venerdì 14 settembre 2018
Il colore del gatto
"Non importa di che colore sia il gatto, l'importante è che prenda i topi" è una frase di Confucio, ripresa da Mao Tse Tung e Deng Xiaoping. Sembra che oggi venga adottata da molti sovranisti costituzionali in relazione alla politica del governo gialloverde. E' tanta la voglia di liberarsi dalle catene dell'UE che a molti va bene anche un gatto di razza inglese o uno di razza padana, o un incrocio tra i due. Un atteggiamento comprensibile, a condizione di non dimenticare il rischio ricordato da un proverbio popolare, quello di cadere dalla padella nella brace.
Pare che il governo intenda emettere, già dall'asta di novembre quando il QE sarà chiuso, BTP in dollari, assicurandoli contro il rischio di un'eventuale svalutazione con delle swap options. Probabilmente c'è lo zampino del navigato Borghi. Forse è questo il motivo delle rabbiose esternazioni di questi giorni da parte dei Commissari europei Gunther Oettinger e Pierre Moscovici, perché la mossa segnala un ulteriore avvicinamento del governo all'amministrazione Trump e, più in generale, alla fazione del fronte anglosassone ostile alla globalizzazione finanziaria, che non gradisce un'Unione Europea a guida franco-tedesca ma non è detto sia disposta ad accettare una sua dissoluzione, quanto piuttosto un riequilibrio dei rapporti di forza al suo interno, così da smorzarne la spinta verso la costruzione di un polo geopolitico fortemente centralizzato e sempre più indipendente. Insomma gli USE.
Ho più volte ricordato, sul mio blog, quello che mi sembra essere stato il passaggio cruciale che ha segnato l'inizio dell'avventura unionista: il vertice di Rambouillet nel 1975.
«Il vertice di Rambouillet del 1975 (Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone) poneva momentaneamente in secondo piano il processo di integrazione europea, sia economica che politica, promuovendo una strategia trilaterale mirante a coordinare le politiche delle aree industrializzate (USA, Europa e Giappone). La partecipazione dell’Italia (che inizialmente era stata esclusa) rappresentata da Aldo Moro, fu infine accolta perché il nostro Paese aveva, in quel momento, la Presidenza di turno della Comunità Europea, e anche per volontà degli Stati Uniti, ben al corrente del sostanziale disinteresse della DC dell’epoca, e in particolare proprio di Moro, per un’accelerazione del processo di integrazione europea. Ciò nonostante, per volontà della Francia e della Germania, il progetto non venne abbandonato. Le ragioni furono di natura sia politica che economica. L’interesse politico era soprattutto dalla Francia, un paese che non si rassegnava al ruolo subalterno assunto dopo la fine della guerra mondiale, mentre la Germania coltivava un interesse soprattutto economico.»
Se questa chiave di lettura è corretta allora stiamo assistendo - mutatis mutandis - alla riproposizione di un conflitto antico, nel quale al nostro paese viene chiesto, ancora una volta, di prendere posizione. E' un conflitto tutto interno all'occidente (comprendendo in questa dizione anche la Russia) come è ovvio che sia perché tutto il resto del mondo, messo insieme, non può competere né sul piano economico né su quello politico e militare. Ed è anche un conflitto che, se dovesse conflagrare in tutta la sua forza, potrebbe segnare la fine del predominio mondiale di questo mondo, aprendo le porte ad uno nuovo. Sempre ammesso che, dopo lo scontro, esista ancora il mondo.
Mettiamo tuttavia da parte le ipotesi apocalittiche e prendiamo in esame la possibilità, molto più concreta, di un conflitto a bassa intensità militare, seppure con molti pericolosi focolai, ma violento sul piano economico e politico. Le classi dirigenti italiane appaiono divise in due blocchi, euristi e cosiddetti sovranisti - moderna riedizione dei guelfi e ghibellini - mentre la gran parte della popolazione è oggetto di una contesa tutta basata sull'uso, sempre più spregiudicato, della comunicazione politica. Da una parte i messaggi terroristici della fazione eurista, dall'altra la propaganda del combinato disposto dei cosiddetti sovranisti gialli e verdi, basato sulla denuncia della corruzione e sull'allarme immigrazione. Queste tematiche, e altre ancora, sono dibattute con spirito irrazionale facendo largo ricorso alla menzogna: dalle apocalittiche previsioni di aumento dell'inflazione in caso di uscita dall'euro a quelle, non meno gridate, dell'invasione, contrastate dagli euristi con l'argomento farlocco dell'impossibilità di fermare le migrazioni. Una scemenza, quest'ultima, che è sotto gli occhi di tutti, non meno delle nudità del Re che tutti vedevano ma solo un bambino ebbe l'impudenza di segnalare.
Da ultimo, in questi giorni, lo stupefacente dietro front del governo in tema di vaccinazioni, le cui ragioni restano ancora da esplorare ma stanno creando sconcerto in una parte dell'elettorato poco politicizzato che aveva votato per i gialloverdi proprio perché, in questi, aveva creduto di trovare una sponda.
Vi è poi una piccola parte molto politicizzata dell'elettorato, formata dai sovranisti costituzionali, dai socialisti patriottici, dai keynesiani cultori della mmt, da una parte dei grillini e degli stessi leghisti, che si ritrova completamente spiazzata sul piano della comunicazione politica perché è stata abbandonata dalle sue voci più note arruolatesi nella fazione anglosassone, in alcuni casi entrate nella compagine governativa. Come se ciò non bastasse, alcuni noti blogger hanno sospeso la loro attività o sembrano sul punto di farlo.
Inoltre anche una piccola ma incisiva organizzazione politica, P101, pur nello sforzo di puntualizzare ogni sua presa di posizione, sembra aver fatto la scelta di considerare la fazione anglosassone un male minore rispetto a quella eurista, con ciò invitando alla mobilitazione in favore del governo qualora ciò fosse necessario. Il più noto esponente di P101, Moreno Pasquinelli, sembra aver fatto sua la massima di Confucio, già adottata da Mao Tse Tung e Deng Xiaoping: "Non importa di che colore sia il gatto, l'importante è che prenda i topi". Questo atteggiamento lascia perplessi molti, ed io tra questi, per i quali più che preoccuparsi di prendere posizione tra le due fazioni in lotta è necessario, anzi ineludibile, sforzarsi di costruire almeno un embrione di organizzazione politica genuinamente popolare. Questo sforzo è già fallito in occasione delle politiche di marzo 2018, anche per responsabilità di molti che, inspiegabilmente, hanno scelto di saltare quell'appuntamento per concentrarsi sulle elezioni europee del 2019, senza per altro fornire una spiegazione razionale di ciò visto che le difficoltà nella raccolta firme per le europee sono di gran lunga maggiori rispetto alle politiche. Per non dire della contraddizione di dichiararsi sovranisti costituzionali e poi partecipare all'elezione di un parlamento europeo privo di potere legislativo, misera parodia di un vero parlamento democratico. Il mio sospetto è che una parte di costoro sia già arruolata nella fazione anglosassone, e ansiosa di giocare la partita al suo fianco sul piano europeo; un'altra sia composta da personaggi in cerca di cadrega, pronti a vendersi al miglior offerente. Vedremo se i fatti mi daranno ragione.
Il rischio di non badare al colore del gatto pur di sbarazzarsi dell'UE è duplice. Non solo quello di trovarsi in una nuova prigione, magari meno dura e demente di quella europea ma pur sempre una prigione, ma anche l'aver perso un'opportunità storica per conseguire un obiettivo anche minimo ma in prospettiva di fondamentale importanza: quello di riuscire a ridar voce agli interessi popolari chiamandoli all'impegno politico diretto non solo nel corso di una breve fase rivoluzionaria (la mitica "sollevazione" dei sogni pasquinelliani) ma in modo duraturo, organizzato e strutturale. Contro questo rischio entrambe le fazioni che si danno battaglia, nello scenario politico italiano e in tutta Europa, hanno messo in campo tutte le loro armi di disinformazione, inquinamento del dibattito, infiltrazione e corruttive, ostacolando la diffusione delle verità fattuali, favorendo la nascita di nuovi movimenti o sostenendo la ricostituzione di altri. Tutto pur di riuscire - cito l'amico Enea Boria - a "sgambettare velleità/speranze di auto organizzazione su basi autonome, lavoro da spin doctors, che non lavorano solo sui media ma, ne sono convinto, hanno le proprie diramazioni e i propri agenti anche nella società".
Un amico socialista una volta mi disse: caro Fiorenzo, oggi un patriota non fa in tempo ad uscire per strada che si ritrova circondato dai nemici! Temo che abbia ragione.
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Analisi succinta e condivisibile. Chi vivrà vedrà. Ormai manca poco all'alba.
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