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mercoledì 28 maggio 2025

La situazione è grammatica

lunedì 26 maggio 2025

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giovedì 22 maggio 2025

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mercoledì 21 maggio 2025

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domenica 18 maggio 2025

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sabato 10 maggio 2025

La crisi dell'antiammereganismo compulsivo

mercoledì 7 maggio 2025

Le sorgenti primarie di legittimazione del Potere

Link correlato: JD Vance a Monaco discorso completo in italiano - Munich Security Conference 2025

Ho ascoltato con ritardo il discorso del vice Presidente J.D.Vance alla Munich Security Conference 2025 pur avendone letto stralci e resoconti. Non averlo fatto mi ha impedito di cogliere subito l'importanza e la portata delle sue parole, che sono state interpretate, e così trasmesse all'opinione pubblica, come un appello ai valori democratici e un richiamo all'UE affinché li rispetti. In realtà c'è molto di più. Dopo averlo ascoltato ho capito che J.D.Vance ha parlato delle "sorgenti primarie di legittimazione del Potere", una delle quali è quella democratica. Provo a spiegarmi.
Non c'è dubbio che il Potere, cioè la facoltà di emanare ordini che vengono eseguiti, ha bisogno di sorgenti di legittimazione; queste sono sostanzialmente di tre tipi: il Divino, la Forza nelle sue diverse espressioni (militare, economica, normativa, culturale...) e l'investitura dal basso da parte del Popolo. Sono tre enti astratti e come tali li maneggeremo. Ad esempio, dire "Popolo" significa poco sul piano della concretezza, essendo un ente poco e male definito, e lo stesso può dirsi di "Forza" e "Divino". D'altra parte anche la parola "Potere" si riferisce a un'entità astratta, eppure gli esseri umani sono tremendamente condizionati proprio da queste entità astratte. Con esse, chi opera ai piani più alti, ha una consuetudine che più in basso nella scala sociale e politica non si ha.
Le persone eseguono gli ordini quando questi sono percepiti come legittimi, emanati da un'autorità che è alimentata da una o più delle tre sorgenti primarie di legittimazione. L'ancièn régime, ovvero il sistema sociale e politico instauratosi in Europa a partire dalla fine del medioevo, era fondato su due di esse: il Divino e la Forza; l'importanza dell'investitura dal basso, che dall'XI al XIII secolo aveva contribuito alla stabilità, era stata invece fortemente ridotta. Con l'Illuminismo e la Rivoluzione Francese ad essere accantonato è stato, sempre di più, il principio del Divino, ed è stato necessario ricercare forme di coinvolgimento e sostegno dal basso che potessero contribuire al nuovo ordine, ciò che ha portato all'affermarsi della democrazia moderna di stampo liberale.
La modernità occidentale, avendo rinunciato al Divino come sorgente di legittimazione del Potere, ha dovuto reinventare la democrazia. L'ha chiamata "liberale", per distinguerla da quella antica e medievale, e l'ha brandita come un'arma ideologica contro i suoi nemici. Si può essere critici verso ciò, ma è innegabile che la cosa abbia funzionato. Una civilizzazione, che ha rinunciato a Dio, si è retta in piedi grazie alla Forza e all'investitura democratica. 
Ma cosa accade quando il pilastro dell'investitura democratica viene picconato? È esattamente quello che sta avvenendo in Europa, rectius in UE, e vi sono due soluzioni: si riscopre il Divino oppure si fa affidamento solo sulla Forza. La prima è la soluzione tradizionalista, che potrà essere declinata sia in senso nazionale che sovranazionale: nel secondo caso con le complicazioni che discendono dal fatto che in Europa ci sono almeno tre religioni (Islam, Cattolici, Protestanti), due delle quali sono versioni antitetiche del cristianesimo.
La scelta di fare affidamento solo sul pilastro della Forza conduce alla dittatura. Non è casuale l'insistenza con cui si cerca di riarmare l'Europa e, soprattutto, centralizzare la gestione di questo processo nelle mani della Commissione! Se il pilastro della democrazia deve essere picconato e quello del Divino deve restare inattingibile, allora urge irrobustire quello della Forza. Si governerà con la Forza, nelle sue diverse declinazioni, e poiché l'economia, la struttura normativa, l'apparato culturale e mediatico sono già in totale controllo, ecco che non resta che agire sulla struttura militare. E l'Europa sarà fatta.
Credo che J.D.Vance abbia voluto dire questo e non, come è stato riportato alla distratta opinione pubblica, limitarsi a una banale e retorica perorazione in favore della democrazia. E domandarci, anche, se quello che chiamiamo nazismo non sia stato, in ultima analisi, nient'altro che una forma del Potere che si è fondato su una sola delle tre sorgenti primarie, la Forza. 

domenica 4 maggio 2025

La prevalenza del cretino

Verso l'Eurasia con libertà intellettuale - Sergei A. Karaganov

 Tradotto da https://eng.globalaffairs.ru/articles/eurasia-karaganov/

Sergei A. Karaganov

Professore onorario

Università Nazionale di Ricerca - Scuola Superiore di Economia, Mosca, Russia

Facoltà di Economia Mondiale e Affari Internazionali

Supervisore Accademico;

Consiglio per la Politica Estera e di Difesa

Presidente onorario del Presidium

Un terremoto geopolitico e geoeconomico sta scuotendo il mondo. Grazie soprattutto alla Russia, il secolare dominio militare dell'Occidente sta finendo. Nuovi paesi stanno emergendo e civiltà precedentemente represse si stanno riprendendo. Mentre questi sviluppi sono accolti con favore dalla maggior parte delle nazioni, il disperato contrattacco dell'Occidente, volto a invertire il corso naturale della storia, pone il rischio di conflitti e persino di una guerra mondiale. La comunità internazionale dovrebbe perseguire una transizione pacifica verso il nuovo ordine mondiale rafforzando la deterrenza nucleare e istituendo nuove istituzioni di governance globale. L'Occidente deve accettare un ruolo più modesto in questo nuovo ordine, in cui la Grande Eurasia svolgerà un ruolo chiave. Il compito più importante per le nazioni eurasiatiche è la decolonizzazione della coscienza, superando l'abitudine di vedere il mondo attraverso la lente delle prospettive occidentali e di teorie unilaterali e obsolete.

INTEGRAZIONE NELLA GRANDE EURASIA

L'attuale ciclo di cambiamenti senza precedenti, rapidi e profondi – geopolitici, geoeconomici e (finora in misura minore) geoideologici – risale alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '80, quando in Occidente emersero i primi segnali di una crisi. Reagan cercò di evitarla con un aggressivo tentativo di ripristinare la superiorità militare e di cancellare le conseguenze della sconfitta totale in Vietnam e dell'embargo petrolifero arabo. Il Giappone occupato, ancora in crescita a un ritmo notevole, fu schiacciato dagli americani attraverso pressioni politico-militari ed economiche, una guerra di propaganda, la rivalutazione dello yen e le quote di esportazione. La crescita del Giappone si è azzerata e il paese sta ancora lottando per superare la stagnazione. Anche prima di Reagan, gli americani avevano cercato, con la Commissione Trilaterale, di consolidare l'Europa stagnante attorno agli Stati Uniti indeboliti, proprio come stanno facendo ora.

E poi accadde un miracolo: l'Unione Sovietica e il campo socialista cessarono di esistere, rinunciando al loro ruolo di contenimento e bilanciamento. La Cina intraprese un percorso di sviluppo quasi capitalista. Un miliardo e mezzo di lavoratori sottopagati e consumatori affamati provenienti dalla Cina, dall'ex URSS e dal campo socialista si unirono all'economia globale (ora interamente occidentale), strutturata per dirottare la ricchezza globale verso l'Occidente.

Il sistema circolatorio dell'Occidente aveva ricevuto una potente iniezione di glucosio e adrenalina. La stagnazione economica era stata interrotta. Sembrò, per un momento storico, che l'Occidente, fino a quel momento in declino, non solo avesse invertito il suo degrado, ma avesse anche ottenuto la vittoria finale, realizzando un mondo unipolare e "la fine della storia".

Ma le forze profonde dietro il suo degrado continuarono la loro opera. Una delle ragioni più importanti della crisi in Occidente, manifestatasi già negli anni '60, fu il raggiungimento da parte dell'Unione Sovietica della parità strategica con l'Occidente, privandolo di quella superiorità militare che gli aveva permesso – attraverso semplici rapine e saccheggi coloniali, poi attraverso il neocolonialismo e, più recentemente, attraverso istituzioni e regimi internazionali subordinati – di appropriarsi delle ricchezze del pianeta e che aveva sostenuto la leadership politica, economica e culturale globale dell'Occidente, durata quasi 500 anni (Karaganov, 2019).

Negli anni 2000, la Russia si svegliò dall'illusione occidentale, rendendosi conto che la sua integrazione in questo sistema, da pari a pari, era impossibile. Fatta eccezione per un ristretto strato composto dalla borghesia compradora e dall'intellighenzia orientata e nutrita dall'Occidente, la società russa iniziò lentamente a uscire da questa situazione iniqua. A quel tempo, l'Occidente, incantato dalla sua vittoria, ignorò l'ascesa della Cina. L'Occidente era convinto che la millenaria civiltà-stato cinese, avendo intrapreso la strada del capitalismo, sarebbe diventata democratica, e che il suo sistema politico interno si sarebbe quindi indebolito e conformato al mainstream politico occidentale. Ancora euforici per la loro "vittoria", gli Stati Uniti si sono invischiati in Afghanistan e Iraq, e la sconfitta in quei territori ha stroncato la loro presunta onnipotenza militare. I loro ingenti investimenti in forze convenzionali non hanno avuto alcun riscontro politico.

La crisi economica del 2008 e il fallimento dell'invasione georgiana dell'Ossezia del Sud, sostenuta dagli Stati Uniti, hanno avviato una nuova fase di declino dell'influenza occidentale, molto più drammatica di quella della fine degli anni '60 e '70. Il modello di sviluppo economico occidentale non era più attraente. Avendo finalmente riconosciuto l'impossibilità di raggiungere un accordo con gli Stati Uniti, la Russia ha iniziato a riarmare e riformare le sue forze convenzionali. Ma ancor prima, dopo il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato ABM (smascherando così la propria ambizione di superiorità nucleare e quindi politica), la Russia (all'epoca ancora povera) si liberò dalle illusioni occidentali e iniziò a modernizzare le proprie forze strategiche, con risultati che iniziarono a manifestarsi alla fine degli anni 2010. Il Paese stava riacquistando fiducia e mettendo apertamente in discussione l'egemonia e l'espansione americano-occidentale. Il nuovo corso fu di fatto proclamato dal Presidente Vladimir Putin nel suo celebre discorso alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco del 2007 e ribadito alla Conferenza NATO di Bucarest.

Il nostro Paese sta tornando alla sua essenza politica e sociale storica eurasiatica, volgendosi a Oriente e concludendo il periodo petrino di orientamento culturale, ideologico ed economico unilaterale verso l'Europa e l'Occidente, senza tuttavia rinnegare l'eredità di Pietro, ovvero le radici prevalentemente europee della nostra cultura superiore (mentre la nostra tradizione politica e sociale è più vicina a quella asiatica). La straordinaria apertura culturale, ereditata in gran parte dai Mongoli, è una potente fonte di influenza ideologica nel mondo eterogeneo che la Russia sta promuovendo.

Il sistema di globalizzazione creato dall'Occidente a partire dagli anni '80 sta crollando. Invece del previsto governo mondiale (essenzialmente occidentale) e del predominio delle multinazionali e delle ONG (occidentali), stiamo assistendo a una rinascita degli Stati nazionali. In ambito intellettuale, gli studi regionali e la geografia politica, che fino a poco tempo fa erano considerati scienze in via di estinzione, stanno riacquistando un'importanza fondamentale.

C'è un processo ancora più importante: il terremoto ha accelerato l'ascesa di paesi e civiltà che fino a poco tempo fa erano stati oppressi dal potere conquistato dall'Occidente. Le civiltà Inca e Azteca, completamente distrutte, non saranno in grado di riprendersi, ovviamente. Ma stiamo assistendo alla ripresa delle grandi civiltà cinese, indiana, araba, persiana e ottomana, e alla nascita della civiltà centroasiatica. La Russia, finalmente, sta iniziando a riconoscersi come uno stato-civiltà, persino come una civiltà di civiltà, piuttosto che come una periferia dell'Europa. (L'Europa stessa sembra disgregarsi, il che è pericoloso per noi – dopotutto, siamo in parte europei). La giovane civiltà americana – un impero tra il 1945 e il 2015 circa e persino un'egemonia tra il 1989 e il 2008 circa – sta conducendo una ritirata combattiva. Dopo che l'Occidente ha perso la capacità di usare la forza quasi impunemente contro le "periferie", queste si sono liberate e si sono spinte in avanti, principalmente in Asia.

Ma forse la conseguenza più importante di questo terremoto geopolitico e geoeconomico è la rinascita del principale centro dello sviluppo umano: l'Eurasia, culla della maggior parte delle civiltà umane, un tempo collegata geopoliticamente e culturalmente dagli imperi di Gengis Khan, Attila e Tamerlano, dalla Via della Seta e dalla rotta commerciale che collegava i Variaghi ai Greci e che attraversava l'antica Russia. L'intero continente era in gran parte emarginato dalle potenze marittime periferiche che imponevano i propri interessi e il proprio modo di pensare, come l'opinione, ancora dominante, secondo cui i paesi che controllano le rotte marittime hanno un vantaggio su quelli continentali. La Russia aveva bisogno di accedere al Mar Baltico e al Mar Nero, ma la sua capitale avrebbe dovuto rimanere a Mosca o spostarsi più in profondità in Siberia, verso la fonte materiale e spirituale della nazione russa e la natura della Russia come grande potenza.

Le grandi potenze eurasiatiche – e l'Eurasia come centro globale dello sviluppo economico, politico e culturale – si stanno riprendendo; paesi e popoli si stanno scrollando di dosso il "giogo" occidentale, sotto il quale la maggior parte di loro ha vissuto per 150-500 anni. Anche paesi che in precedenza ricoprivano un ruolo marginale nell'economia e nella politica globale stanno emergendo. Non si tratta solo di Cina, India, Turchia e Iran, ma anche delle due Coree e del Giappone (quest'ultimo ancora sotto occupazione). Il Sud-est asiatico è in rapida crescita. L'Indonesia è destinata a diventare uno dei futuri leader mondiali. La crescita economica, politica e spirituale dei paesi del Golfo Persico (dove si sta formando un altro centro del nuovo mondo multipolare) è piuttosto impressionante. L'Africa si sta sviluppando in modo disomogeneo, ma sempre più dinamico sotto una nuova leadership. Tutti parlano della crescente presenza di Pechino in Africa. Ma forse l'influenza complessiva di Ankara è ancora maggiore. La Russia, che ha in parte perso le sue solide posizioni dell'era sovietica in Africa, ha seguito l'esempio, seppur tardivamente. Godiamo di una buona reputazione nel continente, rafforzata negli ultimi anni da operazioni di successo per garantire la sicurezza di diversi paesi. Ma c'è molto duro lavoro da fare per ripristinare posizioni perse o cedute in modo sconsiderato.

Quando la Russia decise di contrastare l'espansione residua dell'Occidente in Ucraina – che minacciava i vitali interessi di sicurezza e la stessa esistenza della Russia – le sue relazioni con l'Occidente peggiorarono drasticamente, e la Russia si sta irrimediabilmente separando dalle illusioni di integrazione "in Europa", vecchie di oltre 300 anni e che molte delle sue élite avevano coltivato. La Russia si sta ora concentrando su relazioni più strette con il non-Occidente, che proponiamo di chiamare la Maggioranza Mondiale, i cui paesi cercano di acquisire o riconquistare la propria sovranità e la propria capacità di agire economicamente e culturalmente. Questa è la tendenza economica, politica e ideologica dominante nel mondo. Dopo aver smantellato le fondamenta militari del neocolonialismo residuo, la Russia sembra essere dalla parte giusta della storia, facendo da ostetrica all'emergente Maggioranza Mondiale.

Il termine e il concetto di "Maggioranza Mondiale" sono stati coniati diversi anni fa durante seminari e analisi di situazione condotti dal Consiglio per la Politica Estera e di Difesa e dalla Scuola Superiore di Economia. Ma si può già riscontrare nei discorsi e nelle opere dei rappresentanti cinesi, arabi e di altre potenze della maggioranza, che stanno rapidamente prendendo piede e rispondendo alle esigenze del mondo emergente e orientato al futuro.

Non dovremmo perdere tempo e iniziare a riflettere sulla nostra politica nei confronti di questa maggioranza mondiale emergente (si veda il rapporto "Russian Policy Towards the World Majority", 2023). Tali considerazioni sono accompagnate e stimolate dalla decomposizione e disintegrazione del vecchio sistema, anche nelle sue istituzioni. Quelle vecchie stanno morendo o si stanno indebolendo sotto i nostri occhi, mentre gli stati un tempo dominanti si aggrappano a loro. Purtroppo, questo vale anche per l'ONU, e in particolare per il FMI, la Banca Mondiale e l'OCSE. L'OSCE è senza speranza e l'UE sta rapidamente declinando. Solo la NATO si è temporaneamente ripresa usando l'espansione per provocare un confronto, la base della sua esistenza. Ci sono piani per creare una NATO globale ed espanderla nella regione dell'Oceano Indiano. Ma questo progetto molto probabilmente subirà la stessa sorte dei suoi predecessori passati come SEATO e CENTO.

LA LOTTA CON L'OCCIDENTE

Ancora indecisa è la nostra attuale battaglia con l'Occidente, o meglio, con le sue élite, che si sono lanciate in quella che si spera sia la loro ultima battaglia di retroguardia per evitare una sconfitta storica. La Russia potrebbe ancora perdere la determinazione a combattere fino in fondo, e quindi perdere la battaglia. Ma questo non è solo inaccettabile, è anche improbabile.

L'operazione in Ucraina sta aprendo nuove opportunità in modo forzato ma utile. Credo che uno dei suoi obiettivi impliciti – e che sta venendo raggiunto con successo – sia quello di strappare la classe politica e intellettuale russa dall'obsoleto occidentecentrismo, costringerla a rivolgersi a nuovi paesi, idee e mercati e a tornare a se stessa. Un obiettivo parallelo è quello di indebolire la grande borghesia compradora formatasi dalle fallimentari riforme russe degli anni '90.

C'è anche un terzo obiettivo implicito, che deve essere raggiunto attraverso questa crisi: preparare la Russia a 15-20 anni di sconvolgimenti costruendo una "Fortezza Russia" aperta alla cooperazione (Karaganov, 2022).

La Russia è tornata a se stessa, è tornata – per necessità, ma anche perché ha finalmente trovato la volontà necessaria – al suo tradizionale stato di guerra contro gli invasori esterni. Ha così finalmente iniziato a crescere economicamente e tecnologicamente attraverso la sostituzione delle importazioni. Questa è la via verso uno sviluppo sovrano e verso la libertà della nazione di scegliere la propria strada.

Accanto a questi sforzi, c'è bisogno di una decolonizzazione intellettuale: la libertà dal giogo occidentale, imposto ma anche accettato volontariamente. È necessaria anche un'idea-sogno: formule che portino avanti ma che abbiano radici storiche, siano aperte al dibattito ma siano promosse dallo Stato (ne parleremo più avanti).

Un altro compito chiave è il ritorno definitivo della Russia in Eurasia attraverso lo sviluppo di tutta la Siberia, la culla della grandezza e della potenza russa.

ANDATA E RITORNO VERSO LA SIBERIA

Ho avuto l'onore e il piacere – insieme ai miei giovani colleghi (ora eminenti studiosi e direttori accademici) Timofei Bordachev, Anastasia Likhacheva, Igor Makarov, Dmitry Suslov e Alina Shcherbakova (Savelyeva) – di essere tra gli iniziatori del progetto "Svolta a Est", lanciato intellettualmente alla fine degli anni 2000 e politicamente negli anni 2010. Sergei Shoigu, non ancora Ministro della Difesa, ha lavorato parallelamente con un gruppo di collaboratori. L'obiettivo era integrare la Russia con le economie dell'Asia orientale e meridionale attraverso la Siberia. Sono stati compiuti alcuni progressi. Ma è anche chiaro che la "svolta" non ha ancora prodotto i risultati desiderati. Due ragioni sono il già citato occidentalismo e il compradorismo delle élite che non volevano abbandonare lo status quo consuetudinario. In terzo luogo, il processo è stato gestito in modo tecnocratico e burocratico, quasi interamente dal centro, con il coinvolgimento di pochi attori locali. Inoltre, è stato un errore fondamentale dividere la Siberia, che in realtà è un'unica entità storica, sociale ed economica. Contrariamente alla maggior parte delle proposte, il piano non ha integrato gli Urali, la Siberia occidentale o la Siberia orientale, dove sono concentrate le risorse naturali, l'industria e (soprattutto) le risorse morali e intellettuali, ma che soffrono maggiormente della "maledizione continentale" – la separazione dai mercati in più rapida crescita.

Ora la geopolitica e la geoeconomia, e la crescita di Asia, Medio Oriente e Africa, richiedono un nuovo approccio intellettuale e organizzativo all'integrazione eurasiatica. Tuttavia, non dovrebbe essere intesa, come in passato, come un'integrazione attraverso l'Unione Economica Eurasiatica. Anche se costruiamo la "Fortezza Russia", necessaria per il mondo sempre più turbolento e pericoloso dei prossimi 15 anni, questa "fortezza" dovrebbe essere aperta alla cooperazione non solo con l'Est, ma anche con il Sud. E per questo dovremmo intensificare i lavori per costruire corridoi di trasporto che colleghino la Russia, attraverso la Siberia, all'Asia attraverso la Cina, e infine completare il corridoio a lungo atteso attraverso l'Iran e il Golfo Persico verso l'India e l'Africa. C'è ancora molto da fare in ambito intellettuale. Sappiamo poco dell'Oriente, del mondo arabo, della Turchia, dell'Iran o dell'Africa, e per questo motivo non ne vediamo le opportunità in rapida espansione. Ripeto quanto già detto più volte in convegni scientifici, sulla stampa e nella corrispondenza: le discipline umanistiche più promettenti oggi sono gli studi orientali e africani.

La Russia sta da tempo sviluppando una propria scuola di geografia economica che si oppone alla geopolitica e alla geoeconomia delle potenze marittime (Shuper, 2021). Ma abbiamo bisogno di scuole simili anche in altre scienze sociali. A differenza della matematica o dell'astronomia, non sono mai state, e non possono essere, sovranazionali. (Ne parleremo più avanti.)

Abbiamo anche bisogno di un nuovo concetto per l'integrazione dello spazio post-sovietico (il precedente si basava sul concetto di UE e sulla sua integrazione). Dovrebbe inserirsi nel più ampio progetto di integrazione pan-eurasiatica o della Grande Eurasia, che includerebbe componenti comunicative, economiche, scientifiche, politiche e (non meno importanti) culturali. Dopotutto, l'Eurasia è una costellazione di grandi culture che stanno emergendo o si stanno riprendendo dall'emarginazione, e che dobbiamo comprendere e con cui dobbiamo lavorare.

VERSO L'IDEA-SOGNO RUSSO

L'attuale terremoto geopolitico, il crollo del vecchio mondo e la creazione di uno nuovo, richiedono più urgentemente che mai la mobilitazione spirituale del Paese e una strategia ideologica offensiva. Gli investimenti nelle scienze naturali sono in crescita e i poli scientifici e tecnologici stanno sorgendo sotto i nostri occhi. Ingegneri e scienziati, che un tempo costituivano l'élite meritocratica del Paese, stanno iniziando a riconquistare il loro giusto posto nella società. Sarebbe bello continuare a nominare i segni sempre più evidenti della rinascita del Paese e della sua gente. Ma il mio compito è proporre aggiustamenti politici resi necessari dalle sfide che il Paese e il mondo stanno affrontando. La rinascita spirituale è la risposta principale a queste sfide. È di per sé inestimabile.

La politica nazionale e globale è in gran parte determinata da una combinazione dialettica di tre fattori: sviluppo economico e benessere, status spirituale e unità, e volontà di difendere interessi e identità, anche con la forza militare. Nel periodo 1950-2020, le armi nucleari hanno ridotto l'importanza di quest'ultimo fattore militare, oscurando temporaneamente la minaccia di guerra per la maggior parte dell'umanità. Il ricorso alla deterrenza nucleare ha soppresso il senso di autoconservazione delle società.

Tutto ciò ha portato alla ribalta i fattori economici, soprattutto perché hanno enfatizzato i vantaggi competitivi dei paesi occidentali, che in questa fase storica hanno fatto un balzo in avanti, acquisendo la capacità di imporre le opinioni delle loro élite attraverso il dominio dell'informazione. Il fallimento del modello economico alternativo – il comunismo sovietico con le sue forti componenti ideologiche e morali e l'enfasi sull'equità – ha portato a diversi decenni di consumismo dilagante. (Inoltre, aprendo nuovi mercati, ha temporaneamente mascherato i difetti del capitalismo occidentale che erano diventati evidenti negli anni '70 e '80. Questo modello stava perdendo sia la sua etica protestante, sia l'orientamento sociale che era stato aggiunto per competere con successo con il socialismo sovietico.)

Il crollo del comunismo ha inaugurato tre decenni di trionfo per l'economia e gli economisti liberali. Lo slogan "il denaro fa miracoli" è stato promosso in Russia quasi ufficialmente. Persino nella Cina confuciana e semi-comunista, il benessere era e rimane una priorità, il che è comprensibile per un paese che è stato affamato, umiliato e saccheggiato per 150 anni. L'uomo è stato separato dalla sua essenza più profonda: l'amore, la capacità di creare e sognare, la coscienza, l'onore e tutto ciò che lo distingue dall'animale.

Saziata, e non costretta a lottare per la sopravvivenza o per la patria, la società si è deformata. Valori post- e anti-umani sono sempre rimasti nascosti nel subconscio di alcune persone, ma ora vengono generosamente fecondati e nutriti da oligarchie che cercano di disunire la società e distrarla dalla crescente disuguaglianza e da altri problemi. È soprattutto la civiltà occidentale a essere in declino, ma lo stesso potrebbe accadere anche ad altri.

Durante il terremoto globale in corso e in intensificazione, la nostra strategia nazionale dovrebbe dare priorità alla difesa e alla sicurezza del paese e della sua gente, il che richiederà il loro ringiovanimento spirituale e ideologico. L'economia è ancora importante, ma i criteri economici – efficienza e, ancor di più, redditività – dovrebbero avere una priorità secondaria almeno per i prossimi due decenni. L'economia dovrebbe trasformarsi da fulcro e artefice della strategia statale a un servitore rispettato. Le persone dovrebbero diventare i fini piuttosto che i mezzi dello sviluppo, lo scopo della politica statale e della vita pubblica, e non solo come individui, ma come cittadini pronti a impegnarsi per una causa comune.

La forza militare e spirituale diventeranno i principali fattori della potenza aggregata, della sopravvivenza e della prosperità del Paese nel prossimo futuro. Lo sviluppo economico è ancora necessario, soprattutto utilizzando la scienza e la tecnologia (inclusa l'intelligenza artificiale). Ma uno sviluppo non solo per la ricerca della ricchezza, ma per la protezione delle persone, del Paese, della società e della natura.

Abbiamo anche bisogno di un'idea-sogno nazionale, radicata nella tradizione, basata sulle realtà presenti e future, ma che guardi al futuro.

Grazie alle condizioni straordinarie create dall'Operazione Militare Speciale, la resistenza burocratica ed elitaria a un'ideologia nazionale (resistenza associata in gran parte al desiderio sempre più debole di uno stile di vita occidentale) sta diminuendo. L'idea-sogno russo sta prendendo forma. Il Presidente Putin l'ha presentata nel suo sorprendente e insolito discorso al Consiglio Mondiale del Popolo Russo del 28 novembre 2023 e in alcune dichiarazioni successive (Putin, 2023).

È urgentemente necessaria un'ideologia di Stato nazionale. Chi non è d'accordo è intellettualmente e moralmente immaturo, o semplicemente desidera un'ideologia diversa.

Questa ideologia non dovrebbe essere uniforme; dovrebbe essere il fulcro di un dibattito costante nella società e in famiglia. Ma se una persona vuole essere un cittadino con una mentalità statale, deve conoscere e comprendere i principi fondamentali di questa ideologia. Non c'è bisogno di condividerli tutti. Ma i veri patrioti hanno il diritto di sapere chi è il nostro popolo, chi non è del tutto nostro e chi non lo è affatto. Questi ultimi, naturalmente, non dovrebbero essere repressi – se non infrangono la legge – ma non dovrebbero avere diritto a posizioni di leadership nel governo, nell'istruzione o nei media.

Naturalmente, questa ideologia, questa idea-sogno, deve riflettere i principi fondamentali delle religioni tradizionali, che dovrebbero godere del sostegno dello Stato. Le religioni tradizionali hanno pressoché lo stesso codice morale che lo Stato deve sostenere se vuole che la società duri e si sviluppi. Inoltre, le chiese devono essere libere e separate dallo Stato. Il loro difficile compito è quello di essere un faro morale, anche per i non credenti. San Filippo Kolychev, che protestò contro le atrocità dell'Oprichnina, e il beato Nicola (Salos) di Pskov, che salvò Pskov offrendo carne a Ivan il Terribile, resero un servizio allo Stato. Ma le "repressioni" di Ivan il Terribile furono significativamente meno sanguinose di quelle che si verificarono simultaneamente nell'Europa occidentale. Solo quando la Chiesa e la fede furono ufficialmente soppresse, il nostro Stato e il suo popolo commisero molti crimini mostruosi contro se stessi.

Dio, e quindi la fede nel destino superiore dell'uomo, dovrebbero diventare parte dell'idea-sogno russo, anche se qualcuno non crede in Lui. I cittadini russi dovrebbero ricordare per cosa vivono, ricevendo una bussola morale e ideologica per la vita. Questo non solo darà un senso a ogni vita, ma ci rafforzerà anche nell'acuta competizione geopolitica dei prossimi decenni e ci fornirà amici e alleati tra tutte le persone di buona volontà.

Offrirò il mio punto di vista su come chiarire e sviluppare una nuova visione del mondo, l'idea-sogno russo.

Lo scopo principale della politica è coltivare il meglio nelle persone, il desiderio di servire la famiglia, la società, il Paese, il mondo e Dio (se le persone credono in Lui). Indipendentemente dal credo, la società deve, attraverso l'educazione e l'educazione, coltivare la natura divina di ogni persona, il suo destino e la sua prontezza a servire scopi superiori. Questo è lo Spirito dei russi.

Servire la massima autorità è naturale per un Paese vasto come il nostro, che ha resistito in gran parte perché ha assorbito il modello politico del grande impero mongolo di Gengis Khan, con la sua apertura culturale e religiosa, ma lo ha arricchito con la potente influenza dell'ortodossia cristiana, dell'Islam e dell'ebraismo.

La politica ambientale dovrebbe concentrarsi non solo sulla riduzione delle emissioni, ma anche sulla coltivazione dell'amore dei cittadini per la propria terra natale e per la natura fin dalla prima infanzia, dalla scuola e dall'università. Il concetto di noosfera di Vladimir Vernadsky – l'unità tra uomo e natura, il primo attivo e premuroso nei confronti della seconda – è più che mai in linea con l'idea-sogno russa moderna e lungimirante (Vernadsky, 1944).

So che sembrerò radicale e forse persino ironico, ma sono piuttosto serio. Il moderno ambiente dell'informazione pubblica richiede di coltivare e imporre la moralità, la coscienziosità, l'amore per il prossimo, tutto ciò che è alla base delle religioni abramitiche – Ortodossia (Cristianesimo), Islam ed Ebraismo – e anche della maggior parte delle altre.

Condividerò la mia esperienza personale. Come uomo della sua generazione, cresciuto nell'Unione Sovietica ufficialmente atea, ho iniziato a leggere la Bibbia solo quando ero già adulto. Mi sono pentito amaramente di aver trascorso una parte significativa della mia vita senza questa fonte di saggezza, esperienza storica e valori etici. Di recente, un mio caro amico, il Kulturträger e filantropo siberiano A.G. Elfimov, mi ha regalato una copia della Bibbia di Fëdor Dostoevskij, completa delle sue numerose annotazioni (ora decifrate). Dostoevskij la leggeva quasi ogni giorno, e questo si rifletteva nei suoi scritti. A quanto pare, quindi, non ho compreso appieno le opere di questo grande genio russo. Attualmente sto cercando di leggere una traduzione moderna del Corano, un tesoro di pensieri, sentimenti e saggezza. Questa lettura è di grande aiuto per la mia crescita professionale. È impossibile scrivere in modo adeguato di guerra e pace senza assimilare la saggezza biblica, che è sostanzialmente identica per cristiani, musulmani, ebrei e buddisti, sebbene i seguaci di queste religioni a volte si scontrino tra loro.

Questa idea-sogno viene proposta e sviluppata da molti intellettuali e persino da politici e imprenditori riflessivi.[1]

Naturalmente, non affermo che queste idee siano nuove, ma sono nell'aria. Sono state proposte in una forma o nell'altra da grandi filosofi e visionari russi come Ivan Il'in, Nikolaj Danil'evskij, Fëdor Dostoevskij e Aleksandr Solženicyn.[2]

Tuttavia, questa ideologia è ancora piuttosto vaga. Molti dei suoi elementi sono contenuti nel Decreto Presidenziale 809 del 9 novembre 2022 "Sull'approvazione dei principi fondamentali della politica statale per la conservazione e il rafforzamento dei valori spirituali e morali tradizionali russi" (Decreto, 2022).

La nuova ideologia deve essere approvata a livello statale e discussa costantemente in famiglia, con gli amici, nelle scuole e nelle università. Per poi essere implementata in modo creativo.

Permettetemi di delineare brevemente questa idea-sogno:

Noi – russi, tatari, buriati, daghestani, jakuti, ceceni, ebrei e calmucchi, e tutti gli altri, cittadini russi – siamo il popolo scelto dall'Onnipotente per salvare il nostro Paese e l'umanità in questo momento di svolta della storia.

Siamo i liberatori da ogni giogo, avendo dimostrato che questo è il nostro destino con tutta la nostra storia. Abbiamo liberato il mondo da Napoleone, Hitler e simili, e ora stiamo aiutando gli altri a liberarsi dal giogo neocoloniale liberale occidentale.

La cosa più importante è l'essere umano e il suo sviluppo spirituale, fisico e intellettuale. Ci battiamo per un nuovo umanesimo, contro la distruzione dell'Umano nell'umano e per lo sviluppo di ciò che c'è di meglio nell'umano: Dio, per coloro che credono in Lui. Lo scopo della vita di una persona non è l'edonismo, l'egoismo e l'individualismo, ma il servizio alla famiglia, alla società, alla patria, al mondo e a Dio, se si crede in Lui. Noi sosteniamo il collettivismo e l'assistenza reciproca, conciliarità. Una persona può realizzarsi e liberarsi solo servendo una causa comune, la propria patria e il proprio Stato.

Siamo una nazione di guerrieri e vincitori, che libera da coloro che cercano egemonia e dominio, ma il cui dovere primario è verso la propria patria e il proprio Stato.

Siamo i difensori della nostra sovranità, ma anche della libertà di tutte le nazioni di scegliere il proprio percorso spirituale, religioso, economico, culturale e politico.

Siamo una nazione di internazionalisti, e il razzismo ci è estraneo. Sosteniamo la diversità e la pluralità culturale e spirituale.

Siamo uno Stato-civiltà unico, culturalmente e religiosamente aperto, chiamato a unire tutte le civiltà della Grande Eurasia e del mondo.

E senza la comprensione del motivo per cui si combatte una guerra – in questo caso, preservare e far rivivere l'Umano nell'uomo, la libertà e la sovranità di questo Paese e di tutti gli altri – essa andrà perduta o i suoi frutti saranno sprecati.

Un altro enorme compito che noi e il mondo intero dobbiamo affrontare è trovare un nuovo modello economico che non miri solo e non tanto a massimizzare i profitti, ma che migliori la vita, l'ambiente e la persona stessa. So che nel nostro Paese ci sono già molte aziende che vivono e operano secondo questi principi. Il loro successo deve essere replicato. Le associazioni imprenditoriali non dovrebbero solo promuovere e tutelare gli interessi dei propri membri, ma anche promuovere esempi simili nel loro settore. Ancora una volta: la nuova situazione internazionale e l'esaurimento del modello precedente richiedono un nuovo paradigma economico. Non è il Paese o lo Stato che dovrebbe servire le imprese e fornirgli condizioni favorevoli, ma viceversa. Le imprese hanno bisogno di libertà solo se sono pronte a servire la società e lo Stato. Il desiderio di una persona di una ricchezza dignitosa non dovrebbe essere negato, naturalmente, ma il consumo ostentato dovrebbe essere socialmente stigmatizzato. Un imprenditore filantropo dovrebbe essere un modello da emulare. Probabilmente anche la politica fiscale dovrebbe essere adeguata. Ma non voglio addentrarmi in una discussione tecnica su un argomento di cui ho un'esperienza limitata. In effetti, la politica economica è già in fase di correzione e sta diventando più equa a causa della guerra in corso. Questi cambiamenti dovrebbero essere portati avanti, sulla base della nuova ideologia dello sviluppo e dell'idea-sogno russa proposta.

Politicamente, non stiamo costruendo una moderna democrazia occidentale, ma una meritocrazia: coltivare e governare i migliori. Eppure non rifiutiamo le istituzioni democratiche, soprattutto a livello municipale di base. Persino i migliori possono diventare i peggiori se non c'è pressione dal basso e non si tiene conto dell'opinione del popolo e della società. Siamo uno Stato di Democrazia di Leadership.

LA DECOLONIZZAZIONE DEL PENSIERO

E ora passiamo a un aspetto molto importante, atteso da tempo, ma finora poco discusso della nuova politica. Essa e il suo successo sono impossibili senza superare e aggiornare le arcaiche, e spesso indubbiamente dannose, fondamenta ideologiche su cui si fondano le nostre scienze sociali e (in larga misura) le nostre politiche (vedi Shuper, 2022).

Questo non significa rifiutare nuovamente i precedenti risultati del pensiero politico, economico e di politica estera. I bolscevichi un tempo gettarono il pensiero sociopolitico russo nella "pattumiera della storia", e ne conosciamo il risultato. Non molto tempo fa abbiamo accantonato con entusiasmo il marxismo. Ora, stanchi di altri dogmi, ci siamo resi conto che ciò è stato fatto troppo bruscamente, poiché Marx, Engels e Lenin (con la sua teoria dell'imperialismo) avevano idee valide e utili.

Le scienze sociali sono inevitabilmente nazionali, a prescindere da quanto cosmopoliti possano sembrare i loro seguaci. Crescono su un terreno storico nazionale e, in ultima analisi, sono destinate a servire i loro paesi e/o le loro classi dominanti e proprietarie – o gli oligarchi sovranazionali (attualmente globalisti-liberali). Trapiantare acriticamente tali scienze sarà infruttuoso o porterà alla crescita di abomini.

L'eminente politologo russo Mikhail Remizov è stato, credo, il primo a chiamare questo processo "decolonizzazione intellettuale".

Dopo decenni vissuti all'ombra del marxismo straniero, abbiamo adottato il dogma straniero della democrazia liberale in economia, scienze politiche e persino nelle relazioni internazionali e negli studi sulla sicurezza. Questa fascinazione ci è costata una parte del nostro Paese, della sua tecnologia e di coloro che la sviluppano. A metà degli anni 2000, abbiamo iniziato a perseguire una politica indipendente, ma abbiamo agito in molti modi intuitivamente, senza basarci su principi scientifici o ideologici chiari (e quindi orientati alla nazione). Ancora non osiamo riconoscere che la visione del mondo ideologica e scientifica che ci ha guidato negli ultimi 40-50 anni è obsoleta e/o era originariamente mirata a servire élite straniere.

Per illustrare ciò, ecco alcune domande dalla mia lunghissima lista.

Cosa è primario nell'uomo e nella società: il materiale o lo spirituale? In termini più terreni e politici: quali interessi guidano le persone e le loro comunità – gli stati nel mondo moderno? Marxisti volgari e liberali insistevano sugli interessi economici. Il "è l'economia, stupido" di Bill Clinton sembrava un assioma fino a poco tempo fa. Ma nel nostro Paese è diventato un postulato ancora peggiore, quasi un principio guida ufficiale per i circoli dominanti: il suddetto "il denaro fa miracoli". Una volta soddisfatta la fame elementare (o anche prima), le persone sono guidate da interessi di ordine superiore: amore per la famiglia e la patria, dignità nazionale, libertà personale, ma anche potere e riconoscimento. In linea di principio, la gerarchia dei valori è nota fin dai tempi di Maslow negli anni '40 e '50. Tuttavia, il capitalismo moderno ha distorto questa gerarchia, imponendo - prima attraverso i media tradizionali e ora attraverso le pervasive reti elettroniche - la filosofia del consumo in continua crescita sia per i ricchi al loro livello che per i poveri al loro livello. Il capitalismo moderno, privo di fondamento etico o religioso, spingendo verso un consumo illimitato e la rimozione di ogni limite etico e geografico, è sempre più minaccioso per la natura e la continuazione della vita umana. Eppure noi russi sappiamo fin troppo bene che tentare di reprimere il desiderio di profitto e ricchezza, e di sbarazzarci degli imprenditori e dei capitalisti che sostengono questi valori, ha conseguenze mostruose sia per la società che per l'ambiente (verso i quali l'economia socialista non era particolarmente favorevole).

Che fare del moderno rifiuto della storia, della patria, del genere e della fede, o dell'aggressivo movimento LGBT e dell'ultrafemminismo? Riconosco il diritto degli altri a seguirli, ma sono post-umani o addirittura anti-umani, e non possono essere considerati una fase normale dell'evoluzione sociale. Dovremmo cercare di isolarci, limitare la possibilità della loro crescita qui e aspettare che altre società sopravvivano a questa epidemia morale? O dovremmo combattere a viso aperto, guidando la stragrande maggioranza dell'umanità che sostiene i valori che vengono definiti conservatori, ma che in realtà sono semplicemente normali e umani, elevando ulteriormente il livello già pericoloso di confronto con le élite occidentali? La mia risposta (vedi sopra) è che dovremmo lanciare un'offensiva ideologica e non esitare a dire la verità, accrescendo la nostra autostima e guadagnandoci il rispetto della maggioranza mondiale delle persone normali.

La tecnologia e la crescente produttività del lavoro del mondo moderno hanno saziato la maggior parte delle persone, ma questo stesso mondo ha portato con sé l'anarchia e la perdita di punti di riferimento familiari. Gli interessi di sicurezza, sostenuti dalla potenza militare e dalla volontà politica, stanno nuovamente soppiantando quelli economici. Cos'è la deterrenza militare nel mondo moderno? La minaccia di danneggiare le risorse nazionali e fisiche, o la minaccia di danneggiare le risorse estere e le infrastrutture informatiche a cui le attuali oligarchie cosmopolite occidentali sono così strettamente legate? Se queste infrastrutture venissero distrutte, cosa diventerebbero le società occidentali? O dovremmo indirizzare le nostre forze di deterrenza direttamente sui luoghi in cui si concentrano le oligarchie?

Cos'è la parità strategica? È un'assurdità – inventata all'estero per sfruttare il complesso di inferiorità della leadership sovietica e la sindrome di Barbarossa – che ha trascinato il Paese in un'estenuante corsa agli armamenti. Sebbene continuiamo a parlare di parità e misure simmetriche, sembra che stiamo iniziando a riconoscere la verità.

E cos'è il controllo degli armamenti, che molti di noi ritengono ancora utile? È un modo per frenare una costosa corsa agli armamenti a vantaggio della parte più ricca e ridurre la minaccia di una guerra? Oppure è uno strumento per legittimare questa corsa, sviluppare armi e imporre programmi inutili alla controparte? La risposta non è così chiara.

Ma torniamo a questioni di ordine superiore.

La democrazia è davvero il culmine dello sviluppo politico? O la democrazia rappresentativa (in contrapposizione alla democrazia diretta, aristotelica) è solo uno strumento con cui l'oligarchia può gestire la società? Uno strumento che può essere abbandonato quando non è più adatto alla situazione. Questo non è un invito all'autoritarismo sfrenato o alla monarchia, né tantomeno al totalitarismo (nazismo). Sembra che abbiamo già esagerato con la centralizzazione, soprattutto a livello municipale. Ma se la democrazia è solo uno strumento, forse dovremmo smettere di fingere di aspirarvi e dire senza mezzi termini che vogliamo una società basata sulla libertà personale, sulla prosperità diffusa, sulla sicurezza nazionale e sulla grandezza?

Ma come possiamo allora legittimare il potere agli occhi delle persone? O dovremmo proporre il concetto di "democrazia della leadership" – il potere della meritocrazia guidata da un leader forte ma che gode del sostegno della maggioranza delle persone? O dovremmo dire senza mezzi termini che la democrazia è la via verso l'anti-meritocrazia, l'oclocrazia (il dominio della massa) che sta emergendo in Occidente, o addirittura verso il declino? (Quasi tutte le democrazie nella storia hanno portato alla disintegrazione e alla degenerazione della società e dello Stato, come in Russia e Germania durante/dopo la Prima Guerra Mondiale.)

Lo Stato morirà davvero, come pensavano i marxisti in passato, o come i globalisti liberali affermano da mezzo secolo, sognando un'alleanza tra multinazionali, ONG internazionali e sindacati sovrastatali? (Si veda ad esempio la recente, assurda proposta di Klaus Schwab (2021). In realtà, molte di queste multinazionali e ONG vengono ora nazionalizzate o privatizzate.) Vedremo quanto durerà l'UE nella sua forma attuale. Ripeto, questo non significa negare l'utilità della cooperazione interstatale, ad esempio per rimuovere costose barriere doganali, proteggere l'ambiente o combattere le epidemie. Ma forse dovremmo concentrarci sul rafforzamento del nostro Stato e sul supporto dei nostri alleati, lasciando i problemi globali a chi li ha creati? O forse questi problemi non faranno altro che causarci ulteriori problemi?

Qual è il ruolo del territorio? È una risorsa in diminuzione, un peso, come alcuni dicevano fino a poco tempo fa, seguendo l'esempio degli occidentali (Hill, Gaddy, 2003)? O è ancora il tesoro nazionale più importante, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici, di aggravamento della carenza relativa (a volte assoluta) di acqua e cibo e di altre crisi ambientali?

Cosa accadrà a centinaia di milioni di pakistani, indiani, arabi e altri i cui territori potrebbero diventare inabitabili? Dovremmo invitarli ora, come fecero gli Stati Uniti e l'Europa negli anni '60 per ridurre il costo del lavoro e indebolire i sindacati? Dovremmo isolarci? O dovremmo elaborare un modello che preservi il dominio dei popoli nativi russi sulla loro terra? Ma quest'ultima opzione significherebbe abbandonare ogni speranza di sviluppare la democrazia, come dimostrato in Israele con la sua popolazione araba. La risposta non è ovvia. Dobbiamo sviluppare una nostra teoria e agire sulla base di essa, invece di oscillare dalla massima liberalizzazione dell'immigrazione al suo divieto totale.

La robotica in Russia raggiungerà finalmente il livello necessario per evitare la carenza di manodopera? La popolazione di origine russa sta inevitabilmente diminuendo in percentuale rispetto alla popolazione del Paese. L'apertura storica del popolo russo consente di essere ottimisti al riguardo? La cosa principale è imparare a pensare in modo indipendente, a comprendere il proprio posto e quello del proprio Paese nella geografia e nella storia, a cogliere le radici e gli interessi dei nostri popoli. Allora la ricerca sarà intellettualmente feconda e socialmente utile.

Ci sono molte altre domande, soprattutto in ambito economico. Per raggiungere lo sviluppo e la vittoria, dobbiamo porci e rispondere il più rapidamente possibile. Abbiamo bisogno di una nuova economia politica, libera dai dogmi marxisti e liberali, ma più ampia del rigido realismo che attualmente è alla base della nostra politica estera. Dovrebbe essere supportata da un idealismo orientato all'offensiva e al futuro, da una nuova idea russa basata sulla nostra storia e sulla nostra tradizione filosofica. Le nostre scienze devono essere intrecciate in modo armonioso. Non si può essere esperti di cultura senza conoscere la storia e la geografia, figuriamoci un economista senza conoscerle, oltre alle relazioni internazionali.

Sono certo che questo sia il compito più importante per tutti i nostri studiosi: esperti di relazioni internazionali, politologi, economisti, geografi e filosofi. È un compito davvero arduo. Dovremo rompere con abitudini di pensiero consuetudinarie e confortevoli per essere utili alla società e al Paese. Per addolcire questo compito, concluderò con l'idea, a metà scherzosa, che l'oggetto del nostro studio – politica estera, interna ed economica – sia frutto della creatività di molte persone e leader, e che in definitiva sia arte. Al suo interno, c'è molto di inspiegabile, basato sull'intuizione e sul talento. Potrebbe essere che noi, proprio come i critici d'arte, descriviamo cose, identifichiamo tendenze e insegniamo la storia, svolgendo un lavoro utile per i creatori – popoli e leader? Anche se spesso ci trasformiamo in scolastici, generando teorie che hanno poco a che fare con la realtà e che la distorcono.

Siamo un popolo storico; Onoriamo e conosciamo la nostra storia, ma guardiamo anche al futuro e siamo determinati a creare una nuova storia per il nostro Paese e un mondo multicolore e multiculturale, libero da egemonie.

Non sosteniamo solo valori conservatori (termine non ideale), ma valori umani normali: l'amore tra uomini e donne, l'amore per i figli, il rispetto per gli anziani, l'amore per la propria terra.

Siamo una nazione di donne femminili ma molto forti che hanno ripetutamente salvato la nostra patria nei momenti difficili. E siamo una nazione di uomini forti e coraggiosi, pronti a proteggere i deboli.

Sosteniamo la giustizia sia tra le nazioni che all'interno del Paese. Ognuno dovrebbe essere premiato in base alle proprie capacità, al lavoro e al contributo alla causa comune. Ma i deboli, i soli e gli anziani devono essere protetti.

Non siamo avidi di denaro, ma perseguiamo il meritato benessere personale. Il consumo eccessivo e ostentato è immorale e antipatriottico. Per noi, il business è uno stile di vita volto a migliorare la vita.

Siamo un popolo che non ha perso il contatto con la natura. La Russia è la principale risorsa ecologica dell'umanità. Preservare l'unità tra umanità e natura è un valore universale. Amiamo, soprattutto, la nostra patria e la proteggeremo e la svilupperemo. Il passato, come il futuro, risiede nell'unità tra umanità e natura. Coltiveremo quella che oggi viene definita autocoscienza ambientale in noi stessi e nei nostri figli.

I nostri eroi sono i soldati, gli ingegneri, gli scienziati, i medici, gli insegnanti e i funzionari governativi che servono fedelmente il popolo, gli imprenditori-filantropi, gli agricoltori e gli operai che creano la ricchezza del Paese con le proprie mani.

Infine, siamo una civiltà di civiltà, chiamata a unire quelle della Grande Eurasia e del mondo.


Riferimenti

[1] Nel redigere questo elenco imperfetto e incompleto di principi, mi sono basato su amici e colleghi, molti autori intervenuti all'ultima Assemblea del CFDP, Vyacheslav Rybakov di San Pietroburgo (sinologo, filosofo politico e scrittore di fantascienza), Sergei N. Ivanov di Novosibirsk e ora di Mosca (filosofo e direttore di una delle aziende in più rapida crescita in Russia, il cui nome non è stato reso noto per evitare sospetti di pubblicità), Ayrat Bakhtiyarov di Kazan (imprenditore, filosofo, traduttore e interprete del Corano) e numerose dichiarazioni rilasciate dal nostro Presidente, soprattutto negli ultimi mesi.

[2] Si vedano: Ivan Il'in, "Cosa promette al mondo lo smembramento della Russia"; Nikolay Danilevsky, "Russia ed Europa: uno sguardo alle relazioni culturali e politiche del mondo slavo con il mondo romancio tedesco"; Fëdor Dostoevskij, "I fratelli Karamazov"; e Aleksandr Solženicyn, "La ruota rossa".

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Decreto, 2022. Указ об утверждении Основ государственной политики по сохранению и укреплению tradizionalmente российских духовно-нравственных ценностей [Decreto 809 del Presidente della Federazione Russa del 9 novembre 2022 "Sull'approvazione dei principi fondamentali della politica statale per la conservazione e il rafforzamento dei valori spirituali e morali tradizionali russi"]. Disponibile all'indirizzo: http://www.kremlin.ru/acts/news/69810 [Consultato il 24 marzo 2025].

Hill, F. e Gaddy, C., 2003. La maledizione siberiana: come i pianificatori comunisti hanno lasciato la Russia al freddo. Brookings Institution Press.

Karaganov, S.A., 2019. Questo è un progresso significativo e geografico. Polis. Politicheskie issledovaniya, 6, pp. 8-21.

Karaganov, S.A., 2022. От не-Запада к Мировому большинству. Rossiya v globalnoi politike, 20(5), pp. 6-18.

Kommersant, 2008. Блок НАТО разошелся на блокпакеты [Il blocco NATO è entrato in una posta in gioco bloccante]. Kommersant, 7 aprile. Disponibile su: https://www.kommersant.ru/doc/877224 [Accesso 24 marzo 2025].

Putin, V.V., 2007 Выступление и дискуссия на Мюнхенской конференции по вопросам политики безопасности [Discorso di Vladimir Putin alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, 10 Febbraio]. Disponibile all'indirizzo: http://kremlin.ru/events/president/transcripts/24034 [accesso effettuato il 24 marzo 2025].

Putin, V.V., 2023. Выступление В.В. Путина на пленарном заседании Всемирного RUSского народного собора 28 ноября 2023 [Discorso di Vladimir Putin alla sessione plenaria del Consiglio mondiale del popolo russo del 28 novembre 2023]. Disponibile su: https://pravoslavie.ru/157548.html [Accesso 24 marzo 2025].

Schwab, K., 2021. Capitalismo delle parti interessate: un'economia globale che lavora per il progresso, le persone e il pianeta. Hoboken, New Jersey: John Wiley & Sons.

Shuper, V.A, 2021. Национальная идея: Взгляд географа [Idea nazionale: la visione di un geografo]. Voprosy filisofii, 8, pp. 5-14.

Shuper, V.A, 2022. Научное сообщество между растерянностью и REAкционностью [La comunità scientifica tra confusione e retrogradismo]. Управление наукой: теория и практика, 4(3), pp. 171-188.

Vernadsky, V.I., 1944. Несколько слов о ноосфере [Qualche parola sulla noosfera]. Uspekhi sovremennoi biologii, 18(2), pp. 113-120.

Maggioranza mondiale, 2023. Политика России в отношении Mirovого большинства. Mosca: HSE. Disponibile all'indirizzo: https://cceis.hse.ru/pubs/share/direct/883012573.pdf [Consultato il 24 marzo 2025].

mercoledì 30 aprile 2025

Addio alle armi 12: Play buoi

Links:

martedì 29 aprile 2025

Quale mercato per l'IA - 1

lunedì 28 aprile 2025

Il referendum sull'eutanasia

domenica 27 aprile 2025

La pedagogia dell'obbedienza

sabato 26 aprile 2025

La festa della barbarie

venerdì 25 aprile 2025

Le lacrime di Gianni Monnezza

lunedì 21 aprile 2025

Non toccare il mio cassetto

giovedì 13 marzo 2025

La fine del #movimentodalbasso


Link su Rumble: La fine del #movimentodalbasso

Fronte per la Sovranità Popolare

UN PASSO INDIETRO

Cari amici, a due anni dalla sua nascita, il Fronte per la Sovranità Popolare ritiene corretto fare un passo indietro.

In questi 24 mesi sono accadute tante cose: dalla fuoriuscita da Riconquistare l’Italia alla fondazione di Democrazia Sovrana e Popolare, dalla nostra espulsione da DSP alle numerose iniziative in collaborazione con tante realtà a noi vicine e a cui ci lega un lungo e consolidato rapporto, spesso di amicizia (Pro Italia, Fronte del Dissenso, Indipendenza, Ancora Italia, Movimento 3V, SocIT, ecc.).

Disamore per la politica, divisioni, personalismi, incapacità. Il variegato mondo di cui facciamo parte e che ci circonda sta vivendo una lunga fase di regressione. Le cause sono molteplici. Così come le responsabilità. Noi ci assumiamo le nostre.

Un partito che non è in grado di crescere e di radicarsi sul territorio, non ha motivo di esistere. Non sarebbe serio raccontare le cose in maniera diversa da quelle che sono. Come è purtroppo malcostume, anche in molte realtà che ci circondano.

Al di là delle condizioni oggettive esterne, la responsabilità della mancata crescita del Fronte ricade prima di tutto sul Direttivo. Un onere che ci prendiamo coscienti di averci comunque provato. In un mondo in cui ci si prende spesso meriti che non si hanno, è giusto che qualcuno si assuma invece le responsabilità che ha.

Ringraziamo tutti i gli amici che, in varie forme, ci hanno sostenuto e accompagnato in questi due anni di cammino. E ci teniamo a rassicurare tutte le realtà con cui abbiamo collaborato: come gruppo continueremo a esserci e lavorare insieme a loro. Non lo faremo però come Fronte. Non ha senso mantenerlo attivo solo per avere una propria associazione o per raccontare di essere gli unici in crescita. Il Fronte se ne va come era arrivato: con la schiena dritta.

mercoledì 19 febbraio 2025

EUchrana

1984 di George Orwell - Libro I capitolo IX

Naturalmente, non si ammise che si fosse verificato un cambiamento. Si seppe solo, con estrema rapidità e ovunque contemporaneamente, che l'Estasia e non l'Eurasia era il nemico. Winston stava prendendo parte a una manifestazione in una delle piazze centrali di Londra nel momento in cui accadde. Era notte, e i volti bianchi e gli striscioni scarlatti erano illuminati in modo sgargiante. La piazza era gremita di diverse migliaia di persone, tra cui un blocco di circa mille scolari in uniforme delle Spie. Su una piattaforma ricoperta di drappeggi scarlatti, un oratore dell'Inner Party, un ometto magro con braccia sproporzionatamente lunghe e un grande cranio calvo su cui pendevano alcuni capelli lisci, stava arringando la folla. Una piccola figura alla Tremotino, contorta dall'odio, stringeva il collo del microfono con una mano mentre l'altra, enorme all'estremità di un braccio ossuto, artigliava minacciosamente l'aria sopra la sua testa. La sua voce, resa metallica dagli amplificatori, rimbombava un catalogo infinito di atrocità, massacri, deportazioni, saccheggi, stupri, torture di prigionieri, bombardamenti di civili, propaganda menzognera, aggressioni ingiuste, trattati infranti. Era quasi impossibile ascoltarlo senza essere prima convinti e poi impazziti.

Ogni pochi istanti la furia della folla ribolliva e la voce dell'oratore era soffocata da un ruggito selvaggio da bestia che si levava incontrollabile da migliaia di gole. Le urla più selvagge di tutte provenivano dagli scolari. Il discorso era in corso da circa venti minuti quando un messaggero si precipitò sul palco e un pezzo di carta fu infilato nella mano dell'oratore. Lo srotolò e lo lesse senza fermarsi nel suo discorso. Nulla cambiò nella sua voce o nei suoi modi, o nel contenuto di ciò che stava dicendo, ma improvvisamente i nomi erano diversi. Senza parole, un'ondata di comprensione si diffuse tra la folla. L'Oceania era in guerra con l'Estasia! Un attimo dopo ci fu un'enorme confusione. Gli striscioni e i manifesti con cui era decorata la piazza erano tutti sbagliati! Quasi la metà di essi aveva le facce sbagliate. Era un sabotaggio! Gli agenti di Goldstein erano al lavoro! Ci fu un intermezzo tumultuoso mentre i manifesti venivano strappati dai muri, gli striscioni fatti a brandelli e calpestati. Le spie compirono prodigi di attività arrampicandosi sui tetti e tagliando i festoni che svolazzavano dai camini. Ma nel giro di due o tre minuti era tutto finito. L'oratore, ancora stretto al collo del microfono, le spalle curve in avanti, la mano libera che artigliava l'aria, aveva continuato a parlare. Un minuto ancora e i ruggiti selvaggi di rabbia esplosero di nuovo dalla folla. L'odio continuò esattamente come prima, solo che il bersaglio era stato cambiato.

martedì 18 febbraio 2025

I cripto europeisti

Quello che segue è la traduzione di un twit che Thomas Fazi (@battleforeurope) scrive per commentare il discorso di J.D. Vance nel quale critica l'UE per la mancanza di libertà di parola. Scrive Thomas Fazi:

"Il discorso di JD Vance è stato una bomba, ma anche pieno di contraddizioni. Egli descrive l'Europa come l'unico architetto di politiche che erano, di fatto, coordinate a livello transatlantico, se non guidate dagli Stati Uniti."


"Signor Vicepresidente, grazie mille per aver dedicato del tempo a commentare l'articolo. Non nego che l'impegno della sua amministrazione nell'adottare un approccio diverso su queste questioni nei confronti dell'Europa sia genuino. Quello che voglio dire è che lo stato pietoso della politica/leadership europea non è solo il risultato di problemi interni (che sono numerosi) o anche solo della precedente amministrazione, ma anche il risultato di decenni di sforzi degli Stati Uniti per mantenere l'Europa in uno stato di subordinazione strategica, economicamente, politicamente e militarmente. Ricorderà, ad esempio, che durante la sua prima amministrazione, il signor Trump ha svolto un ruolo chiave nel tentativo di far deragliare il progetto Nord Stream, una decisione sovrana del governo tedesco, un obiettivo che è stato finalmente raggiunto dall'amministrazione Biden (BTW, sarebbe fantastico se la sua amministrazione potesse declassificare tutti i documenti relativi al sabotaggio NS!). La pericolosa infantilizzazione della nostra classe politica è in parte il risultato di questi sforzi di lunga data degli Stati Uniti per esercitare la propria influenza sull'Europa sotto le mentite spoglie di una tutela benevola. Per quanto mi piacerebbe vedere i governi europei più allineati sulla posizione della nuova amministrazione su questioni come l'Ucraina e la censura, resta il fatto che se ciò dovesse accadere semplicemente perché "c'è un nuovo sceriffo in città", non staremmo affrontando la causa principale dei problemi dell'Europa: la subordinazione psicologica delle nostre élite a Washington. Dobbiamo risolvere i problemi del nostro continente da soli, e liberarci dal controllo degli Stati Uniti, ottant'anni dopo la seconda guerra mondiale, fa parte di questo processo."

mercoledì 29 gennaio 2025

È tutta 'nVidia signora mia!

I cinesi hanno creato una nuova architettura. Un salto tecnologico. Tutto il resto è secondario. Adesso l'IA costa il 5% rispetto a prima, ovvero con la stessa potenza di calcolo si può realizzare 20 volte l'IA di prima.
Se il processo continua la domanda sarà: che ne facciamo di tutta questa IA? Dove sono le applicazioni che il mercato chiederà senza che sia necessario imporre norme coercitive per costringere gli umani a usare l'IA anche per andare al cesso?

Link correlato: The game changer - 28 gennaio 2025