Spinario |
Ha perso perché ha scelto di essere un capopopolo invece che un leader politico. Ha perso perché, invece di costruire intorno a sé un partito, con ciò accettando l'inevitabile diminutio di leadership che ciò comporta, ha preteso di essere il capo carismatico di un movimento che si autodefinisce democratico senza esserlo.
Come se ciò non bastasse, Beppe Grillo ha scelto di non dire la verità. Ha omesso, cioè, di prendere atto dei dati oggettivi, i quali segnalano senza alcuna ombra di dubbio che il problema dell'Italia, e dell'intera Europa, non è la corruzione, ma un gigantesco conflitto di interessi tra creditori e debitori, causato dal fallimento della finanza privata a sua volta generato dalla moneta unica. Ogni tentativo della parte più consapevole della base di porre questa sacrosanta verità all'attenzione della coppia G&C si è risolto, come tutti sanno, con l'emarginazione di quanti se ne facevano promotori. Il caso del gruppo Economia a 5 Stelle è emblematico.
Nel corso degli anni l'ossessione della coppia G&C di mantenere il controllo del movimento ha portato a una serie di scelte insensate. Tutto ebbe inizio con il "bollino", la certificazione di ortodossia rilasciata, manco a dirlo, dallo stesso Beppe Grillo e dai suoi seguaci più intimi (il tinello di Beppe).
A ciò fece seguito l'emarginazione dei cosiddetti "anziani", vale a dire proprio coloro che, per primi, avevano sostenuto e fatto crescere il movimento. Al loro posto sono arrivati i "giovani", con in più l'obbligo di sottoscrivere l'impegno a non ricoprire incarichi di qualsiasi genere per più di due mandati. La qual cosa ha, come conseguenza, l'impossibilità che si formi, in quel movimento, una classe dirigente. Il controllo politico sarebbe rimasto, come in effetti è rimasto, tutto nelle mani della coppia G&C.
Un aneddoto può essere utile. Alla fine del 2007, subito dopo il primo V-Day, partecipai al convegno di Bologna indetto dai meetup di Beppe Grillo. Ho cercato tra i vecchi hard-disk i clips di quell'evento, ma non riesco a trovarli. Sia come sia, dopo parecchi interventi, più o meno validi, prese la parola Roberto Fico. Ricordo che, dopo averlo ascoltato per un po', mi rivolsi ad un'amica e le dissi "di tutti quelli che hanno parlato, questo è il peggiore". Oggi Roberto Fico, proprio lui, è il Presidente della vigilanza RAI designato dal M5S!
Queste scelte fecero emergere, tra i più antichi e fedeli sostenitori di G&C, una reazione democratica che sfociò nella costituzione di un meetup (il 280) che divenne ben presto un laboratorio delle teorie della democrazia diretta. Dopo un'iniziale ostilità, alcuni slogan della democrazia diretta finirono con l'essere sussunti nel manifesto propagandistico del M5S, senza che ciò conducesse alla nascita delle complesse e articolate strutture decisionali che il metodo della democrazia diretta necessariamente richiede.
Mentre tutto ciò accadeva, alcuni degli emarginati dal MoV (allora si chiamava così) iniziarono a guardarsi intorno. Ci furono quelli che ripiegarono su tematiche ambientaliste molto spinte (ad esempio il movimento Transition Towns), altri che si lasciarono catturare da narrazioni più o meno complottiste, altri ancora che si volsero all'impegno esclusivamente in ambito locale. Una minoranza, quella che avrebbe potuto diventare la vera classe dirigente del movimento, se non fosse stata emarginata, si rese conto che "l'acqua calda era già stata inventata", ovvero che esistevano già, e da tempo, intellettuali e forze politiche marginalizzate che avevano ben altro da insegnare che non gli strilli di un comico.
Poiché godo della duplice natura di essere supponente con gli ignoranti ma umile con chi ne sa più di me (una qualità positiva solo in ambito culturale, mai in quello politico), capii che, se non volevo ricominciare da zero, era a questi mondi che dovevo rivolgermi. Non fui il solo. Migliaia di italiani hanno, chi più chi meno, approfondito le ragioni vere della crisi, studiando e impegnandosi a fondo. Sono emersi, come è giusto e naturale che sia, alcuni maestri del pensiero politico, sono stati riscoperti i classici, la discussione sulla rete si è allargata; insomma gli italiani, almeno una parte, hanno riscoperto il piacere (e la frustrazione) dell'impegno politico serio.
Dopo l'inaspettato successo del M5S alle elezioni politiche del 2013 questo mondo ha sperato che il movimento fondato da G&C potesse essere sensibile e ricettivo alle nuove analisi e letture della realtà che venivano elaborate. Non era il M5S quello che affermava che "la rete è conoscenza"? Le speranze di spingere il M5S a confrontarsi con le istanze che promanavano dalla mitologica rete sono state, ben presto, deluse. La coppia G&C, salvo qualche ambigua apertura, ha continuato imperterrita nella riproposizione della diagnosi castacriccacorruzione, in ciò sostenuta da una parte cospicua della sua base. Per sovrappiù molti, troppi attivisti del M5S, che pure hanno compreso i reali meccanismi della crisi, o almeno capito che la diagnosi della coppia G&C è totalmente fuori bersaglio, con l'avvicinarsi dell'appuntamento elettorale per le europee hanno scelto di spegnere il cervello, trasformandosi in puri propagandisti del grillo-pensiero.
La punizione è arrivata, inesorabile. Quello che il signor Beppe Grillo non capisce, proprio non capisce (e con lui anche qualche maestro del pensiero, alle cui competenze pure dobbiamo molto) è che in politica, come in guerra, non può esserci soluzione di continuità tra i vertici e la base: ci vogliono i capi, gli ufficiali, i sottufficiali, i caporali e la truppa.
Il M5S ha deciso, grazie a G&C, di avere solo capi, caporali e truppa. Mancano gli ufficiali e i sottufficiali! E perché? Semplice: perché con gli ufficiali e i sottufficiali i capi devono discutere, non dare ordini. E discutere significa essere democratici, almeno nella misura in cui ciò è necessario in una struttura che, per affrontare con successo la battaglia politica, deve distribuire il potere.
La sorte di Clito... (da wikipedia)
"A Samarcanda nel 328 a.C., Alessandro, durante una serata di festeggiamento con i suoi generali e ufficiali, accolse alcuni uomini giunti dalla costa, venuti ad offrire della frutta al loro signore... In seguito, durante il banchetto si ascoltarono i versi di un poeta di corte, un certo Pranico, che schernì i generali. Clito, in stato di ebbrezza, si offese più degli altri, ricordando al re di avergli salvato la vita tempo addietro (nella battaglia del Granico). Seguirono parole dure da entrambe le parti; il generale criticava aspramente la politica di integrazione fra Macedoni e Persiani perseguita da Alessandro e lo definì non all'altezza di suo padre Filippo, il vero Macedone. Il re dopo aver parlato con Artemio di Colofone e Senodo di Cardia gli lanciò contro una mela cercando subito dopo una lama, arma subito sottratta da Aristofane. Alessandro prese poi a pugni colui che aveva rifiutato di suonare la tromba mentre gli amici di Clito cercavano di allontanarlo. Il peggio avvenne quando Clito ritornò citando dei versi di Euripide, dove ricordava che il merito delle vittorie in battaglia era dei soldati, cosa che i capi dimenticavano. Al sentire quelle parole Alessandro prese una lancia e lo trafisse, uccidendolo."
Riassumendo & concludendo:
Lo scopo della politica è la conquista del potere. Punto.
L'acqua calda è stata scoperta migliaia di anni fa... punto e virgola.
Un capo ha bisogno di un esercito! Un esercito ha bisogno di un capo!
Tra il capo e l'esercito ci sono gli ufficiali e i sottufficiali.
I caporali sono truppa. La truppa ha fiducia nei capi ma... segue gli ufficiali.
La democrazia è lo strumento di potere dei sottufficiali. La differenza tra un esercito popolare e i lanzichenecchi imperiali la fanno i sottufficiali.
Oggi la riconquista della libertà implica la costituzione di un esercito popolare. Il suo nome è "Fronte sovranista".
Trovo molto interessante ciò che hai scritto, e mi colpisce molto soprattutto perchè (ironia della sorte) avviene nel giorno dell'addio del subcomandante Marcos che si congeda dal suo "personaggio" con queste parole: "È nostra convinzione e la nostra pratica che per rivelarsi e lottare non sono necessari né leader né capi, né messia né salvatori per lottare c’è bisogno solo di un po’ di vergogna, una certa dignità e molta organizzazione, il resto o serve al collettivo o non serve". Ciò dovrebbe spingerci a capire che il leader è un'istituzione più che un centro di potere e come tale non dovrebbe prendersi troppo sul serio, essendo il frutto di una creazione collettiva.
RispondiEliminaEcco un leader, ma ne è possibile un altro, come si ritrovano in altre epoche o in altri paesi, egli non è il risultato schematico di un bisogno, ma il frutto dell'immaginazione di un popolo che lo plasma a seconda dei suoi desideri.
Splendido post. L'ho ripreso più volte, su twitter.
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