venerdì 5 febbraio 2016

Giulio Regeni - Parole di verità

Uno stralcio della tesina che Giulio Regeni, il dottorando italiano ucciso al Cairo, ha scritto nel 2012.
 Introduzione
Gli eventi improvvisi che hanno spazzato via i dittatori del Nord Africa sono oggetto di un intenso dibattito all’interno della comunità accademica internazionale. Invece di definirli come una «primavera araba» o delle «rivoluzioni arabe», il professore di studi islamici dell’Università di Oxford Tariq Ramadan preferisce chiamarli più cautamente delle «rivolte arabe». Questa scelta è dettata dal fatto che i cambiamenti occorsi sin dal gennaio del 2011 lungo le coste meridionali del Mediterraneo rappresentano un processo di cambiamento il cui risultato rimane incerto. Per di più, le cause stesse di queste rivolte sono oggetto di intensi dibattiti. In questo saggio intendo presentare una chiave di lettura delle rivolte in Egitto e Tunisia che prenda in considerazione le realtà storiche di queste società arabe, dalla liberazione dal giogo coloniale europeo all’attuale era della globalizzazione. Il mio obiettivo sarà quello di dimostrare che le recenti rivolte popolari non sono un fenomeno nuovo e che rappresentano la progressiva rottura di un patto sociale tra gli autoritari governanti nordafricani ed i loro popoli sottomessi. Tale spaccatura è dovuta alla trasformazione del ruolo dello Stato da uno di tipo populista (basato sulla distribuzione di benefici sociali alla popolazione) ad uno di stampo neoliberista (basato sulla ritrazione dal ruolo precedente e sulla privatizzazione dell’economia). Quest’analisi è di particolare rilievo per l’Unione Europea e le politiche estere comunitarie, poiché è solamente attraverso la realizzazione di un nuovo patto sociale in grado di affrontare le problematiche sociopolitiche della regione che si getteranno le basi per un rapporto stabile, duraturo e vantaggioso tra i Paesi del bacino del Mediterraneo. 
Conclusioni
Il percorso storico delle recenti rivolte in Tunisia ed Egitto rivela quanto i processi di partecipazione e contestazione popolari siano riconducibili alla trasformazione del ruolo dello Stato nel corso del tempo, e soprattutto al suo abbandono delle fasce più vulnerabili della popolazione. Un elemento che emerge con forza è l’aspirazione del popolo nordafricano ad ottenere conquiste quali la giustizia sociale e la democrazia, soffocate sin dall’era della decolonizzazione dai regimi autoritari. Il momento attuale di ridefinizione degli equilibri sociopolitici del Mediterraneo offre la possibilità di correggere le asimmetrie di potere presenti nella regione che ne limitano lo sviluppo, attraverso un nuovo patto sociale tra le istituzioni ed il popolo che renda il Nord Africa finalmente libero da ingerenze esterne e dittature interne. Con tali considerazioni ben chiare, l’UE dovrebbe cogliere quest’opportunità per correggere tali asimmetrie di forza, in virtù della propria posizione strategica e del suo retaggio culturale. Ciò prevederebbe necessariamente la riconsiderazione di quelle riforme neoliberiste che hanno avuto un effetto così negativo sulla popolazione araba, ai fini di ridarle una maggior autonomia decisionale. La posta in palio è molto alta: si tratta di decidere se il futuro del Mediterraneo sarà di convergenza o di conflitto, di prosperità condivisa o di decadimento. La capacità che l’UE ha saputo finora dimostrare nell’unire popoli in conflitto lascia sperare che la scelta sarà ben ponderata.

1 commento:

  1. "Sì ma, allora... ma che gioventù che è?! Ma che primavera è!?... E la tristezza è lì a due passi, e ti accarezza e ride, lei."
    (È solo per pudore che qui commento con una citazione.)

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