martedì 22 settembre 2015

My way

Passata l'età dei facili entusiasmi... si continua a non capire un caxxo. Che fare, tacere? No, bisogna continuare a dire caxxate. Solo così si resta ciofani.

6 commenti:

  1. Mi permetto di osservare che il caso greco non mi sembra paradigmatico. Ad inalzare il vessillo della lotta per la liberazione nazionale è stato un movimento che, per impronta ideologica, non potrebbe che rappresentare una minima parte dell'elettorato greco.

    Il "popolo" è la risultante della coesistenza fra ceti sociali spesso in conflitto di interessi fra loro e se si vuole costruire un soggetto politico "popolare" bisogna cercare di aggregare il consenso attorno ad un progetto che si presenti, sul piano dell'assetto socio-economico che intende realizzare, come trasversale alle diverse classi sociali e non come l'espressione degli interessi di una sola di esse contro quelli delle altre.






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    1. Hai ragione, ma resta da chiedersi perché, su altri versanti ideologici, il "meglio" (si fa per dire) che sia emerso dal seno della società politica greca sia Alba Dorata. Non è certo responsabilità dei compagni di Unità Popolare se la piccola e media borghesia greca è su posizioni altreuropeiste, quando non smaccatamente euriste. Quando la componente "borghese" del popolo dorme, vincono sempre le élites sovranazionali. Tu, come te lo spieghi? La questione è importante, anche perché in Italia accade la stessa cosa.

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    2. Trascurate un elemento importante: le aspirazioni individuali.
      L' aspirazione individuale del pervenire per se o per i propri figli, in ogni classe sociale, ma maggiormente nelle classi intermedie, si combatte la guerra del parvenue che cerca di ingraziarsi i "superiori" prendendo le distanze dagli "inferiori.

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    3. Secondo me, il problema è, molto più semplicemente, che sul piano culturale, sociologico e degli interessi materiali perseguiti le classi sociali sono al loro interno molto meno omogenee di quanto immaginiamo che siano sulla base di generalizzazioni e di semplificazioni schematiche. Se, ad esempio, la classe dei lavoratori dipendenti fosse omogenea come ci piace credere, le forze politiche nate per dare ad essa voce e rappresentanza politica sarebbero consistentemente sostenute dalla medesima, mentre lo sono in buona parte da chi, almeno culturalmente, appartiene ad altri ceti (nella specie, quello medio borghese). Pretendere di identificare il sovranismo con il programma perseguito da formazioni politiche che si ripropongono di tutelare unicamente o prevalentemente una determinata classe sociale o, comunque, una "fetta" di società civile significa, a mio modo di vedere, condannare il sovranismo a morte sicura e denota una scarsa percezione di cosa sia e di cosa comporti la sovranità di uno Stato. Recentemente mi sono imbattuto, sul "tubo", in un video in cui il presidente dell'ARS sottolineava il "non sense" insito nella distinzione che alcuni fanno fra una modalità di destra e una di sinistra con cui si potrebbe uscire dalla UE e, conseguentemente, recuperare la sovranità nazionale, dIstinzione che, secondo D'Andrea, risulta tanto più illogica quanto più si ha la consapevolezza di quali siano le condizioni "obbligate" perché uno Stato possa essere e mantenersi "sovrano" (per quanto non illimitatamente e assolutamente sovrano): banca centrale DIPENDENTE dal Governo, regime di repressione della rendita finanziaria, vincoli alla libera circolazione dei capitali ecc... Poiché la riconquista della sovranità nazionale è tutt'uno con l'adozione di determinate misure di politica economica e sociale (quelle esplicitamente e implicitamente imposte dalla Costituzione vigente), non ha senso distinguere fra progetti sovranisti portati avanti dalle forze politiche che tutelano i lavoratori dipendenti e progetti portati avanti da forze politiche espressione di altre categorie sociali: il progetto non può che essere unico per tutti e, quindi, politicamente "trasversale". Ecco perché, sul piano della affermazione del progetto sovranista, il fallimento di Unità Popolare in Grecia è da considerare un evento del tutto irrilevante nel suo significato storico-politico.



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    4. Il ragionamento che fa D'Andrea è corretto, ma presenta aspetti di ambiguità interpretativa. Non lo dico per polemica, ma allo scopo di chiarire la questione. L'ambiguità consiste nel fatto che il progetto mondialista è il frutto dell'azione, coordinata soprattutto dagli USA, di forze politiche che, nei rispettivi paesi, erano di destra, alle quali si sono aggiunte le forze politiche di sinistra che, dopo la caduta del muro, hanno preferito passare dall'altra parte con armi e bagagli piuttosto che scomparire.

      Per averne contezza basta rileggersi gli atti della discussione in aula sull'adesione allo SME nel dicembre del 1978. Sull'argomento ho scritto molti articoli e un saggio, del quale ti segnalo questo capitolo. Fu il governo Andreotti a volere, fortissimamente volere, l'entrata nello SME, in ciò sostenuto dai liberali, dai repubblicani, dai missini e dai radicali. Tutte forze di destra o già smaccatamente globaliste (i radicali sono stati i primi a trasformarsi in un partito trans-nazionale). L'opposizione più dura fu quella di Democrazia Proletaria, mentre socialisti e comunisti, pur scettici, alla fine scelsero di non farne una questione dirimente. Si stavano già preparando al salto della quaglia.

      Ora, se a volere lo SME (e poi l'euro) è stata prima di tutto la destra, successivamente coadiuvata dai rinnegati della sinistra sconfitta, non è che oggi questa cosa possa essere dimenticata a cuor leggero. Infatti, a prescindere dalle responsabilità dei singoli e/o dei partiti della sinistra che, tradendo, hanno finito col sostenere politiche di destra, resta un fatto incontrovertibile, che è questo: l'indipendenza della banca centrale è un provvedimento, per sua intima natura, di destra!

      Bene dunque chiamare i piddini "rinnegati", ma deve essere chiaro che le politiche proposte dal sovranismo sono, per loro intima natura, politiche di sinistra. Il problema che abbiamo, e che D'Andrea tende a eludere, consiste nel fatto che esiste, in quanto è un fatto storico, il concetto di "politiche di sinistra", mentre non esiste più la sinistra. Termine, quest'ultimo, che ha perso ogni valore realmente significante, ragion per cui deve essere sostituito da altri con un significato più chiaro. Non essendo disponibile neanche il termine "socialista", perché anch'esso è stato fagocitato nella neolingua globalista, alla fine si è deciso di coniarne uno nuovo: sovranismo.

      Deve essere però chiaro, almeno a chi vuole intendere la natura delle cose, che il sovranismo è di ispirazione socialista, perché socialiste sono le idee che sottende.

      Se poi ci sono forze politiche e classi sociali tradizionalmente di destra che vogliono definirsi "sovraniste", ebbene nessuno le caccia, purché sia chiaro che stanno aderendo a principi che non sono quelli sostenuti dalle forze politiche e dalle classi sociali che, al tempo della discussione sullo SME, sostennero l'entrata dell'Italia.

      Ne segue che i sopravvissuti alla disastrosa rotta della sinistra, quelli cioè che non hanno rinnegato le loro idee sobbarcandosi una durissima traversata nel deserto, hanno il pieno diritto di rivendicare la fedeltà alle loro idee. Sarebbe assurdo, e ridicolo, chiedere proprio a costoro di rinunciare a rivendicare la propria identità politica, per il fatto che la "destra pentita" oggi (ma non ieri) è tornata a considerarle giuste.

      In definitiva: è giusto chiedere alla sinistra di riconoscere ed espiare i suoi errori (lo facciamo da tempo) ma perbacco questo deve farlo anche la destra!

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    5. Buongiorno. Trovo che con questo suo commento - che per inciso mi convince appieno - lei dia, come dire, carne e sangue ad un post che, a mio giudizio, risultava un po' troppo scheletrico, nel suo schematismo latente. La seguo da poco ma con interesse crescente; nonché un certo timore di beccare l'ennesima delusione: umana, prima ancora che intellettuale. (Si vede molto che sono un epurato dai lidi del "mite Bagnai"?...)
      Un saluto, Alessandro Vichi

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