti necessario considerare altri elementi, il primo dei quali è il metodo con cui i decessi sono stati attribuiti al covid-19. Non abbiamo dati numerici per quantificare il numero di decessi, a Frosinone o in Italia, che sono stati attribuiti al covid-19 perfino in circostanze paradossali (incidenti stradali, morti per annegamento, suicidi etc) per cui non insistiamo su questo dettaglio che pure ha la sua importanza, limitandoci a ricordare che questo discutibile metodo di attribuzione è stato più volte confermato da fonti istituzionali.

Quello che possiamo fare è invece ricavare il numero di decessi per classe di età relativo a tutta l'Italia, partendo da questa immagine "sensibile" pubblicata da Epicentro e riportata in questo articolo in formato grafico (fig.1):


Con un po' di pazienza, muovendo il mouse sull'immagine del sito Epicentro, ho ricavato il numero dei morti totali in tutta Italia, per ogni fascia di età, ottenendo questa tabella (tabella 3):


Ho colorato in verde i decessi dei soggetti di età inferiore a 80 anni e in rosso quelli di età uguale o maggiore di 80. I primi sono il 39.27%, i secondi il 60,73%. Questi ultimi dati devono essere incrociati anche con quelli relativi alle patologie preesistenti dei deceduti, anch'essi riportati da Epicentro (fig. 2): 

Come è facile vedere, ben il 66% dei deceduti con attribuzione di causa covid-19 aveva 3 o più patologie. Questo dato ci consente un'operazione abbastanza conservativa, ovvero supporre (in mancanza di dati granulari) che il 66% degli ultraottantenni deceduti (che sono il 60% circa) avesse 3 o più patologie. Dal punto di vista logico-booleano stiamo effettuando un'operazione AND (0.66*0.60) che ci conduce ad asserire che, con alta probabilità, quasi il 40% (39,6%) dei deceduti per covid-19, avesse più di 80 anni e tre o più patologie, e quindi che, nel valutare sul piano statistico l'effettivo impatto sanitario di questi decessi, essi vadano esclusi dal conteggio in quanto di fatto inevitabili. La loro esclusione, infatti, ci consente di avere una percezione più realistica dell'effettivo impatto del covid-19 sulla popolazione italiana.

Restando alla città di Frosinone, se togliamo dal numero dei decessi mensili il 40% degli ultraottantenni con 3 o più patologie, otteniamo meno di 3 decessi al mese. Per visualizzare bene il fenomeno, possiamo immaginare al più 3 annunci funebri al mese causa covid-19, uno ogni dieci giorni! Un dato che i cittadini di Frosinone, come di qualsiasi altra zona, dovrebbero e potrebbero, se volessero, confrontare con i provvedimenti che ci sono stati imposti e giustificati sulla base di un delirante assioma controfattuale: se non avessimo fatto così ci sarebbero stati millantamila morti. Il tutto, è bene rammentarlo, nel paese più colpito al mondo stando ai dati ufficiali. 

Riassumiamo i criteri, più che cautelativi, che abbiamo adottato:
  • abbiamo date per buone tutte le attribuzioni di causa di morte per covid-19
  • nel caso preso ad esempio di Frosinone, non abbiamo tenuto conto che la mortalità effettiva per covid-19 è in realtà inferiore alla media nazionale
  • abbiamo supposto che quasi il 40% (39,6%) dei decessi sia avvenuto per cause inevitabili (più di 80 anni e 3 o più patologie)
C'è da ricordare che il dato medio nazionale è pesantemente condizionato da quelli di alcune province lombarde: il 37.9% dei decessi nel 2020 è avvenuto in Lombardia, di cui il 47,9% nella prima ondata,  evento quest'ultimo sul quale è in corso un'indagine della magistratura.

Infine, e in attesa dei dati di mortalità generale complessivi, è opportuno ricordare che quelli disponibili al 31 agosto 2020 mostrano come, nel centro-sud, questa sia stata inferiore a quella del 2019. Al nord, se si sostituissero i dati anomali della Lombardia (meglio: di alcune zone della Lombardia) con la media del quinquennio precedente, sarebbe facile dimostrare che i decessi sono stati poco più numerosi rispetto al peggiore dei cinque anni precedenti. Dunque in Lombardia (meglio: in alcune zone della Lombardia) è accaduto qualcosa di anomalo che merita di essere indagato, come in effetti sta accadendo.

Analisi dell'evoluzione temporale


Torniamo adesso sulla tabella 2. Da questa si evince un primo dato molto interessante, ovvero che il trend temporale dei decessi per attribuzione covid-19 tra la prima e la seconda ondata è stato in calo in tutta Italia, essendo passati dai 34,376 del trimestre marzo-aprile-maggio ai 27,347 del trimestre ottobre-novembre-dicembre (passando per i 1,839 del trimestre giugno-luglio agosto). Sostanzialmente, dunque, fino al 16 dicembre 2020 la cosiddetta seconda ondata è stata meno pesante della prima. Un dato da confrontare con la narrativa mainstream che, per settimane, ci ha raccontato il contrario. Ricordiamo ancora una volta che la prima ondata sconta i dati derivanti dall'opaca vicenda di alcune province lombarde, segnatamente in Val Seriana. In effetti la Lombardia passa dai 16,359 decessi del primo trimestre (47.6% del totale per una regione che ha il 16.5% degli abitanti d'Italia) ai 7,104 della seconda ondata (26% del totale). Un numero ancora superiore alla media, ma più ragionevole, e più in linea con i tassi abituali della Lombardia in occasione delle normali ondate influenzali.

Al contrario il Lazio (5,730,588 abitanti) ha mostrato un'evoluzione opposta, passando dagli 840 decessi causa covid-19 della prima ondata ai 2,099 della seconda, una crescita di ben il 150%! Questo ha fornito ai cantori della pandemia l'argomento per giustificare la loro lettura dei fatti ma, se esaminiamo i dati col metodo del fattore K già utilizzato per Frosinone, vediamo che la percezione della realtà cambia radicalmente. 

N_Lazio=K*5,730,588=6,048 decessi (come se il Lazio fosse nella media nazionale)

Tuttavia la tabella 2 riporta 2099 decessi covid-19 nella seconda ondata. Nel Lazio, dunque, il trend percentuale è sì in aumento, ma il dato della seconda ondata è ancora di molto inferiore alla media nazionale. Non deve infatti ingannare il fatto che si sia passati dal 2.4% al 7.7% dei decessi totali attribuiti al covid nella prima e seconda ondata, perché questo aumento deve essere rapportato alla fine dell'assoluta anomalia lombarda che, nella prima ondata, ha abbattuto le percentuali di tutte le altre regioni

A quest'ultima osservazione si potrebbe opporre l'argomento per cui la seconda ondata non sarebbe ancora finita, ma anche in questo caso i dati parlano chiaro: in tutta Europa, non solo in Italia, si sta tornando alla normalità, come potete verificare consultando i dati di Euromomo.

Tuttavia lo scopo di questo articolo è soprattutto quello di aiutare i lettori a prendere consapevolezza della sproporzione tra i numeri reali della pandemia e la realtà immaginaria comunicata dai media. Per questa ragione prendiamo il dato effettivo della seconda ondata nel Lazio (2.099 decessi per covid-19 nel trimestre ottobre-novembre-metà dicembre) e rapportiamolo ai 5,730,588 abitanti di questa regione. Anche in questo caso escludiamo il 40% di decessi di ultraottantenni con 3 o più patologie, che vanno considerati come inevitabili, ottenendo il numero più credibile di 1,250 decessi. Dividiamo ora questo numero per due mesi e mezzo, cioè per 75 giorni, e otteniamo 17 annunci funebri causa covid-19 al giorno in tutta la regione. Se questo numero vi sembra preoccupante tenete presente che il Lazio, con i suoi 5,730,588 abitanti, ha una mortalità normale di circa 180 decessi al giorno. 

I numeri e la percezione dei numeri

Vi è dunque una sproporzione evidente tra i numeri della pandemia (nel paese più colpito al mondo) e la loro percezione. Siamo davanti a una classica situazione di assoluto scostamento tra la realtà e la sua percezione, con la conseguenza che un intero popolo ha accettato di essere rinchiuso in casa e privato delle sue libertà fondamentali. Uno scenario desolante, che solo una minoranza ha tentato di denunciare venendo sconfitta, prima ancora che dalla propaganda, dallo stesso popolo italiano, la cui parte più attiva nell'orientare l'opinione pubblica ha vilmente accettato la rappresentazione mediatica dello stato delle cose. Si sono distinti, in questa operazione, gli uomini e le donne che si auto percepiscono come di sinistra. Non solo una questione di appartenenza politica, ma di profilo antropologico.

Gli uomini e le donne che si percepiscono come di sinistra hanno fornito di sé una prova miserevole; stiamo parlando dello stesso tipo di persone che, in anni passati, si sono riempite la bocca di frasi come "la rivoluzione non è un pranzo di gala". In realtà si sono dimostrati perbenisti "à la page", assolutamente non disponibili né al confronto dialettico sulla realtà effettiva né capaci di intendere, o almeno immaginare, le ragioni, queste sì totalmente politiche, che sottendono l'abnorme sforzo propagandistico teso a drammatizzare un'emergenza costruita su dati manipolati o quanto meno gonfiati ad arte per spargere terrore

Sul versante opposto gli uomini e le donne che si riconoscono nella strombazzata retorica di un Salvini o di una Meloni, così come gli ultimi seguaci di Berlusconi, pur adottando posture e comportamenti apparentemente meno asserviti (ma bisogna fare la tara del fatto che questi partiti sono all'opposizione) non sono assolutamente disponibili ad alzare lo sguardo su uno scenario più ampio, che vada oltre la scontata contrapposizione per appartenenza politica.

In sintesi possiamo affermare che gli uomini e le donne di sinistra non vogliono capire, gli uomini e le donne di destra non possono capire.

I primi sono moralmente disgustosi, i secondi intellettualmente desolanti. Né gli uni né gli altri sono in grado di capire la drammaticità del momento storico, mancando ad entrambi i gruppi una qualità essenziale degli esseri umani liberi: l'immaginazione. Sono come animali di una mandria, viziati e pretenziosi gli uni, egoisti e ignoranti gli altri. Gli uni si affollano intorno ai loro referenti, quelli che hanno avuto successo per aver seguito per decenni percorsi di ipocrisia buonista all'insegna dell'illusione "noi siamo i migliori", gli altri coltivano da sempre la mistica del "Capo" che ama il popolo e quindi opera per il suo bene. Fanciulli, mezzi uomini e mezze donne che non hanno mai fatto i conti con la necessità di crescere, di affrancarsi dalla tutela dei "grandi", tutti rifiutano il gravoso compito di assumersi la responsabilità di essere adulti.

Fanno il tifo, leccano vergognosamente, si schierano "a prescindere", inconsapevoli della tragedia che incombe. Sperano, leccando e schierandosi, di salvarsi, o almeno di non essere colpiti per primi. Quando verrà il momento per tutti costoro, come purtroppo anche per noi pochi uomini e donne che amiamo la libertà e ne sosteniamo il peso, non varrà la pena addolorarsi troppo per il destino della mandria. Piuttosto cerchiamo di rafforzare i nostri legami personali, noi che saremo doppiamente infelici: per il nostro destino e per l'insipienza di quelli che abbiamo creduto nostri simili. Purtroppo non lo sono.

sabato 16 gennaio 2021

Unum castigabis, centum emendabis (ne castigherai uno, ne correggerai cento)

Stiamo subendo tutti l'invasiva censura dei social media, i quali non si limitano a collezionare i nostri dati per fini commerciali ma, già da tempo, si sono trasformati in attori politici ed esercitano, per tali fini, azioni di controllo della libera espressione. Ci sono stati casi eclatanti, uno su tutti la chiusura dell'account twitter del presidente ancora in carica degli Stati Uniti Donald Trump. La formula generalmente utilizzata per giustificare tali azioni è quella secondo cui l'utente avrebbe violato gli standard della community, sebbene la precisa conoscenza di tali standard sia offuscata da fumose descrizioni degli stessi. La conseguenza è quella di una completa discrezionalità, senza che vi sia alcuna possibilità di appello.

Le piattaforme che più si distinguono in questa opera di censura, che raramente colpisce contenuti realmente volgari e offensivi ma si accanisce sulle idee minoritarie del dibattito culturale e politico, sono Facebook, Twitter e Youtube. Il caso di Youtube è particolarmente grave per le caratteristiche dei contenuti che ospita. Infatti, mentre Facebook e Twitter ospitano prevalentemente brevi post e commenti, Youtube è diventata nel tempo un ricco archivio di video che tengono traccia del dibattito culturale e politico, un archivio al quale si può attingere per alimentarlo. Per questa ragione la chiusura di un canale Youtube può costituire, e costituisce in effetti, una grave lesione del diritto di rappresentare liberamente una visione culturale e politica. 

Dietro la formula "gli standard della community" si cela in realtà una grave violazione del diritto di espressione, che finisce col non essere tutelato da nessuna norma giuridica. Certo, molti argomentano che, dal momento che si usufruisce di una piattaforma privata, per di più a titolo gratuito, non vi sia il diritto da parte degli utenti a protestare. Questa argomentazione, che sul piano formale può apparire corretta, tuttavia elude artificiosamente il problema del diritto sostanziale alla libertà di espressione. Tale diritto dovrebbe essere difeso da una comunità, quella statale, che ha il diritto-dovere, nonché la forza, di ergersi al di sopra di qualsiasi community gestita da privati che opera sul territorio, imponendo i principi, i valori e le leggi che regolano l'esistenza della Nazione. Ciò tuttavia non accade.

La latitanza dello Stato nel campo della difesa del diritto di espressione, sancito dall'articolo 21 della Costituzione, e sotto il controllo esclusivo della sola Magistratura vincolata al rispetto delle leggi e della Costituzione, costituisce un enorme problema culturale e politico che è ormai necessario affrontare. Il primo passo in questa direzione non può che essere quello di una rivolta generalizzata degli utenti delle piattaforme che non rispettano il diritto sancito dall'articolo 21 della Costituzione. Questa rivolta deve assumere la forma di una fuga da esse, alla ricerca di altre che adottino comportamenti più congrui, in attesa che il Parlamento legiferi sul tema.

Il comportamento, sprezzante e irricevibile, delle piattaforme in oggetto deve essere castigato con la massima determinazione. Le alternative non mancano, basta cercarle, né deve intimorirci il fatto che le nuove piattaforme che eventualmente dovessero beneficiare di una migrazione di massa potrebbero, esse stesse, porre in essere comportamenti simili alle vecchie, perché il principio "Unum castigabis, centum emendabis" è eterno e vale dalla notte dei tempi. Non è forse, esso, lo stesso che si pratica quando dall'alto si intende colpire la democrazia? Colpirne uno per educarne cento, credetemi, funziona! Anche dal basso.

Abbandoniamo Facebook, Twitter, Youtube, e l'effetto sarà sinergico: cento per cento per cento! La scelta è tra la visibilità e la libertà, scommettiamo sulla libertà e non ce ne pentiremo.

Fiorenzo Fraioli

Onore ai complottisti

giovedì 7 gennaio 2021

L'invasione degli ultracorpi

La città luminosa sulla collina

Negli Stati Uniti è interesse comune uscire dall'impasse. Nel video, un'ipotesi sulla concatenazione di eventi che potrebbero condurre a un armistizio, almeno momentaneo. 

sabato 2 gennaio 2021

Avanzare con la paura

Qui (Analisi dei dati ISTAT - prologo) i dati di mortalità generale del Ciociaristan meridionale dal 1 gennaio al 31 agosto 2020 (fonte Istat), nonché dei kahnati limitrofi e lontani, confrontati con quelli dello stesso periodo del 2019. Ora delle due l'una: o la seconda ondata è stata uno tsunami, oppure aveva ragione Jaques Attali: "Une pandémie majeure ferait surgir la prise de conscience de la nécessité d’un altruisme, au moins intéressé”.


«Avancer par peur

Une pandémie majeure ferait surgir la prise de conscience de la nécessité d'un altruisme, au moins intéressé.


Jaques Attali
L'Histoire nous apprend que l'humanité n'évolue significativement que lorsqu'elle a vraiment peur : elle met alors d'abord en place des mécanismes de défense ; parfois intolérables (des boucs émissaires et des totalitarismes) ; parfois futiles (de la distraction) ; parfois efficaces (des thérapeutiques, écartant si nécessaire tous les principes moraux antérieurs). Puis, une fois la crise passée, elle transforme ces mécanismes pour les rendre compatibles avec la liberté individuelle et les inscrire dans une politique de santé démocratique.
La pandémie qui commence pourrait déclencher une de ces peurs structurantes.
Si elle n'est pas plus grave que les deux précédentes frayeurs de ces quinze dernières années liées à un risque de pandémie (la crise de la vache folle en Grande-Bretagne et celle de la grippe aviaire en Chine), elle aura d'abord des conséquences économiques significatives (chute de l'activité des transports aériens, baisse du tourisme et du prix du pétrole) ; elle coûtera environ 2 millions de dollars par personne contaminée et fera baisser les marchés boursiers d'environ 15 % ; son impact sera très bref (lors de l'épisode de la grippe aviaire, le taux de croissance chinois n'a baissé que pendant le deuxième trimestre de 2003, pour exploser à la hausse au troisième) ; elle aura aussi des conséquences en matière d'organisation (toujours en 2003, des mesures policières très rigoureuses ont été prises dans toute l'Asie ; l'Organisation mondiale de la santé a mis en place des procédures d'alerte à l'échelle planétaire ; et certains pays, en particulier la France et le Japon, ont constitué des réserves considérables de médicaments et de masques).
Si l'épidémie est un peu plus grave, ce qui est possible, puisqu'elle est transmissible par l'homme, elle aura des conséquences véritablement planétaires : économiques (les modèles laissent à penser que cela pourrait entraîner une perte de 3 trillions de dollars, soit une baisse de 5 % du PIB mondial) et politiques (en raison des risques de contagion, les pays du Nord auront intérêt à ce que ceux du Sud ne soient pas malades, et ils devront faire en sorte que les plus pauvres aient accès aux médicaments aujourd'hui stockés pour les seuls plus riches) ; une pandémie majeure fera alors surgir, mieux qu'aucun discours humanitaire ou écologique, la prise de conscience de la nécessité d'un altruisme, au moins intéressé.

Et, même si, comme il faut évidemment l'espérer, cette crise n'est pas très grave, il ne faudra pas oublier, comme pour la crise économique, d'en tirer les leçons, afin qu'avant la prochaine - inévitable - on mette en place des mécanismes de prévention et de contrôle, ainsi que des processus logistiques de distribution équitable des médicaments et de vaccins. On devra, pour cela, mettre en place une police mondiale, un stockage mondial et donc une fiscalité mondiale. On en viendra alors, beaucoup plus vite que ne l'aurait permis la seule raison économique, à mettre en place les bases d'un véritable gouvernement mondial. C'est d'ailleurs par l'hôpital qu'a commencé en France, au xviie siècle, la mise en place d'un véritable Etat.
En attendant, on pourrait au moins espérer la mise en oeuvre d'une véritable politique européenne sur le sujet. Mais, là encore, comme sur tant d'autres sujets, Bruxelles est muet.
j@attali.com
Jacques Attali»