lunedì 23 novembre 2020

Euromomo, ovvero della schizofrenia dei dati statistici

Signori, io non ne posso più di questa costante menzogna propalata dal mondo della comunicazione (non più giornalismo) sulla cosiddetta pandemia da covid-19. Amo i dati, cioè la realtà oggettiva, non sono disposto a sentirmi dare del negazionista da citrulli che non sanno risolvere un'equazione di primo grado, cioè persone che non sono nemmeno al livello dei miei studenti del primo anno, eppure strogolano a più non posso. Quella che segue è un'accurata analisi a partire dai dati messi a disposizione dal sito euromomo.eu. Con grande pazienza ho tabellato con excel i valori dello z-score, un indice statistico che normalizza i dati di mortalità generale, così da consentire un confronto tra popolazioni diverse e in tempi diversi. Tali dati, che coprono 26 paesi europei, sono in gran parte completi al 100%, ad eccezione di  Italia (14%) Francia (77%) Spagna (93%) e Germania - che ha fornito i dati completi ma riferiti solo alla città di Berlino e al land dell'Assia. Inoltre i valori delle ultime tre settimane, per ammissione di Euromomo, sono da intendersi come proiezioni e pertanto non affidabili. Ciò nonostante li ho utilizzati ugualmente, insieme ai dati definiti come affidabili, con il criterio di scegliere tra i valori affidabili e quelli ancora in fase di elaborazione quelli che maggiormente asseverano l'esistenza della cosiddetta pandemia epocale.

I dati di euromomo coprono un intervallo temporale dal 2015 ad oggi. In considerazione dell'avvenuta scomparsa dell'influenza, come da tutti riconosciuto, possiamo assumere che il confronto dei dati del 2020 con gli anni precedenti sia a tutti gli effetti un confronto tra il covid-19 e le precedenti influenze. Oppure, se preferite, tra il morbo causato dalla variante di coronavirus del 2020 e quelle che l'hanno preceduta.

Nella tabella che segue ho organizzato i dati in ordine decrescente in base allo scarto percentuale tra il massimo picco di z-score nel 2020 e il più alto valore di z-score degli anni precedenti, e ciò per ogni paese. In giallo sono evidenziati i paesi per i quali ho utilizzato i peggiori dati, nel senso che maggiormente asseverano l'allarme da covid-19 ma non sono ancora certi, secondo quanto afferma euromomo.


A titolo di esempio prendiamo il grafico dell'Italia:

Per costruire la tabella ho considerato il picco della prima ondata nella primavera 2020 (z-score: 16,94), il picco (su dati non ancora asseverati) della seconda ondata nell'autunno 2020 (z-score: 15,01) e il picco delle precedenti stagioni influenzali, che in Italia si è verificato nel 2017 (z-score: 11,07). Ho poi calcolato lo scarto percentuale tra picco del covid nel 2020 (usando sempre il valore più alto tra quello della prima e seconda ondata, che nel caso dell'Italia è il valore 16,94 della scorsa primavera) e il picco della precedente epidemia influenzale (nel nostro caso il valore 11,07 del 2017). Per l'Italia si ottiene un incremento del 53%.

Ripetendo il calcolo, e graficando i risultati, si ottiene un quadro di insieme interessante. Innanzi tutto esaminiamo il grafico dell'incremento percentuale dello z-score:


Possiamo notare un andamento tra uno scarto massimo positivo del 315% nel Galles e uno negativo del -68% in Danimarca. I paesi con uno scaro positivo sono: Galles, Inghilterra, Spagna, Belgio, Svezia, Francia, Irlanda, Olanda, Slovenia, Italia, Scozia, Svizzera, Cipro. Tutti gli altri hanno uno scarto negativo, ovvero il massimo picco del covid-19 è stato inferiore al picco della peggiore influenza dei cinque anni precedenti.

Approfondimento

Occorre tener presente che i dati sullo z-score sono per settimana, pertanto i picchi devono essere valutati anche in funzione della loro durata, in sostanza effettuando un integrale. A titolo di esempio, torniamo sul grafico per l'Italia.


Ricordate che, nel caso dell'Italia, stiamo esaminando dati estremamente incompleti, cosa sulla quale varrebbe la pena farsi qualche domanda. La linea tratteggiata rossa rappresenta la soglia di attenzione, la banda grigia l'intervallo di normalità. Come potete vedere, l'intervallo temporale di superamento della linea rossa è stato estremamente breve (dalla settimana 11 alla settimana 17), come molto rapidi furono i picchi nel 2017 e nel 2018, ma con un valore molto meno pronunciato. Inoltre, come è noto, la maggior parte dell'eccesso di mortalità si è verificato in una piccola zona del paese, tolta la quale il 2020 sarebbe stato un anno particolarmente fortunato. Osserviamo infine che i dati non asseverati (in giallino) ci parlano di una seconda ondata molto veloce ma già in fase di rientro.

Considerazioni analoghe possono essere svolte per altri paesi. A titolo di esempio esaminiamo la curva della Francia a paragone di quella italiana.

I due andamenti sono molto simili, fin dagli anni passati. Anche in Francia i dati non asseverati (in giallino) ci parlano di una veloce seconda ondata già in fase di remissione. Quello che colpisce della Francia è la maggiore rapidità del picco di primavera e il suo valore (24,31).

Guardiamo ora l'Inghilterra.


Anche in questo caso possiamo fare considerazioni analoghe a quelle di Italia e Francia, salvo la presenza di un picco davvero mostruoso nella scorsa primavera (36,11).

Passiamo ora alla Germania, esaminando le curve della città di Berlino e dell'Assia.


Sono dati sorprendenti, perché né a Berlino né in Assia nel 2020 è mai stata superata la soglia di attenzione (valore dello z-score: 4) segnalata dalla linea tratteggiata rossa.

Considerazione simile vale anche per l'Austria, salvo una piccola e rapida recente oscillazione (su dati non asseverati). Inoltre, in Austria, i valori massimi dello z-score nel 2020 sono stati inferiori, e di molto, ai picchi del 2015, 2017, 2018. 


Passiamo alla Svezia. Qui abbiamo un picco primaverile di ampiezza limitata (12,93 contro, ad esempio, il valore di 36,11 per l'Inghilterra e di 24,31 per la Francia).

Il caso peggiore è stato la Spagna, sia in termini di valore di picco (41,97) che di rapidità di arrivo e scomparsa della prima ondata:


Vi è infine il Belgio, che presenta un andamento anomalo con 3 picchi, sebbene con un valore massimo dello z-score non particolarmente alto (18,83).

Qui, infine, i picchi della prima ondata per tutti i paesi:


Considerazioni

Non è affatto facile tirar fuori una qualsiasi correlazione davanti a una così grande differenza nei dati dell'indice z-score. In sostanza abbiamo:
  1. Un gruppo di paesi con un picco estremamente pronunciato quanto rapido (Spagna, Inghilterra, Francia, Olanda, Belgio, Italia, Scozia)
  2. Differenze notevoli tra i precedenti paesi sia in termini di valori di picco che di scarto percentuale rispetto alla peggiore epidemia influenzale del quinquennio precedente
  3. Un gruppo consistente di paesi (Irlanda del nord, Estonia, Lussemburgo, Ungheria, Portogallo, Finlandia, Malta, Austria, Grecia, Norvegia, Germania, Danimarca) nei quali l'epidemia di covid-19 è stata addirittura meno pesante della peggiore epidemia influenzale del quinquennio precedente)
Sappiamo inoltre che differenze dello stesso genere sono rilevabili anche allargando lo sguardo a tutto il mondo. E allora?

E allora?

Dobbiamo tener presente che stiamo parlando di mortalità generale, e non di attribuzioni di causa di morte per le quali si potrebbe sospettare una fallacia interpretativa. Questi dati, normalizzati con il parametro z-score, ci parlano di variazioni della mortalità. Possiamo prenderli per quello che sono, ovvero come una descrizione statistica di quanto è avvenuto, ed eventualmente polemizzare con i governi in merito ai provvedimenti di contenimento che sono stati adottati, tenendo però a mente che chi governa ha sulle spalle la responsabilità di evitare il peggio davanti a un'improvvisa esplosione dei decessi, che in alcuni paesi c'è stata, è stata rapidissima e, per fortuna, è velocemente rientrata, in altri è stata completamente assente. Lascio agli amici del Fronte Sovranista Italiano, che per primi hanno scelto una chiave di lettura di quanto è accaduto che si focalizza sull'efficienza ed efficacia delle misure di contenimento, nonché sulle carenze dei sistemi di sanità pubblica determinate da decenni di privatizzazioni, il compito di condurre questo genere di polemica, che potrebbe essere ben fondata. 

Vi è tuttavia un altro modo di leggere dati così schizofrenici, che è quello di ipotizzare un comportamento intenzionale. Questa seconda chiave di lettura, che potrebbe conciliarsi con la prima qualora emergesse la circostanza per cui la pandemia da covid-19 è stata di origine naturale o al più accidentale, e dunque che le élites non abbiano fatto altro che approfittare delle circostanze per imporre una sterzata autoritaria in direzione di una limitazione delle libertà e dei diritti individuali, è fortemente incentrata sull'ipotesi di intenzionale volontà di diffondere un agente patogeno instabile e non particolarmente letale per indurre una crisi globale. E' inutile negarlo, questa è la direzione verso la quale mi sono incamminato fin dall'inizio, la cui plausibilità mi appare ancora oggi maggiore della prima.

Entrambe le spiegazioni hanno dignità, entrambe devono essere indagate e approfondite, senza che l'inveramento dell'una o dell'altra scavi fossati di animosità che danneggerebbero tutti noi. Sono certo che sarà così, così come sono certo che le contrapposizioni che l'evento covid ha fatto nascere siano, in ultima analisi, il segno di una inesausta vitalità del mondo del lavoro e delle professioni, quel mondo che è capace di rispettare le regole senza però considerarle leggi divine. 

Tutte le leggi sono fatte dagli uomini, quindi sono imperfette, esse dunque possono essere migliorate oppure peggiorate.

sabato 14 novembre 2020

La piramide del Potere - "ma allora perché lo fanno?"


La piramide del Potere

Benvenuti al telegiornale dei nazionalisti arcaici. Oggi affronteremo il problema di come rispondere all'obiezione che molti ci fanno quando, dopo aver mostrato l'enorme discrepanza tra i provvedimenti restrittivi e i numeri della cosiddetta pandemia, dobbiamo rispondere alla domanda "ma allora perché lo fanno?".

La difficoltà è simile a quella che incontra chi deve spiegare cosa sia il colore verde a chi, soffrendo di discromatopsia, che è una forma parziale di daltonismo, non lo vede. In politica la discromatopsia consiste nell'incapacità di comprendere, addirittura di concepire, la natura profonda del potere. Stiamo parlando non solo delle forme di potere oligarchico o dittatoriali, ma di ogni forma di potere, anche democratico. Quale che sia la fonte di legittimità di una forma di potere, questo è caratterizzato dal conferimento ad esso, da parte degli individui, della delega a governarli. In virtù di questa delega il potere ha il diritto e il dovere di difendere gli individui e può farlo solamente emanando ordini ai quali si deve obbedienza.

Da questo consegue la necessità che il potere si doti di una struttura di comando che non può che essere di natura gerarchica. Ogni tentativo di elaborare modelli di strutture di comando non gerarchico è sempre rimasto sul piano della speculazione ideale. Tutti questi tentativi, alla fine, hanno dovuto fare ricorso al concetto di "homo novus", o "nuova umanità", la cui pratica realizzazione ha prodotto orrende distopie che hanno segnato la storia dell'umanità. Ciò a causa di un'insanabile contraddizione, poiché ogni sforzo di rimodellamento sociale non può che essere guidato, e dunque ha bisogno di una struttura di comando già esistente. Gli spiriti più idealisti hanno allora immaginato percorsi di palingenesi sociale attraverso l'elevazione morale dell'umanità, ma anche in questo caso il problema si ripropone, venendo traslato dal piano politico a quello ideologico o religioso.

Non vi è dunque alternativa alla constatazione che ogni forma di potere non può che essere gerarchico. La conseguenza di ciò è che il potere è costretto ad obbedire alla sua pulsione di fondo, che è quella di incrementare e rafforzare gli strumenti di cui può disporre per controllare gli individui dai quali ha ottenuto, in qualsiasi modo, la delega a governarli.

Il corollario di questo ragionamento è che, se esistono nuovi strumenti di controllo, vi sarà la tendenza a usarli. Quando ciò accade in modo veloce, come nella nostra epoca caratterizzata dall'esplosione delle tecnologie, in particolare quelle digitali e biologiche, l'intera struttura di potere si affretta ad impossessarsene. Questo processo si sviluppa inizialmente in modo caotico, perché l'acquisizione dei nuovi strumenti di controllo non avviene in modo da rispettare il peso dei diversi strati di cui è formata la piramide gerarchica del potere. Accade così che alcuni strati della piramide riescono ad accrescere il proprio peso relativo a scapito degli altri, determinando una variazione della geometria della stessa. La piramide può trasformarsi assumendo un angolo maggiore al vertice, come è accaduto in alcune epoche storiche che consideriamo più democratiche, oppure restringendolo, come si teme che stia accadendo oggi.

In ogni caso il conflitto che si determina deve essere sempre interpretato come interno alla struttura piramidale del potere già esistente, senza abbandonarsi né a sogni di avvento di una nuova era di democrazia basata sul paradigma della rete, errore che moltissimi hanno fatto, e coltivato per anni oltre ogni buon senso, né arrendersi a una visione pessimistica e distopica del futuro che ci attende. La partita, come sempre, è aperta ad ogni soluzione, e l'esito finale non è predeterminato.

Bisogna infatti comprendere che ognuno di noi, per quanto debole e infima sia la sua condizione, oppure migliore e addirittura privilegiata, è inserito in un certo strato della piramide gerarchica del potere, il cui funzionamento, ovvero le molteplici relazioni di comando-esecuzione di ordini, sono regolate da un gran numero di norme giuridiche e vincoli di altra natura. La modifica dell'insieme di queste norme e vincoli non sopravviene automaticamente solo perché nuovi strumenti di controllo si rendono disponibili, ma certo coloro che se ne avvedono per primi acquisiscono un grande vantaggio, mentre chi tarda a capire perde importanti occasioni per conservare o incrementare il proprio peso relativo nella piramide gerarchica del potere.

Ad essere più penalizzati sono gli strati sociali che soffrono di discromatopsia o daltonismo politico, nell'analogia quelli che non vedono il colore verde o il colore rosso, oppure entrambi. Sono, essi, quelli che ci chiedono ingenuamente "ma allora perché lo fanno?". Con grande pazienza dobbiamo spiegar loro quello che abbiamo appena detto, e molto altro. Questo è uno dei compiti che noi nazionalisti arcaici perseguiamo con fede profonda nell'umanità, in particolare la parte costituita dal popolo italiano, anche quando sembra che ogni sforzo sia vano. 

venerdì 13 novembre 2020

Il cigno nero


SIC TRANSIT GLORIA FORMENTI (di Riccardo Paccosi - FSI)

Le piccole vicende che mi appresto a raccontare di seguito, molto probabilmente, a molti appariranno come futili beghe tra piccole avanguardie politiche e sembrerà, altresì, che il fatto di raccontarle qui sopra esprima da parte mia livore o voglia di polemica.
Ebbene, non solo non provo alcun astio ma esorto con fermezza i miei contatti a esimersi dall'esprimere, nei commenti, giudizi personali nei confronti delle persone coinvolte.
Diciamo che, anche se è oggettivo che si tratti d'uno scontro tra quelle che al momento sono avanguardie, il problema è che quanto segue è anche manifestazione microcosmica di due questioni un po' più ampie e rilevanti, ovvero: 
a) le condizioni disastrate di ogni eventuale opposizione sociale odierna; 
b) la violenza assolutistica della lacerazione etico-cognitiva che sta spaccando la società intera riguardo al modo d'interpretare l'emergenza covid.

I fatti, molto in breve:

1) Ho collaborato politicamente col giornalista nonché studioso marxista Carlo Formenti nel 2002-2003 e poi abbiamo ripreso a interloquire in anni recenti, trovandoci in due organizzazioni politiche - nel Fronte Sovranista Italiano io e in Nuova Direzione lui - accomunate da una prospettiva socialista-sovranista; tanto che, fino a meno di un anno fa, suddette organizzazioni stavano infatti considerando l'ipotesi di coalizzarsi elettoralmente.

2) Con l'avvento della pandemia, però, quest'area socialista-sovranista è esplosa lacerandosi in modo tanto improvviso quanto profondo. Da una parte, organizzazioni di formazione più specificamente marxista - come la già citata Nuova Direzione ma anche Risorgimento Socialista - volte a interpretare l'emergenza come fenomeno imprevisto, come Cigno Nero che pone il problema della preservazione del diritto alla salute. Dall'altra, organizzazioni con basi teorico-filosofiche più variegate - come il FSI - che, oltre a riconoscere l'emergenza sanitaria come questione reale e cruciale, sono volte anche all'analisi delle strategie di potere sottese alla gestione dell'emergenza medesima

3) Personalmente, fin dal primo mese di lockdown, ritengo di essere stato fra i primi a toccare con mano il baratro che si era improvvisamente spalancato: ovvero dovetti prendere atto che, nella visione del primo gruppo "più marxista", la posizione del secondo gruppo era non solo strategicamente errata, ma anche inammissibile moralmente nonché priva di qualsivoglia dignità intellettuale

Secondo le aree interpretanti la pandemia come Cigno Nero, cioè, qualsiasi ipotesi volta a individuare strategie di potere sottese alla gestione dell'emergenza e, ancor più, qualsiasi piano d'analisi ipotizzante una volontà degli apparati di stato di rendere irreversibili taluni aspetti del distanziamento sociale, era da considerare come negazionismo
Qualifica, quella di negazionista, che come tutti sanno non si limita a indicare un errore d'analisi, ma stigmatizza soprattutto come totalmente irrazionale - e di conseguenza impolitico e di conseguenza immorale - il soggetto a cui viene affibbiata. 

3) Nei primi mesi, lo scontro verbale online fu perlopiù tra me e gli esponenti di quell'area e in particolare - chi segue la mia pagina lo ricorderà - tra me e il Professor Andrea Zhok
Poi, in prossimità della manifestazione nazionale a Roma del 10 settembre, l'ostilità si è estesa al resto del FSI perché reo di partecipare a una manifestazione che, secondo i succitati "più marxisti", criticando la gestione dell'emergenza finiva per "schierarsi con Confindustria".

4) La conclusione ingloriosa del tutto, si è svolta nelle giornate di ieri e oggi, facendo deragliare lo scontro sul piano personale.
Un esponente FSI ha scritto sulla bacheca di Carlo Formenti una riflessione puramente teorico-filosofica che, però, indicava un livello di lettura "strategica" supplementare riguardo alla gestione dell'emergenza covid. La reazione di Formenti è stata quella di togliere l'esponente FSI dai propri contatti e, a ruota, incitare sulla propria pagina alla "tolleranza zero contro negazionisti e terrapiattisti di ogni genere".

5) Dopo essermi tenuto fuori da queste beghe inter-gruppi per diversi mesi, ho avvertito la necessità d'intervenire sulla pagina di Formenti e, con toni decisamente pacati e civili, ho fatto presente che l'accusa di negazionismo rivolta all'amico del FSI era completamente infondata e che proprio non riuscivo a comprendere, quindi, le ragioni di tanta astiosità e di tanto sconfinamento sul piano personale.

Risultato: Formenti ha bannato anche me.

Ora, dopo aver letto tutto questo, chi si limitasse a farsi una risata avrebbe tutti i migliori motivi per farlo ma, al contempo, rischierebbe di sottovalutare le implicazioni generali che questa piccolissima vicenda racchiude.

La divisione tra coloro che considerano l'emergenza covid una vicenda esclusivamente tecnico-sanitaria e chi, invece, ravvisa in suddetta emergenza il punto di precipitazione di strategie geopolitiche e palesi volontà di trasformazione non solo della società ma anche della specie umana, non è soltanto politico-ideologica. 
E' una divisione che riguarda anche il rapporto più intimo e privato con la vita, quello che ciascuno di noi sta in questi giorni avvertendo o non avvertendo a livello di bios individuale.
La lacerazione etico-cognitiva, insomma, non si limita alle "opinioni" ma giunge a sfiorare la definizione di cosa sia la vita, quale sia il suo senso, cosa sia l'altro da sé.
Per trovare divisioni che, nella storia, abbiano avuto una portata altrettanto assoluta e totalizzante, dovremmo ricercare nell'elenco dei conflitti etnici o interreligiosi.
E allora, a questo punto, è lecita una domanda: se ci stiamo dividendo secondo termini di totale assenza di mutuo riconoscimento, se ciascuna parte sente che con l'altra parte non sarà più, nel prossimo futuro, pensabile il poter condividere la stessa terra, cosa ne sarà della società? Cosa ne sarà degli esseri umani e del loro legame di specie?
Purtroppo, da tutto questo possiamo trarre l'ipotesi che la discesa dell'oscurità sul mondo intero, potrebbe non essere neppure cominciata.

martedì 10 novembre 2020

domenica 8 novembre 2020

Il "GREAT RESET" e la mia sfera di cristallo

IL "GREAT RESET" CHE DOBBIAMO COMPIERE NOI SOVRANISTI E SOCIALISTI, DI FRONTE ALLA FINE DI UNA FASE STORICA E ALL'AVVENTO DI UNA NUOVA - di Riccardo Paccosi

Una brevissima fase post-global si è appena conclusa dopo essere durata appena un lustro e, adesso, si materializza di fronte ai nostri occhi una nuova fase di turbo-globalismo. 

Se non un globalismo mondiale, sicuramente un'unificazione normativa dell'occidente: come ha detto Jacques Attali, un'unica "rule of law" dovuta alla necessità di disporre, in seguito alla pandemia, di normative sanitarie sovranazionali.

Domani spero d'avere tempo di scriverne in modo più articolato, ma, per ora, anticipo che il punto cruciale riguarda come le aree che svolgono o provano a svolgere un'opposizione sistemica - sovranisti, neo-socialisti e via dicendo - non abbiano capito almeno cinque cose cruciali (intendo ovviamente l'area complessivamenta intesa, al netto cioè delle differenze tra organizzazioni e al netto del maggiore o minore acume dei singoli).

Noi, come area sociale d'opposizione sistemica, non abbiamo capito che:

a) il sovranismo è, da poco meno di dieci anni, un'istanza internazionale; quindi, quello che accade in tale ambito esteso, pregiudica le strategie di riconquista della sovranità popolare nei vari territori nazionali; per tale motivo di non riconoscimento della valenza internazionale del sovranismo, è inevitabile che molti sovranisti oggi neghino di trovarsi di fronte a una sconfitta politica pesante;

b) non abbiamo capito e continuiamo a non capire che l'incombente fase di turbo-globalismo è - come vaticinato da Kissinger, Attali e Bill Gates, nonché come reso programma concreto e operativo dal World Economic Forum - strettamente connessa alla gestione dell'emergenza covid-19; di più: abbiamo perso mesi a interpretare la pandemia come "emergenza" quando, fin dalla metà di marzo, era già evidente e palese che ci si trovava, al contrario, di fronte a una strategia di edificazione d'un nuovo paradigma statale o, per dirla col già citato World Economic Forum, d'un "nuovo contratto sociale";

c) non stiamo capendo che la democrazia si è conclusa e, stavolta, in via definitiva; il nuovo mondo ha già un nuovo potere costituente - composto dai governi e dalle multinazionali riunitesi intorno al progetto da loro stessi denominato "Great Reset" - che relega in soffitta il costituzionalismo e la sovranità popolare; questo significa che il paradigma d'intervento fin qui adottato - presentarsi alle elezioni, seguire la legalità istituzionale - andrebbe oggi, come minimo, integrato da ulteriori livelli d'intervento; 

d'altro canto, anche la strada movimentista risulta preclusa: il processo di coercizione e reclusione dei corpi, rende l'insorgenza di massa tecnicamente complicata e, progressivamente, obliata dalla coscienza collettiva anche solo come possibilità;

d) non stiamo capendo che la nostra strategia dei tempi lunghi non è affatto condivisa dal nemico; non si può combattere, cioè, facendo finta che quest'ultimo non stia modificando il terreno di gioco; il progetto d'un nuovo mondo bio-tracciabile, globalizzato e - dicono - con reddito universale garantito, si appresta a giocare la propria partita entro un arco temporale di soli due anni;

e) non stiamo capendo la sproporzione di rapporti di forza che si sta determinando: eppure, abbiamo visto che il controllo dei media da parte delle forze globaliste ha consentito a queste ultime, solo nella giornata di ieri, di silenziare tanto sui programmi televisivi di news quanto sui social nientemeno che il Presidente in carica degli Stati Uniti; 

f) stiamo vedendo un'adesione di massa alla narrazione dominante che, dal punto di vista della semi-unanimità espressa dall'opinione pubblica, ha come unico possibile paragone storico la Germania di Hitler; e, come abbiamo visto fin dai primissimi giorni di lockdown, proprio come nel Terzo Reich assistiamo all'avvento di un ordine sociale basato sulla creazione del "nemico interno"; con una nuova Borghesia Nera - stavolta non di matrice fascista bensì progressista - che invoca la repressione della devianza sociale ed esprime pubblicamente l'auspicio che la polizia spari sui disoccupati che protestano.

Dinanzi a uno scenario di tale portata, tutto dev'essere ripensato. A partire da cosa sia, oggi, il fare politica.

A fianco del Great Reset orchestrato dai padroni, in altre parole, s'impone la necessità di una resettazione anche da parte nostra.

Sicuramente, bisognerà riflettere intorno a possibilità finora non considerate e a sentieri finora non battuti. 

Le prime due cose che mi vengono in mente, a riguardo, sono il fare comunità inteso come contro-potere costituente che s'insinui fra le pieghe ed entro le incrinature del nuovo spazio totalitario e, in secondo luogo, nell'era del controllo digitale dei corpi, la necessità di tornare ad apprendere il paradigma politico della cospirazione.

Tutto questo trascende ampiamente i concetti di ottimismo e di pessimismo. 

La volontà di non sottomettersi al nuovo totalitarismo e il conseguente ottimismo di tale volontà, necessitano infatti e preliminarmente di una coraggiosa rinuncia alle illusioni. 

Mai come oggi, l'imperativo etico di Giacomo Leopardi, ovvero la ricerca indefessa e costante de "l'arido vero", rappresenta l'unica strada percorribile. Anche se, purtroppo, si tratta di una strada oltremodo dolorosa.

venerdì 6 novembre 2020

La nazione italiana

COME E' STATA ORGANIZZATA LA DESTABILIZZAZIONE/STABILIZZAZIONE POLITICA IN ITALIA

Il 23 dicembre 1984 una carrozza del treno Rapido 904 esplose a causa di una carica dinamitarda, mentre attraversava la galleria presso San Benedetto Val di Sambro, provocando 16 morti e 267 feriti.

Per la strage sono stati condannati mafiosi siciliani (Pippò Calò) e camorristi napoletani di estrema destra (Guido Cercola).

Il 29 dicembre 1984 Rino Formica, parlamentare del PSI, Capogruppo alla Camera e componente del Comitato di Controllo sui servizi segreti, commentando la strage, dichiarò: " Ci hanno avvertito, ci hanno mandato a dire che l'Italia deve stare al suo posto sulla scena internazionale. Un posto di comparsa, di aiutante. Ci hanno fatto sapere con il sangue che il nostro Paese non può pensare di muoversi da solo nel Mediterraneo. Ci hanno ricordato che siamo e dobbiamo restare subalterni. E noi non abbiamo un sistema di sicurezza nazionale capace di opporsi a questi avvenimenti. I nostri sevizi di sicurezza sono inefficienti perché così li hanno voluti gli accordi internazionali. Non difendono l'Italia perché non debbono difenderla. Sono funzionali alla nostra condizione di inferiorità. Altro che strage fascista: è accaduto qualcosa di totalmente nuovo, qualcosa che pone il problema della nostra autonomia internazionale."

Queste dichiarazioni dirompenti sono tratte da Doppio livello (Come si organizza la destabilizzazione in Italia) di Stefania Limiti, Ed. Chiarelettere.

L'autrice, una delle più documentate, brillanti e acute giornaliste d'inchiesta a livello mondiale, consente al lettore degli approfondimenti straordinari sulla c.d. strategia della tensione, che ha attraversato la vita politica e sociale dell'Italia dagli anni '60 sino alla metà degli anni '90.

Un trentennio insanguinato e atroce, che ha visto lentamente retrocedere la nostra già limitata sovranità popolare a semplice espressione geografica o protettorato.

Un testo molto importante perché si diffonde in modo documentatissimo e si propone, riuscendoci perfettamente, di spiegare le modalità strategiche, tattiche e operative dell'opera di destabilizzazione a cui siamo stati e siamo ancora sottoposti.

Questo attraverso un preciso percorso storico che parte dalla fine della II Guerra mondiale e arriva ai giorni nostri.

L'Autrice spiega in modo preciso quali siano le tecniche di guerra psicologica, dalle false flags, alle intossicazioni, al doppio livello.

Da leggere assolutamente per chi vuole conoscere, capire e per formarsi una vera coscienza civile e politica.

Link correlato: MARINA MILITARE VS TÜRK DENIZ KUVVETLERI (MARINA MILITARE TURCA) - Difesaonline.it

domenica 1 novembre 2020

Ciociaristan atque Ravanusistan


Gli infami obiettivi dell’oligarchia.

di Roberto PECCHIOLI

Dmitry Orlov è un ingegnere, scrittore e scenarista russo-americano molto popolare nel mondo degli oppositori al sistema dominante. Il suo tema preferito è l’idea del collasso della potenza degli Stati Uniti e di riflesso del mondo occidentale, per motivi economici, ecologici e politici. La “crisi permanente “degli Usa, a suo avviso, condurrà al collasso per l’azione congiunta di insostenibili budget militari, disavanzi pubblici, un sistema politico non in grado di fornire risposte adeguate e per il calo della produzione di petrolio. Le sue convinzioni sono esposte in due libri mai tradotti in italiano, Reinventare il collasso e Le cinque fasi del collasso. Personalità bizzarra, vive da anni su una barca dotata di pannelli solari, con una fornitura per sei mesi di gas propano e una cambusa in grado di immagazzinare una grande quantità di generi alimentari. Chiama la sua barca una “capsula di sopravvivenza”. La sua massima è che “di fronte a un’economia al collasso, si dovrebbe smettere di pensare alla ricchezza in termini di denaro”.

Le sue analisi sulla crisi mondiale da Covid 19 suscitano riflessioni. Uno dei suoi ultimi interventi, rilanciato dai siti “alternativi”, definisce infami, famigerati, gli obiettivi dell’oligarchia mondialista, nella cui agenda la pandemia riveste un ruolo centrale. Supponi di essere uno dei geni del male che gestiscono l’economia mondiale, propone Orlov ai lettori. Naturalmente, vorresti perpetuare il tuo potere in modo stabile, sicuro e redditizio. Vorresti risolvere i problemi in modo rapido ed efficace senza attirare l’attenzione su te stesso e sulle tue pessime abitudini. Per Orlov, tra i principali problemi da risolvere in maniera rapida e preventiva, dal punto di vista dell’oligarchia, vi è l’approvvigionamento energetico.

In questo campo, la crisi è nota ai livelli di vertice da oltre vent’anni, ma è stata finora mascherata e la soluzione rimandata per motivi tecnologici e geopolitici. La crisi finale si avvicina sempre di più. L’ultima grande scommessa per gli Stati Uniti e il mondo, l’energia fossile ottenuta per fratturazione idraulica (fracking) sta fallendo, non essendo riuscita a realizzare profitti. La maggior parte delle aziende è in via di fallimento: un vantaggio per l’ambiente, visto l’inquinamento delle falde acquifere prodotto dal fracking. Le energie rinnovabili, sotto forma di elettricità ricavata da energia eolica e solare, si sono rivelate troppo costose e poco attraenti per le reti elettriche a causa della loro intermittenza e dell’incapacità di immagazzinare grandi quantità di elettricità. Le manovre geopolitiche, come il tentativo di rovesciare il governo del Venezuela per rubarne il petrolio e le sanzioni nei confronti della Russia sono fallite.

Il tasso di “ritorno” di energia, continua a diminuire. Si tratta dell’indice EROEI, ossia il ritorno energetico sull’investimento, noto con la sigla EROEI, Energy Returned On Energy Invested, ovvero energia ricavata su energia consumata, il coefficiente che indica la convenienza di una fonte di energia in termini di resa netta. Quando il rapporto tra resa e consumo impiegato per produrla è inferiore a due, non ha più senso utilizzare quella fonte energetica.

L’oligarchia è pienamente consapevole della fine imminente dell’era dei combustibili fossili. Dall’avvento della prima industrializzazione basata sul carbone, la crescita economica è sempre stata accompagnata da un aumento proporzionale dell’uso di combustibili fossili. Quell’incremento sembra adesso impossibile. L’economia globale, per rimanere solvibile, fa affidamento sul credito per sostenere la produzione e la crescita continua. In questo schema, l’unica alternativa alla crescita continua è il collasso economico. L’oligarchia sta quindi lavorando alla ricerca di modalità per riequilibrare la complicata equazione energetica, chiudendo parti dell’economia globale per consentire alle altre di continuare a crescere. Una gigantesca partita a scacchi nella quale si sacrifica una parte delle pedine per salvare il gioco. I perdenti devono essere indotti a correre volontariamente al macello, “per il loro bene”.

Le più esposte sono le economie indebitate, tra le quali l’Italia. Il rischio più grande di collasso, tuttavia, lo correrebbero gli Stati Uniti, che vivono da decenni di prestiti e il cui gigantesco debito oscura tutti gli altri. In parallelo con la graduale perdita dello status di valuta di riserva del dollaro USA e dell’immenso privilegio di stampare moneta secondo necessità, ciò ha posto gli Stati Uniti all’epicentro di un possibile collasso finanziario. L’oligarchia ha compreso la portata del panico dell’agosto 2019 sul mercato dei pronti contro termine, il Repo, (repurchase agreement) l’impianto idraulico del sistema finanziario che tratta due trilioni di dollari al giorno. In quei giorni convulsi, l’interesse sui prestiti overnight (il tasso al quale le banche prestano denaro per la durata massima di 24 ore) con garanzia del debito federale degli Stati Uniti è salito al dieci per cento. Una crepa vistosa sulla facciata del sistema finanziario.

Gli Stati Uniti non sono più in grado di finanziare i deficit di bilancio con prestiti dall’estero, poiché molti fondi e Stati sono ora venditori di titoli di debito statunitensi. Il governo americano prende in prestito quasi la metà della sua spesa, accumula debito a breve termine due volte più velocemente di quanto potrebbe sperare di ripagarlo. L’immagine usata da Orlov è quella di un toro testardo in piedi in mezzo ai binari che cerca di fermare con lo sguardo feroce un treno in arrivo. Questo non è propriamente vero, poiché la politica di potenza americana si basa in gran parte su una superiorità militare e tecnologica in grado di gettare sulla bilancia il peso della spada, come Brenno al tempo di Roma.

Vero è che l’economia finanziaria resta un gigantesco schema Ponzi piramidale legalizzato. Tutti gli schemi piramidali falliscono, e tendono a farlo più o meno istantaneamente. Di qui la certezza che l’oligarchia stia cercando un modo per anticipare il collasso mantenendo il controllo. Il principale obiettivo a breve termine, se questa interpretazione ha senso, è di evitare il peggio (per gli iperpadroni) facendo precipitare l’economia mondiale in una specie di coma farmacologico, alimentandola artificiosamente con un’infusione di denaro gratuito. Questa interruzione temporale fornisce l’opportunità di apportare correzioni di sistema drammatiche per le popolazioni.

La tesi è che non ci sarà più abbastanza energia per far funzionare l’economia globale; ecco perché interi settori devono essere abbandonati. Essenziale è comprendere che l’iperclasse che gestisce il mondo non ha alcun senso e vincolo morale o nazionale; ciò che conta è che alla fine della ristrutturazione (il Grande Reset) ciò che resterà sia solido, intatto nelle loro mani e sufficientemente ampio da comprendere la parte dell’umanità che lorsignori non ritengono superflua.

Un’ottima opportunità, immediatamente realizzabile grazie alla paura amplificata artificialmente della pandemia, è distruggere la mobilità di massa, il turismo internazionale e il grande settore ricreativo. Molto è già stato fatto: l’industria alberghiera e il settore dei trasporti sono devastati, trascinando con sé ristoranti, terme e tutte le altre attività che accolgono lo svago di massa. Le navi da crociera verranno smantellate per essere rottamate. Ciò riduce il consumo di distillati di petrolio. A differenza della benzina, che serve per spostarsi in piccoli veicoli ed è in gran parte uno scarto creato dalle raffinerie di petrolio, i distillati di petrolio come cherosene, carburante per bunkeraggi, olio combustibile e gasolio sono la linfa vitale dell’economia globale. Il loro utilizzo per trasportare i turisti verso luoghi di villeggiatura è diventato, agli occhi di lorsignori, uno spreco enorme, insostenibile.

Ma se l’uso di distillati di petrolio è in calo, lo è anche la benzina, che rappresenta circa la metà dei prodotti di raffinazione del petrolio greggio. La soluzione pensata è impedire a milioni di persone di recarsi al lavoro facendoli lavorare da casa. È puro spreco fornire agli impiegati un posto dove dormire e un altro dove lavorare; possono fare tutto dalla loro stanza e con connessione Internet personale, utilizzando lo stesso computer e il medesimo telefono cellulare. Se non c’è più bisogno di muoversi, scompare anche l’esigenza di mantenere gli uffici nelle grandi città. Città e periferie possono spopolarsi. La popolazione può “telelavorare” altrettanto facilmente in città, in periferia e in campagna. La necessità di recarsi al supermercato per le provviste può essere sostituita da un camion per le consegne settimanali, che consente anche la chiusura della maggior parte delle attività commerciali al dettaglio.

Una volta che non è più necessario fare il pendolare e guidare verso i negozi, diventa possibile ridurre la mobilità complessiva della popolazione, riducendo ulteriormente il consumo di energia. Il modo migliore per farlo è eliminare il trasporto privato a lunga distanza introducendo tasse, pedaggi autostradali molto elevati e allo stesso tempo istituendo norme rigorose per consentire ai passeggeri l’accesso a bordo dei mezzi pubblici, dei treni o aerei. Questo sembra essere il ruolo a lungo termine delle misure di salute e sicurezza pubblica che stiamo sperimentando.

Un effetto collaterale della dispersione della popolazione lavoratrice limitandone la mobilità è che la protesta politica diventa inutile. Una volta che le persone non sono più autorizzate a riunirsi e manifestare in massa, i loro movimenti di protesta diventeranno virtuali, circoscritti alle piattaforme dei social media che possono facilmente essere chiuse, e già assolvono egregiamente al ruolo di profilazione individuale e censura preventiva. Le autorità possono monitorare senza ostacoli il traffico Internet e telefonico e limitare o impedire il movimento fisico di chiunque ritengano sospetto. Anche i costi per mantenere l’ordine, disperdere le manifestazioni e reprimere le rivolte si ridurranno notevolmente.

Una misura di cui stiamo vedendo i primi segni consiste nel cessare di mantenere l’ordine nei grandi agglomerati, il che consente ai criminali e ai saccheggiatori di spadroneggiare liberamente e quindi provocare un esodo volontario dalle città.  Un altro effetto del declino delle grandi città sotto il peso di ondate di criminalità e proteste, assai gradito al sistema, sarà che i residui manifestanti e rivoltosi potranno essere immediatamente individuati, arrestati e usati come schiavi. La sorveglianza elettronica contemporanea, con monitoraggio del telefono cellulare, videosorveglianza e riconoscimento facciale basato sull’intelligenza artificiale, semplifica l’identificazione e la localizzazione. Negli Stati Uniti masse di semi schiavi lavorano duramente nelle prigioni privatizzate. La popolazione sgradita o eccedente si trasforma in lavoro gratuito, ovvero, se le parole hanno un senso, in schiavitù.

Un’importante fonte di spesa energetica è dedicata ai lussi, o meglio alle scelte individuali. In un’economia di libero mercato, la scelta del consumatore è sacrosanta e un gran numero di aziende si occupa di tutto, dai saloni di bellezza alla cura dei cani, bar, ristoranti, servizi di ogni tipo, palestre, studi di massaggi e yoga, abbigliamento firmato, ecc. Nessuna di queste attività è essenziale e quindi può essere chiusa a condizione che si trovi una scusa di pubblica sicurezza. Al posto di tutto questo, potrebbe essere individuato un paniere di beni di consumo essenziali da consegnare a domicilio, gratuitamente e regolarmente, da squadre armate.

Lo scenario può sembrare eccessivo o folle, ma quello che stiamo vedendo in questi mesi è forse tanto diverso? Normalmente, ci si aspetterebbe che precipitare l’economia mondiale in un coma indotto incontri una forte resistenza. La soluzione dei padroni universali è spaventare per sottomettere, con lo spauracchio di un virus sufficientemente serio da terrorizzare le masse. L’allarmismo più fosco si è impadronito della comunicazione mainstream proprio nel momento in cui frange di opinione iniziano a non credere alla narrazione ufficiale e interi comparti produttivi avvertono la morsa della povertà incombente. Comincia ad affiorare un certo discredito degli allarmisti “ufficiali”. Tuttavia, sinora nel gioco sporco della paura sta vincendo l’oligarchia.

I più reattivi stanno cominciando a rendersi conto che le misure d’emergenza tese a fermare la diffusione del virus stanno causando danni – economici ed esistenziali – più gravi di quelli causati dal contagio. Ma niente di tutto questo conta: il coma economico globale è stato indotto come previsto e solo le nazioni e le economie più forti ne usciranno. Questo terribile tempo sospeso darà all’oligarchia globale la possibilità di risolvere, in base ai suoi interessi di dominio, alcuni fastidiosi problemi prodotti dai popoli: innanzitutto la longevitàil sovraffollamento di pensionati. I fondi pensione si svuoteranno per diminuzione dei contribuenti e non ci saranno risorse per la sanità, interamente dedicata al Covid 19.

Potranno generalizzare l’automazione e la robotizzazione, ridurre l’intensità energetica dell’economia, mantenere un controllo molto stretto sulla forza lavoro, dispersa e probabilmente costretta al precariato di massa. La distruzione sistematica della scuola, di cui vediamo non i sintomi, ma i risultati, consentirà di ottenere un declino dell’intelligenza, con la diminuzione delle funzioni cognitive del cervello umano, consegnate ai server che eseguono algoritmi di intelligenza artificiale. I sistemi di istruzione pubblica sono già stati separati dallo sviluppo intellettuale e limitati all’insegnamento di abilità strumentali, a premere pulsanti e obbedire ai comandi della macchina.

Forse abbiamo torto e siamo catastrofisti: lo scopriremo vivendo e saremo i primi a essere felici di essere stati inutili Cassandre. Ma tu, buon cittadino del mondo, impaurito e ridotto a maschera di uomo, continua a credere che è tutta colpa dell’orribile coronavirus. Non c’entra nulla la bolla finanziaria, il problema energetico, la guerra commerciale Usa-Cina, la Grande Trasformazione imposta alla tua vita. Sì, proprio alla tua vita, se avrai la fortuna di sopravvivere alla seconda e terza ondata del contagio per merito delle provvide misure della Gran Madre governativa per offrire fiducioso il braccio al vaccino che salverà i superstiti. Ti desterai dal coma e tutto, magicamente, tornerà come prima.