L’Italia rampante (e note personali)
Se concentriamo la nostra attenzione sulla curva degli
interessi, notiamo che questa presenta, negli anni che vanno dal 1980 al 1994,
due fasi di rapida salita (1980-1983 e 1987-1993) inframmezzate da un periodo
in cui si mantiene più o meno stabile. Entrambe le fasi di crescita sono
strettamente correlate al quadro internazionale. Dal 1980 al 1983 la crescita
degli interessi fu trainata dalla politica restrittiva americana, in risposta
alla fiammata inflazionistica prodotta dal secondo shock petrolifero. Tuttavia,
alla rapida discesa dell’inflazione (dal 21.2% nel 1980 al 4.7% nel 1987) non
fece seguito, per l’Italia, una proporzionale riduzione degli interessi pagati
sui titoli di stato, per l’esigenza di mantenere la lira entro i parametri
dello SME: i riallineamenti delle parità del giugno 1982 (7% rispetto al marco)
e del marzo 1983 (8% rispetto al marco) ebbero il solo effetto di arrestarne la
crescita. Tuttavia, grazie alla ripresa dell’economia mondiale, anche quella
italiana tornò a crescere. Dal minimo nel decennio dello 0.41% nel 1982, si
ebbero una serie di annate positive (1983 1.17%, 1984 3.23%, 1985 2.8%, 1986
2.86%, 1987 3.19%, 1988 4.19%). Erano gli anni del primo e secondo governo
Craxi, della barca che andava, del sorpasso dell’Inghilterra, del made in
Italy, dei “capitani coraggiosi” (De
Benedetti, Gardini, Benetton, Berlusconi), della cultura dell’effimero e della
disco music.
Erano anche gli anni della mia gioventù. Nel 1985 ero
stato assunto in Ansaldo, a Genova, insieme a centinaia di giovani ingegneri
provenienti da tutta Italia, nell’ambito del piano Energetico Nazionale (PEN)
che prevedeva la costruzione di sei centrali nucleari. Fui inquadrato in uno dei
due dipartimenti che dovevano occuparsi dei sistemi di controllo e sicurezza
della prima centrale da realizzare, quella di Trino Vercellese 2. Ho un’infinità di ricordi di quel periodo, per
me denso di nuove esperienze sia lavorative che personali, ma due di esse mi
sono rimaste impresse nella memoria. La prima risale alla mattina del 26 aprile
1986. Ero in bagno intento a farmi la barba, nel difficile tentativo di
recuperare un aspetto presentabile che nascondesse gli stravizi della sera
prima, quando la musica della radiolina a pile si interruppe per un’edizione
speciale del giornale radio. C’era stato un grave incidente nucleare a
Černobyl', in Ucraina. Quando udii che il reattore era di tipo RBMK moderato a
grafite la mia ansia raggiunse il colmo. Quel tipo di reattore, che è
intrinsecamente instabile, era usato in Unione Sovietica per la produzione di
plutonio per scopi militari. Chiamai subito mia madre e, dopo averle spiegato
l’accaduto, le ingiunsi di barricarsi in casa, possibilmente tappando ogni
possibile spiffero con stracci umidi. Mia madre, ovviamente, mi prese per pazzo
e, per calmarmi, mi disse “la Russia è
lontana”, al che io risposi “Mi avete
fatto studiare? Adesso fate come vi dico io!”. Non vi tedierò con il
racconto di come sarebbero potute andare le cose nel peggiore dei casi! Vi
basti sapere che i venti soffiarono, in quei giorni, nella direzione di
spingere la nube radioattiva verso le immense e quasi disabitate regioni della
Russia centrale, e che solo una piccola parte della grafite prese fuoco. L’incidente
ebbe l’effetto di indurmi a una profonda riflessione sulla scelta professionale
che avevo fatto, il cui esito furono le mie dimissioni da Ansaldo, un anno e
mezzo dopo.
Qualche mese prima che le mie dimissioni diventassero effettive
tutti noi eravamo impegnati nel consolidamento degli stadi progettuali, come
misura cautelare in vista del referendum sul nucleare il cui esito, si
prevedeva, avrebbe posto fine al tentativo di costruire nuove centrali
nucleari. Il carico di lavoro, ovviamente, andava scemando, ragion per cui
avevamo più tempo per chiacchierare. Dall’inizio del 1987 i mercati azionari
europei e americani erano in piena effervescenza e più di qualcuno dei miei
colleghi si era dato al gioco di borsa. Tutte le mattine i fortunati che,
avendo qualche risparmio, si erano lanciati nell’avventura, ci aggiornavano
sugli andamenti azionari, mentre io, che
mi mangiavo lo stipendio fino all’ultima lira e dunque non potevo “giocare”, li ascoltavo rosicando un po’.
Smisi di farlo un giorno di ottobre del
1987, quando vidi la faccia di un giovane collega, che seguiva gli indici di
borsa sul terminale, diventare bianca come un lenzuolo. Non so che azioni
avesse acquistato, ma per il resto del tempo che passai in Ansaldo lo vidi sempre
lavorare in silenzio, a testa china e senza l’ombra di un sorriso sul giovane
volto.
All’inizio del 1988 ero tornato a Roma, questa volta in
un’azienda di medie dimensioni che produceva componentistica elettronica e
sistemi di telecontrollo. Pieno di entusiasmo e di energia sognavo di far carriera crescendo insieme
all’azienda, al cui successo volevo contribuire. Non immaginavo che, meno di
quindici mesi più tardi, l’azienda avrebbe chiuso e mi sarei ritrovato
disoccupato.
come d'autunno sugli alberi le foglie
RispondiEliminaFiorenzo Fraioli ha scritto: Dall’inizio del 1987 i mercati azionari europei e americani erano in piena effervescenza e più di qualcuno dei miei colleghi si era dato al gioco di borsa.
RispondiEliminaCiao Fiorenzo scusa l'intromissione, ma i mercati azionari erano in effervescenza da quasi un decennio, vado a memoria, l'indice Comit nel 1977 quotava quota 55 e nel maggio del 1986 era a quota 908, massimo storico per quel decennio, superato solo nel 1998. Nel 1987 i mercati erano già in fase di ripiegamento e crollarono dopo il lunedì nero di Wall Street dove il Dow Jones perse oltre il 20% in una sola seduta. Era il 19 ottobre del 1987.Ti racconto un piccolo frammento della mia esistenza.
Un giorno molti anni fa mi recai in una Sim della mia città e conversando con un vecchio agente di borsa gli dissi che volevo giocare nel mercato azionario. Mi rispose: se lei vuole giocare quella è la porta, in borsa o si lavora o s'investe ma non si gioca.
Un caloroso saluto Mauro.
Caro Mauro, forse ho sbagliato anno ed era il 1986. Però ricordo benissimo la vicenda che ho raccontato. Un crollo di borsa, preceduto da un periodo di effervescenza, deve esserci per forza stato nel biennio 1986-87, altrimenti la vicenda che ho narrato non sarebbe stata possibile. Considera due elementi: 1) eravamo giovani e avevamo accesso, attraverso l'infrastruttura Ansaldo, alla rete. 2) io non avevo una lira e, anche grazie a ciò, pensavo solo alla gnocca, ragion per cui più che gli effetti "emotivi" delle vicende di borsa non potevo cogliere. Ma ti assicuro che ci fu un periodo di qualche mese in cui quegli yuppies dei miei colleghi parlavano solo di quotazioni azionarie... e poi si tacquero (mentre io sempre a gnocca andavo... alla grande).
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