sabato 9 settembre 2017

La sinistra rimasta orfana di un progetto di regolazione progressiva del capitalismo

Pare che sul Manifesto sia apparso il seguente appello (grassetto aggiunto):

«CHIARIAMOCI SU UE, LAVORO E DEMOCRAZIA
Sinistra. Un confronto sabato 9 settembre a Roma
"Non v’è dubbio che la sinistra, ovunque, non solo in Italia, viva l’esaurimento di un lungo ciclo storico.

Il drammatico arretramento delle esperienze nate dal movimento operaio non può essere disgiunto dalla fine del socialismo reale e il conseguente dilagare del «capitalismo scatenato» (Andrew Glyn). Dopo l’89, la sinistra è rimasta orfana di un progetto di regolazione progressiva del capitalismo. Da noi, la marginalità della sinistra, culturale prima che politica e elettorale, è più evidente poiché siamo in un Paese smarrito, dove nessuno schieramento politico riesce a proporre una guida credibile. Di conseguenza, il disagio di gran parte della popolazione si esprime con una disaffezione alla politica e l’affidamento a formazioni dalle dubbie credenziali democratiche e di governo.

Questo disagio va compreso, raccolto e guidato in direzioni progressive.

C’è bisogno di rigenerare una sinistra riformatrice, ancorata al lavoro e all’ambiente, in grado di battersi contro la deriva oligarchica di un potere abbacinato dal miraggio di una «democrazia senza popolo» e l’impoverimento di ceti popolari e classi medie.

Una ricostruzione della sinistra si impone, dunque. A tal fine, prima dell’estate, a Roma, al Teatro Brancaccio e a Piazza SS Apostoli, vi sono stati passaggi importanti. Vogliamo contribuire, sul terreno della cultura politica e del progetto, alla ricostruzione unitaria della sinistra.

La necessità di confrontarsi sui programmi trova formale condivisione. Tuttavia, prima dei programmi, per evitare una inutile lista della spesa che accontenti tutti senza affrontare alcun nodo vero, è utile chiarire il giudizio su alcuni temi di fondo: ruolo dello Stato, globalizzazione e mobilità internazionale del capitale e del lavoro, migrazioni e sicurezza, moneta e integrazione europea. Siamo consapevoli che tale discussione, elusa nel passato, sia ancora più difficile a ridosso di una competizione elettorale.

Eppure, essa ci pare possa distinguere una proposta politica convincente da una improbabile ammucchiata elettoralistica. Anche perché, spesso, la sinistra si ferma agli obiettivi programmatici (lavoro, uguaglianza, inclusione, riconversione ecologica, ecc.), enunciabili con facilità, mentre elude il ben più difficile compito di individuare gli strumenti per realizzarli.

Le indicazioni programmatiche della Costituzione e, in particolare, all’articolo 3 («È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale…») sono una bussola imprescindibile, ma vanno articolate in obiettivi e policies.

Il disegno di politiche adeguate a realizzare questi obiettivi richiede, oltre alla rigenerazione morale della sinistra, una elaborazione politica e intellettuale collettiva di grande spessore.

Non si può non prendere le mosse da un giudizio storico-politico sul passato.

La crisi profonda in cui versa il paese non può essere messa tutta sulle spalle di Renzi o della destra. È chiamato in causa anche il centro–sinistra che, in una fase di dissoluzione prima morale poi elettorale dei partiti di governo e di smarrimento post ’89 della sinistra storica, da Andreatta e Ciampi fino ai governi dell’Ulivo, ha cercato nel «vincolo esterno» dell’Ue e dell’euro-zona le condizioni di tenuta dell’unità politica della nazione e la via per disciplinare il conflitto sociale e minimizzare l’intervento pubblico.

Anche in Italia, come ovunque al di là e al di qua dell’Atlantico, il centrosinistra ha scommesso nei frutti di lungo periodo del liberismo economico veicolato dalla Ue e dalla moneta unica.

Oggi, è evidente: la scommessa è stata largamente persa e si è ritorta contro.

Dobbiamo ripartire. L’obiettivo della piena e buona occupazione è centrale e distintivo della sinistra per attuare la democrazia costituzionale, anche perché inscindibile dall’autorealizzazione delle persona nel lavoro, come sempre affermato da Bruno Trentin, e dalla redistribuzione del reddito verso il lavoro, elemento di giustizia e di sostegno alla domanda aggregata.

La sfida è un progetto di riconquista di soggettività sociale e politica del lavoro per declinare in senso progressivo l’interesse nazionale, inteso come tutela delle istituzioni e delle risorse economiche e sociali necessarie a garantire il perseguimento degli obiettivi indicati dalla nostra costituzione, in un orizzonte di cooperazione europea e internazionale.

Tale progetto è la condizione per dare respiro e prospettiva ai singoli conflitti per non rimanere esperienza nobile, ma di pura testimonianza.

Soprattutto, qui e ora, è la condizione per una solida e credibile unità a sinistra del Pd.

Intorno al nodo «Unione Europea, lavoro, democrazia» proponiamo a donne e uomini della cultura, della cittadinanza attiva e dei movimenti e della rappresentanza sociale un confronto programmatico con i protagonisti delle iniziative del Brancaccio e di SS Apostoli.

Ci vediamo sabato 9 settembre al Campidoglio, Sala della Protomoteca (10 -17).»

Applausi

Dunque, riassumendo, i compagni ammettono: "Siamo consapevoli che tale discussione, elusa nel passato, sia ancora più difficile a ridosso di una competizione elettorale". Come andrà a finire? I nostri late comers bruceranno le tappe riuscendo a presentare, in tempo per le politiche del 2018, una proposta organica e coerente di fuoruscita dall'euro e dall'UE, oppure questo è solo l'inizio di un lungo, difficile e tortuoso percorso di autoanalisi e ridefinizione della linea politica?

Anche perché ad uno potrebbe venire il dubbio se i nostri cari late comers debbano ancora leggersi tanti libri senza figure (cit. Bagnai) oppure lo abbiano già fatto ma, finora, sono giunti a conclusioni sbagliate. Nel primo caso gli si può suggerire una bibliografia, nel secondo si potrebbero attivare dei corsi di recupero con esamino finale.

A meno che - a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca - la nuova passerella del Brancaccio non sia un modo per inquinare le sorgenti del dibattito politico. Un'operazione, finora solo sul piano della comunicazione politica, che va avanti da tempo nella quale, proprio oggi, si è distinto un noto professionista dell'informazione mainstream, Vittorio Feltri.

Inciso: si può dire "noto professionista dell'informazione mainstream", o si rischia una querela? Sapete, dopo questo: Lorenzin: “E ora con Google ripuliremo la rete dalle fake news” comincio a farmela nelle braghe.

Dicevamo dunque di Vittorio Feltri il quale oggi, commentando la marcetta su Roma di Forza Nuova, ha scritto (link: "Fascisti, la parodia"): "Ma, stai a vedere, sarà anche una grande vittoria fascista, perché questi quattro nerboruti di sovranisti si prenderebbero querela non diciamo da un Benito Mussolini, e neppure da un Italo Balbo, ma almeno da un Farinacci, poiché quella era gente con altre ambizioni che fare i guardiamacchine, o mettere in piedi ronde notturne antitaccheggio".

E così il noto professionista dell'informazione riesce a inanellare ben tre risultati:
  1. si accredita come "democratico" smarcandosi da Forza Nuova
  2. strizza l'occhio ai nostalgici del ventennio suggerendo che i fascisti fossero persone più serie
  3. si allinea alla narrazione dominante proponendo l'equazione fascisti=sovranisti
Ma siccome la favola delle fake news e la falsa equazione fascisti=sovranisti, entrambe propalate a reti unificate dai potenti altoparlanti, insieme a tante altre operazioni di svergognata disinformazione, potrebbero non essere sufficienti per tappare tutti i buchi, ma davvero tutti i buchi perché, in periodo elettorale, non deve trapelare nemmeno un refolo di realtà, ecco che l'operazione dei nostri cari late comers potrebbe fungere all'uopo. So' ggente de sinistra signora mia, e tanto educati, democratici, antifassisti, antirassisti, e criticano pure l'euro. Mica come i sovranisti (=fascisti - afferma il noto professionista dell'informazione)!

Sia ben chiaro, io non sostengo che il noto professionista sia in malafede, anzi! Sono certo, invece, che anch'egli sia una vittima della disinformazione. Cosa volete che ne sappia, il noto professionista, del fatto che nel 2012 un gruppo, ai tempi estremamente ridotto, di italiani (tra i quali il sottoscritto) aprirono una discussione al loro interno per coniare un nuovo termine atto ad indicare le loro posizioni politiche? Oddio, è pur vero che da allora è passato parecchio tempo, ed oggi quello sparuto gruppo si è ampliato, in parte si è scomposto per confluire in nuove organizzazioni, le quali tutte insieme (oltre al gruppo cui va il merito di aver coniato il termine "sovranismo") assommano a qualche migliaio di determinatissimi militanti e attivisti; ma di tutto questo, il noto professionista dell'informazione è, forse, all'oscuro. Legittimamente! Perché, come ben sappiamo, ogni canale di comunicazione dalla base popolare verso le élites è stato accuratamente chiuso, sicché è ben comprensibile che perfino un valido e noto professionista dell'informazione come Vittorio Feltri possa cadere in errore proponendo, magari distrattamente, l'equazione fascisti=sovranisti.

Inciso: che dite, sono stato abbastanza attento? Giuro che ho stima di Vittorio Feltri, e che il mio intento è solo quello di correggere il suo errore. Anche perché, a dispetto di ogni possibile manipolazione della realtà, i fatti hanno la testa dura, e dunque la verità trionferà. Quel giorno il nostro potrebbe trovarsi in difficoltà, casomai gli fosse rinfacciato un simile strafalcione politico.

Ma torniamo all'adunata del Brancaccio del 9 settembre, dove "la sinistra rimasta orfana di un progetto di regolazione progressiva del capitalismo" si è data appuntamento. Bisogna tornare, dicono, al 1989, cioè alla caduta del muro di Berlino, perché tutto è cominciato con quell'evento traumatico. Già, e l'abolizione della scala mobile in Francia ad opera del socialista Jaques Delors nel 1982? E il taglio in Italia della scala mobile introdotto dal socialista Craxi nel 1984, seguito dal referendum del 1985 in cui il solo PCI di Berlinguer si oppose? Un fatto cruciale, quest'ultimo, perché il contenimento del potere d'acquisto dei lavoratori era assolutamente necessario al processo di integrazione monetaria, come dimostra la soppressione definitiva della scala mobile ad opera del socialista Amato nel luglio 1992, due mesi prima dello sganciamento dallo SME per l'impossibilità di mantenere un cambio fisso! Fin dall'inizio era chiaro, ed oggi lo sappiamo anche noi ingegneri, che i costi dell'Unione Europea sarebbero ricaduti tutti sulle spalle dei lavoratori!

Era chiaro, è stato ripetutamente confermato dai fatti, ma alleluia! Finalmente, in vista delle cruciali elezioni del prossimo anno, "la sinistra rimasta orfana di un progetto di regolazione progressiva del capitalismo" rompe gli indugi, pur ammettendo che "tale discussione, elusa nel passato, sia ancora più difficile a ridosso di una competizione elettorale". Fosse arrivato subito dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, questo intento di "chiarire il giudizio su alcuni temi di fondo: ruolo dello Stato, globalizzazione e mobilità internazionale del capitale e del lavoro, migrazioni e sicurezza, moneta e integrazione europea", la musica sarebbe ben altra, ma nulla di ciò è avvenuto. Anzi, nelle numerose assemblee post referendarie, tutti gli sforzi dei sovranisti (per Feltri: coloro che vogliono tornare allo spirito e alla lettera della Costituzione del 1948) di aprire una discussione sui temi predetti si sono infranti contro un muro di indifferenza. Viene il sospetto che, una volta messo Renzi nell'angolo, la nuova strategia sia quella di puntare all'ingovernabilità, tanto ormai c'è il pilota automatico, e dunque che stia venendo meno per il PD l'importanza numerica dei cespuglietti della "sinistra rimasta orfana", il che mette a rischio ogni possibilità di ottenere strapuntini. Cosicché il coraggio, che è mancato dopo la vittoria referendaria, comincia ad essere alimentato dalla paura della fame.

Ecco allora prendere forma la nuova tattica della "sinistra rimasta orfana": agganciare il nascente movimento sovranista e, dopo averlo avviluppato nelle sue spire, strangolarlo. Un preludio della quale, forse, abbiamo visto all'opera in Sicilia dove, in vista delle regionali del 5 novembre, si era profilata la possibilità di un'alleanza tra Risorgimento Socialista, un frammento dell'infinita diaspora socialista, e i sovranisti di Beppe De Santis che sostengono la lista "Noi siciliani con Busalacchi"; operazione tuttavia abortita per il provvidenziale irrigidimento dei sovranisti, che ha costretto al ritiro Risorgimento Socialista il quale, al momento, non sembra aver trovato una collocazione alternativa. La vicenda, che ha coinvolto due realtà minuscole, potrebbe apparire trascurabile, se non fosse che l'idea sovranista, sebbene non abbia ancora trovato espressione in un movimento organizzato in grado di lanciare la sfida elettorale, rappresenta in prospettiva un pericolo per la traballante costruzione europea.

In definitiva, stante il ritardo con cui la "sinistra rimasta orfana" si sta muovendo sui temi dell'Europa, e anche al netto delle più che legittime diffidenze nell'area sovranista, non è il caso di farsi troppe illusioni. I bookmakers di Castro dei Volsci danno alla pari la possibilità che si tratti di pura melina preelettorale e quella di un'operazione di disinnesco della mina sovranista. Io, che ogni volta che ho pensato male ci ho azzeccato, punto una lira sulla seconda ipotesi.

5 commenti:

  1. Fra i firmatari oltre ai cassoni tramezzati (bispensatori) c'è anche Cesaratto e ciò mi dà una speranza.

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  2. Fra i firmatari oltre ai cassoni tramezzati (bispensatori) c'è anche Cesaratto e ciò mi dà una speranza.

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  3. Ciao Fiorenzo, mi ha molto colpito questo passo del documento:
    "Dobbiamo ripartire. L’obiettivo della piena e buona occupazione è centrale e distintivo della sinistra per attuare la democrazia costituzionale, anche perché inscindibile dall’autorealizzazione delle persona nel lavoro, come sempre affermato da Bruno Trentin, e dalla redistribuzione del reddito verso il lavoro, elemento di giustizia e di sostegno alla domanda aggregata."

    Per dovere di cronaca riporto quello che Trentin diceva nel 1976, tratto dal libro La scomparsa della sinistra in Europa di Barba e Pivetti Pagg 196-197

    " E' possibile che un mutamento radicale degli indirizzi di politica economica,una svolta radicale nei criteri ispiratori di una necessaria politica di austerità e quindi un mutamento del quadro politico pongano l'esigenza di nuove scelte autonome da parte del sindacato e che le stesse reazioni del sistema e più stringenti condizionamenti internazionali pongano l'esigenza di nuovi sacrifici per le classi lavoratrici. Con quali contropartite?

    segue.....

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  4. Le contropartite non potranno a breve termine essere commisurate in termini di riduzione sensibile della disoccupazione strutturale. Ci vorrà del tempo per questo. E non potranno neanche essere commisurate in termini di riforme pur indispensabili con i loro effetti a medio termine sull'occupazione e il salario dei lavoratori; questi effetti si faranno sentire anche essi solo con il tempo, appunto. La contropartita che il sindacato può pretendere in questo caso - e si tratta di una contropartita non monetizzabile- potrà consistere nella possibilità offerta alla classe operaia di partecipare alla gestione dei suoi sacrifici. E' una contropartita che ripropone, come tutta l'esperienza recente del movimento
    sindacale italiano, un problema di potere di partecipazione di articolazione democratica della società."
    Commento di Barba e Pivetti: "..... Egli sembra aspirare a poter continuare a far fare sacrifici ai lavoratori Italiani, ma da Ministro del lavoro piuttosto che da dirigente sindacale."

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