sabato 20 giugno 2015

Considerazioni di uno scapestrato

Io non sono un economista, quindi non sono tenuto a dare spiegazioni economiche: al massimo posso sub-divulgare. Però, per sub-divulgare, uno deve avere delle convinzioni, magari formatesi spigolando qua e là tra le opinioni di esperti, qualificati ma anche no.

Una fonte che, secondo la mia modesta opinione, è molto attendibile, è quella di Alberto Bagnai, alle cui spiegazioni cerco di attenermi quando sub-divulgo in pubblico. Ad esempio, quando giovedì prossimo (25-06-2015) parlerò in pubblico a Frosinone, la lettura dei fatti che esporrò sarà sostanzialmente quella offerta da Bagnai.

Sulla Grecia però comincio ad avere qualche perplessità, il che è un vero peccato perché mi toccherà parlare in pubblico davanti ai miei concittadini senza avere una solida convinzione proprio nei giorni in cui la crisi greca attraversa una fase acutissima. Scrivo questo articolo nella speranza che qualcuno, leggendolo, possa aiutarmi a schiarirmi le idee.

Il punto di partenza è il noto articolo di Bagnai I “salvataggi” che non ci salveranno, del 16 novembre 2011, nel quale ci veniva mostrato come il meccanismo fondamentale della crisi dei paesi periferici non fosse da ricercarsi in un eccesso di debito pubblico, bensì di debito privato. Questo è il grafico più esplicativo:


Concentriamoci solo sulla Grecia. Come si vede, mentre il debito pubblico, sebbene già alto, cresce in otto anni molto poco (qualche punto di pil), il debito privato esplode. Davanti a questi dati non si possono avere dubbi: la crisi greca, così come quella di tutti gli altri paesi periferici, deve essere in qualche modo correlata con l'esplosione del debito privato estero!

A conferma di ciò due anni dopo, in un discorso tenuto proprio ad Atene nell'aprile 2013, il vicepresidente della BCE Vítor Constâncio confermò la lettura dei fatti di Bagnai. Questi furono i dati forniti dalla BCE:



 Attenzione: la differenza quantitativa tra i numeri di Bagnai e quelli della BCE è nel diverso modo di presentare i dati. Non vi annoio con questo.

Tutto chiaro allora? Devo dirvi la verità: per me era, ed è, tutto chiaro per tutti i paesi considerati con... l'eccezione della Grecia, per la quale qualcosa non mi ha mai convinto. Attenzione, non sto dicendo che il problema greco non sia il debito privato estero, né che i greci siano dei fannulloni che sono stati causa del loro male, giammai! Sto solo dicendo che qualcosa non mi ha mai convinto, e aggiungo che ho sempre sospettato che questo "qualcosa" avesse a che fare con altro che non la sola econometria.

Tra ieri e oggi mi sono arrivate due segnalazioni da parte di due lettori del blog. La prima è un articolo di Alessandro Guerani (segnalato da Fabio Campedelli) in cui c'è questo grafico relativo all'import/export greco:


Come potete osservare la differenza tra export e import è deficitaria fin dagli anni sessanta, e inoltre dal 1999 al 2007 non sembra tale da giustificare un incremento del debito estero di quasi 70 punti di pil!

Una spiegazione, ovvia, è che, pur restando sostanzialmente costante lo scarto tra export e import, tuttavia i greci, avendo ormai l'eurone, erano diventati "credibili", ragion per cui i prestatori privati si sono precipitati ad offrire soldi con poche garanzie, contando sul fatto che qualcuno avrebbe pagato. Come in effetti è avvenuto. Resta però una domanda: chi ha finanziato per decenni, e perché, lo squilibrio strutturale della Grecia? Ossia, posto che ai greci, nei primi anni dell'euro, sono arrivati molti più soldi che in passato (che essi avrebbero speso male - e probabilmente hanno speso male!), chi ha continuato a finanziare il gap tra export e import? Per esempio: dal grafico si vede che nel 1990 questo gap era di ben 10 punti di pil - un'enormità - e nel 2008 (il momento peggiore) è stato di 15 punti di pil, ma solo per un anno, mentre in media anche negli anni dell'euro si è mantenuto sempre nell'ordine di 8-10 punti di pil. Dunque sempre un'enormità, e per decenni.

La risposta immediata è: l'arrivo della crisi distrugge la fiducia dei prestatori che chiedono al sistema bancario greco di rientrare. Che vi devo dire? La risposta è corretta, ma non mi ha mai convinto del fatto che spiegasse tutto, e così quando sono andato a sub-divulgare ho sempre evitato di parlare della Grecia. C'era, è vero, un'informazione che mi frullava nella testa, cioè il fatto che la Grecia ha, da quasi cento anni, la più grande flotta mercantile del mondo (lo sapevate?), ma non riuscivo a collegare i fatti.

Poi, questa mattina, l'amico Lello mi ha segnalato questo articolo: La Grecia: una superpotenza dell’export che non sa di esserlo?

Qualcosa è scattato nella mia testa. Ora è bene ricordare, ancora una volta, che io non sono un economista, che non dovete prendermi sul serio, che sono solo un sub-divulgatore... ecc. ecc. e dunque che, da questo momento in poi, se proprio insistete a seguirmi, entriamo in terreno ignoto.

Let'us take a walk on the uknown side


L'autore dell'articolo, tal Thomas Fazi, credo sia questo signore, non proprio simpatico ad Alberto Bagnai. Pazienza, noi coniughiamo il passato remoto del verbo masticare e tiriamo avanti.

Nell'articolo Fazi cita un paper di un economista svizzero, "Michael Bernegger, esperto di questioni finanziarie ed ex ufficiale della banca centrale svizzera" il quale sostiene che « i dati relativi alla bilancia commerciale e al PIL della Grecia sono completamente distorti dal fatto che le esportazioni relative all’industria della marina mercantile – dagli anni sessanta il principale settore economico del paese – sono drammaticamente sottorappresentate nelle statistiche ufficiali. Se le esportazioni del settore fossero conteggiate correttamente, sostiene Bernegger, risulterebbe che fino al 2008 la Grecia ha registrato un notevole e crescente avanzo delle partite correnti, superiore anche a quello della Germania nello stesso periodo; e che nel 2008 il PIL del paese era superiore del 15% rispetto a quello ufficiale.». Fazi cita un brano del paper: 

"La verità è che la Grecia è un paese con un’industria dell’export molto grande e competitiva. La sua flotta mercantile è da più di quarant’anni la flotta più grande ed efficiente del mondo. Il suo settore turistico è tra i più forti d’Europa. Tra il 1999 e il 2008 il paese ha registrato uno straordinario boom delle esportazioni. Nessun altro paese dell’Europa occidentale, ad eccezione della Norvegia, ha registrato un tasso di crescita delle esportazioni lontanamente comparabile a quello greco."

Credo che dobbiate leggervi l'articolo di Thomas Fazi, così mi risparmio di riassumerlo e procediamo più spediti.

Fatto? Ora diamo un'occhiata al Baltic Dry Index (indice dell'andamento dei costi del trasporto marittimo e dei noli): 


Notate qualcosa? E' vero o no che l'indice dal 2001 (entrata della Grecia nell'euro) cresce moltissimo, sebbene con violente oscillazioni? Secondo voi, agli armatori greci è convenuto o no entrare nell'euro proprio alla vigilia della crescita esplosiva del Baltic Dry Index? Io non sono un economista, ma suppongo di sì. Poi se sbalio mi corigerete, e non avrò problemi ad ammetterlo: tanto non sono un economista, e dunque non mi costa niente. Però la domanda ve l'ho fatta, e magari è utile.

Nell'articolo Fazi argomenta che "Da quando è scoppiata la crisi finanziaria il commercio estero greco sta vivendo una dinamica deflattiva estrema. I due shock petroliferi del 2007-8 e del 2011-14 hanno rappresentato un fardello enorme per tutta l’economia greca, non solo per la sua flotta mercantile. Nessun’altra economia avanzata, infatti, è dipendente dal prezzo del petrolio quanto quella greca. Questa dipendenza riflette la natura marittima del paese: oltre ad avere la più grande flotta mercantile al mondo, la Grecia ha migliaia di isole che possono essere raggiunte solo via nave o in aereo, e questo vuol dire alti costi di trasporto. Inoltre, l’elettricità sulle isole è generata esclusivamente per mezzo di centrali a olio/gas combustibile. Da cui la pressione deflattiva estrema – e solo in parte registrata nelle statistiche ufficiali, per le anomalie di cui abbiamo parlato – esercitata sul commercio estero del paese dall’aumento del costo del petrolio."

Correttamente, a mio avviso, Bernegger a proposito della crisi greca sostiene che "Si tratta, in sostanza, di un classico shock esterno causato dal drastico aumento del prezzo del petrolio dal 2007 ad oggi. Esso non ha assolutamente niente a che vedere con le dinamiche dei prezzi e dei costi interni della Grecia". Forse l'avverbio "assolutamente" è eccessivo ma, quanto al resto, da non economista penso che ci siamo.

Fazi continua ricordando che "la troika ha formulato una risposta completamente sbagliata: ad una deflazione esterna estrema ha risposto con una politica di deflazione interna altrettanto estrema, senza pari nella storia moderna". Fin qui ci siamo: quella greca è una crisi da shock esterno in un'area valutaria non ottimale, alla quale si è risposto come prevedono i trattati europei; con la deflazione interna (In realtà Fazi non lo dice che i trattati prevedono questa, e solo questa risposta - n.d.r.).

Non ci siamo invece con le conclusioni di Bernegger, allorché scrive: «Per prosperare, queste due industrie (navale e turismo - n.d.r.) hanno bisogno di un sistema bancario capace di garantire un’offerta di credito a tassi di interesse bassi e stabili, che solo la permanenza della Grecia nell’euro può garantire. Ma perché questo sia possibile, è necessario rompere subito il braccio di ferro con i creditori per evitare una corsa agli sportelli e il collasso definitivo dell’economia greca... di per sé, continuare con le politiche di consolidamento fiscale e le ‘riforme’ della troika non farà che aggravare il processo di deflazione da debito in corso».

Insomma: un'altra Europa! Peccato, perché se i dati sono corretti la tesi di Bernegger è molto interessante, ma alla conclusione manca qualche dettaglio. Io la riscriverei così:

«Per continuare a prosperare, i capitali impiegati in queste due industrie (navale e turismo - n.d.r.) hanno bisogno di un sistema bancario capace di garantire un’offerta di credito a tassi di interesse bassi e stabili, che solo la permanenza della Grecia nell’euro può garantire. Ma perché questo sia possibile, è necessario rompere subito il braccio di ferro con i creditori per evitare una corsa agli sportelli e il collasso definitivo dell’economia greca... di per sé, continuare con le politiche di consolidamento fiscale e le ‘riforme’ della troika non farà che aggravare il processo di deflazione da debito in corso».

Come vedete una correzione molto piccola, ma non marginale. Il grande capitale (greco nel settore navale, greco ma non solo in quello del turismo) ha un solo ed evidente interesse: restare nell'euro, al più trattando per addolcire un po' l'austerità, ma di uscire proprio non ne vede la convenienza. Anche nel settore turistico, sia ciò ben chiaro! Io ci sono tornato in Grecia, qualche anno fa, a Kos per la precisione, e quello che ho visto mi ha aperto gli occhi. In Grecia ci sono due industrie turistiche: quella a gestione familiare dei piccoli appartamenti, dei ristorantini, delle "zimmer", e quella dei grandi resort. La prima ha interesse a incrementare il numero di presenze anche a basso costo, la seconda segue una logica diversa! Il turismo dei grandi resort tutto compreso è fatto di enclaves, posizionate nei posti più meravigliosi del mediterraneo, in particolare nelle isole greche, all'interno delle quali gli "ospiti" spendono la maggior parte dei loro soldi, ed è bene che questi soldi siano spesi in valuta forte, non in una nuova dracma svalutata!

Dunque chi chiede un'austerità meno austera per la Grecia, di fatto difende gli interessi dei grandi armatori e dei capitali investiti nel turismo dei resort, non quegli del popolo lavoratore.

A ciò si aggiunga che una delle ragioni per cui la Grecia ha la più grande flotta mercantile del mondo è che gli armatori greci godono di un regime fiscale di assoluto favore che li avvantaggia nella concorrenza internazionale. Una cosa, io credo, che non deve far molto piacere ai loro concorrenti! Ecco perché una delle richieste dei creditori, ma non troppo pubblicizzata, è proprio la fine di queste eccezionali facilitazioni fiscali! Siamo, insomma, in piena guerra tra capitali con il popolo, in mezzo, che non gode degli introiti fiscali che costoro dovrebbero versare nelle casse dello Stato greco, ed è chiamato all'austerità per mettere una pezza ai casini combinati.

Andrà a finire con un compromessicchio le cui clausole più importanti resteranno nell'ombra, essendo improponibile, per ragioni geopolitiche, un default con l'uscita della Grecia dall'UE! La situazione sociale in Grecia resterà esplosiva, gli equilibri politici salteranno e non è escluso il peggio. A meno che l'economia mondiale non si riprenda, il Baltic Dry Index risorga, con esso i guadagni degli armatori greci i quali, a quel punto, faranno un po' di elemosina, quel tanto che basta per tornare a sostenere lo storico gap tra export e import dell'economia greca. Come si dice "adda passa' 'a nuttata" in greco moderno?

Naturalmente se sbalio mi corigerete.

8 commenti:

  1. Bellissimo ed esaustivo articolo il tuo : ecco , la dissoluzione del sistema bancario e quindi
    finanziario nazionale , con conseguente impossibilità in futuro di reperire sui mercati internazionali le risorse finanziarie necessarie per far ripartire l'economia ,preconizzato dal
    te citato Michael Bernegger ,in seguito ad un'uscita dall'euro , penso che sia il punto cruciale
    non solo per la Grecia , ma eventualmente anche dell'Italia .
    A tal riguardo , rimando te e i lettori di questo blog ad una interessante intervista al prof
    Riccardo Bellofiore , contraltare a sinistra ( quella vera ) di Alberto Bagnai , il quale seppur
    contro le attuali criminali politiche euriste ,sostiene che una eventuale uscita dall'euro della Grecia sarebbe ancora peggiore e quindi auspica che un default o una ristrutturazione del debito avvenga dentro l' euro .
    Forexinfo.it : La Grecia , l'Europa e la necessità di una nuova politica economica continentale
    in un'analisi di Riccardo Bellofiore , o su economisti di classe ( fb ) : interview with Riccardo
    Bellofiore Greece , Europe and....

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  2. Chiariamo un punto: io penso che Bellofiore abbia torto perché fonda la sua analisi su una premessa smentita dai fatti, cioè la possibilità di politiche economiche diverse da quelle sancite dai trattati europei. Ora delle due l'una: o i trattati sono stati scritti per scherzo, oppure sono validi e li si vuole effettivamente implementare. Mi pare che quello che è successo negli ultimi anni dimostri, ormai senza ombra di dubbio, che questa gente non scherza: i trattati europei NON sono acqua fresca, e l'unico modo per restare in questa Europa è ottemperare ad essi.

    Oggi ai greci, domani a noi. Ti ricordo che i primi che hanno "pagato" sono stati i lavoratori tedeschi, i cui salari reali hanno subito un hair-cut del 10% grazie alle riforme Hartz IV. Se hanno "pagato" i lavoratori tedeschi, perché mai dovrebbero essere risparmiati i lavoratori greci, o noi?

    Bellofiore è un illuso. Tutta la sinistra istituzionale, italiana ed europea, si illude. Qualcuno comincia a sospettare che sia collusa.

    Per quanto riguarda la Grecia: non vogliono pagare né i creditori internazionali, né gli armatori. Alla fine, secondo te, chi sarà a pagare? Vuoi vedere che pagheranno i greci? Te lo dico con una battuta: l'euro è peggio di un delitto, E' un errore! La sinistra istituzionale, e con essa i suoi "intellettuali di riferimento", tra cui Bellofiore, sa bene di aver commesso molto più di un delitto, ha commesso un errore. Sai perché è peggio? Un delitto lo risolvi cambiando le persone (dici che si erano venduti, ma l'idea è salva), con un errore come te la cavi?

    C'è un solo modo: continuare a mentire.

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    1. Anche la BCE , secondo i trattati , non doveva essere il prestatore di ultima istanza e
      dopo invece cosa ha fatto il nostro DRAGHI dando gli euri alle banche private , le quali
      a loro volta gli hanno investiti in titoli di stato o BOND ?
      Bellofiore non è un eurofilo ,anzi , ed è convinto che continuando con queste politiche economiche l'euro è destinato a morire , ma morirà con un gemito , cioè lentamente , non con un botto . Lui sostiene che un conto è NON entrare in una moneta unica ,ed
      è quello che si doveva fare , un conto è uscirne .
      D'altronde lo stesso Emiliano Brancaccio non sostiene che ci sono 2 modi di uscita
      dall'euro : uno di destra e uno di sinistra ?
      Allora ,secondo te , dopo un'eventuale uscita dall'euro ,saremo governati dall'amico Moreno Pasquinelli o Stefano D'Andrea o da uno dei 2 Mattei nazionali a braccetto
      del simpatico Squinzi ? La risposta la sappiamo tutti e 2 ,purtroppo , e quindi ci sarà
      ancora piu' austerità per i lavoratori dipendenti !
      Bellofiore sostiene che è troppo fitto ORMAI l'intreccio tra il sistema industriale ,
      bancario e finanziario italiano con quello europeo per passare da una notte all'altra
      dall'euro alla lira sic et sempliciter !
      E poi la parte del debito che è in mano agli investitori esteri è sotto la denominazione
      della legge italiana o internazionale ?
      Ecco una domanda alla quale l' amico Alberto Bagnai non ha mai risposto :
      Vincenzo Visco , si il nostro ex ministro delle Finanze (?) su economiaepolitica.it :
      Fuori dall'euro ? ( 23 Marzo 2015 ) sostiene che : nel 2012 in occasione della costituzione dell'ESM gli stati membri dell' EURO GRUPPO hanno concordato che
      una eventuale trasformazione in altra valuta ( vedi che ora l'uscita dall'euro è
      contemplata anche dai trattati ) delle emissioni di titoli pubblici in euro di durata
      superiore ai 12 mesi , possa essere impedita da una minoranza di detentori pari al
      25% dei sottoscrittori .
      Si tratta per l'Italia di oltre 400 mld di euro ai quali si devono aggiungere i 140 mld
      che la Banca d'Italia acquisterà con i finanziamenti QE da parte della BCE che
      saranno per definizione di diritto estero.......
      Il mio vuole essere solo un contributo critico in questa complicata faccenda che è
      l'uscita dell'Italia dall'euro e sono favorevole alla SOVRANITA' nazionale .

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    2. Fabio, sono un po' stanco (purtroppo in questo periodo altri impegni di natura personale, nulla di grave anzi, mi tolgono parecchie energie) per cui ti rispondo con una battuta: a me la fine dell'UE fa pensare alla caduta dell'impero romano: poteva aver senso la domanda "uscire da destra o da sinistra" oppure, mutatis mutandis, "dal lato ariano o da quello cattolico"? Io dico di no! Un mondo stava finendo e tutto tornava in gioco.

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  3. Solo una effettiva riappropriazione dell'ambito politico della Banca Centrale sarebbe un atto di "sinistra" o meglio ancora "sovranista" ( a cui associare poi la disapplicazione dei trattati europei e quindi in pratica limitare le 4 libertà ). Ogni altra manovra è una rimodulazione di logiche capitalistiche.

    Questo è quanto.

    Qui si tratta di decidere se continuare a privilegiare l'approvvigionamento di capitali esteri a discapito del Welfare State interno, oppure riappropriarsi di politiche sociali e trovare "soci" internazionali a cui può interessare il nuovo corso sovranista ( che di per se stesso ha comunque una valenza commerciale e quindi appetibile alle logiche di profitto di qualcuno ).

    Nel primo caso si hanno alti guadagni ma alti rischi ( da scaricare sulla popolazione che però ha capacità di resistenza non infinita ). Nel secondo caso guadagni più limitati ma tendenzialmente più garantiti.

    That's all folks

    Essere europeisti oggi vuol dire sposare logiche globaliste e quindi capitalistiche.

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    1. Ti quoto. Tra l'altro, la fine del concetto di indipendenza della Banca Centrale è condizione necessaria, dunque una cartina di tornasole importante per comprendere la vera natura delle forze politiche che cominciano ad affollare il campo no-euro. Una domanda che dovrebbe essere rivolta a Salvini, a Grillo e, perché no, anche a Fassina. Anzi, a Fassina per primo.

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  4. Fiorenzo, perdonami, ma ti ruberò il "da non economista" che tu usi come un vezzo, perchè invece a mio giudizio il tuo articolo ti smentisce clamorosamente, essendo almeno altrettanto documentato e specialistico di qualsiasi articolo scritto da fior di economisti.
    Io invece sono certo di avere i titoli (cioè non averli) per definirmi non-economista, anche tenendo conto che a mio parere il ruolo dell'economia è nella società contemporanea largamente sopravvalutato, e sarebbe il caso di tornare a fare politica e quindi anche una politica economica, invece che inchinarci fino a toccare il pavimento di fronte alla divinità "economia".
    Io la vedo quindi così. Euro sì/euro no è una roba da web, da più o meno fuggevoli successi in popolarità, quando un capo di stato si trova a dover prendere decisioni a questo livello, anche in questo clima culturale sciagurato che tende a fare gli interessi del capitale globalizzato. è obbligato proprio "obtorto collo" a tornare alla politica.
    Guardiamo allora all'aspetto geopolitico in queste vicende, e capiremo che esiste un problema largamente dominante nel mondo, il declino ineluttabile e sempre più rapido dell'impero USA.
    Gli USA già non contano più niente in medio oriente dove Israele e Sauditi fanno ormai di testa loro, smarcandosi clamorosamente dalla posizione USA sulla questione equilibrio ISIS/Iran, fiannziando l'ISIS (vedi sauditi) o anche soltanto dichiarando clamorosamente che il problema per loro è l'Iran e soltanto l'Iran (Israele).
    Gli USA sono usciti dall'america latina, almeno nel gruppo di paesi che più conta, dal Brasile, all'Argentina fino al venezuela ed altri paesi minori.
    Ora, il problema USA si è spostato in Europa, dove essi sono impegnati alla morte a tenere legati a sè i tradizionali alleati NATO, e questi hanno concesso tanto, troppo, prima di tutto nelle vicende ucraine e nelle sanzioni alla Russia.
    Qualche cosa sta cambiando, anche gli europei, tedeschi in testa, vedono come questo impero cada sempre più a pezzi, e con grave ritardo capiscono di non avere alcun interesse a farsi trascinare in questo processo di declino.
    Forse rispetto all'anno passato, è questo che è cambiato. Dato per scontato che la UE non resisterebbe più di pochi mesi o forse poche settimane all'affondamento dell'euro, cosa che mi pare abbastanza evidente, la differente loro disponibilità ad affondare l'euro mi pare riflettere più che spicciole convenienze economiche, questo differente posizionamento geopolitico.
    Gli USA contano ancora tanto, sicuramente in Italia dove il cazzaro ha debiti molto concreti verso i Clinton a cui deve il suo insediamento, e quindi non è ancora chiaro il momento esatto in cui la UE crollerà, ma ciò avverrà presto, molto presto, e forse contribuirà ad accelerare il redde rationem in campo finanziario.
    Ciò che più mi colpisce è la sfasatura evidente tra la condizone oggettivamente rivoluzionaria presente effettiva, dimostrata da quanto le cose siano già cambiate prima ancora dell'attesa dei cambiamenti prossimi venturi, e la carenza drammaticamente forte di una sua percezione soggettiva, per cui stiamo ancora a parlare di dettagli di fronte a questi cambiamenti epocali che purtroppo includono perfino il terzo conflitto mondiale.

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    1. Quando scrivo di elettronica o informatica non metto mai le mani avanti perché il confine tra "ciò che so e ciò che non so" mi è abbastanza chiaro. Non così in economia, dove rischio ad ogni passo di dire scemenze perché, credendo di essere all'interno dell'area di "ciò che so", sono invece finito in quella in cui "non so".

      Dunque, pur ringraziandoti per i complimenti, consentimi di continuare a mettere le mani avanti.

      Quanto al resto, concordo con quello che dici.

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