sabato 5 dicembre 2015

A Silvio

"Silvio, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieto e pensoso, il limitare di gioventù salivi?"

Ho tratto questa foto di Silvio dal sito Dagospia. L'articolo non l'ho nemmeno letto (vado su quel sito solo per guardare un po' di topa alla moda). Mi ha colpito. Guardate gli occhi di Silvio: cosa vedete? Io ci vedo una tristezza infinita. 

Non una tristezza "politica", ma esistenziale. Silvio è uno di noi, sconfitto dalle troje con cui ha creduto di sostituire il vero amore. Che non esiste, il vero amore dico, e lo sappiamo tutti, ma Lui, a differenza di tutti noi, ha avuto tutto, eppure il vero amore gli è sfuggito. Lo si vede dagli occhi, che non mentono.

Guardiamoli:


Si lascia baciare da una figa di plastica, ma si capisce bene che non gli frega un cazzo. Emana, da questa foto, una verità profonda: se sei ricco e potente puoi avere tutte le troje che vuoi, ma il vero amore no. 

Silvio è uno di noi. Un uomo sconfitto, ma non da Napolitano, da Scalfari, da Draghi, da Monti o da Cacciari, e nemmeno dalle femmine. No, Silvio è un uomo sconfitto perché non è stato amato da Lei.

Ma Lei chi? Se Lei lo avesse amato gli sarebbe bastato? Io dico di no. Per questo Silvio, questo gran bastardo, è uno di noi. Per questo, e solo per questo, mi sta simpatico.

E non rompete i cabasisi: non c'è niente di politico in questo.

2 commenti:

  1. UN UOMO SOLO


    Il Paese in cui vivevo
    in quel tempo
    si trascinava verso un tramonto
    di cui non si scorgeva,
    non si poteva che intuire
    la necessaria fine.

    C'era un uomo solo
    al comando di quel Paese.
    Era il suo capo nominale,
    come l'uomo che più fedelmente
    aveva rappresentato
    quel Paese sì lentamente tramontato.
    Un uomo che sapeva contemplare il crepuscolo
    senza apparente timore, solo esibita soddisfazione
    - forte dello strumento noto ai più, concesso ai meno.

    Canalizzando le affannate emozioni
    della propria ineluttabile
    consunzione strutturale
    verso il pene, la testa, il cuore.
    Svuotando ogni centro di dolore,
    smarrimento, nostalgia,
    d'ogni goccia di sangue,
    d'ogni dolente, inutile pulsare;
    per deviare ogni risorsa
    nei centri più efficienti di produzione:
    il potere, il coito, l'immaginazione.

    Egli non godeva
    della redditizia aura reverenziale
    che quell'icona ambigua quanto provinciale,
    il longevo estetismo dannunziano,
    aveva saputo clandestinamente importare.
    I tempi erano cambiati,
    l'esternazione del malumore
    non aveva mai conosciuto
    più scomposte varietà d'espressione
    o più fanatica e funzionale
    tutela istituzionale:
    l'espressione - facile intuirlo
    da tutte quelle vacue, chiassose esternazioni -
    di nulla più che una rancorosa, velleitaria confusione.

    Dunque molti odiavano quell'uomo
    per pura mancanza di alternativa.
    Lo odiavano per noia, solitudine,
    pallido desiderio di aggregazione;
    residua consolazione
    dopo il sesso senza amore.
    Lo odiavano perché li costringeva a ricordare,
    con quel suo gusto per l'esibizione
    vagamente patologico,
    ciò che loro avrebbero voluto essere, afferrare,
    ma gli era sfuggito, lasciandoli a guardare.
    Lo odiavano come si odiano tutti i vecchi,
    nel culto della modernità,
    aggiungendovi livore verso l'eletta condizione
    di chi forgia la regola per gli altri,
    tenendo per sé l'eccezione.

    E storicamente incapaci di sviluppare
    una qualche confidenza
    con quella primaria regola
    che preclude ai troppi
    le sue tre uniche larghe vie
    senza frustrante, assurdo ritorno,
    alcuni tra questi nessuni
    profusero le proprie miserie intellettuali
    in demagogiche, altre topografie esistenziali.
    Ma troppo debole
    fu la loro immaginazione
    per ricavarne vitale profitto,
    o salvifica gratificazione.

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  2. P.S.

    Caro Fiorenzo, spero perdonerai la prolissità, nonché le licenze 'strutturali', di questo mio commento. A suo tempo, Illo mi purgò, 'stalinianamente', per molto meno. Ma che vuoi, come tu m'insegni... "alle volte è dentro di noi qualcosa / (che tu sai bene, perché è la poesia) / qualcosa di buio in cui si fa luminosa / la vita: un pianto interno, una nostalgia / gonfia di asciutte, pure lacrime." Grazie per questo spazio, e per i vuoti che riempie. Un saluto!

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