venerdì 1 aprile 2016

Il #movimento dal basso (parte II)

Link correlato: Il #movimento dal basso (parte I)

"Senza la forza nessun diritto può sussistere. E poiché in politica la forza è organizzazione, ecco che da ciò discende la necessità di costruirla" (credits: me di pirsona pirsonalmente)

Il punto è come costruirla una forza dal basso! Ci vogliono i soldi, tanti soldi, almeno 30 mln di euro, sostiene qualcun Illo. Ma se così fosse non sarebbe una forza politica dal basso, elementare Watson! Ci vogliono trentamila militanti, ognuno dei quali metta in gioco mille euro l'anno, sostiene un blogger ciociaro. Trentamila x mille = trenta milioni di euro!

Non si è fatta né l'una né l'altra cosa, né i più potenti altoparlant-Illi  pare abbiano sortito effetto alcuno:

mercoledì 24 luglio 2013


Oggi arriveremo a cinque milioni di contatti.
E questo vorrà pur dire qualcosa!

"E allora, quando i ceti medio alti hanno capito che toccava anche a loro, è stato relativamente facile trovare la strada verso megafoni più potenti (anche se il fatto che ci siamo riusciti noi ma non altri, e avendo fra l'altro molti meno mezzi di altri - perché non vi ho mai chiesto nulla - indica chiaramente che noi siamo migliori di altri: il mercato, a modo suo, funziona)."


Ma è anche vero che i trentamila militanti non si vedono.  


Cos'è successo, invece? E' successo che coloro ai quali per caso, ma anche per merito personale, come pure ambizione o volitiva prepotenza (e metteteci quel che vi pare) è toccato il ruolo di "capi" del movimento contro l'euro, abbiano fatto tutti, senza eccezione alcuna, il medesimo errore: pensare di poter fare da soli, senza coinvolgere migliaia di altri nella battaglia comune.

"La politica è una materia difficile: all'orale sono tutti bravi; lo scritto è già più difficile; ma è alla prova pratica che quasi tutti falliscono!" (credits: me di pirsona pirsonalmente)

Leaderismo e settarismo sono stati la cifra stilistica del tentativo di mobilitazione contro l'euro dal 2011 ad oggi. Epitome di questo stato delle cose il commento di Daniela De Marco la quale, riferendosi a me, ha ingenuamente dato voce a questo sentimento scrivendo "Ma non sarà che tu, momentaneamente parcheggiato in P101, stai invece, sotto sotto, cercando di farti una nuova associazione di cui divenire il leader?". Ovvero: se ti dai tanto da fare, evidentemente ambisci anche tu a diventare il capetto di qualcosetta.

Ora è vero che da anni mi sto dando parecchio da fare, ma non sono il solo. Migliaia di italiani hanno dato il loro contributo, chi più chi meno, alla battaglia per uscire (almeno) dall'euro. Tutti, ne sono certo, con la speranza che da tanto impegno sortisca un risultato politico. E' anche vero, però, che la maggior parte si limita a rilanciare sui social i contenuti segnalati da altri. Altrettanto vero è che, in questa attività tutto sommato sterile, si nota una specie di segmentazione, per cui i bagnaiani rilanciano prevalentemente i contenuti segnalati dal blog del guru e da A/simmetrie, i dandreiani fanno lo stesso con la loro associazioncina, idem i pasquinelliani, e via così tutti gli altri. I memmettari, poi, hanno circuiti tutto loro, ma se la sono cercata: in fondo sono keynesiani (meglio: post-keynesiani) ma non sono riusciti a liberarsi dall'imprinting messianico imposto dal fondatore, e in ogni caso si rifiutano di buttarla in politica, che invece è quello che si deve fare.

L'arte di fare politica


Sono tempi duri, questi, se deve essere un ciociaro a spiegare come funziona la politica! E' una cosa semplice, ma tocca ricordarlo: in politica le persone si muovono se vedono un interesse per sé stesse. Certo, ci sono anche gli idealisti, ci mancherebbe, e gli indignati. Però se si vuole coinvolgere un gran numero di persone, la prima domanda che è necessario porsi è: cosa gli si dà in cambio? Questo ragionamento vi fa schifo? Allora tornate a guardare la televisione, non ho tempo da perdere con voi.

Chi vuole costruire un grande movimento deve dunque confrontarsi con questa merda di problema: cosa si promette a chi si dedica alla causa? Se la risposta è "obbedire agli ordini" allora siamo alle elementari. Magari si capisce di economia, forse si è grandi intellettuali, ma manca l'essenziale. Va anche capito che ciò che si dà in cambio varia nel corso del tempo. All'inizio si trovano gli idealisti, poi arrivano gli indignati, i quali pure si danno da fare aggratisse, ma già al terzo passo occorre offrire un ruolo. C'è un sacco di gente che è disposta a battersi per qualcosa che condivide se gli si offre almeno un ruolo, se la si fa sentire importante.

Ecco perché suggerii a Illo (tempore: dicembre 2012), nella lettera che fu all'origine del litigio, quanto segue:

"Eviterei di ripetere l’errore di Donald il quale, nel costruire i suoi cosiddetti gruppi territoriali, ha finito con il costruire una struttura gerarchica che gli è esplosa tra le mani. Pertanto niente cosiddetti 'referenti', ossia persone che dovrebbero garantire una qualsiasi forma di ortodossia rispetto a un pensiero unico. Al contrario, privilegerei libertà di pensiero ed azione:  ogni gruppo parla per sé. Lo slogan deve essere: prima il metodo, poi le opinioni. Chi condivide il metodo è con noi, le opinioni si discutono.
I gruppi di attivisti sul territorio dovrebbero portare avanti iniziative di carattere pubblico, non per indottrinare le masse, bensì per porre domande, sollecitare dibattiti, insomma far nascere dubbi e proporre non soluzioni ma un metodo di discussione."

Un movimento politico dal basso lo si costruisce solo se si coinvolgono migliaia di persone, ma ciò non può essere fatto né relegandole al ruolo di ripetitori di un pensiero élitario (l'errore di Illo) né dando loro il libro della verità rivelata (l'errore di Barnard). Non meno sbagliato è pensare di costruire un partitino leninista e gerarchizzato che, nel fuoco della lotta, non si sa bene perché e percome, dovrebbe diventare il faro della rivoluzione (l'errore di Pasquinelli). Con il che non sto dicendo che l'organizzazione sia un fatto superfluo, ma c'è modo e modo di "organizzare". E comunque, se si vuole "organizzare", deve esserci qualcosa a cui fornire un ordine! Questo qualcosa è proprio quello che manca e si deve costruire: il coinvolgimento di migliaia di militanti i quali, necessariamente e ovviamente, devono scegliere loro, dal basso, dove vogliono andare e come farlo. Il compito di chi si sente leader essendo, casomai, quello di continuare ad essere tale anche quando entrano in mischia migliaia di altri potenziali capi. Se si è capaci bene, altrimenti ciccia.

E arrivo qui all'errore di D'Andrea (ARS), il quale ha sì capito che è necessario coinvolgere (e dare un ruolo a) migliaia di persone (per ora solo centinaia) ma poi si è perso per strada. Non è un caso che il tentativo di ARS sia quello che ha ottenuto, finora, i risultati numericamente più rilevanti, sebbene ampiamente insufficienti, ma è da questo esempio metodologico che, a mio parere, oggi si può ripartire. Sia ben chiaro: non mi occupo, in questa sede, della declinazione politica dell'idea sovranista di ARS, che in parte condivido, perché mi sto occupando solo ed esclusivamente del metodo

ARS ha scelto di coinvolgere le persone offrendo loro non solo una piattaforma programmatica (sulla quale, ripeto, si può essere o meno d'accordo) ma anche la possibilità per gli iscritti di ricoprire un ruolo. Il metodo stava funzionando, era quello vincente, ma è stato, da un certo momento in poi, posto in secondo piano dalla pulsione, chiaramente emersa già in occasione delle prime defezioni, di imporre una direzione verticistica. Ha prevalso cioè, anche in ARS, la deriva verso una concezione organizzativa di stampo leninista, pur comprensibile in un partito rivoluzionario, ma con una scelta dei tempi prematura rispetto a quanto necessario. Detto senza infingimenti (ovviamente questa è la mia opinione) è mancata a SdA la convinzione e la sicurezza di essere realmente il leader del movimento, anche in seguito a una crescita tumultuosa che, ovviamente, avrebbe portato nell'associazione molte altre persone di valore.

Illo, SdA e Pasquinelli sono stati, insieme a Barnard - prematuramente scomparso per suicidio psichico, i principali esponenti di quello che possiamo chiamare "sovranismo". Non sono i soli, ovviamente, ma sono quelli che, in modo più o meno esplicito, hanno costituito dei "movimenti": A/simmetrie (Illo), ARS (SdA), MPL/Sollevazione/Sinistra no euro/Ora Costituente/P101 (Pasquinelli). Rispetto alle capacità e agli sforzi messi in campo i risultati sono, a mio avviso, insoddisfacenti. Questo post ha cercato di tratteggiare i limiti metodologici di tali tentativi senza la pretesa di entrare nel dettaglio delle posizioni politiche, che pure sono della massima importanza. Ciò sarà oggetto di future riflessioni.

5 commenti:

  1. Ecco , quando tu scrivi , la prima domanda che è necessario porsi è : cosa gli si dà in cambio . Questo lo sanno bene i bari di professione , i pifferai di turno , i professionisti della politica , i rappresentanti delle lobbies :
    NO alla patrimoniale , NO allla tassa di successione ,No all'Imu sulla prima casa , NO all'Imu sui terreni agricoli , NO all'Imu sugli imbullonati , NO al bollo auto ,SI agli 80 euro , SI al reddito di cittadinanza a tutti , SI alla flat tax o 2 aliquote del 23% e 33% ,BASTA Immigrati , Qualche nuova manutenzione obbligatoria per soddisfare l' appetito delle numerose partite Iva , qualche nuovo sgravio fiscale o deduzione per i liberi professionisti ,inasprimento del Numero Chiuso all' Università ......Ma almeno sarai d'accordo con Moreno Pasquinelli quando dice che la classe media italiana è ancora bella grassa ?

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    1. Fabio, nel post parlo di "militanti", non di "elettori", ai quali ci si può rivolgere con la propaganda. Il problema di cui discuto è: come si fa un partito senza soldi? La mia risposta è che ci vogliono decine di migliaia di soggetti che spendono, ognuno, un migliaio di euro l'anno per l'attività politica. Cosa gli si dà in cambio? La mia risposta è: un ruolo da protagonisti nella vicenda.

      Quanto a Pasquinelli, francamente non capisco il ragionamento (ammesso che sia il suo) secondo cui ci sarà la sollevazione quando il popolo sarà alla fame. Quando il popolo si solleva per fame si è davanti a una rivolta, non ad un processo politico. Le rivolte, di solito, vengono represse.

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  2. Fiorenzo, tu hai rotto con Bagnai e hai continuato a fare attivita' politica da solo.
    Con questo ci ha rimesso prima di tutto Bagnai, che lo voglia ammettere o meno, ma... non sara' che di gente come te ce ne e' troppo poca in giro, e quindi i migliaia di militanti semplicemente non si riescono a trovare?

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    1. Sono di razza contadina - ovviamente gentiluomo di campagna (uah! uah! uah!), mica un rozzo lavorante dei campi - per cui so una cosa banale: se semini puoi non raccogliere, ma se non semini di sicuro non raccogli. I militanti sono fiori che, per nascere, devono essere seminati.

      Aggiungo: una generazione come la nostra, che si è fatta coglionare alla grande, deve fare qualcosa per salvare l'onore. Ovviamente non può immaginare di prender il potere (sollevazione o non sollevazione) ma almeno impostare le fondamenta di una casa politica del lavoro! Questo è l'obiettivo possible, non ci possiamo permettere di sognare rivoluzioni impossibili. Dobbiamo lasciare, a chi verrà dopo, almeno le fondamenta.

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  3. Secondo me bisogna avere rispetto degli sforzi di tutti, bisogna avere rispetto per chi crede nel progetto di SdA, di Bagnai, di Pasquinelli, di Fraioli e tantissimi altri... Però ad una certo punto bisognerà pur tirare le somme di tutte queste operazioni e se la somma è 0,* quelli che si ritengono leader dovrebbero essere disposti a fare autocritica e cambiare atteggiamento e se non ne sono capaci dovrebbero ridimensionare il loro ruolo ricollocandosi.

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