lunedì 12 ottobre 2020

Bisogna essere anche un po' stupidi per essere amorali!

Viviamo immersi in un flusso di informazioni che mi arrischio a definire multistrato, in cui quelli più esterni e superficiali sono caratterizzati da una molteplicità di fonti e dalla possibilità di confrontare, in modo più o meno democratico, le diverse opinioni, mentre in quelli più interni si rileva una progressiva riduzione dei soggetti ammessi al confronto nonché l'esclusione, sempre più determinata man mano che ci si avvicina al nucleo, di qualsiasi opinione non allineata. Il nucleo è costituito dagli argomenti tabù, quelli sui quali non è consentito un confronto sereno, razionale e alla pari, per cui i pochi che hanno la pretesa di affrontarli e dibatterli sono immediatamente, e senza appello, etichettati con espressioni demonizzanti.

Lo abbiamo visto accadere negli anni in cui si è tentato di parlare di Unione Europea, prima ancora quando si è trattato di dibattere sulla lunga serie di interventi militari della Nato negli anni del fallito tentativo di egemonia unipolare dell'occidente, sta accadendo di nuovo con l'emergenza Covid. Ma non dobbiamo e possiamo dimenticare nemmeno le numerose occasioni in cui la reazione dell'informazione di regime è stata di scherno e disprezzo verso coloro che riflettevano sui progressi della tecnologia prospettando scenari che, oggi, si stanno manifestando sotto gli occhi di tutti. Salvo poi imporre l'uso di tali tecnologie sull'onda dell'emergenza, e in modo autoritario. Non è dunque un'iperbole asserire che viviamo in una dittatura dell'informazione.

Questo stato delle cose, mortale per la democrazia, non viene riconosciuto da un grandissimo numero di "acculturati", mentre le persone più semplici sembrano avere una capacità di leggere la realtà molto più definita. L'ultimo esempio ci è offerto dalla copertura riservata a due delle tre manifestazioni del 10 ottobre 2020, quella dei Gilet arancioni e di Liberiamo l'Italia. Chi scrive non è andato a nessuna delle due, per ragioni diverse, ma il dato essenziale che qui interessa porre in evidenza è stato il modo squadristico con cui l'informazione mainstream le ha descritte. Abbiamo visto inviati sul campo, armati di dispositivi di ripresa e mascherina regolamentare, avventarsi sui partecipanti con l'evidente intenzione di offrirne una rappresentazione che potesse screditarli, e tutto ciò nel disinteresse di tante anime belle "acculturate", accomunate dal fatto di essere in dissenso con i manifestanti, la qual cosa sembra autorizzarle a minimizzare la gravità di questi comportamenti. Nello stesso tempo, poiché le immagini di quelle interviste sul campo girano sui social, le anime semplici, che costituiscono la grande maggioranza del popolo, riescono immediatamente a decodificare il messaggio sottostante, che è feroce e di una semplicità disarmante, quanto ben nota dai secoli dei secoli: l'invettiva del Marchese del Grillo agli avventori dell'osteria, ai quali ricorda che "Io so' Io e voi non siete un cazzo".

Questa evidenza dei fatti produce disincanto e allontanamento dalla politica, che è l'obiettivo reale perseguito, per cui anche la minoranza che non si arrende e continua a voler dibattere i temi tabù, si ritrova, suo malgrado, a svolgere la parte del criceto che corre e corre lungo una ruota, fornendo così energia al sistema.

Il popolo lavoratore, e ancora elettore, finisce così col sussumere una rappresentazione dello stato reale dei rapporti di forza sociali tale per cui l'unica cosa che può fare è sostenere l'uno o l'altro dei contendenti politici che gli vengono proposti, nella speranza ogni volta che sia quella buona: ieri Berlusconi, poi Grillo, oggi addirittura Trump, un capo di Stato estero!

Poiché questo schema è in funzione da decenni, da quando cioè la classe lavoratrice ha perso la capacità di auto-organizzarsi diventando "classe per sé", sarebbe un errore pensare che quello che accade sotto i nostri occhi sia determinato solo dalle crescenti dosi di paura sparse a piene mani con il pretesto dell'emergenza Covid. Occorre prendere atto che la democrazia è morta, sostituita dalla propaganda, che maschera sotto le forme seducenti del marketing l'indottrinamento di massa. Il cui scopo è quello di impedire che il popolo lavoratore possa coltivare qualsiasi velleità di occuparsi dei temi tabù, che sono riservati in esclusiva alle ristrette élites dei sempiterni padroni del mondo.

Tra costoro e il popolo dei semplici, che vedono la realtà ma non hanno gli strumenti culturali e organizzativi per trasformarsi in classe per sé, si stende la multiforme platea degli "acculturati", spesso vittime essi stessi dei meccanismi di plagio posti in essere, ma anche, in numerose circostanze, spregevoli opportunisti che sperano, vendendosi, di ottenere o conservare condizioni di relativo privilegio. Il disprezzo verso questa specie di individui è, talvolta, così forte e profondo da spingere molti ad augurarsi un disastro di tali dimensioni per cui anche ad essi sia riservato il finale della povertà nella precarietà. E invero, quando leggo gli scritti sui social di tanti soggetti con cui negli anni ho pure interagito, anch'io sono preso da questo sentimento, talvolta esplodendo in commenti irati che mi sono costati numerosi "click". Tra costoro, quelli che hanno un'opinione più tronfia di sé, si giustificano argomentando che "sono sempre le élites a governare il mondo", facendo finta di non capire che il loro ragionamento è tautologico: comandano i forti - i forti sono quelli che comandano. Che poi, magari, non lo capiscono davvero, perché bisogna essere anche un po' stupidi per essere amorali!

Nel frattempo la pantomima dell'emergenza Covid prosegue, a dispetto dei numeri che sono chiari e raccontano tutt'altra storia. Così come, negli anni della grande crisi economica, altri numeri raccontavano un'altra storia rispetto alla vulgata ufficiale, salvo assistere oggi persino alla riproposizione delle soluzioni più strampalate circolate in quegli anni. Una su tutte: la proposta ricorrente dell'helicopter money, questa volta accolta con pensoso interesse dagli stolti "acculturati" per il solo fatto di provenire da colà dove si puote ciò che si vuole. Non vogliono, e per quanto detto non possono capire, che la proprietà reale dei beni è uno stock, mentre il denaro è un flusso, o dovrebbe esserlo, e che l'origine di ogni disastro del modello di accumulazione capitalistico e liberista nasce dalla pretesa di trasformare anche il denaro in uno stock! Il denaro che crea altro denaro, senza passare per la fase della produzione di merci, il luogo dove può svolgere la sua funzione di regolatore dei flussi di beni reali prodotti, e necessariamente più equamente redistribuiti se si vuole mantenere il sistema in equilibrio.

Non vogliono e non possono capire, gli "acculturati", quello che al popolo lavoratore, ai semplici, è ogni giorno più evidente, sebbene nell'impotenza dell'agire. Non vogliono e non possono comprendere che la realtà della Storia non è statica, ma un divenire nel quale l'emergere di un principio ordinatore non discende dall'alto, ma è costituito dalla risultante delle forze in campo; e dunque che chi si tira fuori rifugiandosi nella contemplazione delle proprie certezze e negando alle opinioni diverse il diritto di cittadinanza nel dibattito, gioca nella squadra del caos.

Se le cose dovessero andare veramente male, come troppe volte è accaduto, la colpa non sarà delle élites, né delle sparute minoranze che, a dispetto di tutto, si mettono in gioco, venendo per sovrappiù derise, ma degli "acculturati", perché le élites e le sparute minoranze fanno quello che tutti dovremmo fare: partecipare alla storia collettiva. Aveva ragione Gramsci, quando scriveva "Odio gli indifferenti".

1 commento:

  1. "Al contadino non far sapere quant'è buono il formaggio con le pere."
    Un'intervista che mi ha aperto gli occhi qualche anno fa :
    "In nome del dio denaro" con Nando Ioppolo

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