lunedì 30 maggio 2016

Il C.L.N. 2.0 e la mozzarella


Da 6'09'' a 12'46'': "Quello che è il punto di precipitazione che riteniamo più probabile della crisi è la crisi bancaria. Qui c'è un deficit di capitalizzazione delle banche che prima o poi esploderà e che costringerà poi a fare una scelta tra un processo di liquidazione degli assetti bancari nazionali dei paesi più deboli, una vera e propria liquidazione, oppure alternativamente un ripristino del controllo statuale sulla moneta per il finanziamento delle banche. Quello sarà il punto di precipitazione della crisi, e quindi in sostanza qualunque iniziativa che si muova lungo la direzione di un'ipotesi di deflagrazione secondo me sta nel tempo storico. Detto questo, detto questo, io come dire mi cospargo il capo di cenere per avere, mi dà fastidio dire per primo ma, insomma, tra i primi, avere evocato questa ipotesi che poi, all'appuntamento di una, diciamo, crisi del progetto di unificazione, si potesse arrivare con un'ipotesi di destra, la famigerata uscita da destra, e una ipotesi di sinistra. Mi permetto di dire che questa è ancora, diciamo, una possibilità oggettiva, anzi io con questo voglio interloquire con Giorgio [Cremaschi] e con tutti voi, io da questo punto di vista per esempio vi vorrei ricordare che vi è un forte interesse del grande capitale finanziario europeo, e tra l'altro britannico, a far sì che si ripristini un sistema di regolazione dei rapporti internazionali fondato essenzialmente su due elementi: da un lato flessibilità dei tassi di cambio, uscire quindi essenzialmente dal regime della moneta unica, piena flessibilità dei tassi di cambio lasciata al libero gioco delle forze del mercato, quindi essenzialmente con grandi occasioni di gioco speculativo da parte dei grandi operatori finanziari, molto maggiori addirittura di quelle attuali, combinata con un, diciamo, flavour xenofobico, potremmo dire razzista, basato sul controllo dei movimenti migratori di persone. Quindi, piena e libera circolazione dei capitali e gestione dei tassi di cambio da parte dei leader delle forze di mercato da un lato, xenofobia, razzismo, e blocco dei movimenti di persona dall'altro. Io l'ho chiamata una 'sintesi di xenofobia liberista', secondo me un'eventualità molto probabile, molto probabile. E quindi io penso che quella bipartizione, uscita da destra versus uscita da sinistra, sia secondo me molto, molto attuale. E da questo punto di vista io provo a dire due parole, e concludo, intorno al modo in cui possiamo interpretare e definire la lotta per l'egemonia, che ci deve evidentemente impegnare, nella quale bisogna impegnarsi per poter arrivare all'appuntamento con la storia preparati. Ecco, da questo punto di vista, io ho sentito cose molto giuste e molto sensate da parte di Giorgio Cremaschi relativamente al controllo democratico dei processi economici. questa poi in ultima istanza è la tesi. Io lancio due, come dire, suggerimenti. Personalmente ho ritenuto che vi sia un modo di interpretare la crisi del progetto di unificazione europea che è di sinistra e che ha solide basi. Questo modo può essere sintetizzato nel concetto di 'standard del lavoro'. Lo 'standard del lavoro è un meccanismo, si può definire in tanti modi, che consente essenzialmente di aprirsi alle relazioni monetarie, commerciali, finanziarie e politiche internazionali con quei paesi che realizzino politiche di espansione e di difesa dei diritti sociali, e chiudersi invece (questo lo standard prevede) alle relazioni monetarie, finanziarie, politiche e internazionali verso quei paesi che mirino a adottare politiche di deflazione, di compressione dei salari, di compressione dei diritti. Questa secondo me è un'assunzione che consente di dividerci e di distinguerci da quelle forze di destra che oggi muovono nella direzione dell'Italexit, che intendiamoci questo slogan 'Italexit' sta già nella bocca di soggetti che sono un pochino distanti da noi, io sono ben contento che oggi siamo qui a discuterne però ricordiamoci che è un dato importante. Scusatemi un aneddoto, nel 2011 in una trasmissione televisiva io sostenni alcune tesi di questo tenore, dicendo che la deflagrazione era un'ipotesi più che probabile e sostenendo che bisognava prepararci, e un certo Matteo Salvini venne vicino a me, era anche lui ospite, dicendo 'ah, professore, ma queste cose mi interessano, ma perché non ne parliamo davanti a una mozzarella?' Eh, io declinai gentilmente l'invito, declinai gentilmente l'invito, però devo dire che quello, insomma, l'ha beccata prima di noi,  ecco. Insomma, c'hanno un po' di vantaggio, ecco, mettiamola così, un pochino di vantaggio, da questo punto di vista, quindi tanto più, tanto più bisogna distinguerci, lo dico sommessamente da economista, non voglio qui sollevare un problema politico che non ne ho gran competenza - ci sono certamente persone più preparate di me - però talvolta si evoca l'ipotesi di Comitato di Liberazione Nazionale contro l'euro, tutti uniti contro l'euro... io non ci sto! Perché credo che ci sia un tempo per la tattica politica in cui ci si può alleare persino col diavolo, ma c'è un tempo della costruzione di una ipotesi egemonica, e noi siamo ancora a questo tempo [...applausi...] quindi ci vuole ancora un po' prima che si possa solo lontanamente parlare di un Comitato di Liberazione Nazionale con 'quelli là', ricordiamocelo, non ce lo dimentichiamo."

Che dire?


Naturalmente sono solo chiacchiere e distintivo perché senza un forte e unitario movimento politico per la riconquista dell'indipendenza nazionale non si va da nessuna parte... e il "grande capitale finanziario, e tra l'altro britannico" farà i suoi giochi senza tener conto degli interessi dei lavoratori italiani. Io, l'invito di Matteo Salvini lo avrei raccolto al volo! Ma io sono solo un blogger ciociaro che, dopo aver documentato [cit. "mi dà fastidio dire per primo ma, insomma, tra i primi"] i tentativi di Bagnai, D'Andrea e Pasquinelli, quest'anno non andrà né al goofy-compleanno (ça va sans dire) né all'assemblea dell'ARS né al convegno dei marxisti dell'Illinois. Ciao ciao.

mercoledì 25 maggio 2016

Una chicca di 48

L'ottimo LBC (alias Orizzonte48) in un suo recente post linka questo interessante contributo di Stefano Zamagni sull'enciclopedia Treccani.

Mi permetto di suggerire ai membri della piccola comunità che si confronta su questo minuscolo blog di leggere con attenzione, oltre al post di 48, anche il testo di Zamagni, e di commentarlo se ne hanno voglia.

Per l'occasione i commenti sono aperti anche ai vituperati anonimi a patto che il sottoscritto, dominus incontrastato del blog, li ritenga interessanti e degni di essere pubblicati. Sapete, uno degli argomenti "forti" dei vituperati anonimi è che, imponendo ai commentatori di qualificarsi, si perdono contributi di grande valore...


martedì 24 maggio 2016

[PopulPost] PEGGING

Va di moda farsi inculare. Ci informa di ciò il benemerito sito Dagospia:

1. DILAGA IL “PEGGING”, PRATICA SESSUALE IN CUI LA DONNA INDOSSA UNA CINTURA FALLICA E SODOMIZZA L’UOMO. “IL MIO FIDANZATO CHE GEME È IL SUONO PIÙ SEXY DEL MONDO. L’HO SCOPATO AL PUNTO CHE LUI NON SI VERGOGNA DI MOSTRARSI ECCITATO E FEMMINILE”
2. LE PIÙ ARRAPATE SONO LE DONNE CHE, COME NEL SADOMASO, POSSONO RIBALTARE I RUOLI DOMINATORE-DOMINATO: ''MI PIACE CHE MIO MARITO MI SUPPLICHI DI SENTIRE “IL MIO CAZZO”''
3. SCRIVE ''COSMOPOLITAN'': ''E’ UN’OPPORTUNITÀ GRANDIOSA, CHE FORTIFICA IL LEGAME PERCHÉ COSTRINGE L’UOMO AD APRIRSI, A RENDERSI VULNERABILE, E LE DONNE A DECIDERE”


Ora si dà il caso che il sottoscritto sia stato, negli anni della sua gioventù, un "progressista" per quel che riguarda le libertà personali. Una frase che ripetevo spesso era "nel privato ognuno fa quel che gli pare". Poi arriva Dagospia e mi informa che «DILAGA IL “PEGGING”». E cioè? Abbiamo statistiche dalle quali si può desumere che un numero crescente di maschi italici, trovandosi a letto con una femmina, invece che chiavarsela se lo fa infilare nel retto? Cerchiamo di capire.

Il punto non è il fatto che in una relazione con un altro essere umano (o altri esseri umani - voglio considerare ogni possibilità) possano accadere cose fuori dal comune, figuriamoci! Se dovessi/potessi squarciare il velo della mia intimità potrei raccontarne delle belle! Ma qui si parla di "pratiche", cioè di comportamenti che, a dire di Dagospia, sarebbero così frequenti e diffusi da assurgere al rango di fenomeno sociale statisticamente rilevante. Forse, a causa degli anni, sono ormai fuori dalla realtà sessuale del XXI secolo (e meno male). Oppure, forse, questo genere di comportamenti è diffuso in segmenti sociali molto distanti dal mio. Il che mi rincuora, perché il pensiero che i ricchi si divertano a farselo infilare nel culo dalle femmine mi fa sogghignare! Ma forse le cose non stanno così: forse i ricchi continuano, e solo loro, a scoparsi le femmine, mentre alla plebe bisogna raccontare che un dildo nell'ano è il top del figo! E allora tutti al gay village, borgatari de Roma caput mundi!

Può succedere che un uomo si faccia inculare da una femmina? Sì, può succedere, anche se è una cosa contro natura. E perché può succedere? Io dico: perché dietro c'è una storia, una vicenda singolare e intima che conduce a ciò. Ma come può una vicenda singolare e intima trasformarsi, secondo Dagospia, in una pratica diffusa?

Secondo me c'è del lercio in Dagospia!


Ovvero: Dagospia tenta, con questo genere di articoli, di aumentare il numero di click. Oppure: Dagospia intende promuovere, scientemente e lucidamente, un modo di vivere la sessualità che corrisponde a un disegno ideologico, e quindi in ultima analisi a interessi concreti.

Nel primo caso Dagospia altro non è che l'epifenomeno della mercificazione dell'esistenza; nel secondo uno strumento attivo della mercificazione dell'esistenza. In entrambi i casi è lercio.

sabato 21 maggio 2016

The ass bubble

L'assobolla (ass bubble) si profila all'orizzonte. Le assicurazioni private, che hanno stipulato contratti ad alti rendimenti quando l'inflazione era molto maggiore (cioè prima della fase di deflazione) cominciano ad essere in difficoltà. Ne è sintomo l'insistenza con cui si parla di "buste arancioni" per informare i precari di oggi delle striminzite pensioni che riceveranno, forse, quando saranno vecchi. La soluzione consiste nel drenare denaro fresco, convincendo o costringendo milioni di lavoratori a sottoscrivere assicurazioni previdenziali private. I sindacati saranno della partita, siatene certi.

Il punto è nell'alternativa "convincere o costringere". Il terrorismo mediatico (la buste arancioni) si iscrive nella strategia del convincere, ma potrebbe non bastare. Già si parla, infatti, di rendere obbligatorie le assicurazioni previdenziali private. Il problema è che non è facile imporre a milioni di lavoratori, molti dei quali precari, un esborso oneroso, ragione per la quale si rende necessario uno sforzo creativo. Quale?

IMHO la soluzione potrebbe essere quella di escludere dall'asse ereditario il capitale maturato attraverso i versamenti obbligatori. Così facendo, poiché molti lavoratori passerebbero a miglior vita prima di maturare i requisiti di pensionamento, questi resterebbero nelle casse delle assicurazioni private le quali potrebbero così esigere premi più bassi e accessibili a una platea più vasta, attenuando in tal modo una pur sempre possibile e temuta reazione dei lavoratori!

Geniale vero? Secondo me il governo Padoan (Renzi chi?) ci sta già lavorando. Come sempre, nei momenti di crisi, menti raffinatissime si mettono all'opera (“Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi” - Giovanni Falcone commentando il fallito attentato dell'Addaura)

mercoledì 18 maggio 2016

One nation one station

Un post sintetico


One nation one central bank, many central banks many nations! Tertium non datur.

Come mai ogni paese dell'eurozona conserva la sua banca centrale? Non basta la sola BCE? Ve l'immaginate l'Italia del dopoguerra in cui, oltre alla Banca d'Italia, ci fossero state la Banca Centrale del Lazio, della Lombardia, del Veneto, del Piemonte e via dicendo? E ve l'immaginate una situazione in cui si fosse stabilita una clearing house tra tutte queste banche centrali regionali?

Questo è esattamente quello che accade nell'eurozona dove c'è sì una Banca Centrale, la BCE, ma ogni paese conserva la sua banca nazionale e i conti del dare/avere sono riportati in una clearing house chiamata TARGET2. E siccome questi conti, nel medio periodo, devono equilibrarsi, ecco che le decisioni di politica economica di ogni paese sono sottratte ai governi nazionali. Con l'aggravante che se sei in deficit devi fare austerità mentre, se sei in surplus, sei bravo e gli altri devono imitarti.

Cioè nell'eurozona tutti devono essere in surplus. Verso chi? Ma verso il resto del mondo, c'è bisogno di dirlo?

Ora una cosa del genere implica una conseguenza di solare evidenza: l'eurozona contro tutti. Se tutti i paesi dell'eurozona devono essere in surplus, necessariamente tutta l'eurozona deve essere in surplus verso il resto del mondo. Ovviamente, oltre un certo limite già abbondantemente superato, ciò non sarà consentito.

Ne segue che, se il surplus dell'eurozona non potrà mai eccedere un limite, l'equazione ammette una sola soluzione: questi surplus dovranno essere gestiti all'interno dell'eurozona. Cioè l'eurozona deve diventare un'area in cui alcuni paesi saranno stabilmente in surplus, e altri in deficit. Facile immaginare chi comanderà.

Il governo Padoan (Renzi chi?) ha accettato la sfida: l'Italia deve affiancare la Germania come paese stabilmente in surplus. Ma c'è un problema: anche la Francia nutre la stessa ambizione, e in più ha l'atomica.

Sorprende allora che l'Inghilterra metta le mani avanti e che, con la Francia, ce la stiamo giocando in Nord Africa?

Come in ogni problema che si rispetti, anche quello delineato ha delle condizioni al contorno: la Germania non può tirarsi indietro per ragioni demografiche, la Francia non può tollerare la supremazia tedesca, l'Italia non può tirarsi fuori dal gioco. Può farlo invece l'Inghilterra. Qualsiasi analisi della situazione non può prescindere dal risultato del referendum sul Brexit. Inutile ragionare prima di conoscerne il risultato.

martedì 17 maggio 2016

[Flusso di coscienza patriottico] - E' evidente di per sé


E' evidente di per sé che noi italiani siamo un popolo che vive nella terra degli antichi romani ma non siamo gli antichi romani dominatori perché i nostri avi che hanno sollevato l'Europa dalla barbarie non erano romani bensì fiorentini veneziani milanesi napoletani siciliani e mille altre identità e abbiamo cominciato ad essere italiani nel tempo dell'asservimento coltivando l'idea che solo unendoci avremmo conquistato il diritto di esistere e così ci siamo ribellati abbiamo lottato la fortuna ci ha aiutato e abbiamo vinto ma la fortuna ci ha presentato il conto e l'oppressione è tornata questa volta parlava la nostra stessa lingua così abbiamo scelto la guerra abbiamo invaso piccole nazioni poi ci siamo gettati incoscienti nella Grande Guerra e la fortuna è tornata seppure a caro prezzo ma abbiamo dimenticato di essere italiani e ci siamo illusi di essere gli eredi degli antichi romani pagando il duro prezzo del ritorno alla realtà asservendoci di nuovo ma la fortuna ci ha aiutato ancora consentendoci di vivere da ricchi meteci nel grande impero americano però siamo stati previdenti e abbiamo scritto su un pezzo di carta i nostri diritti e i nostri doveri peccato che ci siamo presi i diritti ma abbiamo dimenticato i doveri così ci hanno detto che non eravamo italiani ma europei e ci abbiamo creduto ma gli europei non esistono è evidente di per sé che siamo italiani per capirlo basta l'acronimo TARGET2 allora ci hanno detto che siamo cittadini del mondo ma il mondo è in guerra e noi che siamo italiani vogliamo la pace perché ci piace fare l'amore e lavorare e dobbiamo lottare ancora per il diritto e il dovere di essere italiani perché questa è la cosa che tutto il mondo si aspetta da noi che siamo costruttori di civiltà che si fa lavorando e facendo l'amore non la guerra e se non ci riusciamo ad essere italiani sarà un guaio per tutti.

lunedì 16 maggio 2016

Vi induco in tentazione

Se vogliamo salvarci dobbiamo tornare all'essenziale.

Per chi ha già approfondito il problema; ma anche per coloro che, allarmati dallo stato attuale delle cose, sentono il bisogno di andare oltre le discussioni da bar:


Copio&incollo dalla descrizione del documentario (vedi sotto):

Puoi interagire e seguire il progetto Deficit - Il punto sull'Europa tra sogno e realtà:
-sul sito ufficiale http://deficitproject.it dove potrai iscriverti alla newsletter
-iscrivendoti a questo canale Youtube per non perdere i capitoli successivi
-su Facebook https://www.facebook.com/Deficit-Il-p...
-su Twitter @DEFICIT_project
-via e-mail all'indirizzo info@deficitproject.it

L'intero progetto è interamente autoprodotto e autofinanziato, ecco perché condivisioni e like alla pagina Facebook ufficiale saranno particolarmente graditi!

Il documento del Fondo Monetario Internazionale di cui parla Antonella Stirati è consultabile in pdf al link http://blogs.ft.com/brusselsblog/file...

E adesso le istruzioni per l'uso eventuale


Prima vi guardate questo breve chop:


Indi questi due:





Poi decidete se guardarvi anche l'intero documentario (magari con calma e attenzione):







Insomma, un ripassino su euro e Unione Europea stando belli comodi sul divano. Credo che potrà essere utile, con i tempi che si apprestano.

Addendum notturno

Va bene, lo so che ci vuole tempo, per questo da bravo prof vi faccio un riassuntino.

Dicono i keynesiani: quanto più i salari crescono, cioè gli aumenti di produttività vengono maggiormente distribuiti in salari, tanto più il sistema delle imprese è costretto a innovare per recuperare, o almeno conservare, i margini di redditività. E' una situazione in cui il potere tende a spostarsi nelle mani dei lavoratori, a discapito dei possessori di capitali.

Dicono gli euristi: quanto più la moneta è forte e stabile, cioè si mantiene un livello di disoccupazione tale da scoraggiare aumenti dell'inflazione (NAIRU per gli aficionados), tanto più il sistema delle imprese è costretto a innovare per recuperare, o almeno conservare, i margini di redditività. E' una situazione in cui il potere tende a spostarsi nelle mani dei possessori di capitali, a discapito dei lavoratori.

Funzionano tutte e due le ricette, intesi? Almeno finché vengono praticate, o è politicamente possibile farlo. La domanda è: a voi, quale delle due conviene?

sabato 14 maggio 2016

Non stamo a pettina' le bambole - W l'Italia

Che poi, quando uno vede l'amico Benny, il piddino per antonomasia, che pubblica sulla sua pagina FB questo articolo di Ambrose Evans-Pritchard.....


















































capisce che stiamo vincendo. Sarà comunque dura, perché l'amico Benny è sì piddino per antonomasia, ma non è uno stupido. Il difficile viene adesso: vincere la guerra con gli stupidi. Ce ne sono molti anche tra i sovranisti. Nel frattempo noi non stamo a pettina' le bambole.

 

martedì 10 maggio 2016

La Costituzione, il Fascismo e il Sovranismo

Nota: tempo fa fui rimproverato per aver scritto, senza avvedermene, "Fascismo" con la maiuscola. Questa volta lo faccio intenzionalmente perché, in questo post, non parlerò del fascismo in quanto movimento politico, ma del Fascismo come idea.

Mi capita spesso di incontrare persone che dicono "il fascismo ha fatto anche cose buone". Alcuni ci tengono a dire che "il fascismo non è stato come il nazismo". Altri ancora affermano che "i crimini del comunismo sono stati peggiori". In genere, essendo il livello culturale di quelli che fanno tali affermazioni piuttosto basso, pur trattandosi quasi sempre di ottime persone, lascio correre. Non posso farlo però a scuola quando qualche studente, magari dopo aver frequentato un circolo di Casa Pound, mi pone davanti al problema di chiarire la questione. E' vero, non insegno Storia e Filosofia, ma credo fermamente nella libertà d'insegnamento e la pratico non appena mi sono messo a posto con i deliri delle prove Invalsi e/o per classi parallele. Sapete, quella pretesa per cui io, che l'informatica la conosco bene per passione e storia professionale, dovrei somministrare ai miei ragazzi le stesse domande che a un'altra classe di informatica, il cui docente è, magari, un ottimo elettronico o elettrotecnico, ma l'informatica la conosce al livello di Office. E' la buona scuola.

Capita, per l'appunto, che un ragazzuolo mi abbia fatto le obiezioni di cui sopra, forse con la speranza di evitare la solita lezione. L'ho accontentato. Sono ragionevolmente convinto di aver tolto un piccolo militante a Casa Pound. Quello che segue è il resoconto sintetico di un'ora di appassionata esposizione della mia tesi, che i ragazzi hanno poi discusso tra loro il giorno dopo.

La Costituzione e il Fascismo


Le idee sono importanti. Le idee nuove cambiano il mondo non meno del mutare delle condizioni materiali che sopravvengono per ragioni indipendenti dalla volontà dell'uomo. Duemila anni fa un'idea ha cambiato la Storia, è il messaggio di Cristo. Sia chiaro, non sono un credente, e mi attengo al precetto di Ludwig Wittgenstein:  "su ciò di cui non si può parlare si deve tacere", ma credo che non si possa negare che il messaggio di Gesù abbia segnato uno spartiacque fondamentale. Prima di allora era considerato pacifico che gli sconfitti fossero ridotti in schiavitù, che i forti avessero il diritto di disporre dei deboli a loro piacimento. Gli uomini si dividevano in due grandi categorie: i liberi e gli schiavi. I primi potevano anche darsi istituzioni democratiche, come ad Atene, ma restava il fatto che darsi un governo fosse un privilegio degli uomini liberi, mentre gli schiavi, in genere prigionieri di guerra o debitori, non avevano personalità giuridica. Erano una proprietà.

Il cristianesimo ha posto la parola fine a tutto ciò. Non che la schiavitù sia cessata, non che non ci siano state altre e forse più gravi ingiustizie, ma una parola era stata detta: tutti gli uomini sono figli di Dio e uguali davanti a Lui. E questa parola ha funzionato da argine, piano piano è entrata nell'animo di tutti, ponendo fine alla pretesa dell'arbitrio assoluto e insindacabile dei forti nei confronti dei deboli. Non a caso Friedrich Wilhelm Nietzsche parla del cristianesimo come della religione degli schiavi che avrebbe corrotto la vera natura umana, il cui segno distintivo sarebbe, a suo dire, la lotta e il prevalere dei forti sui deboli. 

All'inizio del XX secolo questa concezione pagana dell'esistenza ha ritrovato, nel nazionalismo prima, nel fascismo (con la minuscola) subito dopo, la sua forma politica. Questa, che nella pratica di gestione ordinaria del consenso si tradusse, secondo la fulminante battuta di Indro Montanelli, nel "dare a ciascun italiano una piccola fetta di potere con il diritto di abusarne", era fondata su una concezione ideale pagana, anti cristiana - e dunque anti giudaica dal momento che il cristianesimo è una religione giudaica - che è il Fascismo (con la maiuscola). E' qui l'origine dell'avversione per l'Ebraismo, che è inscritta in profondità nel Fascismo ideologico. Ecco dunque che mentre il fascismo (con la minuscola) faceva "contenti" (quasi) tutti gli italiani, sia favorendo alcune classi sociali, sia ubriacando le masse con la retorica dell'Impero, il Fascismo (con la maiuscola) coltivava l'ambizione di ristabilire un ordine naturale delle cose fondato sulla forza e sul diritto assoluto di questa rispetto ad ogni altra istanza. L'alleanza con il Nazismo (con la maiuscola) cioè con l'ideologia hitleriana della razza pura, incarnatasi nel nazismo (con la minuscola) ovvero un partito che seppe mobilitare le forze produttive della nazione germanica praticando un'originale sintesi tra militarizzazione della società e politiche economiche espansive, era un fatto inevitabile, che infatti avvenne.

Contro il tentativo pagano di riportare indietro le lancette della Storia si mobilitò l'intera tradizione giudaico-cristiana. Questa, al cui interno si combattevano da secoli due interpretazioni, l'una che nel corso del XIX secolo si era determinata nell'ideologia Liberale, l'altra in quella Socialista, restò impermeabile ai tentativi del Nazi-Fascismo di dividerla e lo combatté, unita, con tutte le forze. E infine prevalse, schiacciando la testa del serpente Nazi-Fascista.

Ma l'idea Nazi-Fascista (nel seguito solo Fascista, perché basta e avanza) non morì, come non muoiono mai le idee. Il Fascismo, inteso come ideologia pagana, continua a vivere, sebbene non più (o non ancora) come forma partito, e scruta attentamente l'esito della lotta, anch'essa mortale, tra i suoi vincitori di settanta anni fa, pronto ad offrirsi come alleato ad una delle parti. Ora è un fatto che, nella lotta tra l'idea Liberale e l'idea Socialista, quest'ultima stia soccombendo, come pure è un fatto che le maggiori aperture al Fascismo, in termini di disponibilità politica, siano venute dall'idea Liberale. Abbiamo forse dimenticato lo sdoganamento del MSI operato da Berlusconi, solo per restare in Italia?

Travestitosi, il Fascismo ha infiltrato gli ideali liberali producendo in essi una trasformazione alla quale ci riferiamo con il termine Neoliberismo oppure, sebbene con qualche differenza, con quello di Ordoliberismo. Queste due ibridazioni tra il Fascismo e l'idea Liberale non sono identiche, e anzi possono, in futuro, diventare le due nuove polarità della Storia, specialmente se, come appare sempre più probabile, l'idea Socialista si eclisserà. Il dramma che stiamo vivendo, dunque, è quello di una spaccatura della tradizione giudaico-cristiana, ormai in fase di duplice e avanzata ibridazione con l'ideologia pagana istanziata nel Fascismo.

L'importanza della Costituzione del 1948 è, in questo scenario, assolutamente cruciale. Essa rappresenta la carta che simboleggia la tregua trentennale, se preferite la stasi del conflitto sotto forma di guerra fredda, tra i due grandi filoni della tradizione giudaico-cristiana: quella Liberale e quella Socialista, uscite insieme vincitrici dallo scontro con il passato pagano e pre-cristiano istanziato nel Nazi-Fascismo. 

La mia lezione ai ragazzuoli è finita così. Ora, se permettete, vorrei aggiungere qualcosa che, in classe, non ho detto.

Il Sovranismo


Il Sovranismo, inteso come idea, invoca la Costituzione del 1948 come simbolo della vittoria del mondo giudaico-cristiano, nelle sue due principali articolazioni, contro il tentativo pagano di tornare al passato. Tuttavia anche il Sovranismo è oggetto di un'opera di infiltrazione Fascista, operata da centrali ideologiche che hanno ben appreso l'arte di dissimularsi. Se questo tentativo avesse successo, e non mancano i dubbi che stia già avendo successo, le conseguenze sarebbero molto gravi. Per questo è necessario ricordare sempre, con determinazione e in modo puntuale, che la Costituzione del 1948 è sì un armistizio tra l'idea Liberale e l'idea Socialista, ma è soprattutto anti Fascista, e che è stata concepita e scritta dopo aver schiacciato la testa del serpente pagano. La Costituzione fonda la Repubblica sul lavoro perché questo, e non la conquista bellica, è posto a fondamento della nostra civiltà. La Costituzione concepisce il diritto al lavoro, e dunque al reddito, come lo strumento principe attraverso il quale si realizza il diritto di cittadinanza, e non la cittadinanza come lo status giuridico che dà diritto al lavoro, cioè al reddito. Dunque il diritto al lavoro come fonte della cittadinanza, e il rifiuto della guerra di conquista, sono l'essenza della Costituzione del 1948 dalla quale ogni buon sovranista trae ispirazione e sostegno.

domenica 8 maggio 2016

La "novella 2000" del sovranismo

L'icastica definizione, riferita al sito "Scenari Economici", non è mia, ma l'ho trovata fulminante. La uso con intento semi bonario per evidenziare lo stile comunicativo scelto da quel sito, improntato a un modello divulgativo i cui destinatari finali apprezzano la notizia "gridata". Un po' come i lettori di Novella 2000, appunto.

Dall'humus di Scenari Economici è fiorita un'iniziativa politica, Alternativa per l'Italia (ALI), che dichiara di far parte del più vasto movimento sovranista. ALI ha reso note le sue linee guida e si è costituita in associazione politica (qui lo statuto).

All'inizio di maggio ALI si è ufficialmente presentata, costituendosi inoltre in gruppo parlamentare grazie al sostegno dell'ex senatrice del M5S Paola De Pin. Sul sito Byoblu.com trovate il testo dell'intervento di Antonio Rinald e la ripresa integrale dell'evento.

Potrei chiuderla qui ma, visto che ho tirato fuori la battuta "novella 2000 del sovranismo", noblesse oblige che spieghi perché la trovo azzeccata. Mi è capitato spesso, negli anni settanta, di leggere Novella 2000 perché girava in casa (vengo dal basso - addendum: ci resto) e posso assicurarvi che era ben scritta. Oggi non so ma, all'epoca, i testi erano scritti in un italiano scorrevole e senza strafalcioni. I temi trattati, ovviamente, erano improntati alla leggerezza del gossip: non quello sguaiato di oggi di siti come Dagospia, ma un gossip garbato e, a tratti, addirittura moralistico. Tuttavia Novella 2000 "gridava" le notizie, sia che queste fossero l'ennesimo matrimonio di Liz Taylor o una foto, scattata al ristorante, di Monica Vitti con un suo amico, il quale diventava, immediatamente, "il nuovo grande amore di Monica".

Ecco, a me sembra che Scenari Economici, che è stato il centro propulsore della nascita di ALI, segua una linea editoriale molto simile. Anche per questa ragione (ovviamente non solo per essa) me ne sono sempre tenuto lontano. Credo di non aver mai pubblicato un solo commento su quel sito.

Vi faccio un esempio. Nel suo intervento Rinaldi afferma, riferendosi all'art. 11 della Costituzione "Tali indiscriminate cessioni di Sovranità sono da noi considerate perseguibili penalmente a tutti gli effetti in quanto delitto contro la personalità dello Stato".

Questo è un esempio perfetto di quello che definisco una notizia "gridata". Infatti l'art. 241 c.p. "Attentati contro l'integrità, l'indipendenza o l'unità dello Stato" recita:

"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche".

Dunque è richiesta la condizione che gli atti siano violenti, e definire "perseguibili penalmente a tutti gli effetti" le scelte dei governi che hanno ottemperato alle richieste dell'Unione Europea è un modo "gridato", alla Novella 2000, di fare comunicazione politica. Un vizio nel quale indulgono, oltre a Rinaldi, anche l'avv. Mori, Nino Galloni e la gran parte di coloro che scrivono su Scenari Economici.

Ma c'è dell'altro. Nino Galloni, definito Presidente in pectore di ALI da Antonio Rinaldi (all'inizio della presentazione) è, politicamente parlando, un personaggio che mi appare alquanto contraddittorio. Come si fa a presenziare, da relatore, agli eventi organizzati dalla mmt di Barnard, dai marxisti dell'Illinois, da ARS, oggi da ALI nella veste di Presidente in pectore e, dulcis in fundo, essere un esponente di rilievo del Movimento Roosvelt fondato da Gioele Magaldi, fino ad essere da questi proposto come candidato sindaco di Roma? Posso "gridarlo"?

Come si fa?

A pensar male si fa peccato ed io, almeno per il momento, non voglio farlo. Però un dubbio si è insinuato da tempo nella mia mente: che nel variegato movimento sovranista non solo convivano concezioni politiche molto diverse ma, purtroppo, anche antropologie umane incompatibili e destinate, inevitabilmente, a conflìggere. Non si tratta, io temo, soltanto di questioni caratteriali, ma di qualcosa di ben più grave. Ci sono frustrazioni profonde, rabbiose rivendicazioni di un ruolo capace di soddisfare personalità narcisistiche ferite, e altro che nulla ha che vedere con le convinzioni politiche e molto con la necessità di uno psichiatra o, almeno, di un buon confessore. Volendo Iddio che non sia necessario chiamare un esorcista!

E' necessario, e urgente, porre rimedio a ciò. Se non avverrà in tempi brevi, il variegato movimento sovranista corre il rischio di essere ridotto al rango di fenomeno macchiettistico. Quel che penso è che solo alcuni, tra gli esponenti più conosciuti di questo mondo, posseggano i requisiti minimi, di serietà ed equilibrio, necessari per proporsi come punti di riferimento ad un popolo che, a dispetto dei risultati elettorali, altro non spera che veder nascere una proposta politica seria sotto la guida di persone serie. Due, tra i tanti requisiti necessari, sono: una comunicazione politica fondata sulla proporzionalità tra i toni usati e la reale gravità dei fatti denunciati, e una maggiore coerenza nelle posizioni politiche. Anche al prezzo di tornare nell'ombra, almeno per un po', quando ci si accorge di essere saliti su un treno che non arriva alla meta EGOgnata

[Local post] La crisi antropologico-culturale: da Angelo Compagnoni a Maria Spilabotte


Da wikipedia (par condicio)

Angelo Compagnoni - biografia

Nato in una famiglia di origine modeste, ha abbinato alla professione di bracciante gli studi da autodidatta nella sua città natale, Ceccano. Nel 1944 si è iscritto al Partito Comunista Italiano, e alle prime elezioni libere del dopoguerra, nel 1946, è stato eletto consigliere comunale, carica che ha ricoperto nella sua città ininterrottamente fino al 1993, quando ha interrotto la propria carriera politica per motivi di salute.
Nel 1952 venne chiamato a dirigere l'organizzazione provinciale della CGIL, incarico che mantenne fino al 1958 unitamente a quello di Presidente provinciale dell'Alleanza Nazionale dei Contadini, poi divenuta Confederazione Italiana Agricoltori.
Grazie alle sue battaglie per i diritti dei contadini riuscì ad ottenere la candidatura e poi la trionfale elezione alla Camera dei Deputati nel 1953 e a rimanervi per due legislature fino al 1963, anno in cui venne eletto al Senato della Repubblica, sempre nelle file del PCI, e dove rimase per altre due legislature fino al 1972. In entrambi i rami del Parlamento fu promotore di diverse leggi volte a migliorare le condizioni dei lavoratori agricoli e dei braccianti, come ad esempio la Legge n. 607 del 22 luglio 1966 che regolava le norme in materia di enfiteusi portandole a vantaggio dei contadini.
In seguito, sempre continuando la propria battaglia a tutela delle fasce più deboli e soprattutto di quelle contadine, ha proseguito il suo impegno politico e sindacale a livello locale.
Dal 1987 al 1990 è stato Sindaco di Ceccano.

Maria Spilabotte - biografia

Nel 2013 viene eletta senatrice della XVII Legislatura della Repubblica Italiana nella circoscrizione Lazio per il Partito Democratico.

giovedì 5 maggio 2016

Il potere è spirituale - Marco Guzzi

Cari amici sovranisti, ma anche cari piddini, cari sinistrati, gari gombloddisdi, insomma cari tutti: guardatevelo! Perché? E perché no?

lunedì 2 maggio 2016

Loro e noi

 Loro e noi (di Charles Bukowski)


Stavano tutti fuori sulla veranda a chiacchierare:
Hemingway, Faulkner, T. S. Eliot, Ezra Pound,
Hamsun, Wally Stevens, E. E. Cummings e qualcun altro.
"Senti", disse mia madre, "puoi dirgli di starsi zitti?".
"No", dissi io.
"Stanno dicendo solo fesserie", disse mio padre,
"dovrebbero trovarsi un lavoro".
"Ce l'hanno un lavoro", dissi io.
"Un accidenti", disse mio padre.
"Esattamente", dissi io.
A quel punto Faulkner entrò dentro barcollando.
Trovò il whisky nella credenza e se lo portò fuori.
"Una persona tremenda", disse mia madre.
Poi si alzò e sbirciò fuori in veranda.
"C'è una donna con loro", disse lei,
"solo che sembra un uomo".
"È Gertrude", dissi io.
"C'è un altro tizio che sta facendo vedere i muscoli", disse lei,
"dice di poterli battere a tre a tre".
"È Ernie", dissi io.
"E lui", mio padre mi indicò,
"vuole essere come loro!".
"È vero?", chiese mia madre.
"Non come loro", dissi io, "ma uno di loro".
"Trovati uno stramaledetto lavoro", disse mio padre.
"Statti zitto", dissi io.
"Che?".
"Ho detto, statti zitto, sto ascoltando queste persone".
Mio padre guardò sua moglie:
"Questo non è figlio mio!".
"Spero di no", dissi io.
Faulkner entrò di nuovo nella stanza barcollando.
"Dov'è il telefono?", chiese.
"A che diavolo ti serve?", chiese mio padre.
"Ernie si è appena fatto saltare le cervella", disse lui.
"Lo vedi cosa succede alla gente così?", urlò mio padre.
Mi alzai
lentamente
e aiutai Bill a trovare
il telefono.

Loro e noi (di Roberto Napoletano)


«L’ex consigliere economico della Cancelliera Merkel, il giovane governatore della Bundesbank Jens Weidmann, da qualche tempo si è innamorato dell’Italia. Stupiscono la frequenza delle sue visite, che assomigliano a un tour organizzato, e l’insistenza con la quale chiede di essere accolto a tutti i livelli, l’intento malcelato di fare avallare una campagna elettorale, strettamente personale, per la presidenza della Banca centrale europea.
Peraltro, saldamente guidata da Mario Draghi che rivendica con orgoglio l’indipendenza dalla politica, attua, con scelte coraggiose, la politica monetaria e delinea un percorso lungimirante di integrazione per l’intera Europa. L’ipotesi di una presidenza Weidmann è priva di qualsiasi fondamento e legittimazione, perché la candidatura di un governatore che si è ritrovato in posizione di minoranza in quasi tutte le decisioni che contano del board di Francoforte, colpirebbe al cuore la credibilità della Bce, le sue ragioni fondanti di autonomia e di garante della stabilità virtuosa, e finirebbe con il sancire una spaccatura non più ricomponibile. Può esserci ovviamente una successione tedesca a Draghi, nel rispetto dei tempi del mandato istituzionale, ma non potrà di certo riguardare l’uomo più divisivo che la Germania esprime oggi sulla scena della politica monetaria, portatore manifesto di interessi contrapposti a quelli di un’Europa solidale, assolutamente necessaria, che esca dal circolo vizioso di regole tanto astratte quanto pericolose.
«La saluto, signor presidente della Bundesbank, con la massima considerazione ora come prima: ma ciò vale solo per la sua persona, non per la sua politica». Si conclude così la lettera aperta che l’ex cancelliere, Helmut Schmidt, scrisse al presidente della banca centrale tedesca dell’epoca, Hans Tietmeyer, l’8 novembre del 1996, e pubblicò sul “suo” Die Zeit con il titolo: «La Bundesbank non è uno Stato nello Stato». Qualche riga più su si poteva leggere: «Il carattere e la diffusione dei suoi discorsi la rendono non solo poco amato - cosa sopportabile - ma rendono anche la Germania poco amata, cosa che non ci siamo meritati e che non possiamo sopportare. A molti dei nostri Paesi vicini la Germania, che lei rappresenta, appare dispotica e troppo prepotente...la Bundesbank, al cui direttorio lei appartiene dagli inizi del 1990, ha pesantemente influenzato la stesura dei criteri di Maastricht. Ma né la Bundesbank né il ministero delle Finanze hanno mai pubblicamente spiegato il motivo per cui il debito totale di uno Stato partecipante non debba essere superiore al 60% del suo prodotto interno lordo...Allo stesso modo, non è motivato economicamente l’altro criterio fondante che il deficit annuale di uno Stato membro non possa essere superiore al 3% del suo prodotto interno lordo».
Ora, non volendo mancare di rispetto al Tietmeyer di ieri, la cui statura, nonostante i palesi errori di impostazione del disegno europeo, è di gran lunga superiore a quella del Weidmann di oggi, è evidente che siamo di fronte alla stessa, identica miopia, con la differenza che un cancelliere tedesco del valore di Schmidt lo metteva alla berlina, mentre Weidman riceve stranamente attenzioni e insegue consensi proprio in quei Paesi del Sud Europa che più di tutti hanno da perdere dalle sue teorie e più di tutti devono alla politica monetaria espansiva, nettamente maggioritaria, che la guida di Draghi è riuscita ad assicurare alla Banca centrale europea. Assistiamo sorpresi al fatto che trovi ascolto, anche in casa nostra, chi come Weidmann vuole mettere un tetto agli acquisti di titoli di Stato da parte delle banche o, peggio ancora, attribuire un coefficiente di rischio agli stessi titoli e accampa questo ragionamento e altri espedienti per non adempiere all’impegno solennemente assunto in tempi non sospetti di completare l’unione bancaria europea con la garanzia unica sui depositi. Quanto valore brucia questa miopia penalizzando banche, credito alle imprese e capitali privati al di là di ogni considerazione di merito e di ragionevolezza! La realtà è che ci misuriamo ogni giorno con l’assenza drammatica di una leadership politica e nessuno si fida più di nessuno. Loro non si fidano di noi e noi non ci fidiamo di loro.
Questa è la cruda realtà. Tutti sono molto attenti a riconoscere e sottolineare i difetti degli altri per tutelare i propri interessi. Tutti vanno a vedere la trave degli altri, ma sarebbe giusto che qualcuno dicesse loro di guardare le travi che hanno in casa non sempre e solo quelle fuori, quelle appunto degli altri. I tedeschi, gli olandesi, i finlandesi, perfino le pulci hanno la tosse, hanno ripetuto all’Ecofin informale di Amsterdam: o così (tetto agli acquisti di titoli di Stato da parte delle banche) o niente (addio garanzia unica europea sui depositi) e si sono beccati da italiani e francesi: così no, sul mezzo poi si vede e non è qui la sede, ma comunque prendiamo atto che vi state rimangiando il terzo pilastro dell'Unione bancaria europea. È facile contestare all’Italia il peso (realmente molto rilevante e frutto di vizi soprattutto del passato) del suo debito pubblico, ma che cosa si dovrebbe dire dell’abnorme peso statale nell’economia tedesca a partire dalle sue banche o della debolezza nell’apertura alla concorrenza dei servizi? Ancora: che dire del disonore mondiale determinato dal dieselgate della Volkswagen e del surplus commerciale che viola sistematicamente i parametri concordati? La verità è che nessuno guarda davvero a che cosa fare e si impegna a realizzarlo per avere un ambiente complessivo più sicuro, eliminare le debolezze di ciascuno e contribuire a costruire una vera Europa federale che torni a fare investimenti in modo da consolidare lo slancio della domanda interna e si muova nel mondo con una difesa e una politica estera comuni. Loro non si fidano di noi e noi non ci fidiamo di loro. Questo clima è la morte dell’Europa, l’alimento migliore dei mille populismi che infatti si ingrassano, e va cambiato. Nel frattempo evitiamo almeno di schierarci dalla parte sbagliata.
P.S. Domani festeggeremo il centocinquantesimo del Sole 24 Ore a Milano, alla Scala, alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e oggi ripercorriamo 150 anni di storia con le firme del nostro giornale. Qui vogliamo onorare lo spirito mazziniano dei fondatori del Sole e quello battagliero dello storico direttore di 24ore, Piero Colombi, senza rinunciare mai a prendere posizione e a dire come stanno le cose.»

Loro e noi (di me medesimo pirsonalmente) 


Il vostro umile blogger ciociaro scrive quello che gli passa per la capa. Non è bravo come Charles Bukovski ma è altrettanto libero. Gli gira di chiamare "mmerde" quelli che si mobilitano per i "referendum sociali"? Lo fa, che problema ha? Tanto non conta una ceppa, mica deve fare i conti con i privilegi che gli vengono concessi in cambio di...

Roberto Napoletano no! Se roberto Napoletano, editorialista economico di punta del sole24ore, scrive un editoriale come quello riportato, allora vuol dire che ha ricevuto un'indicazione. Caso o disgrazia, succede che il giorno dopo il suddetto editoriale "Salta la quotazione di Popolare Vicenza: Borsa italiana dice no". La sera stessa:

Mattarella al direttore Napoletano: «Il Sole 24 Ore giornale che documenta e consente di conoscere il Paese reale»


Oddio, forse nell'articolessa qualche esagggerazzzione c'è: "il segreto del centenario successo del Sole 24 Ore: offrire da sempre una visione oggettiva e mai scontata della realtà facendo parlare i numeri, consegnando a loro «un'anima» e una «storia»".

Diciamo che "stanno tutti fuori sulla veranda a chiacchierare".

"Senti", disse mia madre, "puoi dirgli di starsi zitti?".
"No", dissi io.
"Stanno dicendo solo fesserie", disse mio padre,

"dovrebbero trovarsi un lavoro". 
"Ce l'hanno un lavoro", dissi io.
"Un accidenti", disse mio padre.


Io me lo ricordo sempre quello che mi diceva mio padre: la ragione è dei fessi.

"A quel punto Juncker entrò dentro barcollando.
Trovò il whisky nella credenza e se lo portò fuori."

Mio padre era stato bimbo durante il fascismo, giovane durante la guerra, e si era goduto alla grande i "trenta gloriosi". Quando gli dissi, era il 1991, che il posto fisso sarebbe scomparso, mi rise in faccia.

"C'è un altro tizio che sta facendo vedere i muscoli", disse lei,
"dice di poterli battere a tre a tre".
"È Ernie", dissi io.
"E lui", mio padre mi indicò,
"vuole essere come loro!".
"È vero?", chiese mia madre.
"Non come loro", dissi io, "ma uno di loro".
"Trovati uno stramaledetto lavoro", disse mio padre.


Ero un trentino, e davvero credevo di "poterli battere a tre a tre". Pensavo di poter essere "uno di loro". Beata gioventù!

"Statti zitto", dissi io.
"Che?".
"Ho detto, statti zitto, sto ascoltando queste persone".
Mio padre guardò sua moglie:
"Questo non è figlio mio!".
"Spero di no", dissi io.


Ci credevo, maledizione ci credevo ai benefici della concorrenza. Era il 1991, ero giovane e forte, pronto a spaccare il culo ai passeri.

Juncker entrò di nuovo nella stanza barcollando.
"Dov'è il telefono?", chiese.
"A che diavolo ti serve?", chiese mio padre.
"Ernie si è appena fatto saltare le cervella", disse lui.
"Lo vedi cosa succede alla gente così?", urlò mio padre.


Ci ho messo vent' anni per capire che mio padre, che aveva torto, aveva ragione.

Mi alzai
lentamente
e aiutai Bill a trovare
il telefono.