sabato 21 febbraio 2015

Caro pensionato eurista

Un post della serie "populismo bonario ma verace"


Caro amico in pensione,

ti scrivo per cercare di spiegarti perché resto convinto che quello che credi a proposito dell'euro sia completamente sbagliato, oltre ad essere profondamente ingiusto. Di quest'ultimo aspetto potresti anche non tener conto, se non fosse che ti sei anche messo contro i tuoi interessi.

Ti senti tranquillo perché, dopo tanti anni di lavoro, hai una buona pensione, e pensi che una bassa inflazione ti convenga dal momento che ne preserva il valore. Hai sessantacinque anni, dunque una speranza di vita di circa venti. La pensione dovrà bastarti per tutto questo tempo, e ne avrai più bisogno proprio verso la fine. Anche perché i tuoi figli difficilmente potranno aiutarti, con i loro stipendi precari e continuamente spinti verso il basso. Ma tu speri che la crisi passerà, e quando sarà passata la tua pensione avrà conservato il suo valore. A quel punto, immagini, anche i tuoi figli torneranno a guadagnare, e potrai vivere serenamente. In fondo, dici a te stesso, anche tu da giovane hai dovuto penare. Dimentichi che i tuoi figli sono già uomini fatti, hanno figli piccoli e lavori precari quando tu, da un pezzo, ti eri sistemato.

Ma immaginiamo che la crisi passi e torni la crescita. Non tornerà allora l'inflazione? Non troppa, pensi, se la crescita sarà sana. Già, la crescita sana. Cos'è, per te, una crescita sana? So che immagini una situazione in cui la produzione di beni e servizi aumenterà, con la conseguenza che ci sarà più da spartire. Va bene, ammettiamo che quel giorno arrivi, ma converrai con me che, affinché più beni e servizi possano essere prodotti, questi dovranno essere venduti. A chi? Ah certo! A quelli, come te, che avranno i soldi. Ad esempio, quando tra qualche anno ti servirà una badante, contribuirai al mezzo stipendio di una donna che ti accudirà. Ma a parte le spese necessarie, affinché ci sia una vera ripresa, questo dovresti capirlo, i prezzi dei beni dovranno diventare più appetibili. O no? Se così non fosse la ripresa potrebbe iniziare da subito, e così non è. Dunque, affinché ci sia la ripresa, è indispensabile che i prezzi scendano. Cioè vuoi la deflazione. Tu pensi davvero che la deflazione porterà, un giorno, alla crescita, e anzi che ne sia il presupposto inevitabile.

Ma la deflazione comporterà che i profitti delle aziende scenderanno, quindi dovranno comprimere i costi, riducendo i salari o aumentando i carichi di lavoro, così da rendere più produttivi i lavoratori. Di sicuro non assumeranno, o assumeranno poco. A meno che... a meno che il governo... tu pensi sotto sotto... non giochi d'anticipo accelerando la discesa dei salari, come ammetti si voglia fare con questo job's act che in pubblico ha la tua deprecazione. Ma solo in pubblico.

Lo capisci che diminuendo i salari diminuiscono anche gli introiti fiscali? Sì che lo capisci. Ma io ti chiedo: perché eviti di pensare ad una conseguenza cui, fastidiosamente, la tua mente non riesce a fare a meno di pensare? La tua pensione dipende dalle entrate fiscali. Sarà possibile che la tua pensione resti uguale? Come dici? Che ciò è addirittura è indispensabile, perché il ritorno della convenienza a comprare dipende proprio dal fatto che ci saranno compratori, ad esempio tu con la tua pensione intonsa. E' questo che pensi? Sicuro che sì. Dunque, a un certo punto si tornerà a comprare. Bravo.

Ora rifletti: il giorno che si tornerà a comprare, con la tua pensione intonsa e il salario dei tuoi figli decurtato, sommando il tuo e i loro redditi avrete complessivamente più o meno di oggi? Vedo che sai far di conto: ne avrete di meno. E chi si sarà preso la differenza?

Vorrei ora spiegarti quello che accadrebbe se, per ipotesi, il tempo della convenienza ad acquistare fosse già oggi. Tu, ad esempio, potresti riflettere e decidere di assumere una giovane donna che legga al tuo posto; o forse, chissà, potresti andare anche tu in quella casa che sai. Credo converrai con me che questa crescita dell'economia farebbe alzare un po' i prezzi. Ci sarebbe un po' meno disoccupazione, ma aumenterebbero un po' i prezzi, lo sai. Come sai che questo è un mondo competitivo. Anche i prodotti delle nostre aziende costerebbero un po' di più, e non è escluso che la ditta dove lavora tuo figlio debba uscire dal mercato a causa di una concorrente estera che pratica prezzi più bassi. Ci sarebbe, insomma, una sola alternativa: o produrre di più agli stessi costi, oppure andare fuori mercato. Tradotto: o tuo figlio accetta un salario ancora più basso, oppure perde il lavoro perché l'azienda chiude. Ancora una volta ti domando: vedi un miglioramento?

Cosa si deve fare? mi chiedi ogni volta che arriviamo a questo punto; al che io replico che si deve uscire dall'euro, come minimo e subito.

Mi sembra di vederti, nel momento in cui sarai arrivato a questo punto della lettura. Nei tuoi occhi si accenderà una luce di stupore, non privo di una sorta di commiserazione per la mia condizione psichica. Vuoi farmi capire subito qual è la tua opinione: ho detto un' enormità.

Caro amico, non voglio raccontarti una favola; non voglio, perché non posso farlo senza assumermi una responsabilità troppo grande. Dovrai decidere tu, ogni volta che sarai costretto a farlo. Le opportunità non ti mancheranno. Ti prego, tuttavia, di ricordare sempre che non si può stare a lungo in una situazione nella quale il massimo risultato possibile consiste nel fatto che le cose non peggiorano. Rifletti su questa constatazione: dal mondo in cui si migliorava sempre e, quando andava male, ci si fermava, siamo finiti nel mondo dove si peggiora sempre e, quando va bene, ci si ferma. Qualcosa deve essere fatto, qualche scelta ci sarà.

Per me si deve uscire dall'euro, come minimo e subito. Uscendo dall'euro una ripresa economica, con il suo inevitabile seguito di aumento dei prezzi, non si tradurrebbe in un immediata perdita di concorrenza dei prodotti dell'azienda di tuo figlio, perché la moneta nazionale si svaluterebbe nella misura sufficiente a compensare l'aumento stesso. Ci sarebbe, cioè, un ritardo di trasmissione tra l'aumento dei prezzi interni e quello reale per gli acquirenti esteri. Sai, non è una cosa da poco. Lo so che ti hanno raccontato che ciò che provoca l'aumento dei prezzi sono le diseconomie interne, le inefficienze, e in questo c'è del vero, ma queste cause provocano effetti in di lungo periodo.

Invece la svalutazione della moneta nazionale consente di guadagnare tempo quando c'è una crisi temporanea; viceversa, non mette un cappio al collo al paese se e quando questo accenna a riprendersi. Ne segue che mettersi un cappio al collo non aiuta a risolvere le inefficienze strutturali: è un cappio al collo e basta. Se ce ne liberiamo, allora possiamo provare a riprenderci, altrimenti il cappio resta e, bene che vada, la situazione non peggiora. Ora le cose non vanno affatto bene e la situazione continua a peggiorare. Il che avrà delle conseguenze, anche per te.

So che sei un ciclista. Cosa fai quando la tua pedalata diventa difficile perché sei stanco e attraversi un momento difficile? Azioni la leva del cambio, vero? Ovvio che, se non ti sei allenato a sufficienza, alla fine sarai staccato, ma pensa se non potessi farlo! Dovresti continuare ad usare un cambio sbagliato perdendo immediatamente terreno anche se, con un piccolo gesto, potresti recuperare. Ma non puoi farlo, perché ti sei imposto un vincolo. Ecco, noi siamo in questa situazione. Ora ti chiedo: cosa dovrebbero fare i tuoi compagni per consentirti di restare nel gruppo anche con il cambio bloccato? Ti dovrebbero aspettare? Io credo che ti inviterebbero ad azionare la leva del cambio, perché sono intelligenti e sanno che non hanno nulla da guadagnare se perdi terreno. Ma accadrebbe lo stesso se, invece, ci guadagnassero?

Ecco, noi abbiamo accettato di partecipare ad una gara, altamente competitiva, nella quale il cambio è fissato sulle esigenze del corridore più forte. Se ti lamenti ti senti rispondere che la colpa è tua, che non ti alleni abbastanza. Allenati di più, ti dicono, passa in testa e sarai tu a fissare il cambio per tutti. Questa è la logica che abbiamo accettato. E ti illudi che a pagare non sarai anche tu.

Invece pagherai, perché la tua pensione verrà decurtata. Per la semplice ragione che ti viene dai versamenti di quelli che lavorano, i quali guadagnano sempre di meno perché questo è l'unico modo per far tornare il tempo della convenienza ad acquistare. Inoltre sono sempre di meno. Il cambio sbagliato ci ha indotto in recessione, e adesso siamo staccati dal gruppo. Te lo ripeto: dobbiamo uscire dall'euro, subito.

Non che questa sia la soluzione definitiva. E' ovvio che, nel lungo periodo, se diventiamo sempre più inefficienti saremo anche più poveri, ma avremmo il tempo di provare a migliorare. Oppure potremmo accontentarci, non pretendere di essere ciò che non possiamo, o non vogliamo essere perché ci costerebbe troppo sforzo. Chi ha detto che devi uscire per forza con quel gruppo di giovani ciclisti esaltati (e diciamolo: anche un po' dopati) invece che con gli amici della tua età?

Vuoi pensare solo ai tuoi interessi? Sai, potresti un giorno scoprire che tutti ti hanno imitato, proprio quando sarai più debole e bisognoso degli altri. Pensaci: non puoi vivere in sicurezza quando gli altri sono insicuri e precari, così come non puoi vivere in pace quando intorno a te c'è una guerra.

Un caro saluto. Il tuo amico Fior.

1 commento:

  1. C'è solo un problema.... i pensionati non leggono i blog... eheheheh

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