mercoledì 31 dicembre 2014

Let me debunk mr. Mario Cervi


Mr. Mario Cervi, editorialista ultranovantenne de Il Giornale, risponde a un lettore che sostiene l'opportunità di rallegrarsi di una vittoria di Tsipras alle prossime elezioni in Grecia. Non voglio entrare in questa discussione, ma esaminare la risposta di Cervi al fine di smontare le grossolane e false affermazioni che costui pone a fondamento del suo punto di vista.

Scrive il Cervi: "Io ritengo invece che la restituzione di tutte le leve finanziarie a una dirigenza dissennata, degna erede di chi della finanza pubblica ha fatto strame...". Oops, a chi si riferisce l'arzillo editorialista? A una sinistra che, in Grecia, "della finanza pubblica ha fatto strame"? Siamo sicuri che questa affermazione corrisponda a verità, come legioni di anticomunisti viscerali sono disposti a credere? Da quegli allocchi ignoranti e pigri che sono per cui non si peritano giammai di andare a verificare le stronzatine che gli propinano quelli che, demonizzando i "comunisti", li sodomizzano allegramente da decadi e decadi e decadi e decadi e decadi....???

Prima di continuare un chiarimento: non sono, né sono mai stato "comunista"! Anzi, fino a qualche anno fa, quando ancora non mi interessavo di politica (ed ero uno degli allocchi che non si peritavano di verificare), mi sarei definito, molto genericamente, 'na specie de social-liberale. Che vergogna! Oddioooo che vergogna! Ma che ce volete fa? A me, quann'ero giovine, me 'nteressavano artre cose.

E allora andiamo a verificare. Cominciamo con il grafico (tratto da Google) del rapporto debito/Pil della Grecia.


Niiiiiii!!!!! Che vedono l'occhi mia? Dal 1995 al 2007 il rapporto debito/Pil della Grecia si mantiene costantemente in un intorno del 100%, e addirittura in calo dal 2001 (anno in cui la Grecia entra nell'euro) al 2003. E chi ha governato dal 1995 al 2007? Basta andare su santa wikipedia e verificare:

Da ottobre 1993 a marzo 2004: Pasok (centro-sinistra)
Da marzo 2004 a ottobre 2009: Nuova Democrazia (centro-destra)

Mi scusi, mr. Cervi, chi ha fatto strame delle finanze pubbliche? Ma non è tutto, perché sempre santa wikipedia ci regala questo bel grafico (tratto da qua):


Voi trovate significativi scostamenti tra l'andamento del rapporto debito/Pil della Grecia e la media europea? E lei, mr. Cervi? Ma andiamo avanti. 

Chi si confronta, oggi, in Grecia? Secondo mr. Cervi gli "eredi di chi della finanza pubblica ha fatto strame"!

E' o vero o non è o vero?

Non è o vero!

Oggi, in Grecia, in uno scenario di forte polarizzazione, si confrontano Nuova Democrazia (questo sì è lo stesso partito che ha governato dal 2004 al 2009) e Syriza. Il Pasok, che ha governato dal 1993 al 2004, mantenendo stabile e addirittura riducendo il rapporto debito/Pil dal 2000 al 2003, è infatti ridotto al 12% e i sondaggi lo danno in discesa.

Dunque l'avversario di Nuova Democrazia non è il Pasok, ma Syriza, che i sondaggi accreditano come favorita. E da dove sbuca fuori questa Syriza? Si tratta, putacasomai, di una derivazione del vecchio Pasok? Chiediamo a santa wikipedia e leggiamo: "Benché si ritenga in genere che il SYRIZA ebbe l'avvio subito prima delle elezioni politiche del 2004, il processo che condusse alla sua formazione può essere ricondotto allo Spazio per il Dialogo, per l'unità e l'azione comune della sinistra (in greco: Χώρος Διαλόγου για την Ενότητα και Κοινή Δράση της Αριστεράς) nel 2001.".

E che roba è questo "Spazio per il Dialogo"? Ce lo dice santa wikipedia: "Lo "Spazio" era composto da varie organizzazioni della sinistra greca che, nonostante le diverse provenienze ideologiche e culturali, condividevano un'azione politica comune in numerosi importanti questioni che impegnavano la Grecia alla fine degli anni novanta: Guerra del Kosovo, privatizzazioni, diritti sociali e civili. Lo "Spazio" fornì il terreno comune nel quale i partecipanti poterono lavorare assieme su temi come:
le riforme neoliberiste delle pensioni e del sistema di sicurezza sociale
l'opposizione alle leggi antiterrorismo
la preparazione della partecipazione greca alle manifestazioni popolari contro il G8 di Genova.".

Insomma, era formato da quelli che le capre anticomuniste viscerali nostrane chiamano, facendo di tutt'erba un fascio, i "comunisti". Tutto un mondo, si badi bene! che con il governo del paese non ha mai avuto nulla a che fare!

Eccolo qua l'uomo che fu il vero cervello dell'operazione Syriza: Alekos Alavanos. Ospite, tra l'altro, al Goofy3.


Alavanos, dopo la nascita di Syriza, fece un passo indietro per fare spazio a una nuova generazione di politici, tra i quali lo stesso Tsipras che oggi guida Syriza. In seguito, a causa dei tentennamenti della nuova dirigenza di Syriza, e profondamente convinto della necessità di un'uscita dall'euro "da sinistra" della Grecia, ha fondato "Piano B": "In Europe all the big powers, the parties, the banks, the big corporations have a plan B to deal with the prospect of Greece's exit from the eurozone. Only Greece has not in hand a plan B. Both the government and the parties in opposition have neglected the necessity to work on a plan B. If however, Greece is taken by surprise when forced to exit the eurozone, with people panicking, this is going to be a disaster."

Ma tutto ciò, per le capre malate di anticomunismo viscerale, non conta un emerito nulla. Nei loro piccoli e rachitici cervellini, per il solo fatto che Syriza è un partito di sinistra, è anche responsabile di ciò che ha fatto un altro partito, il Pasok, che con Syriza non ha nulla a che fare. E il fatto che il Pasok non abbia fatto strame delle finanze pubbliche (come pure Nuova Democrazia), seppur dimostrabile dati alla mano, non conta un emerito nulla. Capre! Sono delle capre e basta!

Ma andiamo avanti e domandiamoci: se il disastro non è venuto dall'aver fatto strame delle finanze pubbliche, allora da dove arriva? Ed è qui che la caprosità assurge ai livelli più alti, perché le stesse capre che addossano ogni (inesistente) responsabilità di aver fatto "strame delle finanze pubbliche" al Pasok (dimenticando Nuova Democrazia, anch'essa comunque non responsabile, al pari del Pasok, di un evento non verificatosi), fanno oggi il tifo più sfegatato per il nuovo salvatore della Patria, quel tal Matteo Salvini illuminato sulla via di Damasco dalla lettura del "Tramonto dell'euro" lasciato sul suo comodino da un collaboratore. Un tifo, sia ciò ben chiaro, a condizione che il Salvini desnudo si muova in modo da non ostacolare i progetti del proprietario del "Giornale di famiglia", Silvio Berlusconi. Costui, se e quando gli farà comodo, potrebbe un giorno decidere di far sapere alle capre ammalate di ignorantissimo anticomunismo viscerale la verità, cioè che non di finanze pubbliche si è fatto strame, bensì di finanze private! E infatti:

Ma torniamo a Syriza. Questo partito semplicemente non esisteva, sul piano del consenso, prima del 2007, allorché ottenne il 5,4% dei voti. Ora il 2007 è l'anno di Lehman-Brothers, cioè l'inizio della crisi. Come può un partito che non esisteva, il cui personale politico NON PROVIENE dal vecchio Pasok (né ovviamente da Nuova Democrazia), essere responsabile dell'inesistente "strame delle finanze pubbliche" e/o del reale disastro delle finanze private della Grecia? Come possono le capre ammalate di anticomunismo viscerale dar credito alle baggianate di un ultranovantenne che, evidentemente, dovrebbe informarsi prima di scrivere?

E soprattutto: perché il giornale, che appoggia Salvini a condizione che non disturbi il vecchio e ricco proprietario, continua a soffiare sul fuoco dell'anticomunismo viscerale? Forse perché, come suggerisce al Papini il signore che l'aiuta a rialzarsi dopo una rovinosa caduta:

O, se tu sai, più astuto
i cupi sentier trova
colà dove nel muto
aere il destin de' popoli si cova;
e fingendo nova esca
al pubblico guadagno
l'onda sommovi e pesca
insidioso nel turbato stagno.

martedì 30 dicembre 2014

sabato 27 dicembre 2014

Convergenze parallele - le alleanze possibili oltre l'€uro (Frosinone 29/12/2014 ore 17)


Le Brigate Sovraniste per la Costituzione (BSC) organizzano, come da statuto, incontri per facilitare il confronto tra tutti i movimenti politici che siano esplicitamente sovranisti o abbiano elementi di sovranismo nelle loro piattaforme. Nella seconda casistica rientrano il M5S, seppur limitatamente al tema della sovranità monetaria, come pure il PdCI e quella parte del PRC che stanno tentando la strada della rinascita di un partito comunista italiano nel solco di una ritrovata attenzione per il tema della difesa della sovranità nazionale.

A tal proposito l'intervista a Ugo Moro, vedi riquadro, è illuminante, laddove egli parla di "chiara collocazione internazionalista e antimperialista; consapevole che, a fronte di un imperialismo che mira a scardinare la sovranità nazionale di molti paesi per piegarne la resistenza, la difesa di tale sovranità assume nella nostra epoca un grande rilievo ed è precondizione per l'affermazione del protagonismo dei popoli".

Posti di fronte a questa e altre dichiarazioni, anche della frazione (forse non più) minoritaria e sovranista del PRC, noi delle Brigate Sovraniste per la Costituzione non abbiamo avuto dubbi: occorre confrontarsi.

Invitiamo dunque i cittadini e i militanti politici della città e del circondario (anche quelli del piccolo villaggio chiamato Roma a poche decine di chilometri dalla capitale della Ciociaria) a sospendere per qualche ora le tombolate festive onde partecipare all'incontro di lunedì 29 dicembre 2014 presso il Lebò club di via Alcide De Gasperi 10 (inizio via Ciamarra) a Frosinone.

Parteciperanno al dibattito esponenti storici del movimento sovranista, come Moreno Pasquinelli di Sinistra contro l'euro, e Stefano D'Andrea presidente dell'Associazione Riconquistare la Sovranità (ARS), nonché Maurizio Federico (storico e giornalista, massimo frusinologo vivente)

L'invito alla partecipazione è rivolto, in modo esplicito, anche ai militanti del PD che si riconoscono nelle posizioni di Stefano Fassina (non potendo svalutare la moneta si svaluta il lavoro), ma anche a quelli che, pur schierati nell'area renziana, stanno dimostrando, seppure in conversazioni private, attenzione per il tema della riconquista della perduta sovranità (al nuovo piddino preferito devono fischiare le orecchie).

Last but not least, perché dimenticare i civatiani? Vengano anch'essi.

E i salviniani? No! i salviniani non ce li vogliamo! Stanno già dall'altra parte.

venerdì 26 dicembre 2014

Euro-exit: regime transitorio e regime permanente


Link correlato: la psicostoria

Gli ingegnieri sanno bene qual è la differenza tra regime transitorio e regime permanente, e sanno anche che lo studio dei transitori è molto più difficile. Anche perché molte ipotesi lineari, che possono essere tranquillamente assunte nello studio dei regimi permanenti (e con esse l'uso di metodi che trasferiscono in un altro dominio l'analisi) non sono valide nello studio dei transitori. Non fosse altro perché, se uno ha bisogno di approfondire lo studio dei transitori, spesso non può accontentarsi delle approssimazioni lineari.

Nel frammento che vi propongo, tratto dal video di A/simmetrie dal titolo "Scenari di uscita dell’Italia nel modello di a/simmetrie - Euro, mercati, democrazia 2014", l'economista Francesco Lippi sottopone a critica il modello presentato da Alberto Bagnai sugli scenari di uscita dall'euro. Alberto Bagnai risponde alle critiche di Francesco Lippi in questo post [Il moltiplicatore del modello di a/simmetrie (KPD5)], ma limitatamente al valore da assegnare ad uno dei parametri del suo modello, il moltiplicatore fiscale

Tuttavia le critiche di Lippi vanno ben oltre questa circostanza. Nella sostanza, e nel video ciò è ben rappresentato dallo stesso Lippi, egli mette in discussione la validità stessa dell'approccio di Bagnai, argomentando che il modello messo in campo, per altro con encomiabile dispendio di energie, essendo di natura inevitabilmente lineare è poco adatto per valutare gli scenari turbolenti dell'uscita dall'euro. Non che egli ne proponga di alternativi, semplicemente sottolinea il fatto che le turbolenze saranno tali e di tale impatto da non consentire alcuna modellizzazione lineare. E dunque, stanti i limiti della teoria dei sistemi applicata all'economia, il transitorio dell'uscita dall'euro non è modellizzabile. Ciò non toglie che ogni sforzo per valutare gli scenari immediatamente successivi all'euro-exit debba essere fatto, e di ciò siamo tutti grati ad Alberto Bagnai. Ma anche no, poiché questo è in fondo il suo mestiere, mentre forse faremmo (in realtà facciamo) meglio ad essere molto arrabbiati con altri che si ostinano a considerare l'eurozona come un dentifricio ormai uscito dal tubetto. Come dire un processo irreversibile. 

Tuttavia, se il transitorio dell'euro-exit è difficile da esplorare con l'uso di modelli lineari, ciò non vale per quanto riguarda il regime permanente che si instaurerà dopo l'esaurimento del transitorio successivo all'inevitabile sua fine (en passant: anche questa è una cosa che discende dai modelli lineari keynesiani). Questo è un campo in cui possono esercitarsi studiosi di ambiti diversi dalla specializzazione econometrica: storici, giuristi, politologi, sociologi, psicologi... il cui contributo deve essere tenuto in conto.

Ora, essendo possibile affrontare lo studio dei regimi permanenti (ovvero esaminare e valutare i possibili assetti stazionari di un sistema politico-giuridico-sociale-economico) con modelli linearizzati , si può e si deve fare un importantissimo passo indietro, che consiste nella rinuncia all'orgogliosa pretesa tecnocratica (hýbris) di progettare un "sistema ottimizzato" che faccia tutti contenti, con l'implicita e spesso non dichiarata assunzione che si possano cambiare le cose, anche molte cose, senza tuttavia rivoluzionare tutto. Ciò significa che torna in campo l'idea di partigianeria, alias la lotta di classe. Infatti lo studioso degli assetti "permanenti" non progetta/immagina con la superbia di ottimizzare un sistema che non si può cambiare in modo radicale, bensì con la volontà di definire e proporre dei radicalmente nuovi equilibri permanenti, che favoriscano alcuni a scapito di altri. E dunque non può che essere egli stesso parte del processo di cambiamento. Cioè partigiano.

Non è ancora giunto il giorno in cui le scienze sociali potranno prevedere e pilotare ogni evoluzione della $toria. Hari Seldon non è ancora nato, e di sicuro non è Alberto Bagnai. Al quale va tuttavia, al netto delle sue paturnie da Donna Elvira e degli errori di posizionamento politico, la riconoscenza di tutti noi. A condizione che torni al dialogo, anche aspro, con i soggetti reali che rappresentano le istanze reali, sia dominanti che (oggi) dominate, le quali sono le vere e determinanti artefici del dipanarsi degli eventi.

martedì 23 dicembre 2014

Il Borghiland

Questo è un "poste politico sulla flatte taxe"... in attesa d'er poste tecnico de 'n famoso economista. Che com'è che nun dice 'n cazzo a proposito d'a proposta d'a flatte taxe de l'amico de l'amico suo? Com'è? Com'è?

In attesa di essere illuminato sugli aspetti tecnici della flat-tax da chi ne sa più di me e si dichiara "de sinistra", mi avventuro in un'analisi personale che non voglio nemmeno dire politica. Molto spesso definire così un ragionamento serve a nascondere l'approssimazione tecnica, ed io non voglio incorrere in questo errore di superbia. Pertanto l'analisi che segue deve essere intesa come un tentativo di capire, essendo come sempre pronto ad ammettere di essermi sbagliato davanti a ragionamenti rigorosamente validi. Scrivo per chiarire a me stesso, più che per affermare una certezza assoluta.

Il Borghiland (Stato nazione di Flatlandia)


Dunque la Lega di Salvini ha sposato la tesi di Claudio Borghi Aquilini, facendo sua la proposta di introdurre in Italia la flat tax.

La tesi di Claudio Borghi Aquilini è questa: eliminando il principio dell'aliquota marginale progressiva dell'IRPEF e adottando una sola aliquota valida per tutti i redditi, per di più bassa (il 20%) il gettito fiscale resterebbe invariato. Borghi, bontà sua, propone anche l'adozione di soglie di detrazione su base familiare, cogliendo in tal modo i classici due piccioni con una fava: introdurre nella proposta un elemento di progressività dal basso e far contenti i sostenitori del quoziente familiare. Bingo!

Tra i tanti video in cui Borghi ha esposto la sua tesi mi piace presentarvi questo:


La scelta è dettata dalla mia perfidia: vorrei sapere che ne penZa Illo... proprio di questa esposizione.

Al minuto 16'56'' Borghi esemplifica ipotizzando uno Stato con 11 contribuenti (chiamiamolo il Borghiland), dieci dei quali guadagnano 10 e uno 100. Con la sua proposta di flat tax (nell'esempio non parla di deduzioni, ma questo al momento non ci interessa) Borghi argomenta che un'aliquota unica del 20% garantirebbe una raccolta fiscale pari a 40, la stessa che si otterrebbe tassando i dieci contribuenti "poveri" al 40% e zero quello "ricco", che non pagherebbe nulla perché con aliquote troppo alte avrebbe portato i suoi soldi a Montecarlo. Ma non con la flat tax! Con la flat tax il "ricco", secondo Borghi, troverebbe conveniente tornare a pagare le tasse in Italia. E tutti vivrebbero felici e contenti.

E infatti... uno dei problemi di Putin (in Russia c'è la flat tax al 13%) è che... i russi ricchi al primo stormir di foglie portano i loro soldini all'estero!

Insomma, Borghi sostiene la tesi che gli Stati debbano farsi concorrenza fiscale. Non un cenno, infatti, ad ogni ipotesi di vincolo alla circolazione dei capitali, nemmeno di sfuggita. Per convincere i ricchi a riportare i loro capitali in Italia bisogna abbassargli le tasse, così loro ritornano. E fa l'esempio di Montecarlo, che è a due passi dall'Italia, come se la distanza geografica, in tempi di globalizzazione, fosse un problema!

Ma ammettiamo pure che con un'aliquota unica al 20% i capitali fuggiti dall'Italia tornino da noi, e riprendiamo l'esempio del Borghiland, lo Stato con 11 contribuenti. Il primo anno la raccolta sarebbe pari a 40, ma cosa accade sul versante della distribuzione della ricchezza con il passare del tempo? Facciamo un paio di ipotesi. I dieci contribuenti "poveri" probabilmente spenderebbero gran parte del loro reddito, riuscendo a risparmiarne solo una piccola parte, mettiamo una cifra pari a quanto pagano al fisco: il 20%. Il risparmio complessivo dei "poveri", il primo anno, sarebbe dunque di 20. E il "ricco"? Difficile pensare che spenda, in proporzione, più dei "poveri". Ottimisticamente ipotizziamo che risparmi il doppio, dunque il 40%, cioè 40. Già nel primo anno la ricchezza tesaurizzata sarebbe di 20 per i dieci poveri e di 40 per il ricco. La domanda è: quale sarà la distribuzione del patrimonio (non il reddito: il patrimonio) dopo soli dieci anni di questa tarantella?

E chi penZate che avrà il controllo politico del paese a quel punto? I dieci "poveri" o il "ricco"? Eravamo partiti da una situazione nel quale c'era un certo rapporto tra i "poveri" e il "ricco", giusto o ingiusto che fosse, ma con il trascorrere del tempo la flat tax lo rende più squilibrato. Altro che democrazia necessitata, questa sarebbe plutocrazia aritmetizzata!

Ma non è tutto. In regime di piena libertà di circolazione dei capitali, perché mai il "ricco" dovrebbe investirli nel Borghiland? Con il rischio, per di più, che i suoi dieci connazionali "poveri" si mettano in testa, visto che c'è lavoro, di chiedere aumenti di stipendio? Gli conviene investirli all'estero, anche continuando a pagare le tasse nel Borghiland!

Temo, insomma, che Borghi, con i suoi ragionamenti aritmetici, stia dimenticando un dato essenziale, ovvero che la democrazia è possibile solo laddove le differenze di ricchezza tra i cittadini non sono eccessive e non crescono nel tempo. La flat tax deve quindi essere valutata non solo staticamente (il primo anno di applicazione) ma anche dinamicamente. Essa conduce a una netta e inevitabile divaricazione di reddito e ricchezza tra i cittadini, rendendo alla lunga impossibile la democrazia.

E adesso bunga-bunga


Prendo atto di alcuni fatti oggettivi:
  • La lega, oltre alla flat tax, ha sposato una linea molto dura e identitaria sulla questione immigrazione.
  • Nel piccolo mondo (ora abbastanza cresciuto) degli anti-euro, che frequento fin da quando mettere in discussione l'euro era considerata una bestemmia, le reazioni a queste scelte tardano ad arrivare o sono piuttosto flebili. In alcuni casi, l'endorsement con la Lega è addirittura esplicito.
Chiarisco subito che sto parlando di blog come Voci dall'esteroOrizzonte48 e, ovviamente, Goofynomics. Come mai sembrano temporeggiare sulla questione? Ma non è solo questo che mi affligge, perché tra i miei contatti FB vi sono altre centrali di attivismo anti-euro, ad esempio Scenari economici, i CIPS, forse GP Imperatrice e altri, che sembrano strizzare l'occhio a Salvini (e in qualche caso fanno anche di più). Cosa sta succedendo al variegato mondo di quanti, per primi, si sono posti su posizioni anti-euro? Tutti incantati dal Salvini desnudo? Alcuni, addirittura, già arruolati?

Io non credo che su questo si possa essere silenti a lungo; passi che è Natale, ma dal nuovo anno la musica deve cambiare. Il dipanarsi degli eventi sta dimostrando, con la forza dell'evidenza, quanto fossero lungimiranti le preoccupazioni di quanti, in primo luogo Emiliano Brancaccio ma anche i compagni raccolti intorno alla Sinistra contro l'euro e, in parte, i patrioti dell'ARS, sostengono la tesi che l'euro è solo l'epifenomeno di un problema di ben maggiore importanza, ovvero la svolta neoliberista e globalista affermatasi a partire dagli anni '80 del secolo scorso. Non basta più fare informazione o nascondersi dietro il paravento dell'analisi tecnica, poiché la fine dell'esperimento di una moneta senza Stato, qual è l'euro, riapre un confronto che sembrava essersi concluso con la caduta del muro di Berlino e chiama tutti alla partecipazione politica. E', questa, una chiamata che riguarda anche i grillini, i quali si trovano davanti alla scelta tra il crescere politicamente o continuare a credere che tutto si possa risolvere con la buona amministrazione e la lotta alla corruzione.

Ed è proprio per favorire questa presa di coscienza che nei prossimi giorni, in qualità di Grande Vecchio pro tempore delle Brigate Sovraniste per la Costituzione, organizzerò nella mia città (Frosinone) un incontro dal titolo "Le convergenze parallele: alleanze possibili oltre l'euro", al quale saranno invitati a parlare esponenti di diverse forze politiche già anti-euro o prossime a diventarlo, e tra queste, ovviamente, i rappresentanti locali del M5S.

lunedì 22 dicembre 2014

Intervista a Moreno Pasquinelli

Intervista a Moreno Pasquinelli, appena tornato dalla Grecia come componente di una delegazione italo-francese di gruppi anti-euro e anti Unione Europea, dove ha incontrato i rappresentanti  di Syriza, Piano B e altri movimenti greci. [Fonte: Brigate Sovraniste per la Costituzione]


giovedì 18 dicembre 2014

Ma cosa crede, la plebaglia italiana, che l'uscita da destra sarà fatta per la loro felicità?

Matteo Salvini
Jaques Attali
All'immortale outing di Jaques Attali «Ma cosa crede, la plebaglia europea, che l'euro l'abbiamo creato per la loro felicità?» corrisponde, con orribile simmetria, la folle e disgustosa campagna di Matteo Salvini per l'uscita dall'euro costruita intorno al delirante slogan "prima gli italiani".

Ho atteso prima di dire la mia sulla sconcia campagna della Lega di Salvini, perché volevo essere certo che non si trattasse della semplice coda di una modalità, nella ricerca del consenso, appartenuta al passato che tardava ad essere espunta. Le cose non stanno affatto così.

Matteo Salvini, e con lui gli strateghi della comunicazione e i consiglieri economici della Lega Nord, ha scelto di mestare nel torbido dei peggiori sentimenti razzisti e xenofobi che vivono nei bassifondi della nostra società. Una cosa che accomuna Salvini e la Lega Nord ai peggiori esempi della Storia.

L'accoppiata tra le grida razziste di Salvini e la proposta della flat-tax del consigliere economico della Lega Nord, l'ex fattorino divenuto consigliere di amministrazione di Deutsche Bank Claudio Borghi Aquilini, costituisce l'epitome di ciò che definiamo "uscita da destra dall'euro".

Tutto il resto è chiacchiera pariolina.

mercoledì 17 dicembre 2014

Noi pagliacci

Nome di Dio!... quelle stesse parole! Coraggio! Un uomo era con te?

Sei briaco?

Briaco! Sì... da un'ora!

Link correlato: I PAGLIACCI (Dramma in un prologo e due atti. testi e musiche di Ruggero Leoncavallo)

La mala informaciòn

La menzogna è la madre di tutte le ingiustizie, private e pubbliche. Ma poiché la menzogna privata non è eliminabile, e proprio per questa ragione, lo spazio pubblico dovrebbe svolgere un compito di compensazione. Almeno nelle "libere democrazie". O no?

E invece no, la menzogna dilaga a causa della totale sottomissione del sistema dei media agli interessi privatistici. Resistono, ma con crescente difficoltà, una parte della blogosfera e dei social networks. Oggi per sapere quel che accade è più utile affidarsi ai blog indipendenti che non ai media tradizionali, compresa mamma Rai il cui canone pagheremo con la bolletta elettrica.

Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch'è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.



Da uno scambio di messaggi con il mio nuovo piddino preferito:


Fil: Non mi pare che la possibilitá di gestione della politica valutaria risolva i problemi... 
Me lo spieghi tu questo articolo?

Fior: Se il prezzo del petrolio si dimezza di botto è ovvio che il rublo si deprezzi. Domandati piuttosto cosa sarebbe accaduto se, crollando il prezzo del petrolio, la Russia si fosse trovata agganciata a un'unione monetaria! L'unica soluzione sarebbe stata la svendita dei giacimenti di gas...
Ti ricordo che l'inflazione degli anni 70 (picco al 24%) fu la conseguenza di un aumento di 12 volte del prezzo del petrolio.
Insomma, siamo alle solite: terrorismo mediatico a base di menzogne. Lo scopo è nascondere il fatto che gli USA hanno dichiarato guerra alla Russia, e che l'Europa gli va dietro. Non finirà male... finirà peggio. Un esempio. Leggi questa frase dell'articolo: "il rialzo del tasso di interesse di riferimento dal 10,5% al 17%, deciso nella notte tra lunedì e martedì, nulla ha potuto contro il tracollo della divisa russa e l’aumento dell’inflazione, che l’anno prossimo è prevista a doppia cifra."
Mi dici che senso ha? Mi dici come cazzo si fa ad affermare che una misura presa un paio di giorni fa "nulla ha potuto contro l'aumento dell'inflazione"? Ma anche per la quotazione del rublo bisogna aspettare qualche settimana per valutare l'effetto della manovra sul tasso di cambio. Sono pronto a scommettere con te che l'effetto ci sarà, eccome.

Addendum delle ore 17,30 del 17 dicembre 2014: e infatti... dal picco di 78 rubli per dollaro si scende a 53 rubli per dollaro. Nulla ha potuto etc. etc. ragliano gli asini!


domenica 14 dicembre 2014

Mai mettere un gatto nell'angolo

Post breve per i compagni sinistrati che cominciano a capire il significato vero dell'austerità.


Ci siete quasi. Dovete fare solo il piccolo ulteriore sforzo di capire che in regime di libera circolazione di capitali merci servizi e persone (Maastricht) e cambi fissi (euro) i "padroni" italiani non possono cedere alle richieste dei lavoratori. Se lo facessero non ci sarebbero uno Stato e una Banca Centrale in grado di proteggerli e finirebbero con l'essere sottomessi e fagocitati dal capitalismo europeo e mondiale. Quindi delle due l'una: o attacchiamo e travolgiamo tutto (tutto, dicasi tutto) il capitalismo europeo e forse anche mondiale, oppure ricostituiamo una sovranità nazionale al cui interno ce la giochiamo con i "padroni" italiani. I quali, a quel punto, se perdono una battaglia redistributiva con i lavoratori non rischiano di essere sottomessi e fagocitati dal capitalismo europeo e mondiale. Avrebbero semplicemente ceduto qualcosa ai lavoratori italiani.

Avete mai provato a mettere un gatto nell'angolo? Non vi consiglio di farlo. Con l'euro e l'UE il capitalismo italiano è come un gatto messo nell'angolo.

sabato 13 dicembre 2014

Keynesianism is Statism!

Il mio intervento all'incontro "Ricostruire il Partito Comunista".


Come potevo mancare? Non è forse vero che sono un ideologo d'er movimento da'r basso? Ero senza telecamera ma con il telefonino ho ripreso l'audio del mio breve intervento e le conclusioni dei compagni Bruno Steri e Ugo Moro, che pubblicherò al più presto. Adesso è tardi, carico il mio intervento e vado a farmi due chiacchiere al Lebo-Club dell'amico Christian Bellincampi, un grillino dubbioso. Grappetta finale, smirciatina a qualche bella ciociara e poi a dormire. Guardare e non toccare, tocca ai giovani...

Anche perché noi "vecchi" abbiamo un imperativo morale: rimediare al lungo sonno che ci ha condotto dove oggi siamo. Ricordate gli anni ottanta? Ecco, appunto...

venerdì 12 dicembre 2014

Quelli che "rifacciamo il PCI"

Domani 13 dicembre 2014 presso la sala conferenze dell'Hotel La Trattoria (davanti al casello autostradale di Frosinone) si svolgerà un incontro organizzato da quanti hanno sottoscritto un appello per ricostruire il Partito Comunista.

La domanda che mi pongo è, in primo luogo, se vi sia l'intenzione reale di ricostruire un partito o, più pedissequamente, una semplice scatola politica per mezzo dello sventolio di una bandiera fortemente simbolica come quella del fu Partito Comunista Italiano.  In secondo luogo, e soprattutto, mi domando se coloro che hanno lanciato l'appello siano effettivamente consapevoli di ciò che è stato il PCI, e di come l'aspirazione alla sua ricostituzione sia completamente in contrasto con ogni posizione di compromesso con l'Europa di Maastricht.

Di questo, e anche di qualche "sassolino", parlo nel video che propongo ai lettori di questo blog e agli organizzatori del convegno.

Sono un gerontofilo

Grande scandalo ha suscitato tra i pedofili (quelli veri, marci nell'animo) la seguente frase di Andrea Camilleri: “A due anni le donne raggiungono il massimo della loro bellezza e della loro capacità seduttiva. E’ una seduzione straordinaria per la loro potenza e nello stesso tempo come innocenza. Perderanno il resto della loro vita per ritrovare quel momento.” [Andrea Camilleri]

Il video è questo:



Camilleri, per questa dichiarazione, è stato accusato di essere un pedofilo. Questa circostanza mi ha gettato in uno stato di ansia. Infatti anch'io nutro una torbida passione, quella per le vecchiette. A differenza di Camilleri, tuttavia, trovo che le donne raggiungano il massimo della loro bellezza e della loro capacità seduttiva dopo i novant'anni. E’ una seduzione straordinaria per la loro potenza e nello stesso tempo come innocenza. Hanno speso tutta la loro vita per raggiungere quel momento magico.

A questo punto, se tanto mi dà tanto, verrò accusato di gerontofilia dai veri gerontofili (quelli veri, marci nell'animo), cioè quei pazzi malati che non sanno disgiungere l'idea di bellezza dalla banale copula.

Naturalmente non disprezzo la banale copula, e a scanso di equivoci dichiaro che la mia preferenza va alle donne di 25 anni. Le quali, a mio modo di vedere, non sono belle, ma più prosaicamente molto arrapanti.

Camilleri, e più modestamente il sottoscritto, siamo dei porci maiali, o lo sono quelli che confondono la bellezza con la foia? Che noia...

mercoledì 10 dicembre 2014

Caricato il 13 nov 2011...

...e dedicato a chi chiede li sordi perché è er mejo e ha cominciato pe' primo er 16 novembre 2011.




Dice: ma che roba è? Ma che Fraiuolio ha sbroccato? Intelligenti pauca...
Dagli abissi della Ciociaria, er tredici novembre d'er dumilaundici, un ingegniere insegnante in un IPSIA dixit:


Per completezza, questo è un esempio di quello che dalle TV raccontavano all'italiani (28 novembre 2011):


E pe' nun farce manca' gnente, ecco quello che diceva 'n artro stronzo n'er dumilessei:


E mo famo li seri!

E adesso facciamo le persone serie...


Beatus ille qui procul negotiis,
Ut prisca gens mortalium,
Paterna rura bobus exercet suis,
Solutus omni foenore!

martedì 9 dicembre 2014

Er movimento da'r basso

Non avrei potuto scrivere l'articolo che leggete se fossi rimasto... 


Quelli che mi chiedono perché sia uscito dall'ARS, e non credono alle poche spiegazioni che ho già fornito, sono invitati a leggere questo post. Per prima cosa: non ho voluto parlarne immediatamente proprio per evitare che tali spiegazioni, sull'onda della sorpresa, venissero fraintese. Non dimentico mai che un messaggio ha sempre almeno due protagonisti: chi lo confeziona e chi lo recepisce. In alcuni casi è necessario procedere con calma e ponderazione.

Vorrei iniziare con un quadro sinottico di ciò che sono e ho fatto. Ho (ri)cominciato a interessarmi di politica nel 2005, a 49 anni, dopo un breve coinvolgimento nel biennio 1977-78, quando avevo vent'anni e, se andavo alle assemblee della facoltà di lettere a Roma (ma io ero studente di ingegneria) era soprattutto per motivi topici. E più non dimandate.

L'idea fulminante che si impossessò di me, or sono quasi dieci anni, era che fosse necessario far rinascere la partecipazione politica dal basso. Naturalmente finii nel M5S. Me ne allontanai verso la metà del 2009, non tanto per le posizioni - poiché ero ancora convinto che il problema del nostro paese fosse la corruZZZione - quanto per il fatto che non scorgevo, nel modo in cui il MoV andava strutturandosi, un'effettivo spazio per una partecipazione dal basso organizzata in modo democratico.

All'epoca mi dimenticai delle mie esternazioni come attivista del MoV perché, se oggi sono un signor nessuno, allora ero un signor nientino: a chi volete che interessasse? Poi feci carriera, diventai un signor nessuno e sentii la necessità di spiegare le ragioni del mio distacco dal grillismo. Era il 2012, e questo è il video:


nota: il primo che dice che sono invecchiato lo azzanno! Casomai ditelo a Claudio... eh eh eh

Come chi mi segue sa bene, sono diventato un signor nessuno grazie ad un'intervista ad Alberto Bagnai (In viaggio con Goofy). 

Nel dicembre 2012 litigai con Alberto Bagnai. Io volevo fare ermovimentodarbasso, lui no. E' finita male, molto male.

Riassumendo: fulminato dall'idea che sia necessario riattivare la partecipazione politica dal basso nella forma di nuovi partiti, da quasi dieci anni mi muovo coerentemente in questa direzione. Se ne avessi le capacità (o se avessi una bacchetta magica) 'sto benedetto partito dal basso lo fonderei io medesimo me stesso, ma le cose non stanno così. Bagnai mi ha sfanculato (e io su Bagnai ci contavo... in questo ID ha ragione, e pure Bagnai ha ragione quando dice di avermi cacciato perché aveva capito le mie vere intenzioni). A quel punto l'unica scelta possibile era tra i due tronconi in cui si era scisso il gruppo che aveva organizzato, nell'ottobre 2011, il convegno "Fuori dall'euro, fuori dal debito" (chiedo scusa per gli ads causati da un hackeraggio, credo della BCE - n.d.r.). A quel convegno aveva partecipato anche Alberto Bagnai, che in quell'occasione avevo conosciuto. 

Alla fine scelsi l'ARS1, sebbene dopo lunga indecisione. Quello che mi interessava non era tanto quale dei due gruppi avesse idee più vicine alle mie, quanto quale di essi avesse la maggiore capacità organizzativa e, dunque, migliori possibilità di riuscire nel costruire l'agognato partito da'r basso. A distanza di due anni i risultati tardano a venire. Non che lo sfanculatore Bagnai sia riuscito a far chissà cosa, anzi. Sa vendersi bene, questo è certo, ma alla fine che ha ottenuto? Milioni di italiani hanno capito che questa è una crisi di debito privato e non pubblico? Non mi pare. Esaù è stato molto più bravo di lui: almeno il suo piatto era pieno di lenticchie... quello di Alberto è vuoto!

La questione che pongo è semplice: come può essere definito "democratico" un sistema nel quale, a dispetto di una crisi epocale di natura sistemica, aggravata da un errore tecnico pacchiano come la moneta unica, l'insieme delle classi sociali subalterne non riesce ad esprimere nemmeno una proposta politica organizzata, che è una? Non dico un partito che riesca a prendere il potere, ma almeno una fazione minoritaria che sia espressione di tali interessi e i cui leaders non siano nominati, come di fatto accade, dagli stessi ceti dominanti!? A questa circostanza, che è la sinagoga di tutti i fallimenti della democrazia in salsa liberal-liberista, ogni sincero democratico dovrebbe aspirare a porre rimedio. Anche quelli che, per interessi concreti, trovano conveniente restare nella moneta unica o preservare il capitalismo, poiché la democrazia non può sopravvivere all'assenza prolungata di ogni forma organizzata di vera opposizione!

La mia uscita dall'ARS


Non sono uscito dall'ARS perché non sono più un convinto sovranista, né per entrare in qualche altro movimento. Per altro la scelta sarebbe davvero molto limitata. Sono uscito perché l'ARS, che è una frazione del sovranismo, dovrà un giorno allearsi con altre frazioni per far nascere un fronte (o un partito) sovranista; ma per far ciò è necessario che ci sia chi lavora e si impegna contro ogni tentazione settaria. Per questo ho costituito insieme ad altri, tra i quali mi piace ricordare l'amico Simone Boemio, le Brigate Sovraniste per la Costituzione (BS), "un gruppo operativo informale che ha la finalità specifica di promuovere e facilitare il dialogo, il confronto e la conoscenza reciproca tra i sovranisti appartenenti alle diverse associazioni già attive in tutta Italia". Ho intenzione di dedicarmi a questo compito con tutte le mie forze, ma ovviamente un simile impegno non è compatibile con il mio far parte, per di più con in ruolo rilevante essendo membro del direttivo nazionale, di un'associazione come l'ARS; né di Sinistra contro l'euro, ça va sans dire. 

Resterò invece iscritto a RISCOSSA, le cui finalità sono di natura culturale e divulgativa, almeno fino a quando non si trasformerà in qualcosa che possa confliggere con l'impegno nelle BS.

Questa scelta è, ovviamente, transitoria. Spero vivamente che gli sforzi per far nascere il tanto vituperato partito da'r basso abbiano al più presto successo. Quel giorno le BS avranno esaurito il loro compito ed io, l'amico Simone e tutti gli altri che ci daranno una mano potremo militare a tempo pieno nel Fronte Sovranista Italiano o, se preferite (io preferisco) nel Partito Sovranista Italiano. Oppure (perché por limiti alla Provvidenza?) nel Partito della Rivoluzione Italiana.

1 l'altro troncone era il Movimento Popolare di Liberazione (MPL), altrimenti noto come "Marxisti dell'Illinois"

domenica 7 dicembre 2014

La differenza tra i sovranisti e la melma leghista

Nota preliminare: quando ne sono uscito, qualche settimana fa, ho voluto sottolineare e rimarcare che, a mio avviso, la piattaforma dell'ARS è quanto di meglio ci sia oggi sul mercato dell'offerta politica in Italia. Questo post del presidente Stefano D'Andrea (nel seguito copiaincollato) conferma quella mia affermazione. Sono uscito, lo ripeto per i complottisti del sabato sera, perché in questa fase di marasma la mia postazione ottimale e più efficace è quella di semplice blogger.

La Lega di Salvini e il Fronte Sovranista Italiano


December 7, 2014 | Author: Stefano D'Andrea

Mi chiedono di chiarire quali punti programmatici dovrebbero differenziare, secondo il mio punto di vista, il partito sovranista che l’ARS desidera e vuole concorrere a creare, da un lato, e la Lega, dall’altro. Molti no-euro che ci conoscono e credo ci stimino, infatti, non comprendono l’atteggiamento severo dell’ARS nei confronti della Lega.
Mi limito soltanto ad alcuni punti. Il partito sovranista dovrebbe sostenere:
1) lo statismo socialista nei settori strategici, che andrebbero nazionalizzati, socializzati, o sottoposti a controllo pubblico mediante la riscoperta delle partecipazioni statali, che sono state gloria dell’Italia;
2)  una critica del grande capitale finanziario e della rendita non solofinanziaria, ma anche di quella urbana, la quale è in parte pulviscolare (molte persone comuni ne beneficiano, per corruzione, cointeressenza ignara con chi compie la corruzione, o fortuna);
3) l’esigenza di una nuova classe dirigente che il partito dovrebbe formare e selezionare (le classi dirigenti le formano e selezionano i partiti, sia nelle democrazie sia negli stati totalitari); se i partiti abdicano, entrano i Colaninno, i De Benedetti, i Bazzoli, i Serra, i Monti, i Passera, i Della Valle, le mignotte, i papponi, gli spacciatori, i cocainomani e i ruffiani;
4) dovrebbe essere antimoderno nelle strategie di comunicazione, nel senso di ricorrere a una efficace comunicazione delle proprie idee, rifiutando i  trucchetti, spesso squallidi e pericolosissimi, suggeriti dal marketing politico. Per esempio la Lega, pur non sostenendo, da un punto di vista politico-legislativo, soluzioni razziste ai vari problemi posti dalla presenza degli stranieri irregolari, utilizza questi problemi per una propaganda che cavalca e diffonde il razzismo, ergendoli a primo problema degli italiani. Questo comportamento è verminoso e indebolisce e fa degenerare il popolo italiano;
5) dovrebbe sostenere una imposizione progressiva che arrivi, oltre un certo livello (500.000 euro?), anche al 90% dei redditi. Tutto ciò non avrebbe la funzione di fare gettito ma quella di fare  giustizia. Ovviamente le imposte complessivamente dovrebbero diminuire e i ceti popolari e medio-bassi pagherebbero meno imposte, anche per lo spostamento del peso fiscale dalle imposte indirette a quelle dirette;
6) dovrebbe combattere il capitale marchio, in vari modi, rivitalizzando così il piccolo commercio e la piccola impresa, e sottoporre a trattamento fiscale diverso e molto più severo sia i proventi della pubblicità e delle sponsorizzazioni, sia la possibilità di dedurre le spese pubblicitarie (i costi per la pubblicità non sono costi di produzione e distribuzione);
7) dovrebbe fare della Scuola e della Università decisivi strumenti di mobilità culturale e sociale, rigettando l’autonomia scolastica e universitaria, centralizzando la disciplina dell’attività didattica, tornando a mettere al centro della scuola l’insegnamento delle discipline da parte degli insegnanti e l’apprendimento delle medesime da parte degli studenti. La valutazione dovrà tornare ad essere giusta e quindi giustamente severa. Chi non raggiunge i risultati minimi richiesti deve ripetere l’anno. Fare di tutto per far conseguire i risultati minimi è un conto ed è cosa giusta e sacrosanta, ma abbassare l’asticella o mandare avanti chi non ha dimostrato di saperla saltare è assurdo, rovinoso e in ultima analisi ultra-classista;
8) dovrebbe promuovere la riduzione al minimo del regionalismo, togliendo alle Regioni quanti più poteri la Costituzione del 1948 consentiva di togliere, combattere il macroregionalismo come una follia stupida ed eversiva e perseguire esclusivamente il localismo. Il localismo implica il centralismo, perché è lo Stato che promuove il localismo: la vita dei cittadini, a parte le grandi città, si svolge nella contrada, nemmeno nella provincia, che spesso è costituita da due, tre o quattro contrade;
9) dovrebbe sottrarre al grande capitale il potere di conformare l’opinione pubblica, l’animo, la psicologia e l’immaginario dei cittadini, sia mediante il trattamento fiscale della pubblicità sopra suggerito, sia promuovendo molte televisioni e radio a diffusione quantitativamente limitata;
10) dovrebbe perseguire la piena occupazione a beneficio di tutti coloro che vivono di redditi da lavoro, autonomi e subordinati;
11) raggiunto il potere, dovrebbe porre la questione della liberazione dell’Italia dagli occupanti statunitensi.
Come vedete, secondo il mio punto di vista il Fronte Sovranista Italiano dovrà essere completamente opposto alla Lega.
Cari no-euro, volete restare immobili per i prossimi tre anni e mezzo in attesa di votare Lega, perché ha detto “no-euro” (ma sappiate che anche Renzi dirà no-euro e che l’Italia uscirà per decisione di Renzi e Berlusconi), e difenderla se qualcuno osa criticarla, perché bisogna criticare soltanto il PD (come un tempo bisognava criticare soltanto Berlusconi e successivamente soltanto il partito unico ma non il M5S)? O volete aiutarci a costituire il Fronte Sovrannista Italiano? Qual è la scelta che testimonia il vostro valore? E quale quella che sancisce la vostra pigrizia e la vostra accidia?

Stato sovrano o Stato canaglia?

Link correlato: TELEGRAPH: AMMUTINAMENTO ALLA BCE INDEBOLISCE L’AUTORITÀ DI DRAGHI [Ambrose Evans-Pritchard]

La lettura di questo post su voci dall'estero è illuminante. Ambrose Evans-Pritchard, editorialista del Telegraph, riconosce che "ha ragione Weidmann a pensare – come pare che faccia – che la carica a testa bassa verso la mutualizzazione del debito e l’unione fiscale di fatto realizzata con mezzi monetari sia una minaccia mortale per la democrazia tedesca e per lo stato di diritto".

Benoît Cœuré
Notevole è anche l'accenno, sempre nello stesso articolo, al fatto che tre membri su sei del comitato esecutivo della BCE si sarebbero rifiutati di firmare le ultime dichiarazioni di Draghi, e che tra questi, oltre la tedesca Sabine Lautenschläger e il lussemburghese Yves Mersch, vi sia anche il francese Benoît Coeuré, ex co-presidente del Paris Club.

Si tratta di una notizia di estremo interesse che si presta a due differenti interpretazioni. La prima, che potremmo definire "classica", è quella sposata da A.E. Pritchard, secondo il quale il voto francese si spiegherebbe con la volontà dell'esecutivo di quel paese di non irritare la Germania ("un segnale che Parigi spera ancora di evitare una rottura delle relazioni con Berlino sulla gestione dell’UEM").

Ma esiste anche una lettura "complottista" dell'avvenimento, corroborata dal fatto che Benoît Coeuré, è stato co-presidente del Paris Club, che non è propriamente un'associazione di beneficenza: "Il Club di Parigi è un gruppo informale di organizzazioni finanziarie dei 19 paesi più ricchi del mondo, che procede ad una accurata rinegoziazione del debito pubblico bilaterale dei Paesi del Sud del mondo (aventi ingenti difficoltà nei pagamenti). I debitori sono spesso raccomandati dal Fondo Monetario Internazionale dopo il fallimento di altre soluzioni. [wikipedia]". E' possibile, in altri termini, che gli interessi dei capitalisti francesi e tedeschi siano più correlati di quanto siamo abituati a pensare ragionando in termini di stati-nazione, e che la votazione che ha spaccato il direttorio della BCE ne sia una testimonianza. Un eventuale default di paesi come l'Italia e la Spagna rappresenterebbe, per i grandi capitali del nord Europa, una preda ben più ghiotta dei poveri paesi del terzo mondo, tale da far passare in secondo piano la finzione degli "interessi nazionali".

Quale delle due letture è più vicina alla verità? Se lo è quella "classica", allora battersi per la riconquista della sovranità nazionale significa, più o meno, recuperare all'Italia un margine di indipendenza che altri paesi europei hanno e noi no. Al contrario, se è più vera l'ipotesi "complottista", allora battersi per la riconquista della sovranità nazionale è un passaggio, più o meno obbligato, nella lotta internazionalista alla dittatura finanziaria globale. Nel primo caso il successo della lotta farebbe dell'Italia uno Stato sovrano, nel secondo uno Stato canaglia.

Nel board della BCE, il signor Benoît Coeuré rappresenta lo Stato francese, o una frazione del grande capitale europeo?

giovedì 4 dicembre 2014

La "teoria del mondo di mezzo"


Link correlato: Carminati, l'intercettazione che spiega la teoria del 'mondo di mezzo'

Che poi nel monno de mezzo mica ce stanno solo li criminali! E no, ce stanno puro l'imprendori - specie queli grossi - l'arti funzionari de polizzia e de li servizzi, li banchieri, l'intellettuali 'n tant'ar chilo, li giornalisti, li politici che te crescono com'a la panna montata perché stanno tutti li giorni 'n televisione. E cce stanno puro l'economisti che se credono loro e sto cazzo. E magaro puro quarche comico da strapazzo che scassa er cazzo co 'a corruzzione. Tutti 'nsieme appassionatamente, ner monno de mezzo, sempre pronti a lecca' er culo ai vivi ma co 'n occhio pur'a li morti, che saremmo noi, ch'an vedi mai che se svejano e je rompono er culo?!

Nun ce sta 'n cazzo da fa, ogni tanto je se deve rompe er culo a 'sti pezzi de mmerda!1

1 A queli che stenno ner monno de sopra, ovviemente, ch'a l'altri nun vale la pena.

La resilienza dell'€uro (16)

Nota: questa è l'ultima puntata. La settimana prossima faccio il bonifico all'ARS ('na cifra...)

La scalfaromics


L’esito della crisi politica non incontrò il gradimento di quella parte dell’establishment italiano che stava puntando tutte le sue carte sulla ratifica del trattato di Maastricht, prevista per il 1992. Non si perdonava a Craxi lo scetticismo per la prospettiva dell’unione monetaria (“Un limbo nella migliore delle ipotesi, un inferno nella peggiore”, ebbe a dichiarare qualche anno dopo), mentre di Andreotti si ricordava la gestione della crisi del 1977, con le promesse, non mantenute, di ridurre il deficit di bilancio. Come abbiamo visto, era stata proprio questa circostanza a tirar fuori l’Italia dalle secche, almeno fino a quando il secondo shock petrolifero non aveva riacceso l’inflazione, ma ormai l’establishment aveva fermamente scelto l’opzione della moneta unica, ragion per cui Andreotti e Craxi, e con loro Forlani, entrarono nel mirino di un’accesa polemica giornalistica, capeggiata al solito da Repubblica, che preparò il terreno per l’oscura vicenda di tangentopoli. Il titolo dell’editoriale di Scalfari del 9 luglio 1989, tre giorni dopo le dimissioni del suo pupillo De Mita, non lasciava dubbi sull’orientamento del giornale: “E ORA LA FESTA PUO' COMINCIARE”. In un successivo editoriale dell’otto agosto 1989, dal titolo “MA CARLI E' L'ULTIMA PROVA D'APPELLO”, Scalfari esordiva così: “Ci sono molte contraddizioni nell'economia e nella finanza italiane: i profitti delle imprese sono alti, ma le esportazioni declinano; la bilancia commerciale registra un disavanzo preoccupante, ma il cambio della lira è a livelli da primato; la liquidità è abbondante, ma i tassi d' interesse continuano ad essere elevatissimi. Infine, il gettito fiscale aumenta senza tregua, ma il deficit pubblico non ne riceve alcun sollievo e il Tesoro non vede ridursi le angosciose dimensioni del fabbisogno da finanziare sul mercato. Guido Carli sta riflettendo sull' intreccio di queste contraddizioni. La sua nomina a ministro del Tesoro ha un significato di annuncio che non si presta ad equivoci. Nella politica di risanamento finanziario ha fallito Giuliano Amato, fallì prima di lui Giovanni Goria e, prima ancora, Andreatta. Carli rappresenta dunque l' ultima prova di appello. Se mancasse anche lui, l'Italia non potrà esser presente ai riti dell' unificazione economica europea del '92”.

Più avanti, nello stesso editoriale: “Abbiamo un' inflazione al 7 per cento e un apprezzamento della lira puntellato da un tasso di interesse reale che attira capitali esteri in cerca di impieghi remunerativi. L'afflusso di questi capitali serve a finanziare le importazioni, incoraggiate dal livello del cambio e da un'alta propensione al consumo. Bisognerebbe dunque per contenere il disavanzo commerciale e rilanciare le esportazioni deprimere il livello del cambio estero. Ma se si seguisse questa politica il tasso di inflazione aumenterebbe ancora di più. La via del deprezzamento del cambio è dunque preclusa, almeno fino a quando i conti dello Stato verseranno in così patologiche situazioni”. Infine, chicca delle chicche: “Il disavanzo primario del bilancio dello Stato, al netto degli oneri destinati al servizio degli interessi sul debito pubblico, è ancora cospicuo anche se in via di graduale diminuzione”.

Ci sono, in queste poche frasi tratte dall’editoriale di Scalfari, tutte le aporie della politica economica liberista degli anni ottanta, e gli artifizi linguistici usati per nasconderle. Esaminiamone qualcuno:

  • “i profitti delle imprese sono alti, ma le esportazioni declinano; la bilancia commerciale registra un disavanzo preoccupante, ma il cambio della lira è a livelli da primato;”.
Se Scalfari avesse invertito l’ordine delle e nelle due frasi, usando la locuzione congiuntiva “e” al posto di quella avversativa “ma”, non avremmo avuto nulla da obiettare. Scritto così: “il cambio della lira è a livelli da primato e la bilancia commerciale registra un disavanzo preoccupante; le esportazioni declinano e i profitti delle imprese sono alti;” il periodo cambia completamente di significato e assume un senso. E’ ovvio che, se il cambio della lira è alto, le esportazioni soffrano! E’ meno ovvio, ma non difficile da capire, che, con il cambio alto, anche se le esportazioni declinano i profitti rimangano alti! L’ideale, come si sa, sarebbe esportare molto con un cambio alto, ma da sempre gli industriali, se proprio devono scegliere, preferiscono esportare di meno e con un cambio alto. Il problema è che per guadagnare con un cambio alto esportando di meno è necessario ridurre il costo del lavoro, nonché la spesa pubblica!

Infine, la bordata finale: “Bisognerebbe dunque per contenere il disavanzo commerciale e rilanciare le esportazioni deprimere il livello del cambio estero. Ma se si seguisse questa politica il tasso di inflazione aumenterebbe ancora di più. La via del deprezzamento del cambio è dunque preclusa, almeno fino a quando i conti dello Stato verseranno in così patologiche situazioni”. Questa altro non è che la terroristica uguaglianza SVALUTAZIONE=INFLAZIONE, scemenza di proporzioni tali da non meritare commento. Il finale della scalfaromics è scontato: “Il disavanzo primario del bilancio dello Stato, al netto degli oneri destinati al servizio degli interessi sul debito pubblico, è ancora cospicuo anche se in via di graduale diminuzione”. Falso! Perché la spesa primaria dello stato italiano era in linea con quella di Francia e Germania, come dimostra questo grafico, tratto da dati ufficiali della Banca d’Italia.


La teoria dello “Stato sprecone” e dei “mercati efficienti


Se parlate di politica con un cittadino italiano (ma anche con tedesco, uno spagnolo, un greco), potete essere certi che, salvo poche eccezioni, vi troverete di fronte ad alcune convinzioni, assiomatiche e incontestabili quanto errate, dalle quali tutto viene dedotto. Non era così quando ero bambino. Ricordo ancora le discussioni con alcuni compaesani, figli di comunisti (io ero figlio di democristiani), che tessevano le lodi dell’Unione Sovietica, patria dei lavoratori. Essendo pargoletti, gli argomenti erano per forza di cose ingenui. Del tipo (io) “se un negoziante è pagato dallo Stato, perché dovrebbe darsi da fare per migliorare?”, al che il mio giovane interlocutore partiva per la tangente con la tesi “l’uomo è fondamentalmente buono e generoso, diventa egoista per colpa del sistema”. Ho nostalgia di quei lunghi dibattiti che spaziavano, per altro, su un orizzonte infinito di temi. Sono passati tanti anni. Io continuo a pensare che senza un incentivo individuale nessuno si dà da fare, ma anche che i miei genitori, impiegati statali, hanno svolto un compito che non può essere lasciato all’iniziativa privata. I miei amici di un tempo, quelli che “l’uomo è buono per natura ma il sistema lo rovina”, hanno in grandissima parte cambiato completamente idea, anche se non se ne rendono conto. Si considerano ancora “de sinistra” ma, se gli parli, ti dicono che lo Stato è inefficiente, corrotto, improduttivo, e dunque che l’iniziativa privata è necessaria, perché così le risorse (sempre scarse) vengono allocate con maggior efficienza. Dopo tanti anni abbiamo tutti un linguaggio più “forbito”!
Siamo sicuri di questo? E’ proprio vero che la somma dei danni economici causati dalla corruzione “pubblica” sia maggiore rispetto a quella “privata”? Soprattutto, siamo certi che sia la corruzione la rovina delle nazioni?
Rispetto alla prima domanda, penso siate d’accordo sul fatto che i costi della corruzione debbano essere valutati non solo in base al numero di scandali di cui veniamo a conoscenza attraverso il sistema dei media, ma che di ognuno di essi si debba considerare il peso in termini di risorse distrutte. Certo, se ogni santo giorno la televisione ci parla di dieci episodi di corruzione nel settore pubblico, e solo una volta al mese di uno scandalo “privato”, allora magari ci facciamo l’idea che ciò che è “pubblico” sia una sentina di vizi, mentre il “privato”, salvo qualche eccezione, sia sostanzialmente sano. Le cose non stanno affatto così, ma è così che funziona il sistema dell’informazione. Non solo perché è opportunamente orientato (lo è), ma anche per una ragione intimamente connessa al suo funzionamento. In primo luogo, chi fa giornalismo deve produrre, ogni giorno, delle novità. Così accade che il salvataggio di una banca privata per decine di miliardi di euro faccia il paio con un consigliere comunale di Canigattì che lucra sulle concessioni edilizie. Inoltre, mentre è lecito, anzi dovuto, informare il pubblico delle malversazioni di un pubblico ufficiale (vigile urbano, assessore, sindaco etc..), anche sulla base di semplici illazioni (è la lotta politica, bellezza!), non è altrettanto facile sbattere in prima pagina la miriade di porcherie che accadono, ogni giorno, tra gli operatori privati. Provateci, poi mi saprete dire.

E’ accaduto così, sia perché l’informazione è opportunamente orientata, sia per quella che è la sua natura, che la maggior parte delle persone si sia fatta l’idea che ciò che è pubblico è intrinsecamente inefficiente, quando non corrotto, mentre ciò che è privato è sostanzialmente sano. E’ un’idea difficile da contrastare, ma non perché manchino i dati. Il fatto è che la maggior parte delle persone ragiona per via induttiva, costruendo la propria visione della realtà sulla base dei ricordi che si fissano nella memoria. Un modo per contrastare questa naturale tendenza consiste nel far sì che si abbiano delle idee forti, che funzionino come campanelli d’allarme rispetto alle convinzioni che penetrano nella mente per opera del sistema dell’informazione, ma coloro che orientano l’informazione si sono premuniti. La demonizzazione delle ideologie, termine che ha assunto una connotazione definitivamente negativa, è stata funzionale a questo scopo. Tuttavia, e qui sta il paradosso, mentre un’ideologia (il marxismo)  veniva demonizzata, una nuova ne prendeva il posto: il liberismo.