martedì 5 gennaio 2016

La guerra delle due rose

Una discussione, innescata dal post "La crisi sola igiene del mondo (riserva frazionaria, Mario Monti e bail-in 4 piddummies)" e sviluppatasi anche su FB, merita un post ad hoc. Piatto ricco mi ci ficco.

Sembra che, parlando di riserva frazionaria, abbia toccato un tasto sensibile. Subito se ne è dedotto che io sia un sostenitore della teoria della moneta esogena, quella creata e controllata dalle Banche Centrali. In particolare, il commentatore Ansel mi ha segnalato un post di Alberto Bagnai che riassume il meccanismo. Bagnai fa giustamente osservare che il $agace e $olerte banchiere centrale non controlla una beneamata fava, perché le effettive decisioni di erogare o meno un prestito sono distribuite in tutto il sistema bancario. Al massimo, il $agace&$olerte può "strozzare il credito", ma il potere di espanderlo non è nelle sue effettive possibilità. Insomma, non si può costringere il cavallo a bere, oppure, se preferite, una corda può essere tirata ma non può essere spinta.

La domanda è: perché, non appena ho citato il coefficiente di riserva frazionaria, se ne è dedotto che io sia un sostenitore della teoria della moneta esogena? Risposta: perché si è smesso di pensare! Ormai si ragiona, anche tra noi, per appartenenza.

Vedete, nel post in oggetto, "La crisi sola igiene del mondo (riserva frazionaria, Mario Monti e bail-in 4 piddummies)", mi sono limitato a dire una cosa semplice semplice: le banche operano all'interno di un sistema di vincoli legali, in particolare il rapporto tra patrimonializzazione e impieghi, e a quelle regole devono adeguare il loro operato (o almeno dovrebbero). Certo, "nell'accordare un prestito il funzionario di banca non controlla la quantità di riserve disponibili presso il suo istituto, esattamente come nel fissare il prezzo il bancarellaro non controlla la quantità di M3 in circolazione in quel giorno - cit. Bagnai", ma a fine periodo si deve stare dentro i limiti fissati dalle regole. E siccome il coefficiente di riserva frazionario, deciso dalla BC, è legato alla moneta bancaria dal moltiplicatore monetario, ne ho brevemente riassunto il funzionamento. Esattamente come ha fatto Bagnai nel post segnalatomi da Ansel, senza che a nessuno sia venuto in mente di gridare "Bagnai è per la moneta esogena! Bagnai è mainstream!". Con me, invece, è successo. Ci vuole tanta pazienza.

Affrontiamo il cuore della discussione: è vero o no che, fissando il coefficiente di riserva frazionaria, si determina la quantità di moneta bancaria? Orbene, io penso che la relazione tra la quantità di moneta bancaria e il coefficiente di riserva frazionaria sia lievemente più complicato, perché la determinazione della quantità di moneta bancaria è un fatto sostanzialmente politico. A che serve allora il coefficiente di riserva frazionaria? Serve, io penso, a nascondere una decisione politica ammantandola di tecnicismo. Punto.

Tuttavia, a prescindere dal fatto che la quantità di moneta circolante sia il risultato di una scelta autonoma del $&$ banchiere centrale, oppure un scelta endogena al sistema creditizio nel suo complesso, oppure ancora la risultante sia di decisioni di natura tecnica che fiscale e politica, e cioè a prescindere dalla questione "chi crea la moneta?", resta il fatto che, ad un dato istante to, esiste una data quantità di moneta bancaria, cioè prestiti erogati dalle banche garantiti da assets reali, e se in questa situazione sopravviene una imponente decisione di politica fiscale, come quella posta in essere dal governo Monti, qualcosa di grosso succede. Nel mio post ho cercato di mettere in evidenza tali conseguenze, senza pormi la questione metafisica "chi crea la moneta".

L'ho fatto perché non considero importante la questione metafisica? Francamente sì, non la ritengo importante perché, per me, in economia politica non esistono fatti tecnici, ma ideologie, la cui funzione è quella di supportare e legittimare interessi di parte, esattamente come, nella guerra delle due rose, le ragioni dinastiche servivano a coprire corposi interessi di clan. Purtroppo in molti, in troppi, continuano a baloccarsi con le teorie del tutto, applicando le quali tutti sarebbero liberi, ricchi e felici. Ho inteso, fin dal titolo, denunciare questa deriva intellettuale, che sta facendo molti danni, parafrasando il detto "la guerra sola igiene del mondo", ma evidentemente ciò non è stato compreso perché è subito scattato il riflesso pavloviano, al solo sentir parlare di riserva frazionaria, "Fraioli è mainstream".

E allora consentitemi di essere brutalmente chiaro: me ne impippo della questione metafisica "chi crea la moneta", perché "il problema è politico", ovvero, per citare uno che di queste cose se ne intendeva,  è inerente alla capacità di mobilitare e organizzare la coalizione degli interessi contrari ("Il divorzio non ebbe allora il consenso politico, ne' lo avrebbe avuto negli anni seguenti; nato come 'congiura aperta' tra il ministro e il governatore divenne, prima che la coalizione degli interessi contrari potesse organizzarsi, un fatto della vita che sarebbe stato troppo costoso - soprattutto sul mercato dei cambi - abolire per ritornare alle piu' confortevoli abitudini del passato - cit. Beniamino Andreatta").

Mai avrei pensato, riassumendo l'aritmetica della riserva frazionaria, che questa avrebbe completamente posto in ombra la questione centrale, che le banche stanno fallendo non a causa della corruzione, ma perché si è tirata la corda! Tra l'altro, nemmeno con una scelta tecnica del $&S banchiere centrale di strozzare il credito, come pure è in suo potere (anzi! il $&$ sta facendo l'opposto, con i QE, gli LTRO etc.), bensì con una manovra di politica fiscale, di un governo (vedi alla voce Mario Monti) non eletto, che ci è stato imposto dall'esterno. Questo sì è un fatto esogeno!

8 commenti:

  1. Del resto l'economia NON è una scienza.

    In ambito scientifico ci sono delle leggi ritenute universalmente tali e verificate e verificabili.

    Mentre in ambito economico non esiste niente di tutto ciò.

    E ai "pipparoli dell'economia" bisogna far studiare un pò di politica, e di storia, in più.

    Non la SStoria però. quella con una esse sola.

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    1. Che te devo di'? Sembra che di un libro della verità molti non riescano a fare a meno. Da parte mia, preferisco sbagliare da solo.

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  2. Ah ecco... l'economia non è una scienza. Quindi tutto diventa opinabile... . È stato un piacere.

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    1. Luca vuole dire che l'economia non è una "scienza dura", e dunque che l'insieme delle "sentenze opinabili" è molto vasto.

      A dire il vero, anche la più "dura" delle scienze, la matematica, quando si spinge ai confini si "rammollisce" un po'... (mai sentito parlare del programma di Hilbert? Dei teoremi di incompletezza di Godel? Della polemica tra costruttivisti e assiomatici?

      Cerchiamo tutti nel buio più fitto, con un tremolante lumino in mano. Poi ci sono quelli che ce l'hanno più luminoso...

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    2. Sulla "durezza" delle scienze potrebbe essere utile questo Lavoro:
      Psicostoria

      a mio avviso ricondurre l'azione umana ad un concetto meccanicistico è operazione ardua.

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  3. Anzi dico di più. Ho letto proprio ora un pezzo di Badiale, pubblicato insieme con ARS, in cui si paragona l'economia odierna alla religione medievale.

    beh mi trova d'accordo al 100%.
    lui fa il paragone come struttura portante dell'intero ordine sociale. come serie di regole che devono dominare la vita umana.

    Ma io ci vedo proprio una fede. Il cui dio maggiore è il liber(al)ismo. ma ci sono anche tanti dei minori.


    E in qualunque scienza che si rispetti, o che possa esser considerata come cardine per lo sviluppo della vita umana, NON possono esistere tesi e antitesi. E' nelle religioni che c'è diavolo ed acquasanta.

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    1. Dell'articolo di Marino mi piace evidenziare questo passaggio:

      "Questo perché i dibattiti nella Rete quasi sempre contravvengono alle più elementari norme della razionalità, come l'attenersi al tema in discussione e l'evitare gli attacchi personali. A questa mancanza di rigore, che è tipica della cultura non accademica, la Rete aggiunge aspetti nuovi, come quell'autentica pestilenza che è l'anonimato."

      Si noti bene: Marino parla di "attacchi personali", non di attacchi a categorie di persone, come i piddini, i grullini, i donalditi o i bagnaiti del settimo giorno. Nemmeno questi sono tanto simpatici, ma ce po' sta'. Quando, e nella famosa misura in cui, si trascende nell'attacco personale, ciò è prova certa di scapocciamento.

      Quanto agli anonimi, mi attengo alla massima del grande François-René de Chateaubriand.

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  4. Secondo me, ciò che fondamentalmente distingue scienze "dure" come la fisica, la chimica e la biologia dall'economia è che le teorie e le previsioni economiche si fondano sull'assunto intrinsecamente aleatorio che gli esseri umani agiscano sempre e comunque in un determinato modo al verificarsi di determinate condizioni.

    L'economista basa la propria "scienza" su un modello astratto di uomo che persegue il proprio vantaggio mediante scelte razionali, mentre gli uomini in carne ed ossa spesso e volentieri non agiscono razionalmente o agiscono secondo logiche non considerate dagli economisti.

    E' questa, a mio avviso, la ragione prima per cui l'economia è e non può che essere ancella della politica: è la politica che seleziona e persegue la scala di valore dei bisogni umani, spettando all'economia unicamente il compito di indicare se sia e come sia "tecnicamente" possibile soddisfare i bisogni stessi.

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