sabato 23 gennaio 2016

Frankly i don't care (il marginalismo e i "novelli teorici del valore-lavoro")

Moreno Pasquinelli ha dedicato un nuovo post al simpatico Alberto Bagnai (se fa pe' di') dal titolo "ALBERTO BAGNAI E LO SPETTRO DI MARX".

Alberto Bagnai fa er vago e nun se lo fila, poi però ci infila un riferimento in un post del suo VI (a partire dal 2011) corso di fondamenti economici per masse piccolo borghesi: "e così facciamo contenti anche i novelli teorici del valore-lavoro".

Io ho passato la sera con l'amico Claudio a guardare filmati vetero comunisti da propinare agli inconsapevoli futuri soci di "Godere Agricolo". Torno a casa brillo e su di giri, e mi passa per la cabeza di intromettermi in siffatta diatriba. Ahò, sia ben chiaro! Non penso mica che Bagnai sia "marginalista" (al massimo sarà "marginale"... uahuahuahuahuah!!! battuta giustamente censurata sul blog "Sollevazione"). No, è che sono brillo e allora, sapete, il flusso di coscienza...

Sarò breve. Io, che sono ingegngngniere, non sono portato per le finezze teoriche, per cui vi dico papale papale quel che penso della diatriba tra marginalisti e teorici del valore lavoro. Chi ha raggione? Frankly i don't care. Dico solo che, se sei uno che per vivere deve lavorare, allora ti conviene fare il tifo per la teoria del valore-lavoro; se invece puoi vivere alla grande, allora il marginalismo sia la tua religione. Punto.

Mi dite perché uno che lavora tutto il giorno, e magari per fare quel lavoro ha dovuto investire anni della sua vita, vuoi perché è un operaio specializzato, o un bravo professionista, o un piccolo imprenditore, dovrebbe accettare il fatto che, siccome il mercato ha deciso che quello che lui fa ha perso valore, con ciò deve rassegnarsi a non contare una beneamata fava? Perché il mercato è sovrano?

E 'sti gran cazzi?

E che, il "mercato" è un'entità metafisica? Una cosa esogena rispetto alla storia, alla politica, alla dialettica dei rapporti di forza? E dunque l'operaio, o il professionista, o il piccolo imprenditore, dovrebbero arrendersi senza combattere per i loro interessi? Perché mai ciò che è più efficiente, o crede di essere tale in base a non si sa quale metrica, dovrebbe avere partita vinta ex-ante?

Mercato che fai, me provochi? E io me te magno!

Domani ho cinque ore di scuola. Prima ora: idraulica (equazione di Bernoulli); seconda ora: informatica (sistemi operativi); terza ora: informatica (html); quarta ora: telecomunicazioni (modulazioni); quinta ora: elettrotecnica (circuiti con reattanze a tizi che non conoscono i numeri complessi, gli esponenziali e la trigonometria). Pare che il valore marginale delle mie prestazioni stia calando. Chi lo ha deciso? In base a quale gerarchia di valori? Che faccio, mi piego al mercato, come dicono i marginalisti, oppure mi batto per favorire uno "stato delle cose" che sia funzionale ai miei interessi? Posso sperare che le regole del mercato siano determinate, ex-post, dalla mia azione politica? Cioè che il mercato sia una cosa endogena?

Buona notte.

3 commenti:

  1. È strano che agli appassionati del libero mercanteggiamento possa dar fastidio il mercanteggiamento sulla entità (o distribuzione?) del plusvalore. Il libero mercato è bello quando fai tu le regole, se le regole le fanno gli altri un po' meno.
    Segnalo, a sostegno della superiorità del Pasquinelli, il suo ultimo intervento su Sollevazione, lucidamente in bilico tra economia e psichiatria: depressione economica (ma anche clinica) e ludopatia finanziaria.

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    1. Oh Ippolito, o che tu vuoi seminar zizzania tra il Moreno e l'Alberto? Qua, se finisce male, gli unici "superiori" saranno i secondini della Guantanamo italiana.

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    2. Non è possibile; come sostiene illo, il giorno in cui vinceranno manterranno il disprezzo nei miei confronti e quelli come me, mentre loro continueranno a salutarsi amichevolmente e stimarsi reciprocamente.

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