martedì 9 febbraio 2021

Dallo zibaldone del nazionalismo arcaico - 9 febbraio 2021

 L’idea che la scienza non sia democratica si è andata rinforzando in questi ultimi anni, ma in realtà si tratta di uno slogan propagandistico il cui effetto è quello di erigere una barriera progressivamente più alta al diritto di partecipare al dibattito, non solo scientifico ma soprattutto politico. Si tratta di un inganno grossolano ma difficile da smontare, e ciò per diverse ragioni. Per cominciare è necessario distinguere tra scienza e titoli scientifici, un’operazione non facile perché la scienza si è profondamente trasformata negli ultimi due secoli diventando, da ramo della filosofia, un sistema organizzato e finanziato sia da istituzioni pubbliche che da gruppi privati. Ne è sortito un ibrido, cioè un habitat nel quale convivono scienziati fedeli al metodo scientifico, che si nutre di dubbio, onestà intellettuale e raffinati metodi di critica, insieme con specialisti nell’arte dell’ascesa sociale, quando non spregevoli individui disposti a qualsiasi menzogna pur di fare carriera. L’ibrido sistema si conserva in equilibrio grazie a un’abile politica che riesce a dare spazio a entrambi i tipi umani, utilizzando e finanziando gli scienziati veri per il progresso della ricerca, aspetto questo di fondamentale importanza in quanto la supremazia in ambito scientifico è un ingrediente essenziale di quella politica ed economica, ma anche promuovendo l’ascesa di personaggi i quali, più che scienziati, sono abili amministratori di sé stessi, tuttavia in possesso di diplomi che ne attestano l’appartenenza al campo della ricerca scientifica e capaci di accumulare, in pochi anni, un gran numero di pubblicazioni sfruttando l’oscuro lavoro di centinaia di volenterosi, e talvolta talentuosi, ricercatori precari condannati a prestare la loro opera al servizio delle ambizioni di crescita del cosiddetto rating di questi sfruttatori del lavoro intellettuale.

Accade così che, sempre più spesso, anche nell’ambito di un confronto accettato, dal quale quindi dovrebbe essere espunto ogni e qualsivoglia riferimento ai titoli accademici e di ricerca, questi vengano sbattuti in faccia all’interlocutore per intimorirlo e delegittimarlo. La bestiale volgarità di un simile comportamento è emersa in tutta la sua crudezza in occasione di due recenti dibattiti televisivi, nel corso dei quali il dott. Mariano Amici, medico di base di Ardea e sostenitore di tesi eterodosse rispetto alla narrazione ufficiale sul covid, è stato interpellato in malo modo dall’ex sottosegretario alla sanità Pierpaolo Sileri (ma egli si auto definisce vice ministro) e dal dottor Matteo Bassetti, virologo noto, tra le tante esternazioni, per aver delegittimato la dottoressa Ilaria Capua asserendone l’incompetenza in quanto veterinaria: “E' una veterinaria, i vaccini prevengono la malattia e l'infezione. Ognuno deve parlare di ciò che sa e si occupa”. Ecco dunque che la “competenza”, concetto di per sé valido, viene usata come una clava per togliere credibilità alle tesi altrui, con ciò negando la ragione stessa di ogni dibattito che pretenda di essere scientifico. Il punto è che, se ci si ritiene competenti su un qualche argomento, allora è sì legittimo sottrarsi al confronto con chi non lo è, ma una volta che questo è stato accettato è necessario spogliarsi dei propri titoli, veri o presunti, meritati o acquisiti con abili manovre nell’istituzione scientifica, e limitarsi ad argomentare. Siamo arrivati al punto che nemmeno a un medico come il dottor Mariano Amici, con decenni di esperienza clinica alle spalle, è consentito apparire al cospetto del mammasantissima Pierpaolo Sileri, perché quest’ultimo ha prodotto nella sua carriera ben 180 pubblicazioni! Facendo le debite proporzioni, è come se nel dibattito sulle onde elettromagnetiche si fosse tolta la parola a Marconi e Tesla perché non avevano i “tituli”. Ah, scusate, mi dicono dalla regia che in effetti ciò è accaduto, e in moltissime altre occasioni anche.

1 commento:

  1. La Scienza è una religione in cui le sottane sono state sostituite dai camici bianchi.

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