Nel tuo video (e non solo nel tuo) si sente spesso il termine "errore", "disfunzionale" riferito al progetto unionista/federalista che sostiene la UE e alla creazione della moneta "euro". Anche a chi ascolta questa descrizione senza pregiudizi sorge spontaneo il pensiero: "Quindi, centinaia (se non migliaia) di esperti in politica, finanza ed economia e plurititolati si stanno semplicemente 'sbagliando'. E tu chi sei per correggerli, per suggerirci e per suggerirgli le opportune correzioni ?" Io preferisco presentare l'euro (che non è una moneta unica, ma una moneta comune, ossia un cambio fisso tra monete nazionali, gestite da banche centrali nazionali vincolate a un unico tasso fisso, gestito dalla BCE) come uno strumento pienamente funzionale e funzionante, per un modello che non condivido, piuttosto che come un "errore". Non confondendo la propaganda con l'informazione, ritengo il non realizzarsi di "con l'euro lavoreremo un giorno in meno, guadagnando come se lavorassimo un giorno in più" non l'errore di una classe dirigente in buona fede ma stupida o incapace. Prendo piuttosto sul serio le affermazioni più disinibite come "la Grecia è la manifestazione più concreta del grande successo dell'Euro" o "l'Europa [UE] non nasce da un movimento democratico [...] l’Europa si è fatta seguendo un metodo che si potrebbe definire col termine dispotismo illuminato", che rivelano (in modo pur sempre "digeribile/presentabile") un progetto elitista e, in definitiva, dittatoriale. Non è un errore, un incidente di percorso, una svista o un'inevitabile necessità se seduto tra Segni e Adenauer, a firmare i trattati di Roma nel marzo del 1957, c'era Walter Hallstein, in seguito primo presidente della Commissione europea, ma che nel giugno del 1938, sempre a Roma, era stato relatore per il governo nazista (col ministro Hans Michael Frank e il prof. Friedrich Klausing) della sessione "Condizione giuridica degli enti collettivi stranieri".
Interessante osservazione Paolo, che rischia tuttavia di enfatizzare troppo la forza delle élites europee conducendo, in ultima istanza, a immaginare che tutto "si puote colà dove si vuole". L'UE è chiaramente un progetto di oppressione classista, tuttavia la lotta di classe deve essere vinta sconfiggendo le altre classi, le quali esistono; perché, se non esistessero, non avrebbe senso parlare di "progetto" e di tutto ciò che deve essere messo in campo per arrivare al dominio assoluto, quello che nel video definisco "una dittatura". È anche vero che i "progetti" possono fallire, o raggiungere risultati solo parziali, perché ostacolati non solo da forze interne (lotta di classe) ma anche dagli interessi di altri attori esterni (equilibri geopolitici) con i quali si è in eterno conflitto. Per queste ragioni il processo di unificazione europea, che parte almeno dal 1957, deve essere inquadrato nel suo sviluppo storico. Da quando, cioè, dopo il disastro della seconda guerra mondiale, si è dato inizio al percorso di ristrutturazione degli equilibri di classe in Europa e, almeno dal 1999, di quelli internazionali. Si trattava, innanzi tutto, di superare il quasi secolare conflitto fra Germania e Francia, tenendo altresì conto della storica diffidenza del Regno unito verso la nascita di una grande aggregazione politica nel continente. Il primo passo fu la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA). Era inoltre necessario trovare un equilibrio fra le aspirazioni delle classi capitalistiche francesi e tedesche, con il terzo incomodo che stava diventando l'Italia. Alla fine prevalse l'idea che, agendo sugli assetti economici con la creazione di un grande mercato regolato dall'alto, ne sarebbe seguita l'unione politica sia pure attraverso momenti di crisi e strappi necessari per vincere le resistenze. Per questa ragione fu necessario scendere a compromessi limitandosi all'unione monetaria e alla costruzione di una grande burocrazia che avesse il duplice compito di regolamentare il Mercato Unico e di fungere da volano politico per le fasi successive. Furono così accantonati due pilastri fondamentali: la difesa comune e una fiscalità europea. Non solo, perfino l'Unione Bancaria si è rivelata molto problematica e, ad oggi, è incompleta. Per queste ragioni, quando arrivò la crisi nel 2007, venne respinta anche la proposta di Tremonti degli eurobond. Dunque, quelli che ho chiamato "errori" sono stati, per essere più precisi, i limiti di un progetto di fattibilità che era esplicitamente fondato solo sulla composizione degli interessi economici del grande capitale, i quali sono per definizione eternamente confliggenti. Solo un progetto squisitamente politico, infatti, può riuscire a piegarli, attraverso una combinazione di forza militare e aspirazioni di natura superiore, diciamo culturali per i laici e spirituali per gli idealisti. Tutti gli errori dell'architettura dell'Unione Europea sono conseguenti, e altro non sono che i compromessi disfunzionali posti in essere. Ne è risultato un impianto che, messo alla prova dalla Storia, traballa dal 2007, l'anno degli eurobond negati e del delitto di Garlasco. E quest'ultima è, ovviamente, solo una coincidenza.
Affermare che né l'euro, né la UE sono errori ma strumenti che ancora funzionano (da quanto tempo l'euro doveva tramontare ?) per un progetto dittatoriale, non significa pensare che le élite europee possano fare tutto quello che vogliono. Certamente ci sono anche altre forze in gioco, come le classi sociali più deboli (e gli equilibri tra i vari Paesi del mondo). Purtroppo, la "forza delle élites" è anche la debolezza (o complicità?) delle classi sociali subalterne: la pandemenza ce l'ha mostrato chiaramente, o sbaglio ? Naturalmente, anche chi persegue un progetto dittatoriale deve fare dei compromessi (e chi lo nega?), e può commettere errori (lo spero bene!). Detto questo, il pericolo di presentare l'euro o l'UE come "errori", "disfunzionali per i troppi compromessi" suggerisce (inevitabilmente, secondo me) che tali "problemi" si possano "risolvere" (magari dall'interno ?) o, peggio, che l'euro e la UE si possano far funzionare con qualche progetto (o personaggio ?) politico "forte" (la guerra, magari?): il sogno di ogni cripto-(n)europeista. Ti ho voluto segnalare ciò come un rischio nella comunicazione, ben conoscendo la tua posizione radicalmente critica sulla moneta comune e sulla UE. Riguardo la tua condivisibile sintesi del percorso accidentato (n)europeo, aggiungo che l’idea di unire l’Europa non è nata dopo la Seconda guerra mondiale, ma ha radici profonde e ambivalenti. Per esempio, il primo che, a mia conoscenza, parlò esplicitamente di "Stati Uniti d'Europa" fu Victor Hugo nel 1849. Ma non c'è bisogno di andare così lontano. Anche il termine "Comunità Europea" sai che era presente in numerosi documenti e nella propaganda nazista, prima e durante la II guerra mondiale.
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RispondiEliminaNel tuo video (e non solo nel tuo) si sente spesso il termine "errore", "disfunzionale" riferito al progetto unionista/federalista che sostiene la UE e alla creazione della moneta "euro".
RispondiEliminaAnche a chi ascolta questa descrizione senza pregiudizi sorge spontaneo il pensiero: "Quindi, centinaia (se non migliaia) di esperti in politica, finanza ed economia e plurititolati si stanno semplicemente 'sbagliando'. E tu chi sei per correggerli, per suggerirci e per suggerirgli le opportune correzioni ?"
Io preferisco presentare l'euro (che non è una moneta unica, ma una moneta comune, ossia un cambio fisso tra monete nazionali, gestite da banche centrali nazionali vincolate a un unico tasso fisso, gestito dalla BCE) come uno strumento pienamente funzionale e funzionante, per un modello che non condivido, piuttosto che come un "errore".
Non confondendo la propaganda con l'informazione, ritengo il non realizzarsi di "con l'euro lavoreremo un giorno in meno, guadagnando come se lavorassimo un giorno in più" non l'errore di una classe dirigente in buona fede ma stupida o incapace. Prendo piuttosto sul serio le affermazioni più disinibite come "la Grecia è la manifestazione più concreta del grande successo dell'Euro" o "l'Europa [UE] non nasce da un movimento democratico [...] l’Europa si è fatta seguendo un metodo che si potrebbe definire col termine dispotismo illuminato", che rivelano (in modo pur sempre "digeribile/presentabile") un progetto elitista e, in definitiva, dittatoriale.
Non è un errore, un incidente di percorso, una svista o un'inevitabile necessità se seduto tra Segni e Adenauer, a firmare i trattati di Roma nel marzo del 1957, c'era Walter Hallstein, in seguito primo presidente della Commissione europea, ma che nel giugno del 1938, sempre a Roma, era stato relatore per il governo nazista (col ministro Hans Michael Frank e il prof. Friedrich Klausing) della sessione "Condizione giuridica degli enti collettivi stranieri".
Interessante osservazione Paolo, che rischia tuttavia di enfatizzare troppo la forza delle élites europee conducendo, in ultima istanza, a immaginare che tutto "si puote colà dove si vuole". L'UE è chiaramente un progetto di oppressione classista, tuttavia la lotta di classe deve essere vinta sconfiggendo le altre classi, le quali esistono; perché, se non esistessero, non avrebbe senso parlare di "progetto" e di tutto ciò che deve essere messo in campo per arrivare al dominio assoluto, quello che nel video definisco "una dittatura".
EliminaÈ anche vero che i "progetti" possono fallire, o raggiungere risultati solo parziali, perché ostacolati non solo da forze interne (lotta di classe) ma anche dagli interessi di altri attori esterni (equilibri geopolitici) con i quali si è in eterno conflitto.
Per queste ragioni il processo di unificazione europea, che parte almeno dal 1957, deve essere inquadrato nel suo sviluppo storico. Da quando, cioè, dopo il disastro della seconda guerra mondiale, si è dato inizio al percorso di ristrutturazione degli equilibri di classe in Europa e, almeno dal 1999, di quelli internazionali.
Si trattava, innanzi tutto, di superare il quasi secolare conflitto fra Germania e Francia, tenendo altresì conto della storica diffidenza del Regno unito verso la nascita di una grande aggregazione politica nel continente. Il primo passo fu la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA). Era inoltre necessario trovare un equilibrio fra le aspirazioni delle classi capitalistiche francesi e tedesche, con il terzo incomodo che stava diventando l'Italia. Alla fine prevalse l'idea che, agendo sugli assetti economici con la creazione di un grande mercato regolato dall'alto, ne sarebbe seguita l'unione politica sia pure attraverso momenti di crisi e strappi necessari per vincere le resistenze.
Per questa ragione fu necessario scendere a compromessi limitandosi all'unione monetaria e alla costruzione di una grande burocrazia che avesse il duplice compito di regolamentare il Mercato Unico e di fungere da volano politico per le fasi successive. Furono così accantonati due pilastri fondamentali: la difesa comune e una fiscalità europea. Non solo, perfino l'Unione Bancaria si è rivelata molto problematica e, ad oggi, è incompleta.
Per queste ragioni, quando arrivò la crisi nel 2007, venne respinta anche la proposta di Tremonti degli eurobond.
Dunque, quelli che ho chiamato "errori" sono stati, per essere più precisi, i limiti di un progetto di fattibilità che era esplicitamente fondato solo sulla composizione degli interessi economici del grande capitale, i quali sono per definizione eternamente confliggenti. Solo un progetto squisitamente politico, infatti, può riuscire a piegarli, attraverso una combinazione di forza militare e aspirazioni di natura superiore, diciamo culturali per i laici e spirituali per gli idealisti.
Tutti gli errori dell'architettura dell'Unione Europea sono conseguenti, e altro non sono che i compromessi disfunzionali posti in essere. Ne è risultato un impianto che, messo alla prova dalla Storia, traballa dal 2007, l'anno degli eurobond negati e del delitto di Garlasco. E quest'ultima è, ovviamente, solo una coincidenza.
Affermare che né l'euro, né la UE sono errori ma strumenti che ancora funzionano (da quanto tempo l'euro doveva tramontare ?) per un progetto dittatoriale, non significa pensare che le élite europee possano fare tutto quello che vogliono.
EliminaCertamente ci sono anche altre forze in gioco, come le classi sociali più deboli (e gli equilibri tra i vari Paesi del mondo). Purtroppo, la "forza delle élites" è anche la debolezza (o complicità?) delle classi sociali subalterne: la pandemenza ce l'ha mostrato chiaramente, o sbaglio ?
Naturalmente, anche chi persegue un progetto dittatoriale deve fare dei compromessi (e chi lo nega?), e può commettere errori (lo spero bene!). Detto questo, il pericolo di presentare l'euro o l'UE come "errori", "disfunzionali per i troppi compromessi" suggerisce (inevitabilmente, secondo me) che tali "problemi" si possano "risolvere" (magari dall'interno ?) o, peggio, che l'euro e la UE si possano far funzionare con qualche progetto (o personaggio ?) politico "forte" (la guerra, magari?): il sogno di ogni cripto-(n)europeista.
Ti ho voluto segnalare ciò come un rischio nella comunicazione, ben conoscendo la tua posizione radicalmente critica sulla moneta comune e sulla UE.
Riguardo la tua condivisibile sintesi del percorso accidentato (n)europeo, aggiungo che l’idea di unire l’Europa non è nata dopo la Seconda guerra mondiale, ma ha radici profonde e ambivalenti. Per esempio, il primo che, a mia conoscenza, parlò esplicitamente di "Stati Uniti d'Europa" fu Victor Hugo nel 1849. Ma non c'è bisogno di andare così lontano. Anche il termine "Comunità Europea" sai che era presente in numerosi documenti e nella propaganda nazista, prima e durante la II guerra mondiale.