venerdì 27 aprile 2018

Gli ortopiddini

Non è forse vero che gli insetti sfameranno il mondo? Quanto è squisito l'incrocio tra il coccomatteo e il grillomaio! 

Dall'incrocio tra gli ortotteri e i piddini sta nascendo una nuova specie, gli ortopiddini. Inutile chiedersi se il risultato sarà la somma delle rispettive qualità o difetti, perché in biopolitica quello che conta è solamente la capacità di sopravvivenza della nuova specie. Riuscirà l'ortopiddino, questa ancor gracile creaturina, a superare l'infanzia? Non sarà facile, perché l'ambiente nel quale muove i primi passi è insidioso, abitato da specie selvatiche molte delle quali estremofile.

Da wikipedia: Un estremofilo è un microrganismo che sopravvive e prolifera in condizioni ambientali proibitive.

I sovranisti, la più feroce e selvatica delle specie estremofile, capace di resistere in condizioni politiche proibitive, hanno già l'acquolina alla bocca. Venghino, venghino cari ortopiddini, molluschetti da sgranocchiare sputandone la scorcia all'ora degli aperitivi, nei baretti di provincia e di paese!

Un altro giro? Sei prosecchini e due ciotole di ortopiddini, grazie!

Cos'è il sovranismo


Vuoi uscire dall'euro ma restare nell'UE? Non sei sovranista. Vuoi la flat-tax? Non sei sovranista. Pensi che una tecnica monetaria ci renderà ricchi e felici? Non sei sovranista. Lanci proposte sulla piattaforma Rousseau per uscire dall'euro? Non sei sovranista. Essere sovranisti significa battersi per il socialismo nei confini dello Stato nazionale, dunque lottare per affermare, all'interno della nazione, il principio democratico e sconfiggere il principio oligarchico. Gli avversari dei sovranisti sono i liberali, cioè a dire, oggi, tutti gli altri.

Io capisco che siamo stati abituati a prendere per veri concetti assurdi che infrangono il principio di non contraddizione, capisco tutto e sono comprensivo, ma, per favore, prendetene coscienza e levatevi di torno da noi sovranisti. Prendiamo la flat-tax, cavallo di battaglia della Lega: il buon Borghi ci spiega che, con la flat-tax, il PIL aumenterà per cui abracadabra trickle down! Dov'è l'errore logico? Semplice, l'errore consiste nell'aver dimenticato (o far finta di aver dimenticato) che le tasse sono uno strumento politico, la cui funzione principale è quella di ostacolare o favorire l'accumulo di ricchezza da parte di chi ha redditi alti, la qual cosa è un presupposto fondamentale per l'esistenza o meno della democrazia. Non può esserci democrazia quando le differenze di ricchezza tra le classi sociali aumentano oltre misura, e dunque per salvare la democrazia è necessario tosare i redditi di chi sta accumulando troppo. Vi prego di notare che sto parlando di "redditi" dei ricchi, non di "patrimoni" dei ricchi, incidere sui quali è inutile e dannoso. Basta tosare i redditi, e in dieci anni le cose si mettono a posto. Che è quello che stanno facendo oggi, ma con la classe media invece che con i redditi veramente alti. Altro che flat-tax, quello che serve è un'aliquota marginale fortemente progressiva!

Nooo gridano i fanatici della flat-tax, perché se tassi troppo i redditi alti c'è più evasione, e soprattutto si disincentiva la voglia di darsi da fare. Che bella favoletta! Davvero pensate che sia facile evadere le tasse quando si percepiscono alti redditi? Casomai, evadere è possibile quando si guadagna poco, che so, quando si fa il cameriere, lo sguattero, il giardiniere, l'avvocato di provincia. Ma ditemi, davvero Fabio Fazio può evadere? 

Non solo, questa teoria del trickle-down puzza di razzismo lontano un miglio, perché sottende la tesi che chi guadagna di più è ontologicamente migliore di chi non ce la fa per cui, se tassi quelli ce la fanno, disincentivandoli, non è che gli esseri inferiori possano fare ciò che essi rinunciano a fare. E infatti, se Fabio Fazio venisse tassato con le tabelle irpef in vigore negli anni sessanta, lui lavorerebbe di meno e non si troverebbe nessun altro presentatore che abbia voglia di sostituirlo, col risultato che le trasmissioni televisive tornerebbero ad iniziare alle 17:00 per finire prima di mezzanotte (e i bambini a letto dopo carosello). O no?

mercoledì 25 aprile 2018

Un filosofo marxista che si dichiara di sinistra, pur avendo fondato un'associazione chiamata "Sovranità Nazionale"


Gad Lerner cade dal pero scoprendo che ci sono italiani socialisti che amano la patria italiana. 

Siamo assediati da personaggi come Gad Lerner, entusiasti attori del circo mediatico che li foraggia consentendo loro di fare la bella vita in cambio di una narrazione globalista e anti nazionale funzionale agli interessi del grande capitale. Costoro, chiaramente al servizio di tali interessi, dunque servi di questi interessi - se la lingua italiana ancora conserva un minimo di aderenza al principio di non contraddizione - devono essere trattati come mercenari assoldati.

Chi vuole combattere il predominio del grande capitale non può non scontrarsi con personaggi come questo Gad Lerner, ed è tempo di essere definitivamente chiari: sono pericolosi come serpenti, perché nascondono i loro veri fini (servili) dietro una maschera amichevole. Vanno temuti, detestati e, per parlar chiaro, odiati. Ancor più di chi li comanda e paga.

Credere di poterli contrastare attraverso l'attivismo sui social è da ingenui. Al contrario i social, e in generale la rete Internet, sono una trappola, e devono essere usati solo ed esclusivamente come mezzi di comunicazione, giammai come strumenti per fare politica. La politica è contatto umano diretto.

Dobbiamo organizzare sezioni territoriali che agiscano minimizzando l'uso dei social, privilegiando invece il contatto fisico diretto tra gli iscritti, e utilizzare i social il meno possibile, solo ed esclusivamente per comunicare, come fossero un telefono.

Noi abbiamo già iniziato a farlo. Il problema non è il timore di essere intercettati, perché chi fa politica non deve avere timore di ciò. Il problema è che l'uso eccessivo dei social impoverisce il contatto umano, che è la nostra vera ricchezza.

Dobbiamo incontrarci di persona, annusarci, guardarci negli occhi, costruire dal basso le nostre comunità. La guerra tra i liberali e noi socialisti è appena cominciata.

lunedì 23 aprile 2018

Il nazionalismo europeo e la nascita della coalizione degli interessi contrari

Hanno cominciato a giocare la carta del nazionalismo europeo, naturalmente usando parole un po' meno compromesse. Parleranno dunque di patriottismo europeo e, soprattutto, di sovranismo europeo, per prendere i classici due piccioni con una fava. Finiranno così questi anni in cui, se uno diceva di essere sovranista, si sentiva dire "ma allora sei fascista", seguiti da quelli in cui "ma allora sei leghista". Tranquilli! Tra un po' un sovranista che si dichiarerà tale verrà preso per un patriota europeo!

Hanno paura, un vero terrore che si risvegli in ogni paese, ma soprattutto in Italia, lo spirito nazionale, perché questa eventualità può essere la scintilla che incendia la prateria. Ricordate la lettera con cui Andreatta commemorava il divorzio Tesoro-Banca d'Italia? C'è un passaggio che mi ha sempre colpito:

«Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, ne' lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come "congiura aperta" tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle piu' confortevoli abitudini del passato.»

Ho evidenziato in grassetto la frase incriminata: prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi. Questa ci rimanda alla questione fondamentale, la necessità che nasca la coalizione degli interessi contrari alle politiche liberiste e globaliste che favoriscono la rendita finanziaria a discapito del lavoro. Una tale coalizione non può nascere all'interno degli ambienti politici, economici e culturali che da mezzo secolo conducono la guerra contro il lavoro; neppure è ormai possibile far leva su delle pur piccole e residuali rappresentanze politiche organizzate del mondo del lavoro, perché queste sono state completamente spazzate via, dopo essere state infiltrate e piegate agli interessi dell'avversario di classe. Quello che ne resta sono dei piccoli gruppi che, distanziatisi per tempo, hanno condotto in questi anni battaglie di natura per lo più informativa, e rafforzatisi nel corso del tempo grazie all'arrivo di un certo numero di attivisti/militanti che hanno preso coscienza della situazione per la gravità della crisi economica, sociale e morale che attanaglia il paese. Ciò nonostante, siamo ancora ben lontani dal poter sperare che anche solo l'embrione della coalizione degli interessi contrari sia stato fecondato.

Le ragioni di questo perdurante fallimento sono numerose e sotto gli occhi di tutti, nonché comprovate dall'insuccesso di ogni tentativo di costituire una lista ispirata alla Costituzione in occasione delle ultime elezioni, e ciò a dispetto dello slancio che la vittoria al referendum del dicembre 2016 sembrava aver impresso. Alla prova dei fatti, i sovranisti (e i sedicenti tali) si sono squagliati, dimostrando che:

1) sono molto meno numerosi di quanto si potesse immaginare in base al loro attivismo nel mondo virtuale dei social
2) in occasione delle elezioni la gran parte di essi ha preferito ammorbidire le posizioni per essere accolti in contenitori che, erroneamente, hanno creduto avessero maggiori probabilità di successo
3) un certo numero ha avuto paura, sia di potenziali penalizzazioni di carriera, sia (soprattutto io credo) di far brutta figura collezionando pochi consensi

Non credo ci sia molto da obiettare a questa lista, ma c'è un altro elemento che è, a mio avviso, ancora più importante: tanti o pochi che siano i sovranisti, è certo che sono per lo più isolati l'uno rispetto agli altri. L'adesione all'ideale sovranista si risolve così nel rivolgere l'attenzione verso uno o più centri di irradiazione ideologica: siti web, pagine social, convegni nazionali, senza che nasca una rete di relazioni orizzontali sufficientemente strutturata, tale da condurre alla nascita, nei territori, di gruppi di attivisti/militanti che rimangono in contatto tra loro.

Per una rete sovranista i cui nodi siano le sezioni, non i singoli
Sono giunto alla conclusione che la strutturazione orizzontale di questa rete sovranista debba essere intenzionalmente progettata e promossa. Questo passaggio è indispensabile affinché, finalmente, la coalizione degli interessi contrari prenda forma. Per questa ragione sto cercando di contattare alcuni sinceri sovranisti, sia nel mio territorio che in altri luoghi d'Italia, per spingerli a coordinarsi reciprocamente a livello locale, sì da formare i primi nodi della rete sovranista: le sezioni locali. Sia chiaro: non sono animato dalla speranza di riuscire a stimolare la nascita di qualcosa di rilevante, sebbene tutto possa accadere, ma dal desiderio di svolgere un'azione pedagogica, di indicare o meglio tracciare un sentiero nuovo, forse impervio e lungo, ma comunque capace di liberarci dalla morsa dello sconforto in cui rischiamo di restare imprigionati. Sarebbe un peccato dissipare le tante energie e il tanto lavoro dispiegato da tutti noi negli ultimi anni!

I primi passi sono, al contempo, semplici e terribilmente difficili. Si tratta di costruire almeno due o tre sezioni locali, ognuna composta da almeno dieci iscritti, le quali successivamente si raccordino attraverso un direttivo comune i cui membri siano stati eletti all'interno di ognuna di esse. Questo direttivo avrà il compito di elaborare ulteriormente l'architettura statutaria, in vista di successive adesioni di altre sezioni che, per emulazione, dovessero formarsi, nonché la responsabilità di gestire la comunicazione comune di tutte le sezioni aderenti. Queste ultime, invece, dovranno attivarsi nei rispettivi territori, cercando di espandersi e/o favorire la nascita di altre sezioni locali.

Ho già idea di come, secondo me, dovrebbe configurarsi lo statuto della rete, ma per ora le terrò per me. Esso dovrà essere elaborato dai delegati delle sezioni locali, e ovviamente sottoposto a revisione quando richiesto da un certo numero di sezioni cui la versione corrente dello statuto assegna questo diritto. In linea generale, posso dirvi che quello che spero venga a nascere è una gestione della democrazia politica interna non verticistica, non assemblearistica, non referendaria.

"No piattaforma Rousseau" per intenderci, vale a dire "zero possibilità di brogli", perché i delegati vengono eletti all'interno di piccole sezioni, dove il controllo democratico è facile, ed ogni organo di livello via via superiore è sempre composto da un numero limitato di soggetti che possono controllarsi reciprocamente. Infine, la Coalizione degli interessi contrari dovrà essere scalabile, ma non facilmente scalabile: per farlo si dovranno presentare mozioni congressuali, vincere i congressi, resistere alle controffensive. Insomma politica vera.

venerdì 20 aprile 2018

La necessità storica dei movimenti dal basso (largo agli sciroccati)


"La Germania sta segando il ramo su cui è seduta" pontificava Qualcuno anni fa. Certo, lo sta facendo, ma la sega si chiama "tempo che passa". Qualcuno, pertanto, un giorno avrà ragione. La Germania? Patatrack! E Qualcuno dirà: "Ve lo avevo detto, IO!"

Quanto tempo? Qual è l'orizzonte temporale dell'azione politica? Secoli, millenni, quanto basta affinché Qualcuno abbia finalmente ragione? No cari, l'orizzonte della politica è dato dal tempo in cui una generazione politica sarà ancora in vita. Insomma un paio di decenni. Ora, giunti alla metà quasi di questo tempo della politica, rispetto alla previsione di cui sopra, credo sia cosa giusta domandarsi se le cose stiano davvero così: la Germania sta segando il ramo su cui è seduta?

Più in generale, l'anarco-liberismo sta effettivamente segando il ramo su cui è seduto? Ricordate la tesi delle insanabili contraddizioni del capitalismo che avrebbero portato al suo superamento? Sicuro! prima o poi accadrà, ma è abbastanza più probabile che nel frattempo saremo tutti morti. Dunque il tempo della politica è il qui ed ora, più (al massimo) un paio di decenni. Chi vuole volare più in alto non fa politica, ma opinione. Aspirazione nobilissima e legittima, ma che non coincide col fare politica. Noi, che siamo gente di campagna, noi ci preoccupiamo del presente e del futuro prossimo, e non abbiamo voglia di aspettare la fine della partita ma vogliamo partecipare all'azione.

Coloro che hanno perduto la lotta di classe negli ultimi decenni - non solo i proletari ma anche la piccola borghesia, i ceti impiegatizi, le piccole imprese - insomma quello che a spanne viene definito il 99%, non ha più rappresentanza politica. E' un fatto grave, inaudito, che in tal misura non era mai accaduto nella storia conosciuta dell'umanità. Tutto il potere politico è oggi concentrato nelle mani di quella esigua minoranza che, controllando il circuito primario della moneta ad alto potenziale, si è fatto padrone assoluto del discorso.

Non vanno biasimati, siamo noi del 99% che dobbiamo biasimare noi stessi.

Il problema risiede, sic et simpliciter, nella mancanza dei tanto derisi movimenti dal basso che noi, per nostra colpa esclusiva, non riusciamo a far nascere. Segnalo questa istruttiva discussione (tre anni fa):

«Come sa chi mi segue su Twitter, a tavola chiedevo a Lucke: "Ma qual è la difficoltà maggiore?" Risposta: " Se hai successo diventa una cosa che non riesci a controllare facilmente, e arrivano sciroccati di ogni risma: persone con ambizioni politiche frustrate, maniaci razzisti, e via dicendo".»

Scusate, ma chi deve "controllare facilmente" un movimento dal basso? Il leader karismatico? Il kapataz del kaz che misura col bilancino il bene del volgo e le sue personali prospettive di carriera?

Siamo all'assurdo, siamo riusciti nell'incredibile risultato di chiedere con deferenza, ai vincitori, come riuscire a batterli.

E invece servono proprio i movimenti dal basso, sì proprio quelli che che non si controllano facilmente, in cui arrivano "sciroccati di ogni risma: persone con ambizioni politiche frustrate, maniaci razzisti, e via dicendo".

Prevedo l'obiezione: non puoi lasciare il potere agli sciroccati. Bravi! Secondo voi io auspico per il popolo del 99% un mondo in cui il potere sia in mano agli sciroccati? Posto che, se proprio dobbiamo dirla tutta, oggi gli sciroccati si trovano nell'1% (Lapo), tuttavia quando vuoi cambiare le cose, mettetela come vi pare ma degli sciroccati non si può fare a meno. Forse che i sovranisti, questa sparuta pattuglia di patrioti innamorati dell'Italia, non sono tutti degli sciroccati? Forse che io stesso, un bravo e anziano prof di provincia, non sono uno sciroccato? Dunque, forse, bisogna intendersi sul significato del termine "sciroccato".

Io sono uno sciroccato. Incontro tanti altri sciroccati come me, alcuni razionali e correttamente informati, la maggior parte in preda a emozioni irrazionali e del tutto disinformati. Che fare? Li schifiamo? Io dico di no, io dico che dobbiamo essere capaci di introdurre un principio di ordine in questa irrazionalità, ma non con la pretesa di spiegare quello che noi abbiamo capito(?) bensì con l'umiltà di metterci al servizio di un obiettivo comune, il cui perseguimento ha bisogno anche e soprattutto della forza degli sciroccati di oggi, che domani possono diventare i cittadini razionali di una Patria comune.

La chiave di volta è, a mio parere, il principio della partecipazione, democraticamente e rigorosamente formalizzata da statuti capaci, da un lato, di trarre beneficio dalla passione dei tanto vituperati "sciroccati", dall'altro di attrarre la gran massa dei perdenti della globalizzazione anarco-liberista, dando loro fiducia. Insomma, e per parlar chiaro, sono gli "sciroccati" i soli che possono fare il primo passo per ri-costruire i partiti di massa di cui ha bisogno il 99%.

Io sono uno sciroccato, come vi ho già detto, anche se sono anche un bravo e anziano prof di provincia, e mi sono messo nella capa l'idea che, senza movimenti dal basso che riequilibrino il potere dell'1%, non si va da nessuna parte. E' una questione di civiltà, per salvare la quale non è tanto essenziale che gli interessi della maggioranza siano rispettati, quanto che quelli della sparuta minoranza dell'1% non siano assolutamente egemoni.

Dobbiamo costruire i movimenti dal basso, cioè i soggetti politici indispensabili a un sano e razionale conflitto di classe.

Chi ci sta? Sapete come contattarmi; se arriverete, presto potrò scrivere "sapete come contattarci". Che poi, in realtà, ci stiamo già muovendo....

E allora, chi ci sta?

mercoledì 18 aprile 2018

Cos'è la nuvola che si intravede a nord-ovest?

Si immagini una battaglia, lo stato maggiore è riunito sotto la tenda per studiare la strategia e inviare ordini. La giornata sembra volgere a favore quand'ecco arriva una staffetta per annunciare che, da nord-ovest, si avvicina una nuvola di polvere, probabilmente cavalleria. Chi sono, si chiede lo stato maggiore, i rinforzi attesi o il nemico?

La domanda è cruciale. Fossero i rinforzi attesi la battaglia sarebbe vinta, ma se è il nemico allora si deve abbandonare il campo organizzando un'ordinata ritirata. Dopo breve ma accesa discussione lo stato maggiore stabilisce che sono i rinforzi attesi, e dà l'ordine di attaccare sul lato opposto per realizzare una manovra a tenaglia che schiaccerà il nemico. 

Non erano i rinforzi attesi.

Cos'è la nuvola che si intravede a nord-ovest?


Se lo è chiesto lo stato maggiore del piccolo esercito sovranista, e una sua parte si è dato la risposta sbagliata. Ora siamo circondati, la truppa si sta squagliando, nemici da tutte le parti. Ma niente paura, giungono voci che un nuovo esercito si stia raccogliendo per una nuova battaglia: cosa farà quella parte dello stato maggiore sovranista che ha scambiato il M5S per un alleato? Considererà credibili gli appelli per una battaglia comune sul fronte europeo, oppure si darà alla macchia tentando di radunare un nuovo esercito nazionale? Continuerà a rispondere alle convocazioni e alle auto-convocazioni, oppure andrà in cerca di nuovi guerrieri, da inquadrare e addestrare per riprendere la lotta sul suolo patrio?

Chi segue questo piccolo blog sa che la mia tesi è che si debba lavorare sul fronte italiano e, soprattutto, si debba costituire un esercito politicamente forte, prima di cercare un nuovo scontro. Soprattutto, è indispensabile ripensare radicalmente i metodi di reclutamento, da basare per il futuro non più sull'adesione individuale ma su quella collettiva, passando per la nascita di piccole sezioni distribuite su tutto il territorio le quali, una volta costituite, si raccordino con le altre definendo, nel corso del processo di aggregazione molecolare dal basso, lo statuto della rete sovranista.

Un punto cruciale è, come già detto, che i mattoni di base non devono più essere gli individui ma le sezioni, ognuna delle quali dovrà dotarsi di regole democratiche interne compatibili con quelle che, man mano che la rete inizierà a saldarsi, verranno stabilite. Per avviare questo processo sono necessarie almeno due sezioni, alla nascita di una delle quali sto già lavorando con pochi amici patrioti. Credo che, in questa fase iniziale, il requisito della territorialità sia fondamentale, ragion per cui ho proposto di non accettare eventuali adesioni individuali che siano fuori zona rispetto alla sezione che ci stiamo sforzando di creare. Se qualcuno, che vive al di fuori delle aree circostanti la città di Frosinone, ci contatterà, sarà invitato a creare a sua volta una sezione nella sua zona. Abbiamo stabilito che, in questa fase embrionale, il requisito minimo affinché un gruppo di sovranisti possa dar vita a una sezione debba essere di dieci iscritti. Al di sotto di dieci iscritti si dovrà continuare il lavoro di avvicinamento, conoscenza, reclutamento nella propria zona.

Conosco la prima obiezione: quello che proponi è molto simile a ciò che sta già facendo il Fronte Sovranista Italiano, dunque perché non costituisci una sezione del FSI a Frosinone? Ebbene, la risposta è immediata: in primo luogo perché il FSI, che pure sta facendo un lavoro encomiabile, segue un modello di crescita che va bene, è anzi ottimo, per alcuni tipi psicologici, molto meno per altri. In secondo luogo perché è cosa buona e giusta che il FSI non sia lasciato solo nello sforzo di reclutare e organizzare politicamente i patrioti italiani. Infine, perché un movimento sovranista nel quale agiscano più organizzazioni, purché queste non siano in numero eccessivo favorendo così la frammentazione, non può che risultare arricchito dalla dialettica e dalla concorrenza tra di esse. 

Il problema che dobbiamo affrontare, se non vogliamo limitarci a fare opinione usando i social - che vi ricordo essere nelle mani dell'avversario anarco-liberista che dobbiamo battere - è quello di riuscire a far nascere, nei prossimi anni, almeno una nuova organizzazione sovranista, meglio se più di una, le quali siano dotate degli attributi indispensabili per essere definite tali. Un'organizzazione politica è un organismo sociale dotato di uno statuto ordinatore che, definendo i diritti e i doveri degli iscritti, ne conforma la visione nonché le forme dell'azione politica. E' del tutto evidente che organizzazioni politiche che condividono obiettivi ultimi simili, o addirittura uguali, possono essere anche molto diverse dal punto di vista della loro forma sociale, rivolgendosi a settori che, pur appartenendo alla stessa classe, sono però profondamente diversi, ad esempio sul piano culturale e dei valori. Si può essere sovranisti, cioè patrioti, ed essere cattolici, come pure non credenti. Oppure, si può essere sovranisti e dunque patrioti, e vivere nella grandi città piuttosto che in provincia o nelle valli isolate di montagna. Dunque la ragione di fondo per cui è auspicabile che ci siano molte organizzazioni sovraniste e patriottiche è che queste non sono soltanto dei corpi politici, ma anche corpi sociali.

Quello che è veramente importante è spostare una parte dell'attenzione dalle analisi economiche, politiche e geopolitiche, dall'organizzazione di convegni, dalla partecipazione individuale a gruppi di discussione sui social, allo studio del metodo di aggregazione e crescita di organizzazioni reali. Non si tratta, evidentemente, di fare ciò invece di quello, ma di fare anche questa cosa, dedicando ad essa una frazione crescente delle proprie energie e del proprio tempo.

Noi speriamo di riuscire, in breve tempo, a costituire la nostra sezione. Nel frattempo questo blog, che ha un minimo di seguito, vi terrà informati dei nostri progressi e animerà il dibattito sul metodo da seguire per far nascere organizzazioni politiche dal basso. Sono auspicabili e benvenuti commenti e contributi, purché animati da spirito costruttivo e scevri da inutili intenti polemici. Per questi ultimi ci sono i social.

E adesso godetevi questo frammento video della nostra manifestazione del 15 aprile scorso.

lunedì 16 aprile 2018

Embriogenesi della protosezione sovranista ciociara

Abbiamo celebrato il Trattato sulla Frittata dell'Unione Europea. La protosezione sovranista ciociara ha così avviato la sua embriogenesi. Siamo quattro gatti, quasi tutto ciò che di sovranista c'è da queste parti, siamo isolati e inascoltati sebbene, io credo, rispettati. Ma diamo fastidio, "Veritas odium parit", per citare un commentatore anonimo recentemente bannato per eccesso di paralogismo. Siamo in una fase di ritorno del particularismo di guicciardiniana memoria perché il popolo italiano si sente debole e non ha fiducia in sé stesso, preferendo coltivare l'illusione che altri possano farsi carico della sua salvezza. In questo momento non possiamo far altro che costruire un circolo di amici che, quando si incontrano, abbiano almeno il piacere di sentirsi "comunità", così da trovare momentaneo rifugio dal senso di straniamento che proviamo nel vivere da isolati. E infatti, più tardi a cena in pizzeria, abbiamo trascorso una serata piacevole e rilassata. Organizzeremo altre celebrazioni, ci concederemo ulteriori momenti di sollievo ogni volta che ne avremo l'occasione, fiduciosi che non resteremo sempre isolati. E confidiamo nel fatto che, nelle pieghe della società italiana, altri vorranno seguire l'esempio, per poi conoscerli.




sabato 14 aprile 2018

L'euro è un emulatore di gold standard (2 di 3)

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Come e perché la rendita finanziaria europea ha bisogno, per raggiungere i suoi scopi, di esautorare gli Stati e imporre il principio di indipendenza della Banca Centrale Europea.


E' tutto un gioco, con le sue regole. Voi non potete sedervi a un tavolo da poker e, quando perdete, pretendere di cambiare le regole. Scala reale batte scala a colore punto! Non vi sta bene? Gridate "baro!" e mettete mano alla pistola. Ed è subito guerra.

Il gioco consiste nel fatto che la moneta a basso potenziale, quella che circola nell'economia ed è creata dalle banche commerciali nel momento in cui aprono una linea di credito, deve essere in rapporto con la quantità di moneta ad alto potenziale emessa dalla banca centrale. In pratica la Banca Centrale svolge la funzione di coordinare la quantità di credito che le banche commerciali possono erogare, nonché di arbitro che impone il rispetto delle regole, alle quali non si può derogare perché tutto il sistema si regge sull'accettazione di esse. Ovvero, si può derogare, ma serve l'unanimità o, almeno, una coalizione di forze in grado di costringere chi dissente ad accettare la deroga.

Ai tempi del Gold Standard la garanzia ultima era assicurata dal trasferimento di oro fisico di proprietà delle BC di ogni singolo paese. Con il Gold Exchange Standard sono stati gli USA ad assumersi il compito di garanti, ma solo fino all'estate del 1971, allorché Nixon denunciò la convertibilità del dollaro in oro. Da allora la garanzia ultima non è più l'oro, ma gli assets reali. Ma veniamo al sistema dell'euro, onde evitare di complicare troppo il discorso.

Negli anni che intercorsero tra la decisione di Nixon e l'introduzione dell'euro, il rispetto delle regole del gioco continuò ad essere affidato al combinato disposto della preponderante supremazia militare e politica degli USA e della minaccia rappresentata dal blocco comunista. Con il venir meno di entrambi i fattori si aprì, per le élites europee, la questione di ripristinare un meccanismo di garanzia degli scambi commerciali e finanziari, congiuntamente alla speranza che il vecchio continente potesse recuperare parte dell'egemonia perduta dopo la seconda guerra mondiale.

Tuttavia solo uno Stato sovrano e unitario può offrire tale meccanismo di garanzia degli scambi commerciali, mentre l'Unione nasceva come federazione di Stati. L'idea che prevalse fu quella di costruire un meccanismo automatico di aggiustamento degli squilibri sotto l'esclusivo controllo di un'unica autorità monetaria, la BCE, lasciando che ogni singolo Stato conservasse la sua indipendenza fiscale. L'idea di fondo del progetto era che gli squilibri sarebbero stati temporanei, nel senso cioè che i movimenti di capitali avrebbero compensato gli squilibri commerciali, arricchendo i paesi in deficit e favorendone così il recupero di competitività, mentre di converso i paesi più competitivi, impoverendosi di capitali, sarebbero stati frenati nella loro crescita. A garanzia degli squilibri "temporanei" fu istituito il sistema Target2, nel quale riversare i surplus e i deficit di moneta ad alto potenziale. Alla base dell'architettura, infine, fu posto il dogma dell'irreversibilità.

Per comprendere la questione Target2 occorre riflettere sul fatto che, prima dell'euro, i paesi in surplus accumulavano riserve in moneta estera che, depositate nei conti delle Banche Centrali, potevano essere riutilizzate per le importazioni. Nel sistema Target2, invece, cessava l'accumulo di divise estere europee, sostituito da registrazioni contabili dei saldi nel sistema Target2 i quali, per definizione e per il dogma dell'irreversibilità, non potevano che essere "temporaneamente squilibrati". Ovvero: prima o poi i flussi si sarebbero invertiti. Garantito al limone dal dogma dell'irreversibilità!

Peccato che, già a partire dalla crisi del 2008, i tedeschi si siano innervositi, cominciando a chiedere che le registrazioni contabili nel sistema Target2 fossero garantite da assets reali. In pratica è come se, ad un tavolo da poker, si decidesse che tutte le vincite e le perdite siano sempre e soltanto registrate, e mai portate all'incasso. Una cosa che si può anche fare, se lo scopo del gioco è quello di passare un po' di tempo fra amici bevendo whiskey, ma nella vita economica le cose funzionano diversamente. Tanto per cominciare, in economia chi vende di più tende ad ampliare la sua base produttiva, per cui non vince solo per il fatto di registrare le sue vincite, ma anche perché, col prosieguo del gioco, si ritrova ad avere carte sempre migliori. Il contrario per chi perde. Inoltre, chi sta vincendo sa che il dogma dell'irreversibilità è insostenibile per chi sta perdendo, e per questa ragione, da un certo momento in poi, comincia ad avere un interesse prevalente ad alzarsi dal tavolo per andare all'incasso degli assets, finché questo è possibile. Ad aggravare la situazione c'è il fatto che il vincitore, la Germania, pur essendo potente sul piano industriale, conta molto poco dal punto di vista militare e politico, ciò che rende comprensibile il timore dei tedeschi di essere condannati a lavorare e produrre per gli altri.

Ecco allora che parlare di uscita dall'euro significa, in primo luogo, affrontare il dogma dell'irreversibilità, nonché dirimere la questione dei saldi Target2. Ma c'è dell'altro, perché il sistema dell'euro non incrocia solo il tema della rivalità, mai sopita, fra gli Stati nazionali, ma anche quello della lotta di classe, cioè del conflitto Capitale-Lavoro, sia nell'insieme dell'Unione che nei singoli Stati. Il punto, qui, è quello dell'inflazione.

Ricordiamo, infatti, che la moneta a basso potenziale circolante nell'economia reale è anche uno strumento di tesaurizzazione, il cui deprezzamento viene controllato da un'Istituzione, la BCE, la cui indipendenza deve essere assoluta proprio perché ha il compito di regolare i conflitti tra players nazionali in competizione reciproca, e può farlo in base alle normative che essa ha il potere di imporre in relazione al rapporto tra la moneta ad alto potenziale circolante solo nel sistema bancario (ma non spendibile nell'economia reale) e la moneta a basso potenziale (che è anche uno strumento di tesaurizzazione) creata dalle banche commerciali quando queste concedono crediti. Si chiama "politica monetaria", ed il suo principale strumento è la fissazione del tasso di sconto primario. Si tratta di uno strumento che presenta due limiti, il primo è il fatto che il tasso di sconto primario è unico, vale cioè per situazioni diversissime (si pensi alla Grecia e alla Germania) il secondo è che è estremamente efficace nel frenare l'inflazione (basta alzarlo) mentre non lo è altrettanto, e forse non lo è affatto, quando si rischia la deflazione: puoi portare i cavalli al fiume - cioè abbassare il tasso di sconto primario - ma non puoi costringerli a bere - cioè non puoi costringere gli imprenditori a investire.

In altre parole, al fine di preservare l'obiettivo di una bassa inflazione è stato necessario ricondurre la politica monetaria ad un unico centro regolatore (la BCE) le cui decisioni sono poste al riparo dei processi elettorali, ma ciò ha implicato l'adozione di regole automatiche e rigide che, lungi dal produrre convergenza, hanno alimentato la divergenza degli andamenti economici. Ciò sta forzando i paesi meno produttivi alla deflazione, dopo una prima breve fase di euforia dovuta all'iniziale afflusso di capitali quando si aveva ancora fiducia nel dogma dell'irreversibilità. In pratica, per mantenere in vita l'euro, è necessario che tutti i paesi crescano meno del paese più produttivo, che è anche quello più industrializzato e infrastrutturato, la Germania. La quale ha un basso tasso di crescita, e quindi di inflazione, sia perché è naturale e normale che un paese ad economia matura tenda a crescere più lentamente, sia perché i tedeschi, essendo i massimi creditori al mondo, hanno un evidente interesse ad una bassa inflazione.

In definitiva il sistema dell'euro favorisce i paesi più forti e svantaggia quelli più deboli, e allo stesso tempo favorisce la rendita e svaluta il lavoro. Finché dura.

venerdì 13 aprile 2018

La geometria politica del piano (complesso?)

C'è chi sostiene che la dialettica destra-sinistra debba essere sostituita da quella alto-basso. A me sembra, però, che si resti pur sempre nell'ambito di una visione unidimensionale, semplicemente si ruota la retta di 90 gradi e si ricomincia con gli stessi schemi mentali. Per di più con l'ingombro di quasi tre secoli di storia, durante i quali ci si è sempre riferiti  alla dualità destra-sinistra rappresentandocela mentalmente su una retta orizzontale.

Perché non proviamo a passare dalla geometria politica della retta a quella del piano? Consideriamolo come un gioco, senza prenderci sul serio. Magari ci si diverte.



Intendiamoci però sulle parole: una volta che scegliamo di ragionare sul piano, invece che sulla retta, dobbiamo necessariamente definire rispetto a cosa si è di destra o di sinistra, e in alto o in basso. Direi che possiamo intendere l'asse verticale come quello che divide il campo dei diritti civili (democrazia e gayezza sono sinistra, Stato forte e famiglia tradizionale sono destra) e l'asse orizzontale come quello che divide il campo dei diritti sociali (Stato sociale è basso, stabilità monetaria è alto). E siccome la dicotomia alto-basso è reale, mentre quella destra-sinistra è immaginaria, ecco che la nostra geometria politica si svolge su un piano complesso. Ma della possibilità di utilizzare l'algebra dei numeri complessi, nell'ambito della nostra geometria politica, parleremo un'altra volta, prima ci devo riflettere. Ad esempio, è necessario per prima cosa invertire gli assi, considerando quello orizzontale come asse immaginario, e quello verticale come asse reale.

Sia il mondo di chi sta in alto che quello di chi sta in basso è attraversato dalla dicotomia destra-sinistra, perché i diritti civili possono piacere o dar fastidio sia a chi sta in alto che a chi sta in basso, ma se ragioniamo sul piano disponiamo di una dimensione aggiuntiva. Abbiamo quindi l'alto-destra, l'alto-sinistra, il basso-destra e il basso-sinistra.

Il PD è di alto-sinistra, come LeU. Lega e FdI sono di alto-destra.  

Il M5S è di alto-sinistra.

Nooo! Ma che dici! Il M5S è di basso-sinistra! Sì vabbè. Lo dico da tempo ma vale la pena ribadirlo: per me il M5S è un movimento dall'alto (per la precisione né di alto-destra né di alto-sinistra ma, al momento, di alto-sinistra) votato da chi, in basso, sta sia a destra che a sinistra. Di più: è una rivoluzione colorata concepita, organizzata e sostenuta da uno Stato europeo che non fa più parte dell'Unione Europea. Ed è per questo che si definisce né di alto-destra né di alto-sinistra: per poter fare il cribbio che gli pare eseguendo gli ordini dei suoi elohim.

Berlusconi è antisimmetrico rispetto al M5S, ovvero: non è né di alto-destra né di alto-sinistra, ma di alto-sé_stesso.

E' un bel gioco di società, vero? Tutti i partiti rappresentati in Parlamento sono di alto-qualcosa, nessuna forza sociale di basso-qualcosa è invece riuscita a entrare. Però le forze sociali di basso-sinistra e basso-destra hanno portato voti in alto, e continueranno a farlo nel mentre assistiamo ai primi sforzi del mondo basso di ricostruire la propria rappresentanza politica. Ebbene, in questi sforzi ci si imbatte sempre col vecchio problema della dicotomia destra-sinistra, tuttavia di uso sempre più problematico. Perché, in assenza di una rappresentanza del mondo basso, si ragiona a specchio: chi è di basso-sinistra si sente obbligato a votare (utilmente) per l'alto-sinistra, chi è di basso-destra, similmente, per l'alto-destra. E non se ne esce, né se ne uscirà finché il mondo basso non sarà riuscito a rompere gli sbarramenti (maggioritario, raccolta firme, negato accesso alla comunicazione politica, proliferare di capataz litigiosi, e ancora ancora ancora).

Ma chi l'ha detto che chi è di basso-sinistra, in mancanza di una proposta politica "dal basso", debba per forza votare per l'alto-sinistra, e chi è di basso-destra per l'alto-destra? Non è forse vero che c'è una doppia dicotomia? Anche perché, non v'è dubbio, l'alto-destra e l'alto-sinistra, quando serve, ad esempio per gestire uno "stato di eccezione", si alleano, eccome se si alleano! E similmente, nelle fasi rivoluzionarie, non è forse vero che il basso-sinistra e il basso-destra si uniscono, per poi scannarsi tra loro una volta che, insieme, hanno sconfitto l'alto?

Ma se le alleanze tra l'alto-destra e l'alto-sinistra, come pure quelle tra il basso-destra e il basso-sinistra, sono possibili in momenti particolari, perché nelle fasi ordinarie della lotta politica, ossia quando non c'è né stato di eccezione né rivoluzione, si deve ragionare a specchio?

Io dico che dobbiamo liberarci dello schema a specchio, e cominciare a riflettere sulla possibilità, anzi sull'accettabilità, che il basso-sinistra e il basso-destra possano, tatticamente, stipulare alleanze asimmetriche. Ad esempio, nell'attuale situazione politica italiana, il basso-sinistra potrebbe sostenere la Lega e FdI, che sono di alto-destra, nel tentativo di coinvolgere FI che è di alto-sé_stesso (Berlusconi) in un fronte contro l'alto-sinistra del PD e di LeU e, in tal modo, costringere il M5S (alto-sinistra) a uscire allo scoperto. Così potremo finalmente cominciare a parlare degli elohim che, dall'unità d'Italia, rimescolano le carte della nostra politica.

E' ovvio che io sono per la costruzione di partiti di basso-sinistra che dovranno, col tempo, diventare egemoni, sì da tenere al guinzaglio i partiti di alto-sinistra e a bada quelli di alto-destra e di basso-destra.

Il vostro blogger sovranista vi saluta dal suo covo.

Trump

giovedì 12 aprile 2018

I tifosi del governo lega-M5Scontrini prendano atto

Manifestazione - Trattato sulla Frittata dell'Unione Europea (TFUE)

Un piccolo gruppo di sovranisti ciociari ha organizzato una piccola manifestazione il 15 aprile 2018 -  dalle 17:30 alle 19:30 in Piazza S. Ormisda a Frosinone, dal titolo "Il Trattato sulla Frittata dell'Unione Europea - TFUE" che riprende, sarcasticamente, il "Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea - TFUE", documento posto alla base delle attuali istituzioni europee.

Nel corso della manifestazione terremo dei brevi discorsi sul tema dell'insanabile contrasto tra i trattati europei e la Costituzione italiana, al termine o durante i quali i concetti esposti saranno illustrati da una performance a base di uova.

L'intento è quello di sottolineare il fatto che, sebbene la costruzione dell'UE preveda il progressivo dissolvimento degli stati nazionali nella futura unione politica, la Germania si oppone a tale prospettiva sia nei fatti che formalmente, come è dimostrato dalle ripetute sentenze della loro corte costituzionale, in merito alle quali segnaliamo questa nota di sintesi presente sul sito del senato italiano..

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE TEDESCA SUL TRATTATO DI LISBONA: NOTA DI SINTESI

Lo scopo dell'iniziativa è quello di riprendere un'azione di divulgazione a livello locale delle problematiche relative all'UE. In effetti nel biennio 2013-2014, oltre ad organizzare un convegno presso il salone dell'amm.ne provinciale, al quale fu invitato il Presidente della VI sezione del Consiglio di Stato Luciano Barra Caracciolo (video1 e video2) svolgemmo, presso la sede di un'associazione locale (Ithaca), una serie di incontri dal titolo "Punto e a capo! 40 anni della nostra storia":


La manifestazione verrà in parte ripresa in video, e successivamente diffusa su Internet. E' prevista anche una breve sessione musicale. Verrà esposta una bandiera tricolore.

Oltre alle finalità divulgative immediate, la manifestazione si propone di riunire i cittadini preoccupati dalla evidente e drammatica deriva antidemocratica in atto, conseguenza della necessità di far accettare agli elettori un processo di integrazione europea che, oltre ad essere sbagliato nei fondamentali, è contrario ai loro interessi di lavoratori. Da ciò è conseguito, in un primo tempo, un atteggiamento paternalistico delle forze politiche che hanno entusiasticamente aderito a questo progetto, in seguito la necessità di aumentare drasticamente il grado di manipolazione delle informazioni fornite dal sistema dei media, da ultimo i gravissimi segnali di un ritorno strisciante della censura con l'escamotage delle fake-news.

Noi pensiamo che sia il momento di sollecitare il ritorno dei cittadini all'impegno politico in prima persona, non più nei partiti tradizionali ma nello sforzo, necessariamente di lunga durata, di far rinascere dal basso le prime proto-organizzazioni capaci di elaborare un pensiero politico in completa autonomia dalle élites euro-atlantiche e dai loro esecutori nazionali.

Vi aspettiamo domenica 15 aprile 2018 in P.za Sant'Ormisda a Frosinone, dalle 17:30 alle 19:30.

mercoledì 11 aprile 2018

martedì 10 aprile 2018

Convegno nazionale delle liste civiche a 5 stelle - Firenze 8 marzo 2009

Da una segnalazione risalgo a questo articolo sul vecchio sito ecodellarete.net. I video sono stati rimossi (mi costava troppo lo spazio disco), e anche il vecchio sito (hakerato) spesso fa cilecca, ragion per cui copio&incollo il testo del post. Era l'8 marzo del 2009, ed io ero ancora grillino. Di lì a poco mi sarei allontanato per arrivare all'oggi, quando sono ormai persuaso che il M5S null'altro sia che una rivoluzione colorata che ha avuto più successo di quanto i suoi stessi ispiratori potessero mai immaginare. Chi sono costoro? Propendo per la perfida Albione...
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Una selezione dei filmati realizzati durante l'incontro delle liste civiche a 5 stelle, l'otto marzo 2009 al Saschall di Firenze. E una breve analisi della giornata.

E' stata una bella giornata? Certamente. E' stato un evento politicamente rilevante? Probabilmente si, ma in negativo, io penso. Per una ragione molto semplice: è apparso chiaro a tutti, al di là dell'entusiasmo e del piacere di incontrare vecchi amici, che il movimento nato dalla sferzante predicazione di Beppe Grillo non ha e non è capace di dotarsi di un'organizzazione. Quello che resta, dunque, sono le idee. Lo ha detto lo stesso Beppe Grillo in uno dei suoi interventi (Beppe Grillo 3). E' un peccato, perché a questo movimento aderiscono dei veri talentini politici, persone che molto potrebbero fare per il nostro paese, ma che rischiano di affondare insieme al movimento. Parlo, tra gli altri, di persone come Giovanni Erra (Pozzuoli), Giovanni Favia (Bologna), Vittorio Bartola (Torino). Il livello medio di preparazione politica, in realtà, è decisamente superiore alla media di quello che possiamo sperare di rilevare in qualsiasi consiglio comunale, anche di grandi città, per non parlare della pulizia interiore. Purtroppo, in politica, le buone intenzioni, l'entusiasmo, l'impegno, da soli non bastano. Ci vuole anche un'organizzazione, che in questi anni non è nata. Beppe Grillo ha in questo una parte di responsabilità, ma il vero fallimento trova le sue radici all'interno del popolo stesso dei meetup, intendendo riferirmi con questa espressione non tanto agli iscritti "tout-court" (essendo libera, questa piattaforma ha finito con l'essere invasa da un esercito di invasati che, molto spesso, hanno fatto degenerare lo spazio di discussione), quanto agli attivisti in senso stretto: quelli, cioè, che pur usando la piattaforma meetup come strumento di comunicazione, hanno anche agito nel concreto. Ebbene, all'interno di questo "popolo", si sono riprodotti, troppo spesso, gli stessi fenomeni di personalizzazione dell'agire politico che vengono duramente (e giustamente) stigmatizzati quando si parla di "casta". In forme e modi diversi, ma la sostanza è la stessa: dalle infinite polemiche tra associazioni politiche e meetup di origine, fino ai casi di masaniellismo, tra i quali spicca quello del meetup di Napoli, guidato da un simpatico personaggio, Roberto Fico, la cui debordante personalità trova nell'epica della partecipazione la giustificazione per opporsi ad ogni forma di organizzazione che finirebbe con il limitarne il ruolo.
Non si tratta tanto di un problema di malafede, poiché mi è chiaro da tempo che gli esseri umani condividono tutti le stesse debolezze (delle quali è vittima anche chi scrive, visceralmente affezionato al piccolo e provinciale ruolo che è riuscito a ritagliarsi), quanto di "cultura politica". Il movimento di Beppe Grillo si è arenato davanti alla difficoltà di elaborare nuove forme dell'agire politico che andassero oltre la partecipazione ad eventi spettacolari, avvitandosi per di più nella contemplazione della propria diversità rispetto al "nemico", identificato semplicisticamente con la "casta". La stessa diffidenza nei confronti di qualsiasi proposta di tipo organizzativo, regolarmente bollata con l'accusa "ma allora volete fare un partito", come se fare un partito fosse il sommo male, nasconde a mio avviso l'incapacità di confrontarsi con il vero problema, che è quello, per l'appunto, di fare un partito. Ovviamente dotato di tutte le regole e i meccanismi che possiamo inventare per limitare, o almeno ritardare il più possibile, la degenerazione morale nella quale sono incorsi i partitacci che oggi rappresentano indegnamente la volontà popolare. 
Non si sfugge da un elementare dato di fatto: per fare politica è necessario dotarsi di un'organizzazione. L'alternativa è il movimentismo perenne, la "lotta continua" come declinazione della propria esistenza: alla Roberto Fico, nella sua forma masaniellesca, o alla Travaglio, in quella più algida dell'intellettuale troppo bravo. Fare un partito nuovo significa prendere atto della necessità di costruire un modello organizzativo che assicuri, nei limiti della decenza, l'inconfessabile (ed entro i suddetti limiti accettabile) retribuzione per gli attivisti più capaci, e allo stesso tempo sappia impedire tassativamente lo sviluppo di una nuova casta in caso di successo politico consolidato. Gli strumenti per addivenire a questo risultato, in parte, ci sono, e in parte devono essere inventati. Il problema è che la discussione, in tal senso, non è mai nemmeno iniziata. Il risultato di questa incapacità è stata, in funzione di surrogato, la crescita del ruolo di quelli che Paolo Barnard chiama "i paladini dell'antisistema": Grillo, Travaglio etc.
Nel video che segue Barnard esplicita con grande acutezza i limiti di azione del cosiddetto antisistema, che non può, ovviamente, essere considerato un avversario, quanto piuttosto un alleato prezioso al quale, però, non deve essere lasciato il monopolio dell'azione di contrasto politico. Questo, invece, deve tornare al popolo, a tutti noi, e questo è possibile, a mio parere, solo se questa entità astratta che chiamo "il popolo" sarà capace di dotarsi degli indispensabili strumenti organizzativi. I quali, da che mondo è mondo, si chiamano "partiti". E' inutile esorcizzare la realtà demonizzando le parole.

Nota: il video di Barnard è (per me) introvabile.

sabato 7 aprile 2018

Le migliori menti


Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dallo sconforto, affamate nude isteriche, trascinarsi per social in cerca di scontri rabbiosi, sovranisti dal capo d'angelo ardenti per l'antico contatto celeste con la Costituzione lavorista nel macchinario della notte 4.0, che in miseria e stracci e occhi infossati si autoconvocavano nel vuoto soprannaturale di alberghi di provincia fluttuando sulle cime della nazione contemplando Giggino Di Maio.

I sovranisti, quelli veri non quelli fasulli pompati dai media, sono allo sbando, si aggirano sconfitti e solitari sul campo di battaglia dove non sono nemmeno riusciti ad arrivare, prendendosela con Illo o potere al popò ma senza incolpare sé stessi. Ho partecipato a pieno titolo agli ultimi tentativi di costruire una lista elettorale sovranista, da settembre 2017 in poi, inutilmente. Nemmeno la proposta di partecipare concentrando le poche forze in una sola regione, da me reiteratamente avanzata, ha avuto accoglienza, si è andati serenamente allo sbando. Tra le rovine del campo di battaglia si aggirano ora gli ex aspiranti generali e colonnelli, immacolati e senza una ferita ma già pronti ad auto riconvocarsi in vista della prossima battaglia, quella per le elezioni europee del 2019. L'idea proviene da quelli che nemmeno hanno fatto lo sforzo di marciare con gli altri, essendosi defilati per tempo con la giustificazione che il vero scontro non fosse quello delle politiche, ma le elezioni europee.

Generali e colonnelli tutti senza esercito, con i galloni cuciti sulle divise che riportano il numero dei loro articoli e le visite sui loro blog, insomma generali e colonnelli da ranking. Nessuno che rappresenti altro che sé stesso, nessuno che debba il proprio ruolo al fatto di essere stato delegato.

Un esercito di galletti litigiosi la cui notorietà personale dipende esclusivamente dalla visibilità su Internet e dai convegni che sono riusciti a organizzare o a cui sono stati invitati, sempre pronti a dividersi perché non rispondono a nessuno. Anzi, i più noti di loro devono il successo alla visibilità che hanno ottenuto grazie alle ribalte graziosamente offerte dal sistema dei media. Questo è lo stato del sovranismo nei giorni in cui si gioca a tre carte, la posta in palio essendo andare all'opposizione, mentre la Patria stremata è sempre più esposta agli ukase dell'Unione Europea.

Me ne tiro fuori, senza esitazione né rimpianti. Non parteciperò ad alcun altro "incontro nazionale" nel quale coloro che devono confrontarsi non siano stati delegati da realtà territoriali, non spenderò più il mio tempo e le mie risorse per intervistare questi generali e colonnelli senza esercito, ma userò le mie energie - che non sono poche a dispetto degli anni - per costruire una realtà sovranista dove vivo. Una realtà che, quando sarà il momento, si raccorderà con altre, e altre ancora, fino al giorno in cui si farà il primo "incontro nazionale" di delegati eletti nelle rispettive realtà.

E saprò di essere riuscito nel mio intento quando, in vista di un "incontro nazionale", non sarò io, che pure avrò fatto nascere la sezione di Ciociaria, ad essere eletto per rappresentarla.

venerdì 6 aprile 2018

Le costituzioni sono trattati interni

Ogni tanto sentiamo qualche sciocco affermare che la Costituzione italiana è la più bella del mondo. Una frase senza senso, che può essere pronunciata solo per ignoranza o malafede. Chi fa queste affermazioni son sa, evidentemente, che una costituzione è un trattato interno che fotografa i rapporti di forza tra le classi in una nazione, e li codifica in un documento che viene posto a fondamento dello Stato. In altre parole, una costituzione è un trattato interno che pone fine, regolandola, alla lotta di classe senza regole.

Ovviamente le costituzioni non sono eterne, perché tali non sono i reciproci rapporti di forza tra le classi. Questi si evolvono, ragion per cui i termini di un trattato interno, precedentemente concordati, cominciano ad andare stretti a chi, col passare del tempo, si sente sempre più forte. Uno dei modi in cui coloro che sono interessati a una riscrittura della costituzione possono agire è quello di modificare l'ampiezza del campo di gioco, allargandola mediante la stipula di trattati internazionali il cui scopo è quello di imporre vincoli alla costituzione. Questa è la strada che è stata scelta da quel quarto partito con cui Alcide De Gasperi scelse di scendere a patti per poter governare l'Italia.

"Vi è in Italia un quarto Partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e di rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga dei capitali, l'aumento dei prezzi o le campagne scandalistiche. L'esperienza mi ha convinto che non si governa oggi l'Italia senza attrarre nella nuova formazione di Governo, in una forma o nell'altra, i rappresentanti di questo quarto Partito, del partito di coloro che dispongono del denaro e della forza economica. Alcide De Gasperi - 1947"

E' una storia vecchia come il mondo, cambiano solo i modi. Talvolta le classi sociali desiderose di riscrivere il trattato interno agiscono esplicitamente, chiamando in loro soccorso potenze estere che intervengono militarmente, tal altra il gioco viene condotto in modo più sofisticato, ma la sostanza non cambia: poiché nella lotta di classe interna i detentori di grandi ricchezze si sentono perdenti, essendo numericamente minoritari, si appellano a forze straniere per rovesciare gli equilibri. Quando ciò accade è compito e dovere delle classi meno ricche, ma più numerose, sventare tali tentativi. Se e quando queste ultime hanno successo, allora la repubblica è salva, altrimenti arriva il tempo della signoria, quando non della dominazione straniera.

mercoledì 4 aprile 2018

Libertà è Partecipazione (o Fettuccine alla Boscaiola)

A me piacerebbe che il movimento sovranista costituzionale dal basso si chiamasse "Libertà è Partecipazione", ma ovviamente non posso decidere io, altrimenti che movimento dal basso sarebbe? Per come la vedo potrebbe anche chiamarsi "Puffi Patrioti" o "Fettuccine alla Boscaiola", quello che conta è la sostanza, cioè il metodo. Per metodo intendo un insieme di procedure democratiche che siano in grado di tenere insieme un gruppo crescente di persone che condividono un obiettivo, garantendo sia la competizione interna che tutelando il movimento da infiltrazioni di agenti distruttivi. Allo scopo, tempo fa, ho indirizzato a un gruppo, con cui ho collaborato per anni, uno scritto nel quale descrivevo per sommi capi un'ipotesi iniziale. Avendo preso atto del disinteresse con cui la proposta è stata accolta, ma essendo al contempo convinto della sua bontà, ho deciso di continuare provando a renderla pubblica. Vox clamantis in deserto?

Nel seguito riporto, con qualche correzione, la proposta naif che avevo elaborato, evidentemente ancora in uno stato embrionale. Posso fare di meglio, credo che chi mi segue da tempo lo sappia, ma è uno testo scritto d'impeto, con passione e rabbia. L'idea di fondo è che sono convinto che ci sia una grande voglia di partecipare, ma anche che nessuno sia disposto a spendersi se le regole del gioco non sono chiare. E sapete perché? Perché non si fa politica solo per ragioni ideali, ma anche per contare, e a nessuno piace l'idea di spendersi per anni per poi vedersi scavalcato dai figli di puta. Ecco perché il metodo democratico, che deve essere rigoroso, è fondamentale. Chi lavora deve contare, i figli di puta devono fare gavetta. Che poi è la speranza suscitata dal M5Scontrini, che all'inizio riuscì a prendere piede mobilitando migliaia di compatrioti di buona volontà. Ma era un trucco, perché quel movimento era dall'alto, non dal basso.



Come si costruisce dal basso un movimento sovranista costituzionale


L'obiettivo di questo scritto è cominciare a riflettere sulle tecniche per costruire da EKATON un nuovo movimento sovranista che sia capace, a differenza di altri, di crescere esponenzialmente. L'idea di base è quella di mettere insieme un primo nucleo di 100 (EKATON) persone, ognuna delle quali deve riuscire ogni anno a conquistare un nuovo militante alla causa. Aritmeticamente, la progressione sarebbe la seguente: 100, 200, 400, 800, 1600, 3200, 6400, 12800, 25600, 51200, 102400.

Col termine militante si intende una persona che, avendo compreso i fini dell'iniziativa politica, la faccia sua dedicando ad essa tempo ed energie finalizzate alla sua crescita. Non discuterò in questa sede, nello specifico, quali siano gli obiettivi politici del movimento, ai quali mi riferirò genericamente con la dizione "sovranismo costituzionale". Questa denominazione è, tuttavia, un fatto importante, perché fornisce al movimento un "libro sacro", che è un elemento di fondamentale importanza per il successo di qualsiasi azione di proselitismo.

Ogni azione di proselitismo non può prescindere da alcuni presupposti. In primo luogo, l'obiettivo politico che ci si prefigge deve essere proposto in modo emotivamente coinvolgente, tale da caricare le persone sul piano motivazionale. E' importante, dunque, utilizzare parole capaci di evocare le forze "primitive" che agiscono nell'animo umano, ad esempio il coraggio, la giustizia, la verità, la comunità nazionale.

Inoltre è necessario costruire, fin dall'inizio, il sentimento di appartenenza emotiva/sentimentale al gruppo, stabilendo criteri morali di accesso e di allontanamento; i primi legati al possesso di qualità nobili dell'animo umano e riassunti nella breve selezione di parole d'ordine poc'anzi elencate, i secondi a comportamenti deplorevoli dal punto di vista della comunità che andrà via via formandosi.

Di fondamentale importanza, sia per determinare la natura profonda del gruppo in formazione, sia dal punto di vista delle motivazioni a farne parte, dovrà essere l'enfasi sulla democraticità, sia formale che sostanziale, dei processi decisionali interni. In particolare è importante sottolineare, ovviamente avendoli creati per tempo, la presenza di rigidi meccanismi a garanzia e difesa del principio democratico.

Per la crescita del gruppo è necessario predisporre anche uno strumento di comunicazione verso l'esterno, che sia pubblico e aperto a ogni genere di discussione e interventi, anche da parte di non iscritti, e uno o più strumenti anch'essi pubblici, tuttavia riservati alle pubblicazioni ufficiali.

Ogni militante, a partire dai primi 100, sarà tenuto a contribuire economicamente tramite il versamento simbolico di 1 euro al mese, da anticipare in un'unica rata annuale di 12 euro o in due o quattro rate di 6 o 3 euro. Il mancato adempimento dell'obbligo di contribuzione implicherà la sospensione dal gruppo, con la perdita del diritto di voto in ogni sede, fino al momento del saldo. Sono ovviamente consentite le contribuzioni di valore superiore, sia periodiche che occasionali, ma sempre con un limite superiore.

Un criterio potrebbe essere quello per cui la somma delle contribuzioni eccedenti quelle dovute non deve mai essere superiore a quelle dovute. Ad esempio, se il mese x le contribuzioni dovute assommano a 100 euro, un singolo militante non può versare più di 100 euro oltre all'euro comunque dovuto; lo stesso per due, tre o più militanti. Ad esempio, se ci fossero 4 militanti disposti a versare più del dovuto, la somma delle loro contribuzioni eccedenti non potrebbe superare la cifra di 100 euro. Quanto detto non si applica al caso delle contribuzioni straordinarie, sollecitate (ma non imposte) da apposita deliberazione degli organi dirigenti.

La struttura organizzativa-decisionale del gruppo dovrà essere pensata per evolversi nel tempo, sia in funzione del numero degli iscritti che della loro localizzazione geografica, ma dovrà sempre tendere alla formazione di un organismo politico decentrato e federale, tenuto insieme, oltre che dalle finalità comuni, dai meccanismi democratici interni.

L'unità organizzativa di base è la sezione, composta inizialmente da almeno 5 iscritti. La scelta della sezione alla quale iscriversi è libera. Occorre riflettere, col crescere degli iscritti, sulle dimensioni massime di una sezione, al fine di limitare la crescita di alcune, in luoghi ad alta densità di abitanti, che possano diventare sede di potere decisionale esorbitante rispetto alle più piccole. Queste valutazioni saranno sotto la responsabilità del comitato centrale, democraticamente eletto, il quale potrà imporre che una sezione troppo numerosa si divida in due.

Nella fase iniziale, fino a un massimo di 400 iscritti, il comitato centrale sarà eletto dall'assemblea plenaria. Oltre questo numero, si procederà col metodo dei grandi elettori, il cui funzionamento è testé descritto.

Immaginiamo di avere 600 iscritti, suddivisi in 24 sezioni sparse sul territorio, e che il comitato centrale sia composto da 20 iscritti. In tal caso, ogni sezione eleggerà un numero di componenti del c.c. proporzionale al numero dei suoi iscritti, con il correttivo di arrotondare a 1 il risultato per le sezioni più piccole che non raggiungessero tale numero, e arrotondare per difetto per tutte le sezioni che esprimono almeno un membro del c.c. sulla base dei loro iscritti. Eventuali posti vacanti risultanti dall'applicazione di questo metodo verranno assegnati alle sezioni più piccole, a partire da quella col minor numero di iscritti. In caso di parità si procederà per accordo o, se ciò non è possibile, per estrazione.

Il c.c. è l'organo direttivo e di indirizzo politico del partito. Il numero dei suoi componenti può aumentare al crescere degli iscritti. In linea generale, ritengo che il numero massimo di componenti non dovrebbe superare le 50 unità. Superata tale soglia, il c.c. potrà eleggere al suo interno una commissione esecutiva per il disbrigo degli affari correnti, riservando tuttavia a sé l'indirizzo politico.

Con l'ulteriore crescita degli iscritti, ad esempio oltre i 2000, il c.c. stabilirà le forme e i modi per celebrare i congressi.

Ora consentitemi un pizzico di spregiudicatezza, ma devo saccheggiare un po' dalle tecniche del multilevel marketing. Se vi fa schifo pazienza, mi corre comunque l'obbligo di ricordarvi che con la realtà degli esseri umani bisogna fare i conti.

Nel multilevel marketing si fa uso di alcune tecniche che trovano la loro ragion d'essere nella naturale tendenza degli esseri umani al gioco. L'abilità dei manager consiste nell'utilizzare questa inclinazione per rafforzare il sentimento di appartenenza e stimolare una concorrenza tra i venditori che produce utili per l'azienda. Ad esempio, viene stabilita una soglia di vendita oltre la quale scattano dei bonus, il cui valore spesso non giustifica razionalmente l'extra impegno necessario per superarla. Ciò nonostante tutti si danno da fare per vincere perché la remunerazione è solo in parte pecuniaria, dal momento che a ciò si aggiunge il piacere di giocare per vincere.

Nota: con tanto di premi e cotillons per i migliori, che vengono fatti sfilare sul palco a suon di musica mentre un presentatore ne esalta il valore. Coreografia con belle pupattole e giovinotti muscolosi e ben vestiti, all'uopo assoldati. Ma in fondo Stalin, con Stakanov, cos'altro faceva? Diciamocelo, anche 'sta cosa l'ha inventata il compagno Iosif!

Io credo che dovremmo inventarci qualcosa del genere, sia pure con modalità abbastanza più austere e serie. Penso, ad esempio, al fatto che quando un iscritto riesce a portare nel gruppo un nuovo militante, sulla tessera di costui dovrebbe essere scritto "presentato da...." e, in occasione di assemblee nazionali e/o regionali, si dovrebbe offrire un riconoscimento ai migliori reclutatori. Inoltre si dovrebbe tener traccia e conto di questa capacità, e dovrebbe essere compito del c.c. trovare il modo di impiegarle politicamente nel modo migliore.

martedì 3 aprile 2018

Ambizione e politica (seconda parte)

Post correlato: Ambizione e politica (prima parte)

Eccoci qua. Sette anni di impegno, di lavoro, di convegni, di tentativi di aggregazione, di appelli, ed eccoci qua, appesi a quello che faranno Di Maio e il PD. Salvini? Andrà all'opposizione, ce lo ha detto chiaro e tondo l'altro giorno, quando ha dichiarato "Se al governo, aboliremo le sanzioni contro la Russia". E siccome le sanzioni contro la Russia proprio non si possono toccare, la Lega andrà all'opposizione.

Certo, qualche incrinatura negli equilibri politici c'è stata, oh se c'è stata! ma è un fatto che l'unica forza politica di una qualche consistenza, contemporaneamente espressione di forze sociali nazionali e contro l'euro, ha solo il 17%, e difficilmente potrà contare sull'appoggio dell'altra forza politica espressione di una forza individual-nazionale, quella guidata dalla mummia di Arcore. Restano il PD, anch'esso espressione di forze sociali nazionali, ma pesantemente compromesso con un progetto ormai fallito, e quella viscida cosa che è il M5Scontrini. E naturalmente il deep state italiano.

Dunque il pallino è nelle mani del M5Scontrini, del PD e del deep state. Che fare? Commentare? Fare post sui social? Organizzare convegni? Autoconvocarsi? Avete fatto caso che nessuno al bar parla più di politica? Muti, tutti muti! Il che è ovvio perché il popolo, anche se non sa una fava, capisce bene le cose come stanno!

Sono stati fatti due errori: 1) non capire quanto viscido sia il M5Scontrini (ma sarà chiaro molto presto) e 2) fallire nel tentativo di mobilitare una frazione sufficiente delle energie popolari in un progetto politico democratico, tale da essere oggi una delle forze in partita.

A me interessa parlare della seconda cosa, la prima essendo destinata a chiarirsi da sola. Anzi, da sòla!

Sorvolo sulle scelte dei grandi capatàz ai quali abbiamo dato fin troppo credito, perché se un popolo ha bisogno di eroi è davvero un povero popolo. Facciano quel che vogliono, tanto lo sappiamo cosa sperano: che la situazione si sistemi adottando, almeno in parte, i loro (giusti) suggerimenti. Così da cogliere i classici due piccioni con una fava: passare all'incasso ed ottenere il meritato trionfio (non è un refuso).

Capatàz a parte, ci sono le oche del Campidoglio, delle quali faccio parte anch'io. Abbiamo lanciato l'allarme, ci siamo mobilitati, abbiamo fatto convegni, appelli, tentato aggregazioni... e abbiamo fallito.

Perché abbiamo fallito?

Io lo so. Abbiamo fallito perché abbiamo gareggiato fra noi nella ricerca della migliore proposta da sottoporre alle masse, finendo così per comportarci come i polli di Renzo. Troppe energie incanalate nella ricerca della SOLUZZZIONE, nessuna nello studio del METODO.

Ora, chi conta sul popolo non può porsi in una postura paternalistica perché, così facendo, replica il paternalismo dei piddini ex-Ds ex-PDS ex-PCI i quali, partendo dal sapere quello che voleva il popolo, sono finiti col sapere di sapere. Bisogna rovesciare l'approccio e ammettere: noi non sappiamo cosa sia buono per il popolo, quindi facciamo in modo che il popolo possa esprimersi. Il che significa fare quello che, da sempre, fanno le vere élites popolari: costruire le proto-organizzazioni attraverso le quali il popolo possa esprimersi. Ah, ma il popolo non sa quello che vuole, ci vogliono le avanguardie! Sì cari, ci vogliono le avanguardie, ma il loro compito non è quello di indicare (anzi imporre) la soluzione, bensì quello di costruire proto-organizzazioni alle quali il famoso mitico popolo possa aderire sapendo, con assoluta certezza, che le soluzioni verranno trovate agendo in esse, partecipando in prima persona.

Chiariamoci! Non mi sono iscritto a Potere al Papero, non sono improvvisamente diventato un assemblearista, uno di quelli che "parliamo ci confrontiamo ci diciamo tutto e questa è la democrazzzia". Io dico che le avanguardie, proprio perché sono tali, hanno il dovere di costruire le proto-organizzazioni politiche nelle quali il popolo possa esprimere i suoi veri bisogni selezionando, in modo rigorosamente e formalmente democratico, le sue élites. Che sono un'altra cosa rispetto alle avanguardie, aka oche del Campidoglio oggi ridotte ad essere polli di Renzo.

Chiudo e vi saluto, per ora, ribadendo l'attributo fondamentale cui deve conformarsi qualsiasi proto-organizzazione popolare: essere rigorosamente e formalmente democratica.

domenica 1 aprile 2018

Questa volta no!

Questa volta no! non andrò all'assemblea "autoconvocata" da Formenti, Porcaro, Boghetta del 15 aprile a Bologna (foto a lato). Leggo spesso i loro interventi, che trovo sempre interessanti, ma non andrò.

Non andrò perché sono impegnato nell'organizzazione di una piccola manifestazione il 15 aprile prossimo a Frosinone, insieme con alcuni amici sovranisti. Noi continuiamo a chiamarci così, difenderemo questa parola, che è nostra, dal furto che ne stanno facendo forze politiche che sono liberiste o fasciste.

Ci siamo costituiti come "sezione locale" di un movimento politico che, se ci sarà quando ci sarà, nascerà perché in almeno un altro luogo d'Italia si formerà un'altra sezione che vorrà contattarci e coordinarsi con noi. Siccome siamo pochi, e ancora soli, per il momento non abbiamo bisogno di uno statuto, ma solo di esplicitare una finalità politica:

Noi vogliamo che il popolo italiano si governi da solo, liberandosi di tutti i trattati internazionali che ne limitano la sovranità.

Lo statuto, le regole di democrazia interna, cominceranno ad essere discusse quando ci sarà almeno un'altra sezione locale che vorrà unirsi a noi. Statuto e regole di democrazia interna continueranno, altresì, ad essere sviluppate se e quando altre sezioni locali nasceranno e vorranno unirsi a noi, in un processo continuo di crescita molecolare. La coerenza del processo sarà garantita dal fatto che ogni nuova sezione locale potrà aggregarsi a quelle già esistenti solo a valle di una delibera di ammissione di quelle che già costituiscono il movimento. Anche le modalità con cui verranno svolte le votazioni sulla delibera di ammissione di ogni nuova sezione saranno, nel tempo, suscettibili di modifiche in funzione delle dimensioni del movimento, se giudicate necessarie.

La nostra proposta, diversamente dall'autoconvocazione dei pur ottimi e stimati Formenti, Porcaro, Boghetta, si configura come un processo di aggregazione molecolare dal basso, secondo modalità flessibili e democraticamente scelte al fine di massimizzare la partecipazione e l'efficienza dell'azione pratica, nonché preservare il movimento da tutti i pericoli che sempre incombono nella vita di ogni organismo politico.

Dunque il 15 aprile prossimo assisteremo al tentativo di parto di ben due iniziative: quella "autoconvocata" di Bologna, e questa, brevemente descritta in questo post, che definirò "inseminativa". Se questa proposta vi sembra interessante e meritevole di discussione, potete esporre le vostre osservazioni nei commenti. Nel frattempo noi ci stiamo organizzando per la piccola manifestazione del 15 aprile, che sancirà la nascita della nostra sezione locale, a Frosinone.

Il nome del movimento? A me piacerebbe "Libertà è Partecipazione", ma dobbiamo ancora discuterne. Non al nostro interno, però, ma quando ci saranno almeno due sezioni. Per il momento noi ci chiameremo semplicemente "Sezione di Frosinone".

Quando ancora parlavo coi piddini (nov. 2013)

Novembre 2013, quando ancora parlavo coi piddini. Il video integrale è qui. So di aver fatto il mio dovere, vivo in pace con me stesso.

Il contesto


Giovedi 14 novembre 2013 presso il Castello dei Conti di Ceccano, alle 17,30 gli Amici della Costituzione della provincia di Frosinone hanno tenuto il 1° seminario di approfondimento sull'articolo 54 (relatore Gian Marco Carlini) e sull'articolo 41 (relatore Gianluca Popolla). L'iniziativa nasce dal sostegno che gli amici della Costituzione vogliono dare all'appello lanciato da Stefano Rodotà, Maurizio Landini, don Luigi Ciotti, Lorenza Carlassare e Gustavo Zagrebelskhy e dalla necessità di contrastare la deroga all'articolo 138, filtro per ogni modifica agli articoli della Costituzione.