Uno stralcio della tesina che Giulio Regeni, il dottorando italiano ucciso al Cairo, ha scritto nel 2012.
Introduzione
Gli
eventi improvvisi che hanno spazzato via i dittatori del Nord Africa
sono oggetto di un intenso dibattito all’interno della comunità
accademica internazionale. Invece di definirli come una «primavera
araba» o delle «rivoluzioni arabe», il professore di studi islamici
dell’Università di Oxford Tariq Ramadan preferisce chiamarli più
cautamente delle «rivolte arabe». Questa scelta è dettata dal fatto che i
cambiamenti occorsi sin dal gennaio del 2011 lungo le coste meridionali
del Mediterraneo rappresentano un processo di cambiamento il cui
risultato rimane incerto. Per di più, le cause stesse di queste rivolte
sono oggetto di intensi dibattiti. In questo saggio intendo presentare
una chiave di lettura delle rivolte in Egitto e Tunisia che prenda in
considerazione le realtà storiche di queste società arabe, dalla
liberazione dal giogo coloniale europeo all’attuale era della
globalizzazione. Il mio obiettivo sarà quello di dimostrare che le
recenti rivolte popolari non sono un fenomeno nuovo e che rappresentano
la progressiva rottura di un patto sociale tra gli autoritari governanti
nordafricani ed i loro popoli sottomessi. Tale spaccatura è dovuta alla
trasformazione del ruolo dello Stato da uno di tipo populista (basato
sulla distribuzione di benefici sociali alla popolazione) ad uno di
stampo neoliberista (basato sulla ritrazione dal ruolo precedente e
sulla privatizzazione dell’economia). Quest’analisi è di particolare
rilievo per l’Unione Europea e le politiche estere comunitarie, poiché è
solamente attraverso la realizzazione di un nuovo patto sociale in
grado di affrontare le problematiche sociopolitiche della regione che si
getteranno le basi per un rapporto stabile, duraturo e vantaggioso tra i
Paesi del bacino del Mediterraneo.
Conclusioni
Il percorso storico delle recenti rivolte in Tunisia ed Egitto rivela
quanto i processi di partecipazione e contestazione popolari siano
riconducibili alla trasformazione del ruolo dello Stato nel corso del
tempo, e soprattutto al suo abbandono delle fasce più vulnerabili della
popolazione. Un elemento che emerge con forza è l’aspirazione del popolo
nordafricano ad ottenere conquiste quali la giustizia sociale e la
democrazia, soffocate sin dall’era della decolonizzazione dai regimi
autoritari. Il momento attuale di ridefinizione degli equilibri
sociopolitici del Mediterraneo offre la possibilità di correggere le
asimmetrie di potere presenti nella regione che ne limitano lo sviluppo,
attraverso un nuovo patto sociale tra le istituzioni ed il popolo che
renda il Nord Africa finalmente libero da ingerenze esterne e dittature
interne. Con tali considerazioni ben chiare, l’UE dovrebbe cogliere
quest’opportunità per correggere tali asimmetrie di forza, in virtù
della propria posizione strategica e del suo retaggio culturale. Ciò
prevederebbe necessariamente la riconsiderazione di quelle riforme
neoliberiste che hanno avuto un effetto così negativo sulla popolazione
araba, ai fini di ridarle una maggior autonomia decisionale. La posta in
palio è molto alta: si tratta di decidere se il futuro del Mediterraneo
sarà di convergenza o di conflitto, di prosperità condivisa o di
decadimento. La capacità che l’UE ha saputo finora dimostrare nell’unire
popoli in conflitto lascia sperare che la scelta sarà ben ponderata.
"Sì ma, allora... ma che gioventù che è?! Ma che primavera è!?... E la tristezza è lì a due passi, e ti accarezza e ride, lei."
RispondiElimina(È solo per pudore che qui commento con una citazione.)