Ho ricevuto una lettera di Leda indirizzata a Piddu, con la preghiera di
pubblicarla sul mio blog. Lo faccio, precisando tuttavia che non mi ritengo
responsabile delle gravi affermazioni ivi contenute.
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«Caro Piddu, adorato ragazzaccio mio,
apprendo dal blog del tuo amico ciociaro, quell'anziano professore con velleità rivoluzionarie da piccolo borghese provinciale, che ti sei fidanzato con Topazia. Un po' sono gelosa, devo ammetterlo, anche se tu penserai che non ti merito e che non ho diritto di recriminare. Sono sulla spiaggia di Gaza e sto lucidando il mio Kalashnikov. Tra un paio d'ore entrerò in azione, dobbiamo attaccare una colonna dell'esercito sionista che sta cercando di penetrare fino all'ingresso di uno dei nostri tunnel.
Mi è venuta la voglia di scriverti mentre guardavo le nuvole. Sai, la nostra mente ha una spiccata capacità nel trovare regolarità nel caos, per cui basta un nulla per riconoscere, nel loro casuale rincorrersi, qualcosa che ci sembra una forma nota. Un vuoto in una massa biancastra ci ricorda un occhio, da lì un addensamento più scuro ci appare come un naso, ed ecco che, d'improvviso, si palesa un volto. A questo non è difficile, con un po' di fortuna, associare un corpo con delle zampe o delle ali, o qualsiasi altra caratteristica. Curioso che, almeno io, veda nelle nuvole quasi sempre forme viventi, e praticamente mai oggetti inanimati. Non so spiegarmelo. Ma prima o poi riuscirò a vedere in qualche cirro anche l'ombra di un Kalashnikov, che per me non è più un oggetto senza vita, ma anzi il mio migliore amico.
Ti chiederai perché ti stia scrivendo dopo tanto tempo che non mi sono fatta viva. O forse no, forse sei tanto preso da quella puttanella di Topazia che mi hai dimenticata del tutto. Non importa, nulla ha più importanza al punto in cui sono giunta. Il fatto è che, mentre ero assorta a guardare le nuvole qui sulla spiaggia di Gaza udendo in lontananza, ma sempre più vicino, il rumore dei combattimenti, ad un certo punto ho scorto in una nuvolaglia qualcosa che mi ha ricordato il tuo naso. Osservando meglio mi è apparso il tuo buffo copricapo, poi la figura. Eri tu! Giuro che eri veramente tu! Sono rimasta a guardarti mentre pian piano il vento ti trasformava, dapprima allungandoti un po', poi alterando leggermente il tuo buffo naso. Eppure, a dispetto di ciò, eri sempre tu, nitidamente e indubitabilmente tu. Mi sono sentita chiamare. Era il capo brigata che mi chiedeva dove fossero i detonatori delle mine anticarro che dobbiamo piazzare sulla via che porta all'ingresso del tunnel. Erano davanti ai suoi piedi, il solito maschio che non riesce a trovare mai niente. In questo non è diverso da te, che non bastava dirti in quale cassetto fossero le scatolette di tonno, ma ti serviva anche la mappetta. Sceme noi che vi diamo retta!
Quando me ne sono liberata ho rialzato gli occhi al cielo, ma tu eri cambiato. Il tuo naso era stato riempito, il tuo buffo copricapo si era sfilacciato, il tuo corpo si era allungato, e l'adorabile pancino sul quale tante volte mi sono addormentata non c'era più. Eppure c'eri ancora. In qualche modo la mia mente riusciva ancora a scorgerti, ma non è durato a lungo. Pian piano ti ho visto dissolverti, finché d'improvviso, dove prima c'eri tu, si è materializzata un'altra figura, una specie di cane allungato con delle buffe zampette da papero.
Ecco, ho pensato, noi siamo come le nuvole nel cielo. La nostra vita scorre, per qualche breve istante esistiamo, la nostra forma si impone, è un segno visibile, una presenza importante (almeno per chi sa vederci), ma siamo destinati a scomparire, sebbene la materia di cui siamo fatti sia sempre lì, nel cielo. Semplicemente, altre forme prendono il nostro posto. Ma allora, adorato Piddu, perché rinunciamo ad abbandonarci alle nostre passioni? Per paura che queste siano distruttive? Ma come possono, degli esseri destinati alla distruzione, aver timore di ciò? Ha senso avere paura, e per ciò rinunciare a vivere al sommo grado di intensità la nostra breve ed effimera esistenza?
Ora ti saluto, è giunta l'ora. Dobbiamo attaccare una colonna di tank sionisti con delle mine anticarro e i nostri Kalashnikov. Questa potrebbe essere la mia ultima lettera, ma non ti crucciare. Pensa piuttosto, pusillanime, che se sopravviverò questa sera farò all'amore con qualcuno dei miei fratelli di lotta. Eri un buon amante piccolo borghese, ma vuoi mettere farlo con chi, lottando per la libertà, vive ogni giorno come fosse l'ultimo? Salutami Topazia.»
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Piddu |
«Caro Piddu, adorato ragazzaccio mio,
apprendo dal blog del tuo amico ciociaro, quell'anziano professore con velleità rivoluzionarie da piccolo borghese provinciale, che ti sei fidanzato con Topazia. Un po' sono gelosa, devo ammetterlo, anche se tu penserai che non ti merito e che non ho diritto di recriminare. Sono sulla spiaggia di Gaza e sto lucidando il mio Kalashnikov. Tra un paio d'ore entrerò in azione, dobbiamo attaccare una colonna dell'esercito sionista che sta cercando di penetrare fino all'ingresso di uno dei nostri tunnel.
Mi è venuta la voglia di scriverti mentre guardavo le nuvole. Sai, la nostra mente ha una spiccata capacità nel trovare regolarità nel caos, per cui basta un nulla per riconoscere, nel loro casuale rincorrersi, qualcosa che ci sembra una forma nota. Un vuoto in una massa biancastra ci ricorda un occhio, da lì un addensamento più scuro ci appare come un naso, ed ecco che, d'improvviso, si palesa un volto. A questo non è difficile, con un po' di fortuna, associare un corpo con delle zampe o delle ali, o qualsiasi altra caratteristica. Curioso che, almeno io, veda nelle nuvole quasi sempre forme viventi, e praticamente mai oggetti inanimati. Non so spiegarmelo. Ma prima o poi riuscirò a vedere in qualche cirro anche l'ombra di un Kalashnikov, che per me non è più un oggetto senza vita, ma anzi il mio migliore amico.
Ti chiederai perché ti stia scrivendo dopo tanto tempo che non mi sono fatta viva. O forse no, forse sei tanto preso da quella puttanella di Topazia che mi hai dimenticata del tutto. Non importa, nulla ha più importanza al punto in cui sono giunta. Il fatto è che, mentre ero assorta a guardare le nuvole qui sulla spiaggia di Gaza udendo in lontananza, ma sempre più vicino, il rumore dei combattimenti, ad un certo punto ho scorto in una nuvolaglia qualcosa che mi ha ricordato il tuo naso. Osservando meglio mi è apparso il tuo buffo copricapo, poi la figura. Eri tu! Giuro che eri veramente tu! Sono rimasta a guardarti mentre pian piano il vento ti trasformava, dapprima allungandoti un po', poi alterando leggermente il tuo buffo naso. Eppure, a dispetto di ciò, eri sempre tu, nitidamente e indubitabilmente tu. Mi sono sentita chiamare. Era il capo brigata che mi chiedeva dove fossero i detonatori delle mine anticarro che dobbiamo piazzare sulla via che porta all'ingresso del tunnel. Erano davanti ai suoi piedi, il solito maschio che non riesce a trovare mai niente. In questo non è diverso da te, che non bastava dirti in quale cassetto fossero le scatolette di tonno, ma ti serviva anche la mappetta. Sceme noi che vi diamo retta!
Quando me ne sono liberata ho rialzato gli occhi al cielo, ma tu eri cambiato. Il tuo naso era stato riempito, il tuo buffo copricapo si era sfilacciato, il tuo corpo si era allungato, e l'adorabile pancino sul quale tante volte mi sono addormentata non c'era più. Eppure c'eri ancora. In qualche modo la mia mente riusciva ancora a scorgerti, ma non è durato a lungo. Pian piano ti ho visto dissolverti, finché d'improvviso, dove prima c'eri tu, si è materializzata un'altra figura, una specie di cane allungato con delle buffe zampette da papero.
Ecco, ho pensato, noi siamo come le nuvole nel cielo. La nostra vita scorre, per qualche breve istante esistiamo, la nostra forma si impone, è un segno visibile, una presenza importante (almeno per chi sa vederci), ma siamo destinati a scomparire, sebbene la materia di cui siamo fatti sia sempre lì, nel cielo. Semplicemente, altre forme prendono il nostro posto. Ma allora, adorato Piddu, perché rinunciamo ad abbandonarci alle nostre passioni? Per paura che queste siano distruttive? Ma come possono, degli esseri destinati alla distruzione, aver timore di ciò? Ha senso avere paura, e per ciò rinunciare a vivere al sommo grado di intensità la nostra breve ed effimera esistenza?
Ora ti saluto, è giunta l'ora. Dobbiamo attaccare una colonna di tank sionisti con delle mine anticarro e i nostri Kalashnikov. Questa potrebbe essere la mia ultima lettera, ma non ti crucciare. Pensa piuttosto, pusillanime, che se sopravviverò questa sera farò all'amore con qualcuno dei miei fratelli di lotta. Eri un buon amante piccolo borghese, ma vuoi mettere farlo con chi, lottando per la libertà, vive ogni giorno come fosse l'ultimo? Salutami Topazia.»
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