sabato 24 giugno 2023

La politica i clan del dissenso e il gioco delle carte

Sono passati dieci anni da quando ruppi con Alberto Bagnai, oggi deputato della Lega. Al tempo ero considerato, tra i suoi followers, una sorta di braccio destro, impressione rafforzata dal fatto che mi aveva citato nell'introduzione del suo libro "Il tramonto dell'euro" alla cui stesura avevo dato un marginale contributo come mero correttore di bozze. La rottura fu determinata dal fatto che Alberto Bagnai aveva capito la mia intenzione di utilizzare il suo lavoro in senso politico, così da dare uno sbocco concreto alla critica alla moneta unica che Egli aveva brillantemente svolto durante i diciotto mesi da quando lo avevo conosciuto. Non compresi immediatamente le ragioni di alcuni suoi attacchi denigratori, ascrivendoli al ben noto carattere del nostro, ma ben presto mi fu evidente che la ragione della rottura di quel rapporto, che era stato anche di amicizia, era l'esito inevitabile di una irriducibile disparità di obiettivi.

La prima conseguenza di quella rottura fu il mio completo isolamento e l'esclusione pressoché completa dal dibattito che era sorto intorno al "Sacro Blogghe". Non mi diedi per vinto, raccolsi le forze e mi avvicinai a due personaggi che, in questi dieci anni, hanno svolto un ruolo fondamentale nella maieutica del mondo al quale oggi ci si riferisce con il termine "Area del dissenso": Moreno Pasquinelli e Stefano D'Andrea. Il primo è stato protagonista di una serie di eventi e iniziative spesso di grande rilevanza, il secondo diede vita a un'iniziativa politica (Associazione Riconquistare la Sovranità - ARS) che, attraverso un paio di cambi di denominazione, è oggi il piccolo partito "Riconquistare l'Italia". Aderii ad ARS per un breve periodo di tempo, pur continuando a collaborare con Moreno Pasquinelli. Purtroppo dovetti constatare che i rapporti tra i due erano spesso conflittuali, sempre in bilico tra la rottura più aspra e tentativi di riconciliazione. Anche in questo caso, inizialmente pensai si trattasse di una questione caratteriale che poteva essere risolta, in quanto gli obiettivi politici dichiarati di entrambi erano largamente coincidenti, ma così non è stato.

Nel frattempo sorgevano altri gruppi, con obiettivi politici collimanti sebbene divisi su aspetti secondari, ma anche in questo caso la conflittualità reciproca la faceva da padrona. Interrogandomi sulle ragioni, giunsi alla conclusione che ciò era dovuto alla struttura sottostante di tutte queste piccole organizzazioni, che erano sempre fondate sull'iniziativa di uno o più personaggi che davano vita a veri e propri clan politici del dissenso, ponendosi alla loro guida nelle vesti di capi clan. Vi era cioè una continuità strutturale con la vicenda che aveva determinato la mia rottura con Alberto Bagnai. E' stato così che fin dal 2014, inizialmente in colloqui personali, in seguito con interventi pubblici, ho iniziato a porre la questione della democrazia interna nella gestione dei clan del dissenso. Uno sforzo costante, coronato dal più completo insuccesso.

La mia è stata una battaglia sostanzialmente solitaria, avendo incontrato ben poche persone che la condividessero. Lo schema che si è regolarmente ripetuto è stato il seguente:

  1. Qualcuno propone un'iniziativa, ovvero si dissocia da un clan già esistente per fondarne un altro
  2. Si raccolgono dei seguaci
  3. Si mettono in campo iniziative ed eventi
  4. Si partecipa insieme ai clan concorrenti alla costruzione corale di un pensiero del dissenso
  5. Ci si fa la guerra per strapparsi i militanti, sempre pescando nel piccolo stagno del mondo del pensiero dissidente
Ci sono stati due eventi che hanno segnato la parabola, e oggi la rotta disastrosa, di questo schema di fondo: le elezioni del 2018 e la psicopandemia.

Le elezioni del 2018


In vista delle elezioni politiche del 2018 il mondo del dissenso entrò in fibrillazione perché, da molti, queste erano viste come un'occasione per raccogliere i frutti del grande lavoro corale degli anni precedenti. Decisi di contribuire all'iniziativa messa il campo da Moreno Pasquinelli con la sua CLN (Comitata di Liberazione Nazionale). La strategia proposta da Pasquinelli consisteva nella partecipazione alle elezioni regionali in Sicilia del 2017 da usare come trampolino di lancio per le successive elezioni politiche. Fu un vero disastro. In Sicilia non si riuscì a raccogliere le firme, mentre il successivo tentativo di presentare ugualmente una lista per le politiche naufragò a causa dell'insistenza con cui Pasquinelli e il suo gruppo tentarono, fino all'ultimo, di coinvolgere forze politiche assolutamente estranee al nucleo delle idee del Sovranismo Costituzionale. Un esempio su tutti: la proposta di organizzare un incontro con i rappresentanti di Potere al Popolo, giustamente ribattezzato da un amico sagace Potere al Papero. Tale insistenza ebbe un effetto deflagrante, le ultime riunioni del gruppo proponente si trasformarono in una rissa e tutto sfumò.
Fu in quella circostanza che mi resi conto, con angoscia, che l'area del dissenso era stata facilmente infiltrata da personaggi il cui vero scopo era quello di far fallire ogni tentativo di unione, per dare così spazio alla Lega e al M5S che, all'epoca, si erano calati in testa il cappello del Sovranismo, nonché ad altri che pascolavano in un'area che potremmo definire della sinistra critica, in realtà piccole formazioni con obiettivi esclusivamente clientelari e di piccolo cabotaggio.

Mi allontanai dal gruppo di Pasquinelli, che in verità si dissolse, fino alla rottura definitiva che ebbe luogo nella primavera del 2019 quando, non riuscendo più a tollerare il loro sostegno al governo Conte I, telefonai al braccio destro di Pasquinelli, Leonardo Mazzei, per segnalargli la convergenza in atto tra il M5S e il PD, ma questi non volle ascoltarmi. Poi, nell'estate del 2019, ci fu la vicenda del Papeete e la nascita del governo Conte II, quello dei lockdown.

La psicopandemia

La vicenda della psicopandemia ha determinato una crescita straordinaria dello stagno nel quale i diversi clan del mondo del dissenso potevano pescare. Come accade in biologia, quando il cibo è più abbondante la popolazione aumenta e così ne sono nati molti altri guidati da figure carismatiche, per sovrappiù aiutati dalla veloce pedagogia digitale che è stata la conseguenza più immediata della psicopandemia. In tanti hanno imparato a realizzare video, a organizzare video conferenze in diretta, a pesare la rispettiva influenza più in termini di click che per la forza delle idee, come avveniva nel periodo pre-psicopandemico, Noi vecchi Sovranisti Costituzionali siamo stati messi in ombra, criticati per il nostro approccio economicistico che "laggente non capiscono", mentre i nuovi capi clan introducevano nel discorso politico una pletora di nuove tematiche. A dispetto degli ingenui followers che invocavano l'unione, è nata invece una feroce competizione imperniata sul confezionamento di nuove offerte politiche di natura olistica che potessero raccogliere il massimo consenso nello stagnone del dissenso.

Il gioco delle carte

Mi sono speso molto, e in misura crescente, nel tentativo di correggere la deriva dei clan del dissenso, ma ogni mio sforzo è stato vano. Temo che lo sarà anche la scrittura di questo articolo perché ormai l'attenzione di tutti è concentrata su altre e ben più gravi paure, ma sono testardo per natura per cui non mi darò per vinto. Il punto è che, come in guerra, anche in politica serve un esercito, un grande esercito. In politica gli eserciti sono le organizzazioni politiche, in primis i partiti. Un partito ha l'obiettivo di conquistare voti alle elezioni ma per farlo ha bisogno, prima ancora di un'offerta politica convincente e di una comunicazione efficace, di un grande numero di militanti.

Il primo problema è dunque avere militanti in numero molto superiore a quello di tutti i clan del dissenso messi insieme. Ricordo i sogni di Stefano D'Andrea che, dopo i primi successi, teorizzava un raddoppio degli iscritti ad ARS ogni anno: fosse veramente accaduto oggi ARS, o comunque dovesse chiamarsi, avrebbe non meno di centomila iscritti. Ma non li ha. Per farvi capire la ragione del fallimento di tutti i clan del dissenso, nessuno escluso, ricorrerò a una metafora.

Come sapete molti giocano a carte, spesso a soldi, eppure le liti nel gioco delle carte sono rare, salvo la presenza di bari. Ci sono molte persone che, al gioco delle carte, hanno perso patrimoni, altri che li hanno guadagnati, eppure si continua a giocare a carte e le liti sono rare. Perché? Perché al gioco delle carte, che sia briscola scala quaranta o poker, ci sono le regole del gioco! Ognuno può sedersi al tavolo da gioco e vincere, o perdere, ma ci sono le regole del gioco alle quali deve sottostare. Ebbene, anche la Politica è un gioco, ma affinché diventi un gioco di massa servono le regole del gioco, che è esattamente quello che i capi dei clan non sono disposti ad offrire. Loro offrono sì il gioco, ne decantano la bellezza, si arrovellano per trovare il modo di farlo conoscere, impostano strategie di marketing, ma le regole sono sistematicamente e sempre chiuse, non aperte alla partecipazione. Perché i capi dei clan del dissenso vogliono controllare il Banco.

Sono giunto alla conclusione (ottimistica) che quasi tutti i capi clan del dissenso siano persone disturbate. Siano cioè come quel delinquente di Giulio Cesare di cui si narra che, passando in un villaggio delle Alpi, disse di preferire essere il primo lì che il secondo a Roma! Ma le persone sane di mente, che sono ancora e sempre la maggioranza, preferirebbero essere i centesimi o i millesimi a Roma che i primi in uno sperduto villaggio delle Alpi!

La questione è tutta qui. Nessun clan del dissenso potrà mai avere le migliaia di militanti necessari se non offrirà un gioco di partecipazione democratica senza il maledetto Banco tra i piedi. E i fatti lo hanno dimostrato. Potranno avere milioni di click, donazioni, visibilità quanta ne sognano, ma i militanti - fuor di metafora gli appassionati del gioco politico - non li avranno, se non a condizione di stabilire regole di partecipazione democratica senza il Banco tra i piedi. Ma forse i capi clan del dissenso, oltre che essere persone disturbate e ossessionate dal piccolo potere che sognano di conquistare, sanno bene di non essere bravi giocatori e che, senza controllare il Banco, non avrebbero alcuna possibilità di vincere il piatto.

mercoledì 14 giugno 2023

Chiedo agli entusiasti del green-pass


Chiedo agli entusiasti del green-pass di tutte le convinzioni politiche se riescono a cogliere, almeno adesso a mente fredda, l'orrore che c'è in queste parole.

Sì, l'orrore. La leggerezza con cui milioni di persone in Italia hanno rinunciato ai loro diritti senza coltivare il minimo dubbio e facendosi incantare dagli eroi ballerini in camice bianco, è semplicemente l'orrore. L'orrore di persone inebetite dal quieto vivere, completamente dimentiche della dimensione morale dell'esistenza. Uso il termine "morale" e non "spirituale" non a caso. 

La spiritualità è un'esperienza personale, individuale, la moralità ci riporta al rapporto con gli altri. Si può pensare quello che si vuole del destino dell'anima. Si può essere convinti che questa non esista e che siamo solo hardware biologico al cui interno, non si sa bene come e perché, ci sia un "software generativo" che ci guida e determina; viceversa, si può pensare che siamo il prodotto di una volontà teleologica che tutto ha creato per lasciarci giocare al libero arbitrio. Tuttavia queste sono convinzioni individuali, che non  si riflettono nel nostro rapporto con gli altri. Tanto è vero che cattolici, protestanti, musulmani, buddisti, taoisti e adoratori della sacra passera o del culex prensilis possono tranquillamente convivere fianco a fianco, se non vengono aizzati gli uni contro gli altri dai bastardi che dominano il mondo col metodo del "divide et impera".

La moralità no, è un'altra cosa. Essa ha a che fare con i nostri comportamenti, con ciò che riteniamo essere lecito per noi e per gli altri, quindi con i limiti che riconosciamo necessari per la convivenza. Per questa ragione la leggerezza con cui milioni di italiani hanno accolto la narrazione psicopandemica, e chiuso gli occhi davanti alle sue evidenti assurdità, crescenti nel tempo, si qualifica come un comportamento profondamente immorale, dimentico dei diritti degli altri e dei limiti che dobbiamo sempre imporre alle nostre pretese, di qualunque natura esse siano.

L'aver anteposto il diritto alla propria personale sicurezza in un clima di crescente isteria, durante il quale ogni facoltà critica è stata annichilita fino alla negazione perfino delle menzogne più manifeste e dei dubbi più legittimi, costituisce una colpa morale che può essere lavata solo al prezzo di una profonda riflessione individuale e collettiva, senza la quale nulla potrà essere come prima.

Se questo non accadrà la psicopandemia sarà stata un tornante della Storia, un "nulla sarà come prima" come ci fu annunciato fin dall'inizio. Vogliamo questo? Meglio, volete voi questo? Davvero - mi rivolgo alle vittime di questa narrazione tossica, impostaci dall'alto con strumenti di condizionamento di una potenza mai vista - preferite che "nulla sia come prima" piuttosto che ammettere di aver fatto una scelta immorale? Della quale potete tuttavia pentirvi sapendo che sarete riaccolti nel seno dell'umanità, dolente ma impavida, che invece ha resistito. Ne vale la pena? Avete consapevolezza dell'abisso nel quale precipitereste voi stessi e tutti gli altri se non avrete il coraggio di riconoscere che sì, avete fatto una scelta immorale?

Ho intenzionalmente scelto questo riferimento a Silvio Berlusconi, al posto di molti altri possibili, perché voglio rivolgermi a quelli che un tempo consideravo "della mia parte", la cosiddetta "sinistra", sebbene sappia che anche dall'altra parte, la cosiddetta "destra", è stato commesso lo stesso identico delitto morale. Dovranno essere altri, "de destra", a parlare al loro mondo, e so che molti lo stanno già facendo. Tutti noi chiediamo una sola cosa, che si torni a capire che ogni rapporto con l'altro ci pone davanti a scelte morali non facili, cioè non sentimentali bensì dure e talvolta spietate, nelle quali ogni volta dobbiamo bilanciare l'interesse individuale e personale con i diritti di chi è altro da noi. Non sempre è possibile farlo rispettando in modo assoluto sia noi che gli altri, talvolta si devono prendere decisioni estreme, assumendocene la responsabilità morale. Ma quello che è accaduto con la psicopandemia, è ormai evidente, è stato un eccesso e quindi un errore, che va riconosciuto per evitare che l'esito sia il "nulla sarà come prima".

E invece, se chi ha sbagliato vorrà riconoscere il suo errore, che è di natura morale e non scientifica, allora tutto potrà essere come prima: che non era il Paradiso, ma nemmeno l'Inferno nel quale stiamo precipitando. Ve lo chiedo con tutt'amore che mi resta, dopo quello che è successo: riconoscete il vostro errore morale e torniamo a volerci bene!

Errore morale, non scientifico! La scienza esiste per sbagliare, a volte noi, altre voi, la morale non sbaglia. Adesso tocca a voi.