venerdì 30 gennaio 2015

"Prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi"

Comincio dunque a fare il "populista".

Dal Vangelo secondo Luca 12,49-53:

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D'ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera".

Si tratta di uno dei passaggi più controversi del Nuovo Testamento. Sapete, quella collezione di libretti nei quali si narrano le avventure di un anarchico di Galilea da cui ebbe origine il cristianesimo. Hai voglia a girarci intorno, quel sovversivo non poteva essere più chiaro: Lui era venuto per portare la divisione, altro che pace!

La "pace" erano i romani a portarla (Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant), gli imperialisti di allora (per altro non così stupidi da non fare ampie concessioni ai popoli vinti1). Quella di Gesù non era la pax solitudinis, ma il fuoco del conflitto, che Egli si doleva non fosse già acceso. Non un invito alla violenza, ma l'esaltazione del conflitto come condizione necessaria e ineludibile per il cambiamento.

Nulla può infatti cambiare senza che si formi una divisione, il segnale che un equilibrio si è rotto e che diventa necessario prender parte, schierarsi. Questa è esattamente la situazione in cui si trova oggi non solo l'Italia, ma tutta l'Europa. E forse "tutto il mondo".

L'equilibrio che si è rotto è il compromesso sociale raggiunto in Italia, e in tutta Europa, dopo la seconda guerra mondiale, grazie al quale essa ha prosperato, in misura maggiore o minore a seconda dei paesi e dei ceti sociali, ma ha tuttavia prosperato. Conosciamo la ragione per cui quel compromesso è saltato, e chi ha agito a tal fine: la sconfitta dell'URSS, che ha spinto il Capitale a cercare un nuovo equilibrio più favorevole ai suoi interessi. Enorme fu l'abbaglio in cui molti caddero, giacché si parlò di "fine della storia" proprio quando questa si rimetteva in movimento dopo un trentennio di calma, tesa ma sostanziale.

C'è una frase che mi ha sempre colpito, che è contenuta nell'intervista rilasciata al Sole24ore da Beniamino Andreatta: "Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, né lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come 'congiura aperta' tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle più confortevoli abitudini del passato."

E dunque, "prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi", la "congiura aperta" raggiunse il suo scopo. Un colpo di mano che segnò, in sincrono con quanto avveniva nel resto del mondo sviluppato, l'inizio della corsa alla globalizzazione. Dapprima le modifiche alle normative che regolavano la circolazione dei capitali; poi gli enormi investimenti, finanziati con risorse pubbliche, necessari alla costruzione delle infrastrutture su cui si sarebbe appoggiata la globalizzazione; realizzate le quali, queste vennero prontamente privatizzate per limitare, come ci hanno raccontato, la crescita dei debiti pubblici. Non è strano che si facciano enormi investimenti pubblici per realizzare infrastrutture delle quali ci si libera proprio quando dovrebbero cominciare a produrre redditi? Per di più in una situazione in cui, grazie alla sovranità monetaria, gli Stati erano in possesso degli strumenti per tenere sotto controllo deficit e debito?

Ma il bello doveva ancora venire. Già, perché grazie alle reti e alle infrastrutture realizzate con le tasse dei lavoratori (e poi privatizzate) a questi si è cominciato a dire che, ahimè, adesso erano in competizione con mercati del lavoro lontani, e dunque dovevano essere più produttivi. Cioè accettare di guadagnare di meno, con meno diritti e minor potere contrattuale.

Tutto ciò, e altro ancora, è accaduto "prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi". Dire che questa "coalizione degli interessi contrari" sia stata deplorevolmente lenta nel reagire è un eufemismo: in Italia ci sono voluti trent'anni, dal 1981 al 2011 (con l'arrivo del triste hidalgo Mario Monti) perché si cominciassero a scorgere i primi timidi segnali. Propongo di stendere un sudario sulle manifestazioni di giubilo con cui gli inutili idioti nostrani accolsero l'arrivo dell'uomo in loden e la caduta di Berlusconi, e di tornare all'anarchico di Galilea e alla sua missione di mettere i  i figli contro i padri e la nuora contro la suocera. Gesù ci ricorda la necessità che si accenda quel fuoco sulla terra, senza il quale nulla può cambiare. Sono parole dure, forse terribili, ma è possibile pensare diversamente? E' possibile illudersi che coloro che ci spingono verso il precipizio possano, come per incanto, ravvedersi e, afferrandoci all'ultimo momento, portarci in salvo? E che tutto ciò accada non perché la ribellione li induce a più miti pretese, ma perché esiste una mitologica "razionalità economica" che, alla fine, prenderà il sopravvento frenando gli istinti predatori di questi lupi? Io credo di no.

Non v'è che una strada: che la coalizione degli interessi contrari si organizzi! Dobbiamo tornare a intendere l'impegno politico non come sforzo concorde al fine di ottimizzare il funzionamento di un sistema che, pur imperfetto, abbiamo quasi tutti interesse a conservare, mentre solo i più tenaci e ideologizzati vogliono abbatterlo, e adottare un atteggiamento diverso, quello della lotta. Questo significa, in primo luogo, che non dobbiamo fidarci di fallaci menzogne (non possiamo farlo), che dobbiamo organizzarci politicamente (non possiamo non farlo), e infine che dobbiamo rappresentarci i nostri avversari per quello che veramente sono: nemici del popolo e della democrazia. In una parola, nemici dell'umanità.

E anche, last but not least, dopo aver imparato a distinguere i veri dai falsi alleati, scendere a patti onorevoli con i primi e odiare i secondi ancor più dei nostri nemici.

Sono stato abbastanza populista? Niente paura, ce n'est qu'un debut...

Nota 1: Osservo e ricordo che il cristianesimo rimase un fatto marginale nei primi due secoli dell'impero romano, e che cominciò ad affermarsi a partire dal III secolo, allorché la crisi politica cominciò a produrre crescenti e intollerabili ingiustizie di classe. Resto convinto per altro, checché ne pensi Pasquinelli, che quella dell'impero romano fu soprattutto una crisi politica!

2 commenti:

  1. Una lettura interessante su Cristo è questo libro di indagine storica (versione digitale disponibile online, non l'ho ancora letto tutto) scritto da un insegnante di scuola (ma di fotografia). Sostiene che appartenesse proprio ad un gruppo di partigiani jahvisti che volevano attaccare la torre antonia.

    Quindi il tuo paragone sarebbe particolarmente calzante, anche se noi dobbiamo confidare in un finale diverso.

    RispondiElimina
  2. Dai jahvisti ai jihadisti: ma allora è l'aria! Ti ringrazio per la segnalazione (che passerò a quel mistico-marxista di Pasquinelli). Quanto al confidare in un "finale diverso" con me sfondi una porta aperta. Sai, sono un po' vile, per cui un compromesso onorevole potrei accettarlo (ma non quello che vogliono imporci gli eurofolli). Non ho nessuna voglia di tirare le cuoia (tra moooolto tempo) sentendo dalla finestra gli spari in strada... :-)

    RispondiElimina